I, 116

Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Il fato


Prima pars
Quaestio 116
Prooemium

[33288] Iª q. 116 pr.
Deinde considerandum est de fato. Et circa hoc quaeruntur quatuor.
Primo, an fatum sit.
Secundo, in quo sit.
Tertio, utrum sit immobile.
Quarto, utrum omnia subsint fato.

 
Prima parte
Questione 116
Proemio

[33288] Iª q. 116 pr.
Trattiamo ora del fato.
Sull'argomento si pongono quattro quesiti:

1. Se il fato esista;
2. In quali esseri esista;
3. Se esso sia immutabile;
4. Se tutte le cose siano soggette al fato.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Il fato > Se il fato sia una realtà


Prima pars
Quaestio 116
Articulus 1

[33289] Iª q. 116 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod fatum nihil sit. Dicit enim Gregorius, in homilia Epiphaniae, absit a fidelium cordibus ut fatum esse aliquid dicant.

 
Prima parte
Questione 116
Articolo 1

[33289] Iª q. 116 a. 1 arg. 1
SEMBRA che il fato sia un nulla. Infatti:
1. S. Gregorio ammonisce: "Si guardino bene i fedeli dal pensare e dall'affermare che il fato è qualche cosa".

[33290] Iª q. 116 a. 1 arg. 2
Praeterea, ea quae fato aguntur, non sunt improvisa, quia, ut Augustinus dicit V de Civ. Dei, fatum a fando dictum intelligimus, idest a loquendo; ut ea fato fieri dicantur, quae ab aliquo determinante sunt ante praelocuta. Quae autem sunt provisa, non sunt fortuita neque casualia. Si igitur res fato aguntur, excludetur casus et fortuna a rebus.

 

[33290] Iª q. 116 a. 1 arg. 2
2. Le cose soggette al fato non sono degl'imprevisti: perché, come osserva S. Agostino, "sappiamo che fato deriva da fari, dire"; cosicché si attribuiscono al fato gli eventi preordinati e predetti da qualcuno. Ma quello che è oggetto di provvidenza, non è né fortuito né casuale. Quindi, se si ammettesse che le cose sono soggette al fato, si escluderebbero dalle cose il caso e la fortuna.

[33291] Iª q. 116 a. 1 s. c.
Sed contra quod non est, non definitur. Sed Boetius, in IV de Consol., definit fatum, dicens quod fatum est inhaerens rebus mobilibus dispositio, per quam providentia suis quaeque nectit ordinibus. Ergo fatum aliquid est.

 

[33291] Iª q. 116 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Ciò che non è, non è definibile. Boezio invece definisce il fato, dicendo che "esso è una disposizione inerente agli esseri mobili, con la quale la provvidenza lega ogni cosa al suo ordine". Quindi il fato è una realtà.

[33292] Iª q. 116 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod in rebus inferioribus videntur quaedam a fortuna vel casu provenire. Contingit autem quandoque quod aliquid, ad inferiores causas relatum, est fortuitum vel casuale, quod tamen, relatum ad causam aliquam superiorem, invenitur esse per se intentum. Sicut si duo servi alicuius domini mittantur ab eo ad eundem locum, uno de altero ignorante; concursus duorum servorum, si ad ipsos servos referatur, casualis est, quia accidit praeter utriusque intentionem; si autem referatur ad dominum, qui hoc praeordinavit, non est casuale, sed per se intentum. Fuerunt igitur aliqui qui huiusmodi casualia et fortuita, quae in his inferioribus accidunt, in nullam superiorem causam reducere voluerunt. Et hi fatum et providentiam negaverunt; ut de Tullio Augustinus recitat in V de Civ. Dei. Quod est contra ea quae superius de providentia dicta sunt. Quidam vero omnia fortuita et casualia quae in istis inferioribus accidunt, sive in rebus naturalibus sive in rebus humanis, reducere voluerunt in superiorem causam, idest in caelestia corpora. Et secundum hos, fatum nihil aliud est quam dispositio siderum in qua quisque conceptus est vel natus. Sed hoc stare non potest, propter duo. Primo quidem, quantum ad res humanas. Quia iam ostensum est quod humani actus non subduntur actioni caelestium corporum, nisi per accidens et indirecte. Causa autem fatalis, cum habeat ordinationem super ea quae fato aguntur, necesse est quod sit directe et per se causa eius quod agitur. Secundo, quantum ad omnia quae per accidens aguntur. Dictum est enim supra quod id quod est per accidens, non est proprie ens neque unum. Omnis autem naturae actio terminatur ad aliquid unum. Unde impossibile est quod id quod est per accidens, sit effectus per se alicuius naturalis principii agentis. Nulla ergo natura per se hoc facere potest, quod intendens fodere sepulcrum, inveniat thesaurum. Manifestum est autem quod corpus caeleste agit per modum naturalis principii, unde et effectus eius in hoc mundo sunt naturales. Impossibile est ergo quod aliqua virtus activa caelestis corporis sit causa eorum quae hic aguntur per accidens, sive a casu sive a fortuna. Et ideo dicendum est quod ea quae hic per accidens aguntur, sive in rebus naturalibus sive in rebus humanis, reducuntur in aliquam causam praeordinantem, quae est providentia divina. Quia nihil prohibet id quod est per accidens, accipi ut unum ab aliquo intellectu, alioquin intellectus formare non posset hanc propositionem, fodiens sepulcrum invenit thesaurum. Et sicut hoc potest intellectus apprehendere, ita potest efficere, sicut si aliquis sciens in quo loco sit thesaurus absconditus, instiget aliquem rusticum hoc ignorantem, ut ibi fodiat sepulcrum. Et sic nihil prohibet ea quae hic per accidens aguntur, ut fortuita vel casualia, reduci in aliquam causam ordinantem, quae per intellectum agat; et praecipue intellectum divinum. Nam solus Deus potest voluntatem immutare, ut supra habitum est. Et per consequens ordinatio humanorum actuum, quorum principium est voluntas, soli Deo attribui debet. Sic igitur inquantum omnia quae hic aguntur, divinae providentiae subduntur, tanquam per eam praeordinata et quasi praelocuta, fatum ponere possumus, licet hoc nomine sancti doctores uti recusaverint, propter eos qui ad vim positionis siderum hoc nomen retorquebant. Unde Augustinus dicit, in V de Civ. Dei, si propterea quisquam res humanas fato tribuit, quia ipsam Dei voluntatem vel potestatem fati nomine appellat, sententiam teneat, linguam corrigat. Et sic etiam Gregorius fatum esse negat.

 

[33292] Iª q. 116 a. 1 co.
RISPONDO: È evidente che nel mondo alcuni eventi dipendono dalla fortuna e dal caso. Capita però, qualche volta, che un evento, in rapporto alle cause inferiori è fortuito o casuale, in rapporto invece a una causa superiore, si scopre che è voluto direttamente. Si pensi, p. es., a due servi mandati dal padrone, in una stessa località, l'uno all'insaputa dell'altro; l'incontro dei due servi, per loro è casuale, perché avviene senza che essi lo vogliano; per il padrone invece che lo ha preordinato non è casuale, ma voluto direttamente.
Vi furono dunque alcuni i quali non vollero ricondurre a nessuna causa superiore gli eventi terrestri fortuiti o casuali. Essi negarono il fato e la provvidenza, come S. Agostino dice di Cicerone. - Ma tale sentenza è contraria a quanto si disse trattando della provvidenza.
Altri poi vollero ricondurre gli eventi fortuiti e casuali, sia quelli del mondo fisico, sia quelli del mondo umano, a una causa superiore, e cioè ai corpi celesti. Secondo costoro, dunque, il fato non sarebbe altro che "la posizione degli astri sotto la quale uno fu concepito o venne alla luce". - Ma anche questa sentenza è insostenibile in questi due casi. Primo, in rapporto alle cose umane. Infatti, si è già dimostrato che gli atti umani sono soggetti all'azione dei corpi celesti soltanto in maniera accidentale e indiretta. Invece la causa fatale, essendo ordinata ad eventi fatali, deve essere causa diretta e per se dell'evento. - Secondo, in rapporto a tutto ciò che si verifica per accidens. Si è detto infatti che un per accidens non è propriamente né ente né uno. Invece ogni operazione della natura tende a produrre un effetto [determinato e quindi] unico. Perciò è impossibile che un per accidens sia effetto per se di una causa agente naturale. Cosicché nessun agente naturale può causare il fatto che uno, scavando una fossa sepolcrale, debba trovare un tesoro. Ora, è evidente che i corpi celesti agiscono come cause naturali: perciò anche i loro effetti sulla terra sono naturali. Quindi è impossibile che una virtù attiva dei corpi celesti sia causa di quanto nel mondo avviene per accidens, vale a dire per combinazione o per caso.
Bisogna perciò affermare che gli eventi casuali, sia quelli del mondo fisico, sia quelli del mondo umano, dipendono da una causa preordinante, che è la provvidenza divina. Niente infatti impedisce che una cosa capitata per accidens, sia concepita come un tutt'uno da una intelligenza - altrimenti l'intelletto non potrebbe neppure formulare questa proposizione: "Colui che scavava un sepolcro ha trovato un tesoro". E come un intelletto può concepire questo fatto, così può anche provocarlo: sapendo infatti uno dov'è nascosto un tesoro, potrebbe spingere un contadino che lo ignora, a scavare il sepolcro in quel punto. Perciò niente impedisce che gli eventi che accadono quaggiù per accidens, quali sono le cose fortuite e casuali, dipendano da una causa intellettiva predeterminante; e specialmente dall'intelletto divino. Infatti solo Dio può influire direttamente sulla volontà, come si è dimostrato. Per conseguenza, la coordinazione causale degli atti umani, che dipendono dalla volontà, deve attribuirsi a Dio soltanto.
Concludendo, noi possiamo ammettere il fato, perché quanto accade quaggiù è soggetto alla provvidenza divina, e accade come un evento preordinato e quasi pre-detto da essa: sebbene i santi Dottori abbiano ricusato di servirsi di questo vocabolo, a cagione di coloro che attribuivano il fato all'influsso e alla posizione degli astri. Ecco perché S. Agostino ammoniva: "Chi attribuisce gli eventi umani al fato, perché con tale vocabolo intende significare la stessa volontà e potenza di Dio, pensi pure così, ma corregga il suo linguaggio", Ed è questa la ragione per cui nega il fato S. Gregorio.

[33293] Iª q. 116 a. 1 ad 1
Unde patet solutio ad primum.

 

[33293] Iª q. 116 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. È così risolta la prima difficoltà.

[33294] Iª q. 116 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod nihil prohibet aliqua esse fortuita vel casualia per comparationem ad causas proximas, non tamen per comparationem ad divinam providentiam, sic enim nihil temere fit in mundo, ut Augustinus dicit in libro octoginta trium quaest.

 

[33294] Iª q. 116 a. 1 ad 2
2. Niente impedisce che alcuni eventi siano fortuiti e casuali in rapporto alle cause prossime, e non lo siano in rapporto alla provvidenza divina: infatti in rapporto a quest'ultima, come dice S. Agostino, "niente nel mondo avviene inconsideratamente".




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Il fato > Se il fato sia nelle cose create


Prima pars
Quaestio 116
Articulus 2

[33295] Iª q. 116 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod fatum non sit in rebus creatis. Dicit enim Augustinus, V de Civ. Dei, quod ipsa Dei voluntas vel potestas fati nomine appellatur. Sed voluntas et potestas Dei non est in creaturis, sed in Deo. Ergo fatum non est in rebus creatis, sed in Deo.

 
Prima parte
Questione 116
Articolo 2

[33295] Iª q. 116 a. 2 arg. 1
SEMBRA che il fato non sia nelle cose create. Infatti:
1. Secondo S. Agostino, "col nome di fato si designa la volontà e la potenza di Dio". Ora, la volontà e la potenza di Dio non sono nelle creature, mia in Dio. Dunque il fato è in Dio, e non nelle cose create.

[33296] Iª q. 116 a. 2 arg. 2
Praeterea, fatum comparatur ad ea quae ex fato aguntur, ut causa; ut ipse modus loquendi ostendit. Sed causa universalis per se eorum quae hic per accidens aguntur, est solus Deus, ut supra dictum est. Ergo fatum est in Deo, et non in rebus creatis.

 

[33296] Iª q. 116 a. 2 arg. 2
2. Il fato, è causa in rapporto agli eventi da esso dipendenti; come indica il modo stesso con cui se ne parla. Ora, Dio soltanto è causa universale diretta degli eventi che si verificano per accidens, come sopra si è veduto. Quindi il fato è in Dio, e non nelle cose create.

[33297] Iª q. 116 a. 2 arg. 3
Praeterea, si fatum est in creaturis, aut est substantia, aut accidens, et quodcumque horum detur, oportet quod multiplicetur secundum creaturarum multitudinem. Cum ergo fatum videatur esse unum tantum, videtur quod fatum non sit in creaturis, sed in Deo.

 

[33297] Iª q. 116 a. 2 arg. 3
3. Se il fato fosse nelle creature, sarebbe o sostanza o accidente: e in tutte e due le ipotesi, dovrebbe moltiplicarsi secondo il numero delle creature. Siccome invece il fato è uno soltanto, esso non è nelle creature, ma in Dio.

[33298] Iª q. 116 a. 2 s. c.
Sed contra est quod Boetius dicit, in IV de Consol. quod fatum est dispositio rebus mobilibus inhaerens.

 

[33298] Iª q. 116 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Boezio insegna che "il fato è una disposizione inerente agli esseri mobili".

[33299] Iª q. 116 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod, sicut ex praedictis patet, divina providentia per causas medias suos effectus exequitur. Potest ergo ipsa ordinatio effectuum dupliciter considerari. Uno modo, secundum quod est in ipso Deo, et sic ipsa ordinatio effectuum vocatur providentia. Secundum vero quod praedicta ordinatio consideratur in mediis causis a Deo ordinatis ad aliquos effectus producendos, sic habet rationem fati. Et hoc est quod Boetius dicit, IV de Consol., sive famulantibus quibusdam providentiae divinae spiritibus fatum exercetur; seu anima, seu tota inserviente natura, sive caelestibus siderum motibus, seu angelica virtute, seu Daemonum varia solertia, seu aliquibus eorum, seu omnibus, fatalis series texitur, de quibus omnibus per singula in praecedentibus dictum est. Sic ergo est manifestum quod fatum est in ipsis causis creatis, inquantum sunt ordinatae a Deo ad effectus producendos.

 

[33299] Iª q. 116 a. 2 co.
RISPONDO: La provvidenza divina, come si è dimostrato in precedenza, porta a compimento i suoi effetti servendosi di cause intermedie. Quindi l'ordinamento causale degli effetti può essere considerato in due maniere. Primo, in quanto è in Dio stesso; e allora tale ordinamento si chiama provvidenza. - Secondo, in quanto è nelle cause intermedie; e, così considerato, il predetto ordinamento prende l'aspetto di fato. Per questo Boezio scrive: "Il fato si compie, o mediante gli spiriti che sono al servizio della provvidenza divina; o mediante il servizio dell'anima e di tutta la natura; oppure la trama del fato si intesse con i moti celesti degli astri, mediante le virtù degli angeli, le molteplici astuzie dei demoni, che agiscono talora separatamente e altre volte in concomitanza": tutte cose delle quali si è già trattato distintamente in precedenza. È quindi evidente che il fato ha sede nelle cause create, in quanto sono ordinate da Dio a produrre i loro effetti.

[33300] Iª q. 116 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod ipsa ordinatio causarum secundarum, quam Augustinus seriem causarum nominat, non habet rationem fati, nisi secundum quod dependet a Deo. Et ideo causaliter Dei potestas vel voluntas dici potest fatum. Essentialiter vero fatum est ipsa dispositio seu series, idest ordo, causarum secundarum.

 

[33300] Iª q. 116 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'ordinamento delle cause seconde, da S. Agostino chiamato "serie delle cause", prende il nome di fato solo in quanto dipende da Dio. Quindi la volontà e la potenza di Dio si possono chiamare fato in senso causale. Ma essenzialmente il fato è la disposizione, la serie, ovvero il coordinamento delle cause seconde.

[33301] Iª q. 116 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod intantum fatum habet rationem causae, inquantum et ipsae causae secundae, quarum ordinatio fatum vocatur.

 

[33301] Iª q. 116 a. 2 ad 2
2. Il fato ha ragione di causa, quanto l'hanno le stesse cause seconde, il cui ordinamento appunto prende il nome di fato.

[33302] Iª q. 116 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod fatum dicitur dispositio, non quae est in genere qualitatis; sed secundum quod dispositio designat ordinem, qui non est substantia, sed relatio. Qui quidem ordo, si consideretur per comparationem ad suum principium, est unus, et sic dicitur unum fatum. Si autem consideretur per comparationem ad effectus, vel ad ipsas causas medias, sic multiplicatur, per quem modum poeta dixit, te tua fata trahunt.

 

[33302] Iª q. 116 a. 2 ad 3
3. Quando si dice che il fato è una disposizione, non s'intende la disposizione che è nella categoria della qualità; ma si prende disposizione nel significato di ordine, il quale non è sostanza, ma relazione. Ora, se quest'ordine lo si considera in rapporto al suo principio, è uno solo: e allora è unico anche il fato. Se invece lo si considera in rapporto agli effetti o alle cause seconde, allora esso è molteplice; in tal senso il Poeta poteva dire: "Tu sei trascinato dai tuoi fati".




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Il fato > Se il fato sia immutabile


Prima pars
Quaestio 116
Articulus 3

[33303] Iª q. 116 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod fatum non sit immobile. Dicit enim Boetius, in IV de Consol., uti est ad intellectum ratiocinatio, ad id quod est id quod gignitur, ad aeternitatem tempus, ad punctum medium circulus; ita est fati series mobilis ad providentiae stabilem simplicitatem.

 
Prima parte
Questione 116
Articolo 3

[33303] Iª q. 116 a. 3 arg. 1
SEMBRA che il fato non sia immutabile. Infatti:
1. Boezio scrive: "Come sta il ragionamento all'intelletto, il divenire all'essere, il tempo all'eternità, la circonferenza al centro; così sta la trama mobile del fato alla semplicità stabile della provvidenza".

[33304] Iª q. 116 a. 3 arg. 2
Praeterea, sicut philosophus dicit in II Topic., motis nobis, moventur ea quae in nobis sunt. Sed fatum est dispositio inhaerens rebus mobilibus, ut Boetius dicit. Ergo fatum est mobile.

 

[33304] Iª q. 116 a. 3 arg. 2
2. Come dice il Filosofo, "se ci moviamo noi, si muove pure tutto quello che è in noi". Ora, il fato, secondo Boezio, è "una disposizione inerente agli esseri mobili". Quindi il fato è mobile.

[33305] Iª q. 116 a. 3 arg. 3
Praeterea, si fatum est immobile, ea quae subduntur fato, immobiliter et ex necessitate eveniunt. Sed talia maxime videntur esse contingentia, quae fato attribuuntur. Ergo nihil erit contingens in rebus, sed omnia ex necessitate evenient.

 

[33305] Iª q. 116 a. 3 arg. 3
3. Se il fato fosse immutabile, gli eventi che da lui dipendono si verificherebbero stabilmente e necessariamente. Ma tali sarebbero soprattutto le cose contingenti, che si attribuiscono appunto al fato. Quindi nella natura non vi sarebbe più un evento contingente, ma tutto accadrebbe per [intrinseca] necessità.

[33306] Iª q. 116 a. 3 s. c.
Sed contra est quod Boetius dicit, quod fatum est immobilis dispositio.

 

[33306] Iª q. 116 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Boezio afferma che il fato è una disposizione immutabile.

[33307] Iª q. 116 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod dispositio secundarum causarum, quam fatum dicimus, potest dupliciter considerari, uno modo, secundum ipsas causas secundas, quae sic disponuntur seu ordinantur; alio modo, per relationem ad primum principium a quo ordinantur, scilicet Deum. Quidam ergo posuerunt ipsam seriem seu dispositionem causarum esse secundum se necessariam, ita quod omnia ex necessitate contingerent; propter hoc, quod quilibet effectus habet causam, et causa posita necesse est effectum poni. Sed hoc patet esse falsum, per ea quae supra dicta sunt. Alii vero e contrario posuerunt fatum esse mobile, etiam secundum quod a divina providentia dependet. Unde Aegyptii dicebant quibusdam sacrificiis fatum posse mutari, ut Gregorius Nyssenus dicit. Sed hoc supra exclusum est, quia immobilitati divinae providentiae repugnat. Et ideo dicendum est quod fatum, secundum considerationem secundarum causarum, mobile est, sed secundum quod subest divinae providentiae, immobilitatem sortitur, non quidem absolutae necessitatis, sed conditionatae; secundum quod dicimus hanc conditionalem esse veram vel necessariam, si Deus praescivit hoc futurum, erit. Unde cum Boetius dixisset fati seriem esse mobilem, post pauca subdit, quae cum ab immobilis providentiae proficiscatur exordiis, ipsam quoque immutabilem esse necesse est.

 

[33307] Iª q. 116 a. 3 co.
RISPONDO: Il coordinamento delle cause seconde, che noi chiamiamo fato, può considerarsi sotto due aspetti: primo, in rapporto alle cause seconde, che vengono così disposte ovvero ordinate; secondo, in rapporto al primo principio da cui sono coordinate, e cioè in rapporto a Dio. Alcuni, dunque, pensarono che la serie medesima, o coordinazione delle cause seconde, fosse necessaria in se stessa, di modo che tutto accadrebbe in maniera necessaria; e la ragione di ciò sarebbe che, avendo ogni effetto la sua causa, posta la causa si porrebbe necessariamente anche l'effetto. - Ma è evidente che ciò è falso, in forza di quanto si è già dimostrato.
Altri, al contrario, ritenevano che il fato fosse mutabile anche in quanto dipende dalla provvidenza divina. Cosi gli Egiziani, come riferisce S. Gregorio Nisseno, affermavano che il fato può essere mutato con certi sacrifici. - Ma anche codesta sentenza fu precedentemente confutata, perché ripugna alla immutabilità della provvidenza divina.
Bisogna perciò affermare che il fato, considerato in rapporto alle cause seconde, è mutabile; considerato invece in rapporto alla provvidenza divina acquista immutabilità, non già di necessità assoluta, ma condizionata; nel senso cioè in cui diciamo che è vera e necessaria questa proposizione: "Se Dio sa che una cosa deve accadere, essa accadrà". Per questo Boezio, dopo aver detto che "la trama del fato è mutabile", soggiunge poco appresso: "Ma poiché esce dalle scaturigini della immutabile provvidenza, è necessario che sia immutabile anch'essa".

[33308] Iª q. 116 a. 3 ad arg.
Et per hoc patet responsio ad obiecta.

 

[33308] Iª q. 116 a. 3 ad arg.
Si è così risposto anche alle difficoltà.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Il fato > Se tutte le cose siano soggette al fato


Prima pars
Quaestio 116
Articulus 4

[33309] Iª q. 116 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod omnia fato subdantur. Dicit enim Boetius, in IV de Consol., series fati caelum et sidera movet, elementa in se invicem temperat, et alterna format transmutatione; eadem nascentia occidentiaque omnia per similes foetuum seminumque renovat progressus; haec actus fortunasque hominum indissolubili causarum connexione constringit. Nihil ergo excipi videtur, quod sub fati serie non contineatur.

 
Prima parte
Questione 116
Articolo 4

[33309] Iª q. 116 a. 4 arg. 1
SEMBRA che tutte le cose siano soggette al fato. Infatti:
1. "La trama del fato", dice Boezio, "muove i cieli e gli astri, tempera tra loro gli elementi e li combina con alterne trasformazioni; rinnova tutti gli esseri che nascono e muoiono con rigetti di feti e di semi somiglianti; stringe le azioni e le vicende degli uomini con l'indissolubile catena delle cause". Non c'è niente perciò che sfugga alla trama del fato.

[33310] Iª q. 116 a. 4 arg. 2
Praeterea, Augustinus dicit, in V de Civ. Dei, quod fatum aliquid est, secundum quod ad voluntatem et potestatem Dei refertur. Sed voluntas Dei est causa omnium quae fiunt, ut Augustinus dicit in III de Trin. Ergo omnia subduntur fato.

 

[33310] Iª q. 116 a. 4 arg. 2
2. S. Agostino osserva che il fato è una realtà in quanto dice rapporto alla volontà e alla potenza di Dio. Ma la volontà di Dio è causa di tutto ciò che avviene, come afferma lo stesso S. Agostino. Quindi tutte le cose sono soggette al fato.

[33311] Iª q. 116 a. 4 arg. 3
Praeterea, fatum, secundum Boetium, est dispositio rebus mobilibus inhaerens. Sed omnes creaturae sunt mutabiles, et solus Deus vere immutabilis, ut supra habitum est. Ergo in omnibus creaturis est fatum.

 

[33311] Iª q. 116 a. 4 arg. 3
3. Il fato, secondo Boezio, è "una disposizione inerente agli esseri mobili". Ora, tutte le creature sono mutevoli, e solo Dio è veramente immutabile, come fu dimostrato. Quindi il fato è in tutte le creature.

[33312] Iª q. 116 a. 4 s. c.
Sed contra est quod Boetius dicit, in IV de Consol., quod quaedam quae sub providentia locata sunt, fati seriem superant.

 

[33312] Iª q. 116 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: Scrive Boezio: "Alcune cose, che sono poste sotto le provvidenza, trascendono la serie causale del fato".

[33313] Iª q. 116 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod, sicut supra dictum est, fatum est ordinatio secundarum causarum ad effectus divinitus provisos. Quaecumque igitur causis secundis subduntur, ea subduntur et fato. Si qua vero sunt quae immediate a Deo fiunt, cum non subdantur secundis causis, non subduntur fato; sicut creatio rerum, glorificatio spiritualium substantiarum, et alia huiusmodi. Et hoc est quod Boetius dicit, quod ea quae sunt primae divinitati propinqua, stabiliter fixa, fatalis ordinem mobilitatis excedunt. Ex quo etiam patet quod quanto aliquid longius a prima mente discedit, nexibus fati maioribus implicatur; quia magis subiicitur necessitati secundarum causarum.

 

[33313] Iª q. 116 a. 4 co.
RISPONDO: Come si è detto, il fato è il coordinamento delle cause seconde in ordine agli effetti predisposti dalla provvidenza divina. Perciò, tutto quello che è soggetto alle cause seconde, è pure soggetto al fato. Ma se vi sono degli effetti prodotti immediatamente da Dio, essi non sono soggetti al fato: così, p. es., la creazione delle cose, la glorificazione delle sostanze spirituali, e altre cose del genere. E quanto dice lo stesso Boezio: "Gli esseri vicini alla suprema divinità sono stabilmente fissi, e trascendono l'ordine della mobilità dei fati". Il che dimostra ancora che, "quanto più una cosa si allontana dalla mente suprema, tanto più si trova stretta dai legami del fato": perché è più soggetta alla necessità imposta dalle cause seconde.

[33314] Iª q. 116 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod omnia illa quae ibi tanguntur, fiunt a Deo mediantibus causis secundis; et ideo sub fati serie continentur. Sed non est eadem ratio de omnibus aliis, ut supra dictum est.

 

[33314] Iª q. 116 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Gli effetti ivi accennati sono da Dio prodotti mediante le cause seconde, perciò essi non sfuggono alla trama del fato. Ma non è la stessa cosa per tutti gli altri effetti, come si è detto.

[33315] Iª q. 116 a. 4 ad 2
Ad secundum dicendum quod fatum refertur ad voluntatem et potestatem Dei, sicut ad primum principium. Unde non oportet quod quidquid subiicitur voluntati divinae vel potestati, subiiciatur fato, ut dictum est.

 

[33315] Iª q. 116 a. 4 ad 2
2. Il fato dice rapporto alla volontà e alla potenza di Dio, come al primo principio. Quindi non è necessario che quanto è sottoposto alla volontà o alla potenza di Dio sia sottoposto anche al fato, come si è veduto.

[33316] Iª q. 116 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod, quamvis omnes creaturae sint aliquo modo mutabiles, tamen aliquae earum non procedunt a causis creatis mutabilibus. Et ideo non subiiciuntur fato, ut dictum est.

 

[33316] Iª q. 116 a. 4 ad 3
3. Per quanto sia vero che tutte le creature sono in qualche modo mutevoli, tuttavia alcune hanno origine da cause create mutevoli. Perciò non sono soggette al fato, come abbiamo spiegato.

Alla Questione precedente

 

Alla Questione successiva