I, 106

Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > Mozioni e causalità delle creature


Prima pars
Quaestio 106
Prooemium

[32853] Iª q. 106 pr.
Deinde considerandum est quomodo una creatura moveat aliam. Erit autem haec consideratio tripartita, ut primo consideremus quomodo Angeli moveant, qui sunt creaturae pure spirituales; secundo, quomodo corpora moveant; tertio, quomodo homines, qui sunt ex spirituali et corporali natura compositi. Circa primum tria consideranda occurrunt, primo, quomodo Angelus agat in Angelum; secundo, quomodo in creaturam corporalem; tertio, quomodo in homines. Circa primum, considerare oportet de illuminatione, et locutione Angelorum, et ordinatione eorum ad invicem, tam bonorum, quam malorum. Circa illuminationem quaeruntur quatuor.
Primo, utrum unus Angelus moveat intellectum alterius illuminando.
Secundo, utrum unus moveat voluntatem alterius.
Tertio, utrum inferior Angelus possit illuminare superiorem.
Quarto, utrum superior Angelus illuminet inferiorem de omnibus quae cognoscit.

 
Prima parte
Questione 106
Proemio

[32853] Iª q. 106 pr.
Passiamo a trattare delle mozioni, ovvero causalità delle creature. Divideremo questa trattazione in tre parti, in maniera da considerare: nella prima, come muovano gli angeli che sono creature puramente spirituali; nella seconda, come muovano i corpi; nella terza, come muovano gli uomini composti di una natura insieme spirituale e corporale.
Nella prima parte dobbiamo considerare: primo, come un angelo agisca su un altro angelo; secondo, come agisca sulla creatura corporea; terzo, come agisca sull'uomo.
Sul primo argomento c'è da esaminare l'illuminazione e la locuzione degli angeli, quindi il loro ordinamento reciproco, tanto di quelli buoni, quanto di quelli cattivi.
Sulla illuminazione degli angeli si presentano quattro quesiti:

1. Se un angelo possa muovere l'intelletto di un altro angelo, illuminandolo;
2. Se possa muoverne la volontà;
3. Se un angelo inferiore possa illuminare un angelo superiore;
4. Se l'angelo superiore illumini l'inferiore su tutto quello che conosce.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > Mozioni e causalità delle creature > Se un angelo illumini l'altro


Prima pars
Quaestio 106
Articulus 1

[32854] Iª q. 106 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod unus Angelus non illuminet alium. Angeli enim eandem beatitudinem possident nunc, quam nos in futuro expectamus. Sed tunc unus homo non illuminabit alium; secundum illud Ierem. XXXI, non docebit ultra vir proximum suum, et vir fratrem suum. Ergo etiam neque nunc unus Angelus illuminat alium.

 
Prima parte
Questione 106
Articolo 1

[32854] Iª q. 106 a. 1 arg. 1
SEMBRA che un angelo non illumini l'altro. Infatti:
1. Gli angeli attualmente godono quella stessa beatitudine che noi uomini possederemo nel futuro. Ma, allora nessun uomo illuminerà l'altro; poiché sta scritto: "Non staranno più gli uomini ad ammaestrarsi, l'uno il proprio compagno, l'altro il proprio fratello". Quindi neppure gli angeli si illuminano, adesso, tra di loro.

[32855] Iª q. 106 a. 1 arg. 2
Praeterea, triplex est lumen in Angelis, naturae, gratiae et gloriae. Sed Angelus illuminatur lumine naturae, a creante; lumine gratiae, a iustificante; lumine gloriae, a beatificante; quod totum Dei est. Ergo unus Angelus non illuminat alium.

 

[32855] Iª q. 106 a. 1 arg. 2
2. Negli angeli v'è un triplice lume: di natura, di grazia e di gloria. Ora, l'angelo è illuminato col lume di natura, da chi lo crea; col lume di grazia, da chi lo giustifica; col lume di gloria, da chi lo beatifica; e tutto questo è opera di Dio. Dunque un angelo non illumina l'altro.

[32856] Iª q. 106 a. 1 arg. 3
Praeterea, lumen est forma quaedam mentis. Sed mens rationalis a solo Deo formatur, nulla interposita creatura, ut Augustinus dicit in libro octoginta trium quaest. Ergo unus Angelus non illuminat mentem alterius.

 

[32856] Iª q. 106 a. 1 arg. 3
3. L'illuminazione è come una forma impressa nella mente. Ma, al dire di S. Agostino, la mente "è informata da Dio solo, senza mediazione d'alcuna creatura". Quindi un angelo non illumina la mente dell'altro.

[32857] Iª q. 106 a. 1 s. c.
Sed contra est quod dicit Dionysius, VIII cap. Cael. Hier., quod Angeli secundae hierarchiae purgantur et illuminantur et perficiuntur per Angelos primae hierarchiae.

 

[32857] Iª q. 106 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Insegna Dionigi che "gli angeli della gerarchia inferiore sono purificati, illuminati e perfezionati dagli angeli della gerarchia superiore".

[32858] Iª q. 106 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod unus Angelus illuminat alium. Ad cuius evidentiam, considerandum est quod lumen, secundum quod ad intellectum pertinet, nihil est aliud quam quaedam manifestatio veritatis; secundum illud ad Ephes. V, omne quod manifestatur, lumen est. Unde illuminare nihil aliud est quam manifestationem cognitae veritatis alteri tradere; secundum quem modum apostolus dicit, ad Ephes. III, mihi, omnium sanctorum minimo, data est gratia haec, illuminare omnes quae sit dispensatio sacramenti absconditi a saeculis in Deo. Sic igitur unus Angelus dicitur illuminare alium, inquantum ei manifestat veritatem quam ipse cognoscit. Unde Dionysius dicit, VII cap. Cael. Hier., quod theologi plane monstrant caelestium substantiarum ornatus a supremis mentibus doceri deificas scientias. Cum autem ad intelligendum duo concurrant, ut supra diximus, scilicet virtus intellectiva, et similitudo rei intellectae; secundum haec duo unus Angelus alteri veritatem notam notificare potest. Primo quidem, fortificando virtutem intellectivam eius. Sicut enim virtus imperfectioris corporis confortatur ex situali propinquitate perfectioris corporis, ut minus calidum crescit in calore ex praesentia magis calidi; ita virtus intellectiva inferioris Angeli confortatur ex conversione superioris Angeli ad ipsum. Hoc enim facit in spiritualibus ordo conversionis, quod facit in corporalibus ordo localis propinquitatis. Secundo autem unus Angelus alteri manifestat veritatem, ex parte similitudinis intellectae. Superior enim Angelus notitiam veritatis accipit in universali quadam conceptione, ad quam capiendam inferioris Angeli intellectus non esset sufficiens, sed est ei connaturale ut magis particulariter veritatem accipiat. Superior ergo Angelus veritatem quam universaliter concipit, quodammodo distinguit, ut ab inferiori capi possit; et sic eam cognoscendam illi proponit. Sicut etiam apud nos, doctores, quod in summa capiunt, multipliciter distinguunt, providentes capacitati aliorum. Et hoc est quod Dionysius dicit, XV cap. Cael. Hier., unaquaeque substantia intellectualis datam sibi a diviniore uniformem intelligentiam, provida virtute dividit et multiplicat, ad inferioris sursum ductricem analogiam.

 

[32858] Iª q. 106 a. 1 co.
RISPONDO: Un angelo ha la capacità di illuminare l'altro. Per chiarire la cosa bisogna tener presente che l'illuminazione, nel senso in cui la parola è applicata all'intelligenza, non è che una manifestazione della verità, secondo l'aforisma paolino: "Tutto ciò che è manifestato, è lume". Quindi illuminare altri significa soltanto manifestare loro una verità, come appunto scrive il medesimo Apostolo di sé: "A me che sono meno che l'infimo di tutti i santi fu data questa grazia: d'illuminare tutti su quella che è la traduzione in atto dell'arcano nascosto da secoli in Dio". Si dice dunque che un angelo illumina l'altro, in quanto manifesta a quest'altro la verità che egli conosce. E "i teologi, al dire di Dionigi, mostrano chiaramente che, tra le sostanze celesti, quelle di grado inferiore sono istruite, in tutto ciò che concerne le opere di Dio, da quelle di grado superiore".
E poiché per conoscere, come abbiamo detto sopra, si richiedono due cose, cioè virtù intellettiva e specie intelligibile dell'oggetto, un angelo può manifestare la verità all'altro in due maniere. Primo, rafforzandone la virtù intellettiva. Infatti, come le energie fisiche di un corpo meno perfetto acquistano vigore dalla vicinanza di un corpo più perfetto, un corpo meno caldo, p. es., aumenta di calore per la vicinanza di un corpo più caldo, così la virtù intellettiva di un angelo inferiore vien corroborata dal volgersi dell'angelo superiore verso di lui. Ché, l'effetto prodotto negli esseri corporei dal loro trovarsi vicini nello spazio, è prodotto negli esseri spirituali dal volgersi dell'uno verso l'altro. - Secondo, un angelo può manifestare la verità a un altro anche rispetto alla specie intelligibile. Infatti l'angelo superiore conosce la verità con dei concetti così universali, che l'intelletto dell'angelo inferiore non sarebbe in grado di comprendere, essendo a lui connaturale la conoscenza della verità mediante concetti più ristretti. Perciò l'angelo superiore suddivide, in certo qual modo, la verità da lui più universalmente concepita, affinché possa essere compresa dagli angeli inferiori; e così suddivisa la propone alla loro conoscenza. Fatto, questo, che si verifica anche tra noi uomini, giacché gli insegnanti suddividono e suddistinguono le verità da loro possedute in maniera sintetica, per andare incontro alla capacità degli altri. E tale è il senso di quanto scrive Dionigi: "Ogni sostanza intellettuale, avendo ricevuto in dono da un'essenza più divina l'intellezione unitiva, la divide e la moltiplica provvidenzialmente per elevare spiritualmente quanto può l'essenza inferiore".

[32859] Iª q. 106 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod omnes Angeli, tam superiores quam inferiores, immediate vident Dei essentiam; et quantum ad hoc, unus non docet alium. De hac enim doctrina propheta loquitur, unde dicit non docebit vir fratrem suum, dicens, cognosce dominum. Omnes enim cognoscent me, a minimo eorum usque ad maximum. Sed rationes divinorum operum, quae in Deo cognoscuntur sicut in causa, omnes quidem Deus in seipso cognoscit, quia seipsum comprehendit, aliorum vero Deum videntium tanto unusquisque in Deo plures rationes cognoscit, quanto eum perfectius videt. Unde superior Angelus plura in Deo de rationibus divinorum operum cognoscit quam inferior; et de his eum illuminat. Et hoc est quod dicit Dionysius, IV cap. de Div. Nom., quod Angeli existentium illuminantur rationibus.

 

[32859] Iª q. 106 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Tutti gli angeli, tanto superiori che inferiori vedono immediatamente l'essenza di Dio: perciò sotto questo aspetto, uno non insegna all'altro. E il Profeta parla appunto di tale insegnamento; difatti aggiunge: "L'uomo non ammaestrerà più il proprio fratello dicendo: "Impara a conoscere il Signore"; perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore". Ma le ragioni delle opere divine, conosciute in Dio come nella loro causa, soltanto Dio è capace di vederle tutte in se stesso, perché comprende se stesso; gli altri, ammessi alla visione di Dio, le conoscono in numero maggiore o minore, secondo il grado della loro visione di Dio. Perciò l'angelo superiore, rispetto alle ragioni delle opere divine, ha più cognizioni dell'angelo inferiore; e su di esse lo illumina. E in questo senso dice Dionigi che gli angeli "sono illuminati sulle ragioni degli esseri".

[32860] Iª q. 106 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod unus Angelus non illuminat alium tradendo ei lumen naturae vel gratiae vel gloriae; sed confortando lumen naturale ipsius, et manifestando ei veritatem de his quae pertinent ad statum naturae, gratiae et gloriae, ut dictum est.

 

[32860] Iª q. 106 a. 1 ad 2
2. Un angelo non illumina l'altro comunicandogli il lume di natura, di grazia, o di gloria; ma corroborando il suo lume naturale, e manifestandogli la verità su cose pertinenti allo stato di natura, di grazia e di gloria, secondo le spiegazioni date.

[32861] Iª q. 106 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod rationalis mens formatur immediate a Deo, vel sicut imago ab exemplari, quia non est facta ad alterius imaginem quam Dei, vel sicut subiectum ab ultima forma completiva, quia semper mens creata reputatur informis, nisi ipsi primae veritati inhaereat. Aliae vero illuminationes, quae sunt ab homine vel Angelo, sunt quasi dispositiones ad ultimam formam.

 

[32861] Iª q. 106 a. 1 ad 3
3. La mente è informata immediatamente da Dio, o come l'immagine dal suo esemplare, essendo essa fatta soltanto a immagine di Dio; o come il soggetto dall'ultima sua forma perfettiva, dato che la mente creata è reputata sempre informe fino a quando non aderisca alla stessa prima verità. Le altre illuminazioni, invece, che derivano o dall'uomo o dall'angelo, sono come tante disposizioni all'ultima forma.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > Mozioni e causalità delle creature > Se un angelo possa muovere la volontà dell'altro


Prima pars
Quaestio 106
Articulus 2

[32862] Iª q. 106 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod unus Angelus possit movere voluntatem alterius. Quia secundum Dionysium, sicut unus Angelus illuminat alium, ita purgat et perficit; ut patet ex auctoritate supra inducta. Sed purgatio et perfectio videntur pertinere ad voluntatem, nam purgatio videtur esse a sordibus culpae, quae pertinet ad voluntatem; perfectio autem videtur esse per consecutionem finis, qui est obiectum voluntatis. Ergo unus Angelus potest movere voluntatem alterius.

 
Prima parte
Questione 106
Articolo 2

[32862] Iª q. 106 a. 2 arg. 1
SEMBRA che un angelo possa muovere la volontà dell'altro. Infatti:
1. Secondo le parole di Dionigi sopra riportate, come un angelo illumina l'altro, così lo purifica e lo perfeziona. Ma la purificazione e il perfezionamento riguardano indubbiamente la volontà: perché la purificazione deve riguardare le macchie della colpa, che si trovano nella volontà; e il perfezionamento riguarda il conseguimento del fine, che è oggetto della volontà. Quindi un angelo può muovere la volontà dell'altro.

[32863] Iª q. 106 a. 2 arg. 2
Praeterea, sicut Dionysius dicit VII cap. Cael. Hier., nomina Angelorum designant eorum proprietates. Seraphim autem incendentes dicuntur, aut calefacientes, quod est per amorem, qui ad voluntatem pertinet. Unus ergo Angelus movet voluntatem alterius.

 

[32863] Iª q. 106 a. 2 arg. 2
2. "I nomi degli angeli", scrive Dionigi "designano le loro proprietà". Ora, i Serafini sono così chiamati, perché infiammano o riscaldano: e questo avviene per mezzo dell'amore che appartiene alla volontà. Dunque un angelo può muovere la volontà dell'altro.

[32864] Iª q. 106 a. 2 arg. 3
Praeterea, philosophus dicit, in III de anima, quod appetitus superior movet appetitum inferiorem. Sed sicut intellectus Angeli superioris superior est, ita etiam appetitus. Ergo videtur quod superior Angelus possit immutare voluntatem alterius.

 

[32864] Iª q. 106 a. 2 arg. 3
3. Secondo il Filosofo, l'appetito superiore muove l'appetito inferiore. Ma come è superiore l'intelletto dell'angelo superiore, così lo è il suo appetito. Dunque l'angelo superiore deve poter muovere la volontà dell'altro.

[32865] Iª q. 106 a. 2 s. c.
Sed contra, eius est immutare voluntatem, cuius est iustificare, cum iustitia sit rectitudo voluntatis. Sed solus Deus est qui iustificat. Ergo unus Angelus non potest mutare voluntatem alterius.

 

[32865] Iª q. 106 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Muovere la volontà appartiene a colui che può giustificare, non essendo altro la giustizia che la rettitudine della volontà. Ma è Dio solo che può giustificare. Quindi un angelo non può muovere la volontà dell'altro.

[32866] Iª q. 106 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod, sicut supra dictum est, voluntas immutatur dupliciter, uno modo, ex parte obiecti; alio modo ex parte ipsius potentiae. Ex parte quidem obiecti, movet voluntatem et ipsum bonum quod est voluntatis obiectum, sicut appetibile movet appetitum; et ille qui demonstrat obiectum, puta qui demonstrat aliquid esse bonum. Sed sicut supra dictum est, alia quidem bona aliqualiter inclinant voluntatem; sed nihil sufficienter movet voluntatem, nisi bonum universale, quod est Deus. Et hoc bonum solus ipse ostendit, ut per essentiam videatur a beatis, qui dicenti Moysi, ostende mihi gloriam tuam, respondit, ego ostendam tibi omne bonum, ut habetur Exod. XXXIII. Angelus ergo non sufficienter movet voluntatem, neque ut obiectum, neque ut ostendens obiectum. Sed inclinat eam, ut amabile quoddam, et ut manifestans aliqua bona creata ordinata in Dei bonitatem. Et per hoc inclinare potest ad amorem creaturae vel Dei, per modum suadentis. Ex parte vero ipsius potentiae, voluntas nullo modo potest moveri nisi a Deo. Operatio enim voluntatis est inclinatio quaedam volentis in volitum. Hanc autem inclinationem solus ille immutare potest, qui virtutem volendi creaturae contulit, sicut et naturalem inclinationem solum illud agens potest mutare, quod potest dare virtutem quam consequitur inclinatio naturalis. Solus autem Deus est qui potentiam volendi tribuit creaturae, quia ipse solus est auctor intellectualis naturae. Unde unus Angelus voluntatem alterius movere non potest.

 

[32866] Iª q. 106 a. 2 co.
RISPONDO: Come si è già spiegato, la volontà può esser mossa in due modi: primo, da parte dell'oggetto; secondo, da parte della potenza stessa. Da parte dell'oggetto, muove la volontà, sia il bene che è l'oggetto della volontà, allo stesso modo che l'appetibile muove l'appetito, sia colui che presenta l'oggetto, come chi dimostra, p. es., che una cosa è buona. Ora, secondo quanto s'è detto precedentemente, gli altri beni inclinano in qualche modo la volontà; ma soltanto il bene universale, che è Dio, muove la volontà in maniera irresistibile. E Dio soltanto mostra questo bene nella visione beatitica: infatti alla richiesta di Mosè: "Mostrami la tua gloria", Dio rispose: "Io ti mostrerò ogni bene". Perciò l'angelo non muove irresistibilmente la volontà, né come oggetto, né come presentatore dell'oggetto. Ma può dare un'inclinazione alla volontà, sia quale oggetto amabile, sia presentando alcuni beni creati ordinati alla bontà di Dio. E così egli può inclinare all'amore di una creatura o di Dio, come uno che consiglia.
Invece da parte della potenza stessa, la volontà può esser mossa solo da Dio. L'atto della volontà, infatti, è un'inclinazione del soggetto volente verso l'oggetto voluto. Ora, una tale inclinazione può subire un mutamento solo da parte di chi conferisce alla creatura la potenza volitiva: come l'inclinazione naturale può essere mutata solo dall'agente che conferisce la virtù cui è annessa l'inclinazione naturale. Ma Dio solamente può conferire alla creatura la potenza di volere, essendo egli solo l'autore della natura intellettiva. Non è quindi possibile che un angelo muova la volontà di un altro angelo.

[32867] Iª q. 106 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod secundum modum illuminationis, est accipienda et purgatio et perfectio. Et quia Deus illuminat immutando intellectum et voluntatem, purgat a defectibus intellectus et voluntatis, et perficit in finem intellectus et voluntatis. Angeli autem illuminatio refertur ad intellectum, ut dictum est. Et ideo etiam purgatio Angeli intelligitur a defectu intellectus, qui est nescientia; perfectio autem est consummatio in finem intellectus, qui est veritas cognita. Et hoc est quod dicit Dionysius, VI cap. Eccl. Hier., quod in caelesti hierarchia purgatio est in subiectis essentiis tanquam ignotorum illuminatio in perfectiorem eas scientiam ducens. Sicut si dicamus visum corporalem purgari, inquantum removentur tenebrae; illuminari vero, inquantum perfunditur lumine; perfici vero, secundum quod perducitur ad cognitionem colorati.

 

[32867] Iª q. 106 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La purificazione e il perfezionamento vanno presi come effetti dell'illuminazione. Dal momento, quindi, che Dio illumina influendo direttamente sull'intelletto e sulla volontà, purifica anche dai difetti dell'intelletto e della volontà e perfeziona in rapporto al fine dell'intelletto e della volontà. L'illuminazione dell'angelo invece si riferisce al solo intelletto come abbiamo visto. Quindi anche il suo purificare va inteso solo dal difetto dell'intelletto, quale è la nescienza; e il suo perfezionare solo in rapporto al fine dell'intelletto che è la verità conosciuta. E questo vuol dire Dionigi, quando scrive: "Nella gerarchia celeste la purificazione si compie nelle essenze subalterne a guisa d'illuminazione su cose ignorate, che le conduce a una scienza più perfetta". Come se dicessimo, per usare un paragone, che la vista corporea è purificata, in quanto sono rimosse le tenebre; è illuminata, in quanto è investita dalla luce; è perfezionata, in quanto è portata alla conoscenza dell'oggetto colorato.

[32868] Iª q. 106 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod unus Angelus potest inducere alium ad amorem Dei per modum persuadentis, ut supra dictum est.

 

[32868] Iª q. 106 a. 2 ad 2
2. Si è già detto che un angelo può indurre l'altro all'amore di Dio, come uno che consiglia.

[32869] Iª q. 106 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod philosophus loquitur de appetitu inferiori sensitivo, qui potest moveri a superiori intellectivo, quia pertinet ad eandem naturam animae, et quia inferior appetitus est virtus in organo corporali. Quod in Angelis locum non habet.

 

[32869] Iª q. 106 a. 2 ad 3
3. Il Filosofo parla dell'appetito inferiore sensitivo, il quale può subire l'influsso di quello superiore, e cioè dell'intellettivo, sia perché esso appartiene alla medesima natura dell'anima, e sia perché è facoltà di un organo corporeo. Ciò che non si verifica negli angeli.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > Mozioni e causalità delle creature > Se un angelo inferiore possa illuminarne uno superiore


Prima pars
Quaestio 106
Articulus 3

[32870] Iª q. 106 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod Angelus inferior superiorem illuminare possit. Ecclesiastica enim hierarchia derivata est a caelesti, et eam repraesentat, unde et superna Ierusalem dicitur mater nostra, Gal. IV. Sed in Ecclesia etiam superiores illuminantur ab inferioribus et docentur; secundum illud apostoli, I ad Cor. XIV, potestis omnes per singulos prophetare, ut omnes discant, et omnes exhortentur. Ergo et in caelesti hierarchia superiores ab inferioribus possunt illuminari.

 
Prima parte
Questione 106
Articolo 3

[32870] Iª q. 106 a. 3 arg. 1
SEMBRA che un angelo inferiore possa illuminarne uno superiore. Infatti:
1. La gerarchia ecclesiastica deriva dalla celeste e la rappresenta: per questo la Gerusalemme superna è chiamata "nostra madre". Ma nella Chiesa anche i superiori sono illuminati e ammaestrati dagli inferiori, conformemente al detto dell'Apostolo: "Potete tutti ad uno ad uno profetare, affinché tutti imparino e tutti ricevano l'esortazione". Quindi anche nella gerarchia celeste i superiori possono essere illuminati dagli inferiori.

[32871] Iª q. 106 a. 3 arg. 2
Praeterea, sicut ordo corporalium substantiarum dependet ex Dei voluntate, ita et ordo substantiarum spiritualium. Sed sicut dictum est, Deus quandoque praeter ordinem substantiarum corporalium operatur. Ergo quandoque etiam operatur praeter ordinem spiritualium substantiarum, illuminando inferiores non per medios superiores. Sic ergo inferiores illuminati a Deo, possunt superiores illuminare.

 

[32871] Iª q. 106 a. 3 arg. 2
2. L'ordinamento delle sostanze materiali e quello delle sostanze spirituali dipendono ugualmente dalla volontà di Dio. Ora Dio, come si è provato, opera a volte al di fuori dell'ordine stabilito nelle sostanze materiali. Quindi qualche volta opera pure al di fuori dell'ordine stabilito nelle sostanze spirituali, illuminando le inferiori senza il tramite delle superiori. Illuminati così da Dio, gli angeli inferiori possono, a loro volta, illuminare quelli superiori.

[32872] Iª q. 106 a. 3 arg. 3
Praeterea, unus Angelus alium illuminat, ad quem se convertit, ut supra dictum est. Sed cum ista conversio sit voluntaria, potest supremus Angelus ad infimum se convertere, mediis praetermissis. Ergo potest eum immediate illuminare, et ita potest illuminare superiores.

 

[32872] Iª q. 106 a. 3 arg. 3
3. Si è dimostrato che un angelo illumina l'altro col volgersi verso di lui. Ora, siccome un tale volgersi verso l'altro è volontario, un angelo supremo potrà volgersi verso un angelo di grado infimo, senza volgersi a quelli che stanno di mezzo. Potrà dunque illuminarlo direttamente: e questi potrà così illuminare quelli di grado superiore.

[32873] Iª q. 106 a. 3 s. c.
Sed contra est quod Dionysius dicit hanc legem esse divinitatis immobiliter firmatam, ut inferiora reducantur in Deum per superiora.

 

[32873] Iª q. 106 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Afferma Dionigi "questa essere la legge perentoria della Divinità: che gli esseri inferiori siano ricondotti a Dio per mezzo di quelli superiori".

[32874] Iª q. 106 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod inferiores Angeli nunquam illuminant superiores, sed semper ab eis illuminantur. Cuius ratio est quia, sicut supra dictum est, ordo continetur sub ordine, sicut causa continetur sub causa. Unde sicut ordinatur causa ad causam, ita ordo ad ordinem. Et ideo non est inconveniens, si aliquando aliquid fiat praeter ordinem inferioris causae, ad ordinandum in superiorem causam, sicut in rebus humanis praetermittitur mandatum praesidis, ut obediatur principi. Et ita contingit ut praeter ordinem naturae corporalis, aliquid Deus miraculose operetur, ad ordinandum homines in eius cognitionem. Sed praetermissio ordinis qui debetur spiritualibus substantiis, in nullo pertinet ad ordinationem hominum in Deum, cum operationes Angelorum non sint nobis manifestae, sicut operationes visibilium corporum. Et ideo ordo qui convenit spiritualibus substantiis, nunquam a Deo praetermittitur, quin semper inferiora moveantur per superiora, et non e converso.

 

[32874] Iª q. 106 a. 3 co.
RISPONDO: Gli angeli inferiori non illuminano mai quelli superiori, ma sono sempre illuminati da essi. Ed eccone la ragione. Secondo quanto abbiamo già detto, un ordine è contenuto sotto un altro ordine come una causa è subordinata all'altra. Perciò un ordine è subordinato all'altro come le cause corrispondenti. Per questo non vi è nulla di sconveniente, se qualche volta si producono dei fatti fuori dell'ordine della causa inferiore, in vista di una causa superiore: così, p. es., nelle cose umane si passa sopra a un'ordinazione del capo della città, per obbedire al capo dello stato. E in questo modo si verifica che Dio compie opere miracolose al di fuori dell'ordine delle cause fisiche, per condurre gli uomini alla conoscenza di se stesso. Ma una deroga all'ordine dovuto alle sostanze spirituali non può servire affatto a indirizzare gli uomini verso Dio: poiché le azioni degli angeli non sono a noi manifeste come quelle degli esseri corporei visibili. Perciò, da parte di Dio non si deroga mai all'ordine che è proprio delle sostanze spirituali, e sempre tra esse si verifica che le inferiori sono mosse per mezzo delle superiori, e non viceversa.

[32875] Iª q. 106 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod ecclesiastica hierarchia imitatur caelestem aliqualiter, sed non perfecte consequitur eius similitudinem. In caelesti enim hierarchia tota ratio ordinis est ex propinquitate ad Deum. Et ideo illi qui sunt Deo propinquiores, sunt et gradu sublimiores, et scientia clariores, et propter hoc superiores nunquam ab inferioribus illuminantur. Sed in ecclesiastica hierarchia, interdum qui sunt Deo per sanctitatem propinquiores, sunt gradu infimi, et scientia non eminentes, et quidam in uno etiam secundum scientiam eminent, et in alio deficiunt. Et propter hoc superiores ab inferioribus doceri possunt.

 

[32875] Iª q. 106 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La gerarchia ecclesiastica imita in qualche modo quella celeste, ma non giunge a una perfetta rassomiglianza con essa. Infatti, nella gerarchia celeste il principio dell'ordine è dato unicamente dalla vicinanza con Dio. Perciò quegli spiriti che sono più vicini a Dio sono anche più elevati di grado e più luminosi di scienza: ragion per cui quelli superiori non sono mai illuminati dagli inferiori. Ma nella gerarchia ecclesiastica, coloro che sono più vicini a Dio per santità si trovano a volte nel grado più basso, e non emergono per scienza; e, anche nella scienza, alcuni emergono in un dato campo del sapere, e sono invece sprovveduti in un altro. Ecco perché i superiori possono essere ammaestrati dagli inferiori.

[32876] Iª q. 106 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod non est similis ratio de hoc quod Deus agat praeter ordinem naturae corporalis, et naturae spiritualis, ut dictum est. Unde ratio non sequitur.

 

[32876] Iª q. 106 a. 3 ad 2
2. Come abbiamo spiegato, non esiste un motivo per cui Dio possa agire, fuori dell'ordine spirituale, come agisce fuori dell'ordine materiale. Perciò l'argomento non regge.

[32877] Iª q. 106 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod Angelus voluntate convertitur ad alium Angelum illuminandum; sed voluntas Angeli semper regulatur lege divina, quae ordinem in Angelis instituit.

 

[32877] Iª q. 106 a. 3 ad 3
3. L'angelo si volge a un altro angelo, per illuminarlo, con atto volontario; ma la volontà dell'angelo è regolata sempre dalla legge divina, che ha stabilito l'ordine tra gli angeli.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > Mozioni e causalità delle creature > Se l'angelo superiore illumini l'inferiore su tutto quello che conosce


Prima pars
Quaestio 106
Articulus 4

[32878] Iª q. 106 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod Angelus superior non illuminet inferiorem de omnibus quae ipse novit. Dicit enim Dionysius, XII cap. Cael. Hier., quod Angeli superiores habent scientiam magis universalem, inferiores vero magis particularem et subiectam. Sed plura continentur sub scientia universali quam sub particulari. Ergo non omnia quae sciunt superiores Angeli, cognoscunt inferiores per superiorum illuminationem.

 
Prima parte
Questione 106
Articolo 4

[32878] Iª q. 106 a. 4 arg. 1
SEMBRA che l'angelo superiore non illumini l'inferiore su tutto quello che egli conosce. Infatti:
1. Secondo Dionigi, gli angeli superiori possiedono una scienza più universale, mentre quelli inferiori la possiedono più particolare e subalternata. Ora una scienza universale abbraccia più nozioni di quella particolare. Quindi non tutte le cognizioni che hanno gli angeli superiori passano negli inferiori mediante l'illuminazione.

[32879] Iª q. 106 a. 4 arg. 2
Praeterea, Magister dicit, in XI distinctione II Sent., quod superiores Angeli cognoverunt a saeculis mysterium incarnationis, inferioribus vero ignotum fuit usquequo completum est. Quod videtur per hoc quod, quibusdam Angelis quaerentibus, quis est iste rex gloriae? Quasi ignorantibus, alii respondent, quasi scientes, dominus virtutum ipse est rex gloriae, ut Dionysius exponit VII cap. Cael. Hier. Hoc autem non esset, si superiores Angeli illuminarent inferiores de omnibus quae ipsi cognoscunt. Non ergo eos illuminant de omnibus sibi notis.

 

[32879] Iª q. 106 a. 4 arg. 2
2. Gli angeli superiori, dice il Maestro delle Sentenze, ebbero conoscenza fin da principio del mistero dell'Incarnazione, che rimase invece ignoto agli angeli inferiori sino al suo compimento. Ciò sembra verosimile dalla interpretazione, fatta da Dionigi, di quel passo secondo il quale, domandando alcuni angeli, quasi mossi da ignoranza: "Chi è questo re della gloria?", altri, come coloro che sanno, rispondono: "Il Signore degli eserciti è il re della gloria". Ma la cosa non sarebbe vera, se gli angeli superiori illuminassero gli inferiori su tutto quello che conoscono. Dunque non li illuminano su tutto quello che conoscono.

[32880] Iª q. 106 a. 4 arg. 3
Praeterea, si omnia superiores Angeli inferioribus annuntiant quae cognoscunt, nihil inferioribus ignotum remanet, quod superiores cognoscant. Non ergo de cetero superiores poterunt illuminare inferiores. Quod videtur inconveniens. Non ergo superiores de omnibus inferiores illuminant.

 

[32880] Iª q. 106 a. 4 arg. 3
3. Se gli angeli superiori manifestassero a quelli inferiori tutte le loro cognizioni, questi non ignorerebbero nulla di quanto è conosciuto dai primi, e così i primi non potrebbero più illuminare i secondi. Ma questo è impossibile. Dunque l'illuminazione fatta agli angeli inferiori non si estende a tutte le cognizioni degli angeli superiori.

[32881] Iª q. 106 a. 4 s. c.
Sed contra est quod Gregorius dicit, quod in illa caelesti patria, licet quaedam data sint excellenter, nihil tamen possidetur singulariter. Et Dionysius dicit, XV cap. Cael. Hier., quod unaquaeque caelestis essentia intelligentiam sibi a superiori datam, inferiori communicat; ut patet ex auctoritate supra inducta.

 

[32881] Iª q. 106 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: "Nella patria celeste", dice S. Gregorio "sebbene alcuni doni siano dati in grado eccellente, niente tuttavia è posseduto in modo esclusivo". E Dionigi afferma che "ognuna delle essenze celesti comunica alle inferiori la conoscenza ricevuta da un'altra essenza superiore"; come è chiaro dal testo sopra citato.

[32882] Iª q. 106 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod omnes creaturae ex divina bonitate participant ut bonum quod habent, in alia diffundant, nam de ratione boni est quod se aliis communicet. Et inde est etiam quod agentia corporalia similitudinem suam aliis tradunt, quantum possibile est. Quanto igitur aliqua agentia magis in participatione divinae bonitatis constituuntur, tanto magis perfectiones suas nituntur in alios transfundere, quantum possibile est. Unde beatus Petrus monet eos qui divinam bonitatem per gratiam participant, dicens, I Petr. IV, unusquisque, sicut accepit gratiam, in alterutrum illam administrantes, sicut boni dispensatores multiformis gratiae Dei. Multo igitur magis sancti Angeli, qui sunt in plenissima participatione divinae bonitatis, quidquid a Deo percipiunt, subiectis impartiuntur. Non tamen recipitur ab inferioribus ita excellenter sicut est in superioribus. Et ideo superiores semper remanent in altiori ordine, et perfectiorem scientiam habentes. Sicut unam et eandem rem plenius intelligit magister, quam discipulus qui ab eo addiscit.

 

[32882] Iª q. 106 a. 4 co.
RISPONDO: Tutte le creature partecipano dalla bontà divina la proprietà di diffondere negli altri il bene che possiedono: poiché è essenziale al bene la tendenza a comunicarsi agli altri. Ciò è tanto vero che perfino gli agenti corporei cercano di trasmettere negli altri una loro somiglianza. Quanto più dunque gli agenti godono di una maggiore partecipazione della bontà divina, tanto più si sforzano, secondo le loro possibilità, di trasfondere negli altri le proprie perfezioni. Per questo S. Pietro, a coloro che partecipano la bontà divina mediante la grazia, dà il seguente ammonimento: "Da buoni amministratori della multiforme grazia di Dio, ognuno di voi ponga al servizio degli altri il dono ricevuto". A più forte ragione, quindi, gli angeli santi, ammessi alla più completa partecipazione della bontà divina, distribuiscono agli inferiori tutto quello che ricevono da Dio. - Tuttavia quanto è ricevuto dagli angeli inferiori, non viene mai a trovarsi in essi in quella maniera eminente in cui si trova negli angeli superiori. Perciò questi restano sempre in un grado più elevato, e possiedono sempre una scienza più perfetta. Così una medesima nozione la possiede sempre meglio il maestro, che non il discepolo il quale l'apprende da lui.

[32883] Iª q. 106 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod superiorum Angelorum scientia dicitur esse universalior, quantum ad eminentiorem modum intelligendi.

 

[32883] Iª q. 106 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La scienza degli angeli superiori si dice più universale per il loro modo più eminente di conoscere.

[32884] Iª q. 106 a. 4 ad 2
Ad secundum dicendum quod verbum Magistri non sic est intelligendum, quod inferiores Angeli penitus ignoraverint mysterium incarnationis; sed quia non ita plene cognoverunt sicut superiores, et in eius cognitione postmodum profecerunt, dum illud mysterium impleretur.

 

[32884] Iª q. 106 a. 4 ad 2
2. L'affermazione del Maestro delle Sentenze non va intesa nel senso che gli angeli inferiori abbiano ignorato del tutto il mistero dell'Incarnazione; ma che non lo abbiano conosciuto pienamente oome gli angeli superiori, e che progredirono poi nella conoscenza di esso, quando quel mistero veniva compiendosi.

[32885] Iª q. 106 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod, usque ad diem iudicii, semper nova aliqua supremis Angelis revelantur divinitus de his quae pertinent ad dispositionem mundi, et praecipue ad salutem electorum. Unde semper remanet unde superiores Angeli inferiores illuminent.

 

[32885] Iª q. 106 a. 4 ad 3
3. Fino al giorno del giudizio gli angeli superiori ricevono sempre nuove rivelazioni da parte di Dio, su quanto concerne la disposizione del mondo, e specialmente la salvezza degli eletti. Quindi gli angeli superiori hanno sempre qualche cosa su cui illuminare gli inferiori.

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