I, 4

Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > La perfezione di Dio in se stessa


Prima pars
Quaestio 4
Prooemium

[28381] Iª q. 4 pr.
Post considerationem divinae simplicitatis, de perfectione ipsius Dei dicendum est. Et quia unumquodque, secundum quod perfectum est, sic dicitur bonum, primo agendum est de perfectione divina; secundo de eius bonitate. Circa primum quaeruntur tria.
Primo, utrum Deus sit perfectus.
Secundo, utrum Deus sit universaliter perfectus omnium in se perfectiones habens.
Tertio, utrum creaturae similes Deo dici possint.

 
Prima parte
Questione 4
Proemio

[28381] Iª q. 4 pr.
Dopo aver considerato la semplicità di Dio, dobbiamo parlare della sua perfezione. E siccome ogni essere, in quanto perfetto, si dice buono, dobbiamo trattare:
primo, della perfezione di Dio;
secondo, della sua bontà.
Sul primo punto ci sono tre quesiti:
1. Se Dio sia perfetto;
2. Se sia universalmente perfetto, cioè se abbia in sé le perfezioni di tutte le cose;
3. Se le creature si possano dire simili a Dio.




Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > La perfezione di Dio in se stessa > Se Dio sia perfetto


Prima pars
Quaestio 4
Articulus 1

[28382] Iª q. 4 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod esse perfectum non conveniat Deo. Perfectum enim dicitur quasi totaliter factum. Sed Deo non convenit esse factum. Ergo nec esse perfectum.

 
Prima parte
Questione 4
Articolo 1

[28382] Iª q. 4 a. 1 arg. 1
SEMBRA che essere perfetto non convenga a Dio. Infatti:
1. Dire perfetto è come dire totalmente fatto. Ora, non conviene a Dio di esser fatto. Dunque neppure di esser perfetto.

[28383] Iª q. 4 a. 1 arg. 2
Praeterea, Deus est primum rerum principium. Sed principia rerum videntur esse imperfecta, semen enim est principium animalium et plantarum. Ergo Deus est imperfectus.

 

[28383] Iª q. 4 a. 1 arg. 2
2. Dio è il principio delle cose. Ora, i principi delle cose pare che siano imperfetti: difatti il seme è principio degli animali e delle piante. Dunque Dio è imperfetto.

[28384] Iª q. 4 a. 1 arg. 3
Praeterea, ostensum est supra quod essentia Dei est ipsum esse. Sed ipsum esse videtur esse imperfectissimum, cum sit communissimum, et recipiens omnium additiones. Ergo Deus est imperfectus.

 

[28384] Iª q. 4 a. 1 arg. 3
3. Sopra abbiamo dimostrato che la natura di Dio è l'essere stesso. Ma l'essere pare che sia cosa imperfettissima, essendo ciò che vi è di più generico e passibile delle determinazioni di tutte le cose. Dunque Dio è imperfetto.

[28385] Iª q. 4 a. 1 s. c.
Sed contra est quod dicitur Matt. V, estote perfecti, sicut et pater vester caelestis perfectus est.

 

[28385] Iª q. 4 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: È detto nel Vangelo: "Siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste".

[28386] Iª q. 4 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod, sicut philosophus narrat in XII Metaphys., quidam antiqui philosophi, scilicet Pythagorici et Speusippus, non attribuerunt optimum et perfectissimum primo principio. Cuius ratio est, quia philosophi antiqui consideraverunt principium materiale tantum, primum autem principium materiale imperfectissimum est. Cum enim materia, inquantum huiusmodi, sit in potentia, oportet quod primum principium materiale sit maxime in potentia; et ita maxime imperfectum. Deus autem ponitur primum principium, non materiale, sed in genere causae efficientis, et hoc oportet esse perfectissimum. Sicut enim materia, inquantum huiusmodi, est in potentia; ita agens, inquantum huiusmodi, est in actu. Unde primum principium activum oportet maxime esse in actu, et per consequens maxime esse perfectum. Secundum hoc enim dicitur aliquid esse perfectum, secundum quod est actu, nam perfectum dicitur, cui nihil deest secundum modum suae perfectionis.

 

[28386] Iª q. 4 a. 1 co.
RISPONDO: Come narra Aristotele alcuni antichi filosofi, cioè i Pitagorici e Speusippo, non attribuirono al primo principio la bontà e la perfezione assoluta. E la ragione si è che gli antichi filosofi considerarono soltanto la causa materiale; e la causa materiale è la più imperfetta. La materia infatti, in quanto tale, è in potenza, perciò la prima causa materiale è per necessità massimamente in potenza, e quindi sommamente imperfetta.
Ora, si afferma che Dio è la prima causa, non materiale, ma nell'ordine delle cause efficienti, e una tale causa è necessariamente perfettissima; perché come la materia, in quanto tale, è in potenza, così l'agente, in quanto tale, è in atto. E quindi il primo principio attivo deve essere attuale al massimo grado e per conseguenza sommamente perfetto, perché un essere è detto perfetto in proporzione della sua attualità; perfetta infatti è detta quella cosa alla quale non manca niente avuto riguardo al grado della sua perfezione.

[28387] Iª q. 4 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod, sicut dicit Gregorius, balbutiendo ut possumus, excelsa Dei resonamus, quod enim factum non est, perfectum proprie dici non potest. Sed quia in his quae fiunt, tunc dicitur esse aliquid perfectum, cum de potentia educitur in actum; transumitur hoc nomen perfectum ad significandum omne illud cui non deest esse in actu, sive hoc habeat per modum factionis, sive non.

 

[28387] Iª q. 4 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Come dice S. Gregorio "noi parliamo delle grandezze di Dio, balbettando come possiamo: a rigore, quel che non è stato fatto, non può dirsi perfetto". Ma, siccome tra le cose che si fanno si dice perfetta quella cosa che è passata dalla potenza all'atto, si usa lo stesso termine perfetto per indicare qualsiasi cosa alla quale niente manchi della pienezza del suo essere, sia che abbia ciò dall'essere stata fatta, o no.

[28388] Iª q. 4 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod principium materiale, quod apud nos imperfectum invenitur, non potest esse simpliciter primum, sed praeceditur ab alio perfecto. Nam semen, licet sit principium animalis generati ex semine, tamen habet ante se animal vel plantam unde deciditur. Oportet enim ante id quod est in potentia, esse aliquid actu, cum ens in potentia non reducatur in actum, nisi per aliquod ens in actu.

 

[28388] Iª q. 4 a. 1 ad 2
2. Il principio materiale, riscontrato sempre imperfetto, non può essere il primo in modo assoluto, ma è preceduto da qualche cosa di perfetto. Infatti, il seme, sebbene sia il principio dell'animale generato dal seme, tuttavia presuppone un animale o una pianta da cui si è distaccato. Difatti bisogna che prima dell'essere in potenza ci sia l'essere in atto; giacché l'ente in potenza non passa all'atto se non per mezzo di un ente in atto.

[28389] Iª q. 4 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod ipsum esse est perfectissimum omnium, comparatur enim ad omnia ut actus. Nihil enim habet actualitatem, nisi inquantum est, unde ipsum esse est actualitas omnium rerum, et etiam ipsarum formarum. Unde non comparatur ad alia sicut recipiens ad receptum, sed magis sicut receptum ad recipiens. Cum enim dico esse hominis, vel equi, vel cuiuscumque alterius, ipsum esse consideratur ut formale et receptum, non autem ut illud cui competit esse.

 

[28389] Iª q. 4 a. 1 ad 3
3. Tra le cose, l'essere è la più perfetta, perché verso tutte sta in rapporto di atto. Niente infatti ha l'attualità se non in quanto è: perciò l'essere stesso è l'attualità di tutte le cose, anche delle stesse forme. Quindi esso non sta in rapporto alle altre cose come il ricevente al ricevuto, ma piuttosto come il ricevuto al ricevente. Infatti, se di un uomo, di un cavallo o di qualsiasi altra cosa dico che è, l'essere stesso è considerato come principio formale e come elemento ricevuto, non come ciò cui convenga l'esistenza.




Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > La perfezione di Dio in se stessa > Se si trovino in Dio le perfezioni di tutte le cose


Prima pars
Quaestio 4
Articulus 2

[28390] Iª q. 4 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod in Deo non sint perfectiones omnium rerum. Deus enim simplex est, ut ostensum est. Sed perfectiones rerum sunt multae et diversae. Ergo in Deo non sunt omnes perfectiones rerum.

 
Prima parte
Questione 4
Articolo 2

[28390] Iª q. 4 a. 2 arg. 1
SEMBRA che non si trovino in Dio le perfezioni di tutte le cose. Infatti:
1. Dio, come si è dimostrato, è semplice; le perfezioni delle cose invece sono numerose e diverse: perciò in Dio non possono trovarsi tutte le perfezioni delle cose.

[28391] Iª q. 4 a. 2 arg. 2
Praeterea, opposita non possunt esse in eodem. Sed perfectiones rerum sunt oppositae, unaquaeque enim species perficitur per suam differentiam specificam; differentiae autem quibus dividitur genus et constituuntur species, sunt oppositae. Cum ergo opposita non possint simul esse in eodem, videtur quod non omnes rerum perfectiones sint in Deo.

 

[28391] Iª q. 4 a. 2 arg. 2
2. Gli opposti non possono coesistere nel medesimo soggetto. Ora, le perfezioni delle cose sono tra loro opposte, perché ogni specie di cose ha la sua perfezione in forza della differenza specifica; e le differenze per le quali si divide il genere e si costituiscono le specie, procedono per via di opposizione. Non potendosi dunque trovare gli opposti nel medesimo soggetto, non sembra che in Dio possano trovarsi tutte le perfezioni delle cose.

[28392] Iª q. 4 a. 2 arg. 3
Praeterea, vivens est perfectius quam ens, et sapiens quam vivens, ergo et vivere est perfectius quam esse, et sapere quam vivere. Sed essentia Dei est ipsum esse. Ergo non habet in se perfectionem vitae et sapientiae, et alias huiusmodi perfectiones.

 

[28392] Iª q. 4 a. 2 arg. 3
3. Il vivente è più perfetto dell'ente, il conoscente più perfetto del vivente. Quindi anche il vivere è più perfetto dell'essere, e il conoscere più del vivere. Ora, l'essenza di Dio non è che l'essere stesso. Dunque Dio non ha in sé la perfezione della vita, della sapienza e altre perfezioni di questo genere.

[28393] Iª q. 4 a. 2 s. c.
Sed contra est quod dicit Dionysius, cap. V de Div. Nom., quod Deus in uno existentia omnia praehabet.

 

[28393] Iª q. 4 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Dionigi dice che Dio "nella sua unità precontiene tutti gli esistenti".

[28394] Iª q. 4 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod in Deo sunt perfectiones omnium rerum. Unde et dicitur universaliter perfectus, quia non deest ei aliqua nobilitas quae inveniatur in aliquo genere, ut dicit Commentator in V Metaphys. Et hoc quidem ex duobus considerari potest. Primo quidem, per hoc quod quidquid perfectionis est in effectu, oportet inveniri in causa effectiva, vel secundum eandem rationem, si sit agens univocum, ut homo generat hominem; vel eminentiori modo, si sit, agens aequivocum, sicut in sole est similitudo eorum quae generantur per virtutem solis. Manifestum est enim quod effectus praeexistit virtute in causa agente, praeexistere autem in virtute causae agentis, non est praeexistere imperfectiori modo, sed perfectiori; licet praeexistere in potentia causae materialis, sit praeexistere imperfectiori modo, eo quod materia, inquantum huiusmodi, est imperfecta; agens vero, inquantum huiusmodi, est perfectum. Cum ergo Deus sit prima causa effectiva rerum, oportet omnium rerum perfectiones praeexistere in Deo secundum eminentiorem modum. Et hanc rationem tangit Dionysius, cap. V de Div. Nom., dicens de Deo quod non hoc quidem est, hoc autem non est, sed omnia est, ut omnium causa. Secundo vero, ex hoc quod supra ostensum est, quod Deus est ipsum esse per se subsistens, ex quo oportet quod totam perfectionem essendi in se contineat. Manifestum est enim quod, si aliquod calidum non habeat totam perfectionem calidi, hoc ideo est, quia calor non participatur secundum perfectam rationem, sed si calor esset per se subsistens, non posset ei aliquid deesse de virtute caloris. Unde, cum Deus sit ipsum esse subsistens, nihil de perfectione essendi potest ei deesse. Omnium autem perfectiones pertinent ad perfectionem essendi, secundum hoc enim aliqua perfecta sunt, quod aliquo modo esse habent. Unde sequitur quod nullius rei perfectio Deo desit. Et hanc etiam rationem tangit Dionysius, cap. V de Div. Nom., dicens quod Deus non quodammodo est existens, sed simpliciter et incircumscripte totum in seipso uniformiter esse praeaccipit, et postea subdit quod ipse est esse subsistentibus.

 

[28394] Iª q. 4 a. 2 co.
RISPONDO: In Dio si trovano le perfezioni di tutte le cose. Perciò è anche detto universalmente perfetto; perché non gli manca neppure una sola delle perfezioni che si possono trovare in qualsiasi genere di cose, come dice il Commentatore. E questo si può arguire da due considerazioni. In primo luogo, per il fatto che quanto vi è di perfezione nell'effetto deve ritrovarsi nella sua causa efficiente: o secondo la stessa natura, se si tratta di agente univoco, com'è per l'uomo che genera l'uomo, oppure in grado più eminente, quando si tratta di agente analogico; così nel sole si ritrova l'equivalente di ciò che è generato per la virtù del sole. È evidente, infatti, che l'effetto preesiste virtualmente nella causa agente: ora, preesistere nella virtualità della causa agente non è un preesistere in modo meno perfetto, ma in modo più perfetto; per quanto preesistere virtualmente nella causa materiale sia un preesistere in maniera più imperfetta; e questo perché la materia, in quanto tale, è imperfetta; mentre l'agente, in quanto tale, è perfetto. Essendo, dunque, Dio la causa efficiente prima delle cose, bisogna che in lui le perfezioni di tutte le cose preesistano in un grado più eminente. Accenna a questa ragione anche Dionigi, quando dice di Dio che "non è questo sì e quello no, ma è tutto, essendo causa di tutto".
In secondo luogo, da quanto abbiamo già dimostrato, che cioè Dio è l'essere stesso per sé sussistente: di qui la necessità che egli contenga in sé tutta la perfezione dell'essere. È chiaro, infatti, che se un corpo caldo non ha tutta la perfezione del caldo, ciò avviene perché il calore non è partecipato in tutta la sua perfezione; ma se il calore fosse per sé sussistente, non gli potrebbe mancare niente di ciò che forma la perfezione del calore. Ora, Dio è lo stesso essere per sé sussistente; quindi niente gli può mancare della perfezione dell'essere. Ma le perfezioni di tutte le cose fanno parte della perfezione dell'essere, essendo perfette le cose a seconda che partecipano dell'essere in una data maniera. Di qui ne segue che a Dio non può mancare la perfezione di nessuna cosa. E anche a questa ragione accenna Dionigi quando dice che Dio "non è esistente in una qualche maniera; ma in modo assoluto ed illimitato precontiene in sé uniformemente tutto l'essere". E poco dopo aggiunge che "Egli è l'essere di quanto sussiste".

[28395] Iª q. 4 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod, sicut sol, ut dicit Dionysius, cap. V de Div. Nom., sensibilium substantias et qualitates multas et differentes, ipse unus existens et uniformiter lucendo, in seipso uniformiter praeaccipit; ita multo magis in causa omnium necesse est praeexistere omnia secundum naturalem unionem. Et sic, quae sunt diversa et opposita in seipsis, in Deo praeexistunt ut unum, absque detrimento simplicitatis ipsius.

 

[28395] Iª q. 4 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Bisogna dire con Dionigi che, come il sole "pur essendo uno e splendendo ugualmente su tutto, precontiene nella sua unità le sostanze tutte delle cose sensibili e le loro qualità molteplici e diverse; così, a più forte ragione, è necessario che, nella causa di tutte le cose, tutte preesistano unificate nella natura di essa". E in tal modo, esseri, che considerati in se stessi sono diversi e opposti, preesistono in Dio come una cosa sola, senza menomare la semplicità divina.

[28396] Iª q. 4 a. 2 ad 2
Et per hoc patet solutio ad secundum.

 

[28396] Iª q. 4 a. 2 ad 2
2. E con ciò è sciolta anche la seconda difficoltà.

[28397] Iª q. 4 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod, sicut in eodem capite idem Dionysius dicit, licet ipsum esse sit perfectius quam vita, et ipsa vita quam ipsa sapientia, si considerentur secundum quod distinguuntur ratione, tamen vivens est perfectius quam ens tantum, quia vivens etiam est ens; et sapiens est ens et vivens. Licet igitur ens non includat in se vivens et sapiens, quia non oportet quod illud quod participat esse, participet ipsum secundum omnem modum essendi, tamen ipsum esse Dei includit in se vitam et sapientiam; quia nulla de perfectionibus essendi potest deesse ei quod est ipsum esse subsistens.

 

[28397] Iª q. 4 a. 2 ad 3
3. Come dice lo stesso Dionigi nel capitolo citato, sebbene l'essere stesso sia più perfetto della vita, e la vita più perfetta della sapienza, se si considerano in astratto le loro distinzioni; tuttavia quello che vive è (in concreto) più perfetto di quello che ha soltanto l'essere, perché il vivente è anche ente; e il sapiente è anche ente e vivente. Quindi, sebbene la nozione di ente non includa in se stessa la nozione di vivente e di sapiente, perché non è necessario che chi partecipa l'essere lo partecipi secondo tutti i modi dell'essere, tuttavia l'essere stesso di Dio include in sé anche la vita e la sapienza, perché nessuna delle perfezioni dell'essere può mancare a Colui che è l'essere stesso per sé sussistente.




Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > La perfezione di Dio in se stessa > Se una creatura possa essere simile a Dio


Prima pars
Quaestio 4
Articulus 3

[28398] Iª q. 4 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod nulla creatura possit esse similis Deo. Dicitur enim in Psalmo, non est similis tui in diis, domine. Sed inter omnes creaturas, excellentiores sunt quae dicuntur dii participative. Multo ergo minus aliae creaturae possunt dici Deo similes.

 
Prima parte
Questione 4
Articolo 3

[28398] Iª q. 4 a. 3 arg. 1
SEMBRA che nessuna creatura possa essere simile a Dio. Infatti:
1. È detto nei Salmi: "Non v'è simile a te tra gli dei, o Signore". Ora, tra tutte le creature, le più nobili sono quelle che sono chiamate dei per partecipazione. Dunque molto meno possono dirsi simili a Dio le altre creature.

[28399] Iª q. 4 a. 3 arg. 2
Praeterea, similitudo est comparatio quaedam. Non est autem comparatio eorum quae sunt diversorum generum; ergo nec similitudo, non enim dicimus quod dulcedo sit similis albedini. Sed nulla creatura est eiusdem generis cum Deo, cum Deus non sit in genere, ut supra ostensum est. Ergo nulla creatura est similis Deo.

 

[28399] Iª q. 4 a. 3 arg. 2
2. La somiglianza è una specie di confronto. Ma non si dà confronto tra cose di diverso genere; quindi neppure somiglianza: nessuno infatti dice che il dolce somiglia al bianco. Ora, nessuna creatura è dello stesso genere di Dio che, come si è provato, è al di sopra di ogni genere. Perciò nessuna creatura è simile a Dio.

[28400] Iª q. 4 a. 3 arg. 3
Praeterea, similia dicuntur quae conveniunt in forma. Sed nihil convenit cum Deo in forma, nullius enim rei essentia est ipsum esse, nisi solius Dei. Ergo nulla creatura potest esse similis Deo.

 

[28400] Iª q. 4 a. 3 arg. 3
3. Simili si dicono quelle cose che hanno comunanza di forma. Ora, niente combina con Dio nella forma, perché in nessuna cosa, tranne che in Dio, l'essenza si identifica con l'essere. Perciò nessuna creatura può essere simile a Dio.

[28401] Iª q. 4 a. 3 arg. 4
Praeterea, in similibus est mutua similitudo, nam simile est simili simile. Si igitur aliqua creatura est similis Deo, et Deus erit similis alicui creaturae. Quod est contra id quod dicitur Isaiae XL, cui similem fecistis Deum?

 

[28401] Iª q. 4 a. 3 arg. 4
4. Tra cose simili la somiglianza è reciproca, perché il simile è simile al simile. Se dunque qualche creatura è simile a Dio, Dio sarà simile a qualche creatura. Ciò contrasta apertamente col detto di Isaia: "A chi rassomigliereste Dio?".

[28402] Iª q. 4 a. 3 s. c.
Sed contra est quod dicitur Gen. I, faciamus hominem ad imaginem et similitudinem nostram; et I Ioann. III, cum apparuerit, similes ei erimus.

 

[28402] Iª q. 4 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Nella Genesi si dice: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza" e in S. Giovanni: "Quando si sarà manifestato, saremo simili a lui".

[28403] Iª q. 4 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod, cum similitudo attendatur secundum convenientiam vel communicationem in forma, multiplex est similitudo, secundum multos modos communicandi in forma. Quaedam enim dicuntur similia, quae communicant in eadem forma secundum eandem rationem, et secundum eundem modum, et haec non solum dicuntur similia, sed aequalia in sua similitudine; sicut duo aequaliter alba, dicuntur similia in albedine. Et haec est perfectissima similitudo. Alio modo dicuntur similia, quae communicant in forma secundum eandem rationem, et non secundum eundem modum, sed secundum magis et minus; ut minus album dicitur simile magis albo. Et haec est similitudo imperfecta. Tertio modo dicuntur aliqua similia, quae communicant in eadem forma, sed non secundum eandem rationem; ut patet in agentibus non univocis. Cum enim omne agens agat sibi simile inquantum est agens, agit autem unumquodque secundum suam formam, necesse est quod in effectu sit similitudo formae agentis. Si ergo agens sit contentum in eadem specie cum suo effectu, erit similitudo inter faciens et factum in forma, secundum eandem rationem speciei; sicut homo generat hominem. Si autem agens non sit contentum in eadem specie, erit similitudo, sed non secundum eandem rationem speciei, sicut ea quae generantur ex virtute solis, accedunt quidem ad aliquam similitudinem solis, non tamen ut recipiant formam solis secundum similitudinem speciei, sed secundum similitudinem generis. Si igitur sit aliquod agens, quod non in genere contineatur, effectus eius adhuc magis accedent remote ad similitudinem formae agentis, non tamen ita quod participent similitudinem formae agentis secundum eandem rationem speciei aut generis, sed secundum aliqualem analogiam, sicut ipsum esse est commune omnibus. Et hoc modo illa quae sunt a Deo, assimilantur ei inquantum sunt entia, ut primo et universali principio totius esse.

 

[28403] Iª q. 4 a. 3 co.
RISPONDO: Siccome la somiglianza si prende dal convenire o comunicare nella forma, vi sono tante maniere di somiglianza a seconda dei vari modi di comunicare nella forma. Si dicono simili alcune cose le quali hanno in comune la stessa forma secondo la stessa natura (o attributo essenziale), e secondo lo stesso grado: in questo caso non solo sono simili, ma uguali nella loro somiglianza: come due cose ugualmente bianche si dicono simili nella bianchezza. E questa è la somiglianza più perfetta. - In secondo luogo si dicono simili quelle cose che hanno un'uguale forma, secondo la stessa natura non però secondo lo stesso grado, ma secondo un più e un meno; come una cosa meno bianca si dice simile a un'altra più bianca. E questa è somiglianza imperfetta. - In terzo luogo, si dicono simili alcune cose che hanno la stessa forma, ma non secondo la stessa natura (specifica), come è il caso degli agenti non univoci. Siccome ogni agente, in quanto tale, tende ad imprimere la sua somiglianza, ed ogni cosa agisce secondo la sua forma, è necessario che nell'effetto ci sia una somiglianza della forma dell'agente. Se dunque l'agente è contenuto nella stessa specie del suo effetto, la somiglianza tra la causa e l'effetto sarà nella forma secondo la stessa natura specifica; come avviene dell'uomo che genera un altro uomo. Se poi l'agente non è contenuto nella stessa specie, vi sarà somiglianza, ma non secondo la stessa natura specifica: così le cose che si generano per la virtù del sole, si accostano sì a una certa somiglianza col sole, ma non sino a partecipare alla forma del sole secondo la somiglianza specifica, ma solo secondo una somiglianza generica.
Se dunque vi è un agente che non è contenuto in alcun genere, i suoi effetti avranno una somiglianza anche più lontana dalla di lui forma; cioè non arriveranno mai a somigliare la forma dell'agente secondo la stessa natura specifica o generica, ma solo secondo una certa analogia, come nel caso dell'essere, il quale è comune a tutte le cose. E solo in questo modo le cose prodotte da Dio possono a lui somigliare come enti al primo ed universale principio di tutto l'essere.

[28404] Iª q. 4 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod, sicut dicit Dionysius cap. IX de Div. Nom., cum sacra Scriptura dicit aliquid non esse simile Deo, non est contrarium assimilationi ad ipsum. Eadem enim sunt similia Deo, et dissimilia, similia quidem secundum quod imitantur ipsum, prout contingit eum imitari qui non perfecte imitabilis est dissimilia vero, secundum quod deficiunt a sua causa; non solum secundum intensionem et remissionem, sicut minus album deficit a magis albo; sed quia non est convenientia nec secundum speciem nec secundum genus.

 

[28404] Iª q. 4 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Come dice Dionigi, quando la Scrittura nega che qualche cosa sia simile a Dio, "non contesta la somiglianza con lui. E infatti le medesime cose possono essere simili a Dio e dissimili: simili, in quanto lo imitano nella misura in cui è consentito imitare colui, che non è perfettamente imitabile; dissimili, in quanto si discostano dalla loro causa"; e non solo secondo una minore o maggiore intensità, come il meno bianco si discosta dà ciò che è più bianco, ma anche perché non vi è comunanza di specie né di genere.

[28405] Iª q. 4 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod Deus non se habet ad creaturas sicut res diversorum generum, sed sicut id quod est extra omne genus, et principium omnium generum.

 

[28405] Iª q. 4 a. 3 ad 2
2. Dio non sta in rapporto alle creature come cosa di genere diverso; ma come ciò che è fuori d'ogni genere e principio di tutti i generi.

[28406] Iª q. 4 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod non dicitur esse similitudo creaturae ad Deum propter communicantiam in forma secundum eandem rationem generis et speciei, sed secundum analogiam tantum; prout scilicet Deus est ens per essentiam, et alia per participationem.

 

[28406] Iª q. 4 a. 3 ad 3
3. Non si dice che vi è somiglianza della creatura con Dio per comunanza di forma secondo la stessa natura specifica o generica; ma solo secondo analogia, in quanto cioè Dio è ente per essenza, e le altre cose per partecipazione.

[28407] Iª q. 4 a. 3 ad 4
Ad quartum dicendum quod, licet aliquo modo concedatur quod creatura sit similis Deo, nullo tamen modo concedendum est quod Deus sit similis creaturae, quia, ut dicit Dionysius cap. IX de Div. Nom., in his quae unius ordinis sunt, recipitur mutua similitudo, non autem in causa et causato, dicimus enim quod imago sit similis homini, et non e converso. Et similiter dici potest aliquo modo quod creatura sit similis Deo, non tamen quod Deus sit similis creaturae.

 

[28407] Iª q. 4 a. 3 ad 4
4. Se in qualche modo si concede che la creatura è simile a Dio, in nessuna maniera si deve ammettere che Dio è simile alla creatura, perché, come dice Dionigi, "la mutua somiglianza si dà tra esseri appartenenti ad uno stesso ordine, non tra causa e causato": così si usa dire che il ritratto somiglia a una data persona, e non viceversa. Parimente, in qualche modo si può dire che la creatura è simile a Dio, non già che Dio è simile alla creatura.

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