I, 15

Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > Le idee


Prima pars
Quaestio 15
Prooemium

[29019] Iª q. 15 pr.
Post considerationem de scientia Dei, restat considerare de ideis. Et circa hoc quaeruntur tria.
Primo, an sint ideae.
Secundo, utrum sint plures, vel una tantum.
Tertio, utrum sint omnium quae cognoscuntur a Deo.

 
Prima parte
Questione 15
Proemio

[29019] Iª q. 15 pr.
Dopo lo studio sulla scienza di Dio, rimane da trattare delle idee.
E su questo punto si fanno tre quesiti:
1. Se esistano le idee;
2. Se ve ne siano più d'una;
3. Se vi siano idee di tutte le cose conosciute da Dio.




Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > Le idee > Se esistano le idee


Prima pars
Quaestio 15
Articulus 1

[29020] Iª q. 15 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod ideae non sint. Dicit enim Dionysius, VII cap. de Div. Nom., quod Deus non cognoscit res secundum ideam. Sed ideae non ponuntur ad aliud, nisi ut per eas cognoscantur res. Ergo ideae non sunt.

 
Prima parte
Questione 15
Articolo 1

[29020] Iª q. 15 a. 1 arg. 1
SEMBRA che le idee non esistano. Infatti:
1. Dionigi afferma che Dio non conosce le cose mediante l'idea. Ora, non si pongono le idee se non per questo, perché mediante esse si conoscano le realtà. Dunque le idee non esistono.

[29021] Iª q. 15 a. 1 arg. 2
Praeterea, Deus in seipso cognoscit omnia, ut supra dictum est. Sed seipsum non cognoscit per ideam. Ergo nec alia.

 

[29021] Iª q. 15 a. 1 arg. 2
2. Dio conosce ogni cosa in se medesimo, come si è detto sopra. Ma non conosce se stesso per mezzo di un'idea. Dunque nemmeno il resto.

[29022] Iª q. 15 a. 1 arg. 3
Praeterea, idea ponitur ut principium cognoscendi et operandi. Sed essentia divina est sufficiens principium cognoscendi et operandi omnia. Non ergo necesse est ponere ideas.

 

[29022] Iª q. 15 a. 1 arg. 3
3. L'idea si pone come principio di conoscenza e d'operazione. Ora, l'essenza divina è un principio sufficiente per conoscere e per operare tutte le cose. Non vi è dunque nessuna necessità di porre le idee.

[29023] Iª q. 15 a. 1 s. c.
Sed contra est quod dicit Augustinus, in libro octoginta trium quaest., tanta vis in ideis constituitur, ut, nisi his intellectis, sapiens esse nemo possit.

 

[29023] Iª q. 15 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Dice S. Agostino: «Tanta è la potenza riposta nelle idee, che senza la cognizione di esse nessuno può essere sapiente».

[29024] Iª q. 15 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod necesse est ponere in mente divina ideas. Idea enim Graece, Latine forma dicitur, unde per ideas intelliguntur formae aliarum rerum, praeter ipsas res existentes. Forma autem alicuius rei praeter ipsam existens, ad duo esse potest, vel ut sit exemplar eius cuius dicitur forma; vel ut sit principium cognitionis ipsius, secundum quod formae cognoscibilium dicuntur esse in cognoscente. Et quantum ad utrumque est necesse ponere ideas. Quod sic patet. In omnibus enim quae non a casu generantur, necesse est formam esse finem generationis cuiuscumque. Agens autem non ageret propter formam, nisi inquantum similitudo formae est in ipso. Quod quidem contingit dupliciter. In quibusdam enim agentibus praeexistit forma rei fiendae secundum esse naturale, sicut in his quae agunt per naturam; sicut homo generat hominem, et ignis ignem. In quibusdam vero secundum esse intelligibile, ut in his quae agunt per intellectum; sicut similitudo domus praeexistit in mente aedificatoris. Et haec potest dici idea domus, quia artifex intendit domum assimilare formae quam mente concepit. Quia igitur mundus non est casu factus, sed est factus a Deo per intellectum agente, ut infra patebit, necesse est quod in mente divina sit forma, ad similitudinem cuius mundus est factus. Et in hoc consistit ratio ideae.

 

[29024] Iª q. 15 a. 1 co.
RISPONDO: È necessario ammettere che nella mente divina vi sono le idee. Idea, infatti, è il termine greco del latino forma: quindi per idee si intendono le forme delle cose esistenti fuori delle cose stesse. Ora, la forma di una data cosa, esistente fuori di essa, può servire a due scopi: o ne è la causa esemplare, o ne è il principio conoscitivo; ed in questa maniera si dice che le forme degli oggetti conosciuti sono nel soggetto conoscente. Nell'uno e nell'altro modo è necessario porre in Dio le idee.
Eccone la prova. In tutte le cose che non sono prodotte casualmente, è necessario che la forma sia il fine della produzione di ciascuna. Ora l'agente non agirebbe in vista della forma, se non avesse in se stesso la rappresentazione di tale forma. Il che avviene in due modi. In alcuni agenti la forma della cosa da prodursi preesiste nel suo essere fisico; è il caso di tutti gli agenti che operano in forza della loro natura; l'uomo, p. es., [quando] genera l'uomo, e il fuoco [quando] genera il fuoco. In altri preesiste nel suo essere intelligibile, come avviene per quelle cause che agiscono in forza del loro intelletto: così, p. es., nella mente dell'architetto preesiste l'immagine della casa. E questa forma può essere chiamata idea della casa, perché l'architetto intende costruire la casa a somiglianza della forma che ha concepito nella mente.
Poiché, dunque, il mondo non è stato fatto a caso, ma è stato creato da Dio, causa intelligente, come vedremo più avanti, deve esserci per necessità nella mente divina una forma, a immagine della quale il mondo è stato creato. E in questo appunto consiste l’idea.

[29025] Iª q. 15 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod Deus non intelligit res secundum ideam extra se existentem. Et sic etiam Aristoteles improbat opinionem Platonis de ideis, secundum quod ponebat eas per se existentes, non in intellectu.

 

[29025] Iª q. 15 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Dio non conosce le cose mediante un'idea esistente fuori di lui. E per questo Aristotele rigetta la teoria delle idee di Platone, secondo la quale le idee sono sussistenti e non già esistenti in una intelligenza.

[29026] Iª q. 15 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod, licet Deus per essentiam suam se et alia cognoscat, tamen essentia sua est principium operativum aliorum, non autem sui ipsius, et ideo habet rationem ideae secundum quod ad alia comparatur, non autem secundum quod comparatur ad ipsum Deum.

 

[29026] Iª q. 15 a. 1 ad 2
2. Sebbene Dio conosca mediante la sua essenza se stesso e le altre cose, tuttavia questa, pur essendo delle altre cose principio produttivo, non lo è certo di lui stesso: perciò essa va concepita come idea [o esemplare] rispetto agli altri esseri, non però riguardo a Dio stesso.

[29027] Iª q. 15 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod Deus secundum essentiam suam est similitudo omnium rerum. Unde idea in Deo nihil est aliud quam Dei essentia.

 

[29027] Iª q. 15 a. 1 ad 3
3. Dio, per sua essenza, è l'esemplare di tutte le cose. Quindi l'idea, in Dio, non è altro che la essenza di Dio.




Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > Le idee > Se vi siano più idee


Prima pars
Quaestio 15
Articulus 2

[29028] Iª q. 15 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod non sint plures ideae. Idea enim in Deo est eius essentia. Sed essentia Dei est una tantum. Ergo et idea est una.

 
Prima parte
Questione 15
Articolo 2

[29028] Iª q. 15 a. 2 arg. 1
SEMBRA che non vi siano più idee. Infatti:
1. In Dio l'idea è la sua essenza. Ora, l'essenza di Dio è una sola. Dunque anche l’idea è una soltanto.

[29029] Iª q. 15 a. 2 arg. 2
Praeterea, sicut idea est principium cognoscendi et operandi, ita ars et sapientia. Sed in Deo non sunt plures artes et sapientiae. Ergo nec plures ideae.

 

[29029] Iª q. 15 a. 2 arg. 2
2. Come l'idea è il principio del conoscere e dell'operare, così lo sono egualmente l'arte e la sapienza. Ora, in Dio non esistono più arti e più sapienze. Dunque neanche più idee.

[29030] Iª q. 15 a. 2 arg. 3
Si dicatur quod ideae multiplicantur secundum respectus ad diversas creaturas, contra, pluralitas idearum est ab aeterno. Si ergo ideae sunt plures, creaturae autem sunt temporales, ergo temporale erit causa aeterni.

 

[29030] Iª q. 15 a. 2 arg. 3
3. Che se si dice; le idee si moltiplicano secondo i rapporti alle diverse creature, si può opporre: la pluralità delle idee è eterna. Se, dunque, le idee sono molteplici e le creature sono temporali, ne viene che il temporale è causa dell'eterno.

[29031] Iª q. 15 a. 2 arg. 4
Praeterea, respectus isti aut sunt secundum rem in creaturis tantum, aut etiam in Deo. Si in creaturis tantum, cum creaturae non sint ab aeterno, pluralitas idearum non erit ab aeterno, si multiplicentur solum secundum huiusmodi respectus. Si autem realiter sunt in Deo, sequitur quod alia pluralitas realis sit in Deo quam pluralitas personarum, quod est contra Damascenum, dicentem quod in divinis omnia unum sunt, praeter ingenerationem, generationem et processionem. Sic igitur non sunt plures ideae.

 

[29031] Iª q. 15 a. 2 arg. 4
4. Queste relazioni o sono reali soltanto nelle creature, o sono reali anche in Dio. Se sono reali solo nelle creature, siccome le creature non sono eterne, la molteplicità delle idee, dato che queste si moltiplicano solo a motivo di tali rapporti, non sarà eterna. Se poi sono realmente in Dio, si ha questa conseguenza: che in Dio vi è un'altra reale pluralità oltre quella delle Persone: ciò che contraddice al Damasceno il quale afferma che «in Dio tutto è uno, tranne la non-generazione, la generazione e la processione». Dunque in Dio non vi sono più idee.

[29032] Iª q. 15 a. 2 s. c.
Sed contra est quod dicit Augustinus, in libro octoginta trium quaest., ideae sunt principales quaedam formae vel rationes rerum stabiles atque incommutabiles, quia ipsae formatae non sunt, ac per hoc aeternae ac semper eodem modo se habentes, quae divina intelligentia continentur. Sed cum ipsae neque oriantur neque intereant, secundum eas tamen formari dicitur omne quod oriri et interire potest, et omne quod oritur et interit.

 

[29032] Iª q. 15 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Dice S. Agostino: «Le idee sono certe forme, o ragioni delle cose, primarie, stabili e immutabili, perché esse non sono state formate e, per conseguenza, sono eterne e sono sempre le stesse, contenute nella mente divina. Ma, mentre esse non cominciano né periscono, si dice tuttavia che quanto può sorgere e perire, e tutto quello che nasce e perisce è formato secondo esse».

[29033] Iª q. 15 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod necesse est ponere plures ideas. Ad cuius evidentiam, considerandum est quod in quolibet effectu illud quod est ultimus finis, proprie est intentum a principali agente; sicut ordo exercitus a duce. Illud autem quod est optimum in rebus existens, est bonum ordinis universi, ut patet per philosophum in XII Metaphys. Ordo igitur universi est proprie a Deo intentus, et non per accidens proveniens secundum successionem agentium, prout quidam dixerunt quod Deus creavit primum creatum tantum, quod creatum creavit secundum creatum, et sic inde quousque producta est tanta rerum multitudo, secundum quam opinionem, Deus non haberet nisi ideam primi creati. Sed si ipse ordo universi est per se creatus ab eo, et intentus ab ipso, necesse est quod habeat ideam ordinis universi. Ratio autem alicuius totius haberi non potest, nisi habeantur propriae rationes eorum ex quibus totum constituitur, sicut aedificator speciem domus concipere non posset, nisi apud ipsum esset propria ratio cuiuslibet partium eius. Sic igitur oportet quod in mente divina sint propriae rationes omnium rerum. Unde dicit Augustinus, in libro octoginta trium quaest., quod singula propriis rationibus a Deo creata sunt. Unde sequitur quod in mente divina sint plures ideae. Hoc autem quomodo divinae simplicitati non repugnet, facile est videre, si quis consideret ideam operati esse in mente operantis sicut quod intelligitur; non autem sicut species qua intelligitur, quae est forma faciens intellectum in actu. Forma enim domus in mente aedificatoris est aliquid ab eo intellectum, ad cuius similitudinem domum in materia format. Non est autem contra simplicitatem divini intellectus, quod multa intelligat, sed contra simplicitatem eius esset, si per plures species eius intellectus formaretur. Unde plures ideae sunt in mente divina ut intellectae ab ipso. Quod hoc modo potest videri. Ipse enim essentiam suam perfecte cognoscit, unde cognoscit eam secundum omnem modum quo cognoscibilis est. Potest autem cognosci non solum secundum quod in se est, sed secundum quod est participabilis secundum aliquem modum similitudinis a creaturis. Unaquaeque autem creatura habet propriam speciem, secundum quod aliquo modo participat divinae essentiae similitudinem. Sic igitur inquantum Deus cognoscit suam essentiam ut sic imitabilem a tali creatura, cognoscit eam ut propriam rationem et ideam huius creaturae. Et similiter de aliis. Et sic patet quod Deus intelligit plures rationes proprias plurium rerum; quae sunt plures ideae.

 

[29033] Iª q. 15 a. 2 co.
RISPONDO: È necessario porre [in Dio] più idee. A chiarimento di ciò, bisogna considerare che in ogni effetto l'ultimo fine viene direttamente predisposto dall'agente principale; p. es., l'obbiettivo finale di un esercito è predisposto dal comandante. Ora, il bene dell'ordine cosmico è la cosa migliore esistente nell'universo, come dimostra il Filosofo. Dunque l'ordine dell'universo è direttamente voluto da Dio e non proviene a caso dal succedersi dei vari agenti: come affermarono alcuni, per i quali Dio avrebbe prodotto la prima creatura, che ne avrebbe creata una seconda, e così di seguito, fino alla produzione di una cosi grande moltitudine di cose: «secondo tale opinione, Dio non avrebbe che l'idea della prima creatura. Ma se l'ordine dell'universo è stato creato direttamente da Dio e voluto da lui, Dio deve avere in se stesso, necessariamente, l'idea dell'ordine dell'universo. Ora, non è possibile avere 1'idea di un tutto, se non si hanno le idee delle varie parti onde il tutto è costituito: l'architetto, p. es., non può concepire l'immagine di una casa, se non possiede nella mente la rappresentazione propria di ogni sua parte. Così, dunque, è necessario che nella mente divina ci siano le idee proprie di tutte le cose. Per questo S. Agostino afferma che «le singole cose sono state create da Dio conforme all’idea di ciascuna». Per conseguenza, nella mente di Dio vi sono più idee.
Come ciò non ripugni alla divina semplicità, è facile a vedersi, se si pensi che l'idea di un'opera è nella mente di chi la fa quale oggetto conosciuto, e non come quella specie mediante la quale si conosce, perché questa serve come forma a rendere l'intelletto attualmente conoscitivo. La forma, infatti, secondo la quale il costruttore fabbrica materialmente un edificio, è nella di lui mente una cosa già conosciuta. Ora, non pregiudica la semplicità dell'intelletto divino, l'intendere più cose: ma tale semplicità sarebbe distrutta qualora il divino intelletto fosse attuato da più specie. Quindi nella mente divina vi sono più idee come oggetto di conoscenza.
Ecco come si può chiarire la cosa. Iddio conosce perfettamente la propria essenza: quindi la conosce secondo tutti i modi in cui può essere conosciuta. Ora questa può essere conosciuta non solo di se medesima, ma anche come partecipabile, in questo o quel grado, dalle creature. Ogni creatura poi ha la sua propria specie, a seconda che in qualche modo partecipa della somiglianza della divina essenza. Perciò Dio, conoscendo la propria essenza come imitabile da tale creatura, la conosce come essenza o idea particolare di quella creatura. Così si dica di tutte le altre. E chiaro quindi che Dio conosce l'essenza determinata di più cose, che è quanto dire più idee.

[29034] Iª q. 15 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod idea non nominat divinam essentiam inquantum est essentia, sed inquantum est similitudo vel ratio huius vel illius rei. Unde secundum quod sunt plures rationes intellectae ex una essentia, secundum hoc dicuntur plures ideae.

 

[29034] Iª q. 15 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'idea non designa l'essenza divina in quanto è essenza, ma in quanto è esemplare o ragione di questa o di quella cosa. Ora si possono trovare tante idee quante sono le nozioni distinte di una unica essenza.

[29035] Iª q. 15 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod sapientia et ars significantur ut quo Deus intelligit, sed idea ut quod Deus intelligit. Deus autem uno intelligit multa; et non solum secundum quod in seipsis sunt, sed etiam secundum quod intellecta sunt; quod est intelligere plures rationes rerum. Sicut artifex, dum intelligit formam domus in materia, dicitur intelligere domum, dum autem intelligit formam domus ut a se speculatam, ex eo quod intelligit se intelligere eam, intelligit ideam vel rationem domus. Deus autem non solum intelligit multas res per essentiam suam, sed etiam intelligit se intelligere multa per essentiam suam. Sed hoc est intelligere plures rationes rerum; vel, plures ideas esse in intellectu eius ut intellectas.

 

[29035] Iª q. 15 a. 2 ad 2
2. Con i termini arte e sapienza riferiti a Dio vogliamo esprimere il principio o l'atto del suo intendere; mentre l'idea sta a significare ciò che Dio conosce. Ora Dio conosce un'infinità di cose con una unica [intuizione], e non soltanto le conosce nella loro realtà, ma anche in quanto sono oggetto di conoscenza; e questo è precisamente conoscere più essenze o idee. Come l'architetto, quando conosce la forma della casa esistente nella materia, si dice che conosce una casa; ma quando concepisce la forma della casa come pensata da lui, per il fatto che conosce di conoscerla, conosce l’idea o l'essenza della casa. Ora, Dio non soltanto conosce nella sua essenza la moltitudine delle cose, ma anche conosce di conoscere tale moltitudine mediante la sua essenza. Ciò significa che egli conosce più essenze delle cose; ovvero che nella sua mente vi sono più idee come oggetto di conoscenza.

[29036] Iª q. 15 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod huiusmodi respectus, quibus multiplicantur ideae, non causantur a rebus, sed ab intellectu divino, comparante essentiam suam ad res.

 

[29036] Iª q. 15 a. 2 ad 3
3. Queste relazioni, per le quali si moltiplicano le idee, non sono causate dalle cose, ma dal divino intelletto contemplante la divina essenza come imitabile dalle creature.

[29037] Iª q. 15 a. 2 ad 4
Ad quartum dicendum quod respectus multiplicantes ideas, non sunt in rebus creatis, sed in Deo. Non tamen sunt reales respectus, sicut illi quibus distinguuntur personae, sed respectus intellecti a Deo.

 

[29037] Iª q. 15 a. 2 ad 4
4. Tali rapporti moltiplicanti le idee non sono nelle creature, ma, in Dio. Non sono però rapporti reali, come quelli per i quali si distinguono le Persone divine; ma sono dei rapporti che sono oggetto della conoscenza di Dio.




Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > Le idee > Se per tutte le cose che Dio conosce vi siano delle idee distinte


Prima pars
Quaestio 15
Articulus 3

[29038] Iª q. 15 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod non omnium quae cognoscit Deus, sint ideae in ipso. Mali enim idea non est in Deo, quia sequeretur malum esse in Deo. Sed mala cognoscuntur a Deo. Ergo non omnium quae cognoscuntur a Deo, sunt ideae.

 
Prima parte
Questione 15
Articolo 3

[29038] Iª q. 15 a. 3 arg. 1
SEMBRA che in Dio non vi siano delle idee distinte per tutte le cose che egli conosce. Infatti:
1. In Dio non c’è l'idea del male, perché altrimenti ci sarebbe il male in Dio. Ma Dio conosce il male. Dunque Dio non ha le idee di tutte le cose che conosce.

[29039] Iª q. 15 a. 3 arg. 2
Praeterea, Deus cognoscit ea quae nec sunt nec erunt nec fuerunt, ut supra dictum est. Sed horum non sunt ideae, quia dicit Dionysius, V cap. de Div. Nom., quod exemplaria sunt divinae voluntates, determinativae et effectivae rerum. Ergo non omnium quae a Deo cognoscuntur, sunt ideae in ipso.

 

[29039] Iª q. 15 a. 3 arg. 2
2. Dio conosce le cose che non sono, che non saranno e che non sono state, come abbiamo detto sopra. Ora, di tali cose non si danno idee, perché dice Dionigi che «gli esemplari sono divine volontà che determinano e producono le cose ». Dunque in Dio non ci sono le idee di tutto ciò che conosce.

[29040] Iª q. 15 a. 3 arg. 3
Praeterea, Deus cognoscit materiam primam, quae non potest habere ideam, cum nullam habeat formam. Ergo idem quod prius.

 

[29040] Iª q. 15 a. 3 arg. 3
3. Dio conosce la materia prima, la quale non può avere un'idea corrispondente, non avendo alcuna forma. Dunque... come sopra.

[29041] Iª q. 15 a. 3 arg. 4
Praeterea, constat quod Deus scit non solum species, sed etiam genera et singularia et accidentia. Sed horum non sunt ideae, secundum positionem Platonis, qui primus ideas introduxit, ut dicit Augustinus. Non ergo omnium cognitorum a Deo sunt ideae in ipso.

 

[29041] Iª q. 15 a. 3 arg. 4
4. Consta che Dio conosce non soltanto le specie, ma anche i generi, e i singolari e gli accidenti. Ora, di queste cose non si danno idee, secondo Platone, che pure per primo ha introdotto la dottrina delle idee, come sappiamo da S. Agostino. Non sono, dunque, in Dio le idee di tutti gli esseri da lui conosciuti.

[29042] Iª q. 15 a. 3 s. c.
Sed contra, ideae sunt rationes in mente divina existentes, ut per Augustinum patet. Sed omnium quae cognoscit, Deus habet proprias rationes. Ergo omnium quae cognoscit, habet ideam.

 

[29042] Iª q. 15 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Le idee sono nozioni esistenti nella mente di Dio, come spiega S. Agostino. Ora, di tutte le cose che conosce, Dio ha in sé delle nozioni appropriate. Dunque Dio ha l'idea di tutto ciò che conosce.

[29043] Iª q. 15 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod, cum ideae a Platone ponerentur principia cognitionis rerum et generationis ipsarum, ad utrumque se habet idea, prout in mente divina ponitur. Et secundum quod est principium factionis rerum, exemplar dici potest, et ad practicam cognitionem pertinet. Secundum autem quod principium cognoscitivum est, proprie dicitur ratio; et potest etiam ad scientiam speculativam pertinere. Secundum ergo quod exemplar est, secundum hoc se habet ad omnia quae a Deo fiunt secundum aliquod tempus. Secundum vero quod principium cognoscitivum est, se habet ad omnia quae cognoscuntur a Deo, etiam si nullo tempore fiant; et ad omnia quae a Deo cognoscuntur secundum propriam rationem, et secundum quod cognoscuntur ab ipso per modum speculationis.

 

[29043] Iª q. 15 a. 3 co.
RISPONDO: Le idee, secondo il pensiero di Platone, sono considerate quali principii di conoscenza e di produzione delle cose, perciò anche le idee come noi le poniamo nella mente di Dio rivestono questo duplice carattere. In quanto è principio dì produzione delle cose, l'idea si chiama esemplare [o modello], e appartiene alla scienza pratica: in quanto, poi, è principio di conoscenza, si dice propriamente ragione [o nozione] e può anche riferirsi alla scienza speculativa. Quindi l'idea, presa in senso di esemplare, riguarda tutte le cose che Dio effettua in qualsiasi tempo; presa invece come principio di conoscenza, abbraccia tutte le cose che Dio conosce, anche se non saranno mai effettuate nel tempo; nonché tutte le cose che Dio conosce nella propria essenza, perché viste da lui come in uno specchio.

[29044] Iª q. 15 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod malum cognoscitur a Deo non per propriam rationem, sed per rationem boni. Et ideo malum non habet in Deo ideam, neque secundum quod idea est exemplar, neque secundum quod est ratio.

 

[29044] Iª q. 15 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il male è conosciuto da Dio non per una sua propria nozione; ma mediante la nozione di bene. Perciò il male non ha un'idea corrispondente in Dio, sia che si prenda il termine idea nel significato di esemplare, sia che si prenda in quello di ragione.

[29045] Iª q. 15 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod eorum quae neque sunt neque erunt neque fuerunt, Deus non habet practicam cognitionem, nisi virtute tantum. Unde respectu eorum non est idea in Deo, secundum quod idea significat exemplar, sed solum secundum quod significat rationem.

 

[29045] Iª q. 15 a. 3 ad 2
2. Di ciò che non è, non sarà, né mai fu, Dio ha una conoscenza pratica in quanto ciò è oggetto possibile della sua potenza. Quindi rispetto a tali cose non vi è in Dio l'idea, nel significato di esemplare, ma solo nel significato di ragione [o nozione].

[29046] Iª q. 15 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod Plato, secundum quosdam, posuit materiam non creatam, et ideo non posuit ideam esse materiae, sed materiae concausam. Sed quia nos ponimus materiam creatam a Deo, non tamen sine forma, habet quidem materia ideam in Deo, non tamen aliam ab idea compositi. Nam materia secundum se neque esse habet, neque cognoscibilis est.

 

[29046] Iª q. 15 a. 3 ad 3
3. Platone, secondo alcuni, ha affermato che la materia non è stata creata: e perciò non ammise che ci fosse un'idea della materia; ma che l'idea fosse causa delle cose insieme alla materia. Ma siccome noi ammettiamo che la materia è stata creata da Dio, non però priva della sua forma, secondo noi la materia ha in Dio la sua idea corrispondente, non distinta tuttavia dall'idea del composto. Ed invero, la materia di suo non ha né essere né conoscibilità.

[29047] Iª q. 15 a. 3 ad 4
Ad quartum dicendum quod genera non possunt habere ideam aliam ab idea speciei, secundum quod idea significat exemplar, quia nunquam genus fit nisi in aliqua specie. Similiter etiam est de accidentibus quae inseparabiliter concomitantur subiectum, quia haec simul fiunt cum subiecto. Accidentia autem quae superveniunt subiecto, specialem ideam habent. Artifex enim per formam domus facit omnia accidentia quae a principio concomitantur domum, sed ea quae superveniunt domui iam factae, ut picturae vel aliquid aliud, facit per aliquam aliam formam. Individua vero, secundum Platonem, non habebant aliam ideam quam ideam speciei, tum quia singularia individuantur per materiam, quam ponebat esse increatam, ut quidam dicunt, et concausam ideae; tum quia intentio naturae consistit in speciebus, nec particularia producit, nisi ut in eis species salventur. Sed providentia divina non solum se extendit ad species, sed ad singularia, ut infra dicetur.

 

[29047] Iª q. 15 a. 3 ad 4
4. I generi non possono avere un'idea distinta da quella delle specie corrispondenti, se si prende idea nel senso di esemplare, perché il genere non si effettua che in una qualche specie. Lo stesso si dica degli accidenti che accompagnano inseparabilmente il soggetto: perché essi si attuano sempre insieme al soggetto. Gli accidenti invece che si sono aggiunti al soggetto, hanno un'idea a parte. L'architetto, infatti, con la forma della casa produce la casa e tutti gli accidenti che l'accompagnano fin dal principio; ma quelli che si sono aggiunti dopo alla casa già fatta, come pitture od altro, li produce con una nuova forma. Degli individui, per Platone, non si dava altra idea che quella della specie: sia perché i singolari si individuano mediante la materia, che egli poneva, a detta di alcuni, increata e come causa simultanea all’idea; sia perché la natura mira alla specie, ne produce gli individui se non perché mediante essi si salvi la specie. Ma la divina provvidenza non si estende solamente alla specie, ma anche ai singolari, come si dirà in seguito.

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