II-II, 52

Seconda parte > Le azioni umane > La prudenza > Il dono del consiglio


Secunda pars secundae partis
Quaestio 52
Prooemium

[41192] IIª-IIae q. 52 pr.
Deinde considerandum est de dono consilii, quod respondet prudentiae. Et circa hoc quaeruntur quatuor.
Primo, utrum consilium debeat poni inter septem dona spiritus sancti.
Secundo, utrum donum consilii respondeat virtuti prudentiae.
Tertio, utrum donum consilii maneat in patria.
Quarto, utrum quinta beatitudo, quae est, beati misericordes, respondeat dono onsilii.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 52
Proemio

[41192] IIª-IIae q. 52 pr.
Passiamo ora a parlare del dono del consiglio, che corrisponde alla prudenza.
Sull'argomento si pongono quattro quesiti:

1. Se il consiglio sia da annoverarsi tra i sette doni dello Spirito Santo;
2. Se corrisponda alla virtù della prudenza;
3. Se il dono del consiglio rimanga nella patria beata;
4. Se la quinta beatitudine: "Beati i misericordiosi", corrisponda al dono del consiglio.




Seconda parte > Le azioni umane > La prudenza > Il dono del consiglio > Se il consiglio sia da annoverarsi tra i sette doni dello Spirito Santo


Secunda pars secundae partis
Quaestio 52
Articulus 1

[41193] IIª-IIae q. 52 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod consilium non debeat poni inter dona spiritus sancti. Dona enim spiritus sancti in adiutorium virtutum dantur; ut patet per Gregorium, in II Moral. Sed ad consiliandum homo sufficienter perficitur per virtutem prudentiae, vel etiam eubuliae, ut ex dictis patet. Ergo consilium non debet poni inter dona spiritus sancti.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 52
Articolo 1

[41193] IIª-IIae q. 52 a. 1 arg. 1
SEMBRA che il consiglio non sia da annoverarsi tra i sette doni dello Spirito Santo. Infatti:
1. I doni dello Spirito Santo sono dati per aiuto delle virtù, come insegna S. Gregorio. Ma sopra abbiamo visto che per consigliarsi l'uomo è predisposto alla perfezione dalla virtù della prudenza, o dall'eubulia. Dunque tra i doni dello Spirito Santo non può esserci il consiglio.

[41194] IIª-IIae q. 52 a. 1 arg. 2
Praeterea, haec videtur esse differentia inter septem dona spiritus sancti et gratias gratis datas, quod gratiae gratis datae non dantur omnibus, sed distribuuntur diversis; dona autem spiritus sancti dantur omnibus habentibus spiritum sanctum. Sed consilium videtur esse de his quae specialiter aliquibus a spiritu sancto dantur, secundum illud I Machab. II, ecce Simon, frater vester, ipse vir consilii est. Ergo consilium magis debet poni inter gratias gratis datas quam inter septem dona spiritus sancti.

 

[41194] IIª-IIae q. 52 a. 1 arg. 2
2. Tra i doni dello Spirito Santo e le grazie gratis date c'è questa differenza, che queste ultime non sono date a tutti, ma sono variamente distribuite; mentre i doni sono dati a tutti coloro che hanno lo Spirito Santo. Ora, pare che il consiglio abbia per oggetto le facoltà particolari concesse dallo Spirito Santo; poiché nel Libro dei Maccabei si legge: "Ed ecco, Simone vostro fratello è un uomo di consiglio". Perciò il consiglio è da considerarsi più tra le grazie gratis date che tra i sette doni dello Spirito Santo.

[41195] IIª-IIae q. 52 a. 1 arg. 3
Praeterea, Rom. VIII dicitur, qui spiritu Dei aguntur, hi filii Dei sunt. Sed his qui ab alio aguntur non competit consilium. Cum igitur dona spiritus sancti maxime competant filiis Dei, qui acceperunt spiritum adoptionis filiorum, videtur quod consilium inter dona spiritus sancti poni non debeat.

 

[41195] IIª-IIae q. 52 a. 1 arg. 3
3. Sta scritto: "Quanti sono condotti dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio". Ma a quegli esseri che sono condotti da altri non spetta il consiglio. E poiché i doni dello Spirito Santo sono dovuti proprio ai figli di Dio che "hanno ricevuto lo Spirito di adozione a figli", è chiaro che il consiglio non deve essere considerato tra i doni dello Spirito Santo.

[41196] IIª-IIae q. 52 a. 1 s. c.
Sed contra est quod Isaiae XI dicitur, requiescet super eum spiritus consilii et fortitudinis.

 

[41196] IIª-IIae q. 52 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Sta scritto: "Si poserà su di lui lo Spirito di consiglio e di fortezza".

[41197] IIª-IIae q. 52 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod dona spiritus sancti, ut supra dictum est, sunt quaedam dispositiones quibus anima redditur bene mobilis a spiritu sancto. Deus autem movet unumquodque secundum modum eius quod movetur, sicut creaturam corporalem movet per tempus et locum, creaturam autem spiritualem per tempus et non per locum, ut Augustinus dicit, VIII super Gen. ad Litt. Est autem proprium rationali creaturae quod per inquisitionem rationis moveatur ad aliquid agendum, quae quidem inquisitio consilium dicitur. Et ideo spiritus sanctus per modum consilii creaturam rationalem movet. Et propter hoc consilium ponitur inter dona spiritus sancti.

 

[41197] IIª-IIae q. 52 a. 1 co.
RISPONDO: Come sopra abbiamo detto, i doni dello Spirito Santo sono delle disposizioni che rendono l'anima pronta alla mozione dello Spirito. Ora, Dio muove ogni essere secondo la natura di esso: "muove le creature corporee nel tempo e nello spazio, e muove le creature spirituali nel tempo e non nello spazio", come si esprime S. Agostino. Ora, è proprio della creatura ragionevole muoversi ad agire mediante una ricerca della ragione: e tale ricerca è denominata consiglio, o deliberazione. Perciò lo Spirito Santo muove la creatura ragionevole sotto forma di consiglio. Ecco perché il consiglio va posto tra i doni dello Spirito Santo.

[41198] IIª-IIae q. 52 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod prudentia vel eubulia, sive sit acquisita sive infusa, dirigit hominem in inquisitione consilii secundum ea quae ratio comprehendere potest, unde homo per prudentiam vel eubuliam fit bene consilians vel sibi vel alii. Sed quia humana ratio non potest comprehendere singularia et contingentia quae occurrere possunt, fit quod cogitationes mortalium sunt timidae, et incertae providentiae nostrae, ut dicitur Sap. IX. Et ideo indiget homo in inquisitione consilii dirigi a Deo, qui omnia comprehendit. Quod fit per donum consilii, per quod homo dirigitur quasi consilio a Deo accepto. Sicut etiam in rebus humanis qui sibi ipsis non sufficiunt in inquisitione consilii a sapientioribus consilium requirunt.

 

[41198] IIª-IIae q. 52 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La prudenza, o l'eubulia, sia acquisita che infusa, guida l'uomo nell'indagine del suo consiglio limitandosi alle cose che la ragione è in grado di comprendere: cosicché mediante la prudenza, o l'eubulia, un uomo diviene abile a ben consigliare se stesso, o altri. Siccome però la ragione umana non può abbracciare tutti i fatti particolari e contingenti che possono capitare, avviene, come dice la Scrittura, che "i ragionamenti dei mortali sono timidi, e malsicuri i nostri divisamenti". Ecco perché l'uomo nell'indagine del suo consiglio, o deliberazione, ha bisogno di essere guidato da Dio, il quale abbraccia ogni cosa. E questo avviene mediante il dono del consiglio, col quale l'uomo viene come guidato da un consiglio ricevuto da Dio. Del resto anche nelle cose umane quelli che nel consigliarsi non bastano a se stessi ricorrono al consiglio dei più saggi.

[41199] IIª-IIae q. 52 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod hoc potest pertinere ad gratiam gratis datam quod aliquis sit ita boni consilii quod aliis consilium praebeat. Sed quod aliquis a Deo consilium habeat quid fieri oporteat in his quae sunt necessaria ad salutem, hoc est commune omnium sanctorum.

 

[41199] IIª-IIae q. 52 a. 1 ad 2
2. Può attribuirsi a una grazia gratis data che uno sia dotato di un consiglio così eccellente da poter ben consigliare gli altri. Ma avere da Dio il consiglio, per conoscere le cose indispensabili per la salvezza, questo è comune a tutti i santi.

[41200] IIª-IIae q. 52 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod filii Dei aguntur a spiritu sancto secundum modum eorum, salvato scilicet libero arbitrio, quae est facultas voluntatis et rationis. Et sic inquantum ratio a spiritu sancto instruitur de agendis, competit filiis Dei donum consilii.

 

[41200] IIª-IIae q. 52 a. 1 ad 3
3. I figli di Dio sono condotti dallo Spirito Santo secondo la loro natura, cioè salvando il loro libero arbitrio, che è "una facoltà della volontà e della ragione". E quindi ai figli di Dio viene attribuito il dono del consiglio, in quanto la loro ragione viene istruita dallo Spirito Santo sulle azioni da compiere.




Seconda parte > Le azioni umane > La prudenza > Il dono del consiglio > Se il dono del consiglio corrisponda alla virtù della prudenza


Secunda pars secundae partis
Quaestio 52
Articulus 2

[41201] IIª-IIae q. 52 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod donum consilii non respondeat convenienter virtuti prudentiae. Inferius enim in suo supremo attingit id quod est superius, ut patet per Dionysium, VII cap. de Div. Nom., sicut homo attingit Angelum secundum intellectum. Sed virtus cardinalis est inferior dono, ut supra habitum est. Cum ergo consilium sit primus et infimus actus prudentiae, supremus autem actus eius est praecipere, medius autem iudicare; videtur quod donum respondens prudentiae non sit consilium, sed magis iudicium vel praeceptum.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 52
Articolo 2

[41201] IIª-IIae q. 52 a. 2 arg. 1
SEMBRA che il dono del consiglio non corrisponda alla virtù della prudenza. Infatti:
1. Come insegna Dionigi, la realtà inferiore con quello che ha di più elevato tocca la realtà superiore: l'uomo, p. es., con l'intelletto viene a toccare l'angelo. Ora, le virtù cardinali sono inferiori ai doni, come abbiamo spiegato. E poiché il consiglio è il primo e il più basso tra gli atti della prudenza, mentre il più alto è il comando, e quello intermedio è il giudizio; è chiaro che il dono corrispondente alla prudenza non sarà un consiglio, ma piuttosto un giudizio, o un comando.

[41202] IIª-IIae q. 52 a. 2 arg. 2
Praeterea, uni virtuti sufficienter auxilium praebetur per unum donum, quia quanto aliquid est superius tanto est magis unitum, ut probatur in libro de causis. Sed prudentiae auxilium praebetur per donum scientiae, quae non solum est speculativa, sed etiam practica, ut supra habitum est. Ergo donum consilii non respondet virtuti prudentiae.

 

[41202] IIª-IIae q. 52 a. 2 arg. 2
2. Un'unica virtù è sufficientemente aiutata da un unico dono: poiché quanto più una cosa è alta, tanto più è unita, come si afferma nel De Causis. Ora, la prudenza viene aiutata dal dono della scienza, il quale non è solo speculativo, ma anche pratico, come sopra abbiamo visto. Dunque il dono del consiglio non corrisponde alla virtù della prudenza.

[41203] IIª-IIae q. 52 a. 2 arg. 3
Praeterea, ad prudentiam proprie pertinet dirigere, ut supra habitum est. Sed ad donum consilii pertinet quod homo dirigatur a Deo, sicut dictum est. Ergo donum consilii non pertinet ad virtutem prudentiae.

 

[41203] IIª-IIae q. 52 a. 2 arg. 3
3. Abbiamo notato sopra che il compito proprio della prudenza è guidare. Invece il dono del consiglio ha il compito di far sì che l'uomo sia guidato da Dio. Perciò il dono del consiglio non corrisponde alla virtù della prudenza.

[41204] IIª-IIae q. 52 a. 2 s. c.
Sed contra est quod donum consilii est circa ea quae sunt agenda propter finem. Sed circa haec etiam est prudentia. Ergo sibi invicem correspondent.

 

[41204] IIª-IIae q. 52 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Il dono del consiglio ha per oggetto le azioni da compiere in ordine al fine. Ma tale è appunto l'oggetto della prudenza. Dunque le due cose si corrispondono.

[41205] IIª-IIae q. 52 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod principium motivum inferius praecipue adiuvatur et perficitur per hoc quod movetur a superiori motivo principio, sicut corpus in hoc quod movetur a spiritu. Manifestum est autem quod rectitudo rationis humanae comparatur ad rationem divinam sicut principium motivum inferius ad superius, ratio enim aeterna est suprema regula omnis humanae rectitudinis. Et ideo prudentia, quae importat rectitudinem rationis, maxime perficitur et iuvatur secundum quod regulatur et movetur a spiritu sancto. Quod pertinet ad donum consilii, ut dictum est. Unde donum consilii respondet prudentiae, sicut ipsam adiuvans et perficiens.

 

[41205] IIª-IIae q. 52 a. 2 co.
RISPONDO: Un principio motore più basso viene soccorso e potenziato specialmente per il fatto che è mosso da un motore superiore: come quando il corpo è mosso dallo spirito. Ora, è evidente che la rettitudine della ragione umana sta all'intelletto divino come un motore più basso a quello più alto: infatti la ragione eterna è la regola suprema di ogni rettitudine umana. Perciò la prudenza, che implica la rettitudine della ragione, viene potenziata ed aiutata in quanto è regolata e mossa dallo Spirito Santo. E questo compito, come abbiamo visto, appartiene al dono del consiglio. Quindi il dono del consiglio corrisponde alla prudenza, come suo aiuto e coronamento.

[41206] IIª-IIae q. 52 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod iudicare et praecipere non est moti, sed moventis. Et quia in donis spiritus sancti mens humana non se habet ut movens, sed magis ut mota, ut supra dictum est; inde est quod non fuit conveniens quod donum correspondens prudentiae praeceptum diceretur vel iudicium, sed consilium, per quod potest significari motio mentis consiliatae ab alio consiliante.

 

[41206] IIª-IIae q. 52 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Giudicare o comandare appartiene non a chi è mosso, ma a chi muove. E poiché nei doni dello Spirito Santo l'anima umana, come si disse, non è movente ma mossa, non era conveniente che il dono correlativo alla prudenza fosse denominato comando, o giudizio, bensì consiglio; col quale termine si può esprimere bene la mozione che la mente consigliata riceve da un altro che consiglia.

[41207] IIª-IIae q. 52 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod scientiae donum non directe respondet prudentiae, cum sit in speculativa, sed secundum quandam extensionem eam adiuvat. Donum autem consilii directe respondet prudentiae, sicut circa eadem existens.

 

[41207] IIª-IIae q. 52 a. 2 ad 2
2. Il dono della scienza, essendo anche speculativo, non corrisponde direttamente alla prudenza, ma viene in suo aiuto per estensione. Invece il dono del consiglio corrisponde direttamente alla prudenza, avendo il medesimo oggetto.

[41208] IIª-IIae q. 52 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod movens motum ex hoc quod movetur movet. Unde mens humana ex hoc ipso quod dirigitur a spiritu sancto, fit potens dirigere se et alios.

 

[41208] IIª-IIae q. 52 a. 2 ad 3
3. Un motore mosso, per il fatto che è mosso, muove. Perciò la mente di un uomo, per il fatto che è guidata dallo Spirito Santo, diviene capace di guidare se stessa e gli altri.




Seconda parte > Le azioni umane > La prudenza > Il dono del consiglio > Se il dono del consiglio rimanga nella patria (beata)


Secunda pars secundae partis
Quaestio 52
Articulus 3

[41209] IIª-IIae q. 52 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod donum consilii non maneat in patria. Consilium enim est eorum quae sunt agenda propter finem. Sed in patria nihil erit agendum propter finem, quia ibi homines ultimo fine potiuntur. Ergo in patria non est donum consilii.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 52
Articolo 3

[41209] IIª-IIae q. 52 a. 3 arg. 1
SEMBRA che il dono del consiglio non rimanga nella patria (beata). Infatti:
1. Il consiglio ha per oggetto le azioni da compiere in ordine al fine. Ora, in patria non ci sarà da compiere niente in ordine al fine: poiché là gli uomini hanno raggiunto l'ultimo fine. Perciò nella patria beata non c'è più il dono del consiglio.

[41210] IIª-IIae q. 52 a. 3 arg. 2
Praeterea, consilium dubitationem importat, in his enim quae manifesta sunt ridiculum est consiliari, sicut patet per philosophum, in III Ethic. In patria autem tolletur omnis dubitatio. Ergo in patria non erit consilium.

 

[41210] IIª-IIae q. 52 a. 3 arg. 2
2. Il consiglio implica un dubbio: infatti a detta del Filosofo, è ridicolo consigliarsi, o deliberare su cose evidenti. Ma nella patria beata tutti i dubbi cadranno. Dunque in essa non ci sarà il consiglio.

[41211] IIª-IIae q. 52 a. 3 arg. 3
Praeterea, in patria sancti maxime Deo conformantur, secundum illud I Ioan. III, cum apparuerit, similes ei erimus. Sed Deo non convenit consilium, secundum illud Rom. XI, quis consiliarius eius fuit? Ergo etiam neque sanctis in patria competit donum consilii.

 

[41211] IIª-IIae q. 52 a. 3 arg. 3
3. Nella patria i santi raggiungeranno la massima conformità con Dio; poiché sta scritto: "Quando si manifesterà saremo simili a lui". Ora, a Dio non si addice il consiglio, come risulta da quelle parole di S. Paolo: "Chi gli fu consigliere?". Quindi neppure ai santi esistenti nella patria beata si addice il dono del consiglio.

[41212] IIª-IIae q. 52 a. 3 s. c.
Sed contra est quod dicit Gregorius, XVII Moral., cumque uniuscuiusque gentis vel culpa vel iustitia ad supernae curiae consilium ducitur, eiusdem gentis praepositus vel obtinuisse in certamine vel non obtinuisse perhibetur.

 

[41212] IIª-IIae q. 52 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: S. Gregorio ha scritto: "E quando la colpa, o la giustizia di ciascuna nazione è deferita al consiglio della corte celeste, allora si può dire che l'angelo preposto a codesta nazione è riconosciuto vincitore o meno nel combattimento".

[41213] IIª-IIae q. 52 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod, sicut dictum est, dona spiritus sancti ad hoc pertinent quod creatura rationalis movetur a Deo. Circa motionem autem humanae mentis a Deo duo considerari oportet. Primo quidem, quod alia est dispositio eius quod movetur dum movetur; et alia dum est in termino motus. Et quidem quando movens est solum principium movendi, cessante motu cessat actio moventis super mobile, quod iam pervenit ad terminum, sicut domus, postquam aedificata est, non aedificatur ulterius ab aedificatore. Sed quando movens non solum est causa movendi, sed etiam est causa ipsius formae ad quam est motus, tunc non cessat actio moventis etiam post adeptionem formae, sicut sol illuminat aerem etiam postquam est illuminatus. Et hoc modo Deus causat in nobis et virtutem et cognitionem non solum quando primo acquirimus, sed etiam quandiu in eis perseveramus. Et sic cognitionem agendorum causat Deus in beatis, non quasi in ignorantibus, sed quasi continuando in eis cognitionem eorum quae agenda sunt. Tamen quaedam sunt quae beati, vel Angeli vel homines, non cognoscunt, quae non sunt de essentia beatitudinis, sed pertinent ad gubernationem rerum secundum divinam providentiam. Et quantum ad hoc est aliud considerandum, scilicet quod mens beatorum aliter movetur a Deo, et aliter mens viatorum. Nam mens viatorum movetur a Deo in agendis per hoc quod sedatur anxietas dubitationis in eis praecedens. In mente vero beatorum circa ea quae non cognoscunt est simplex nescientia, a qua etiam Angeli purgantur, secundum Dionysium, VI cap. Eccl. Hier., non autem praecedit in eis inquisitio dubitationis, sed simplex conversio ad Deum. Et hoc est Deum consulere, sicut Augustinus dicit, V super Gen. ad Litt., quod Angeli de inferioribus Deum consulunt. Unde et instructio qua super hoc a Deo instruuntur consilium dicitur. Et secundum hoc donum consilii est in beatis, inquantum in eis a Deo continuatur cognitio eorum quae sciunt; et inquantum illuminantur de his quae nesciunt circa agenda.

 

[41213] IIª-IIae q. 52 a. 3 co.
RISPONDO: I doni dello Spirito Santo hanno il compito, come abbiamo detto, di far sì che la creatura razionale sia mossa da Dio. Ora, riguardo alla mozione della mente umana da parte di Dio si devono considerare due cose. Primo, che la disposizione di ciò che si muove è diversa nel momento che è in moto e allorché si trova nel suo termine. E quando il motore è solo principio della mozione, cessato il moto cessa anche l'azione del motore sul soggetto, che ormai ha raggiunto il termine: una casa, p. es., una volta fabbricata non continua ad essere edificata dal suo costruttore. Ma quando il motore non è soltanto causa della mozione, bensì della forma stessa che il moto tende a raggiungere, allora la sua azione non cessa neppure dopo il raggiungimento della forma: il sole infatti continua a illuminare l'aria anche dopo che l'ha resa luminosa. Ora, Dio causa in noi la virtù e la conoscenza non solo quando le acquistiamo la prima volta, ma anche mentre perseveriamo in esse. Ed è così che Dio causa nei beati la conoscenza delle azioni da compiere, non come per dissipare l'ignoranza, ma come per prolungare in essi la conoscenza di codeste azioni.
Ci sono però delle cose che i beati, angeli o uomini che siano, non conoscono; ma si tratta di cose che non sono essenziali alla beatitudine, riguardando esse il governo del mondo secondo la divina provvidenza. E in rapporto a questo si deve notare un'altra cosa, e cioè che Dio muove diversamente l'anima dei beati e quella dei viatori. Infatti l'anima dei viatori è mossa da Dio rispetto alle azioni da compiere per il fatto che fa cessare in essi uno stato di dubbio e di ansietà. Invece nell'anima dei beati rispetto alle cose che non sanno c'è una semplice nescienza, dalla quale, a detta di Dionigi, vengono purificati anche gli angeli; in essi però non precede la ricerca del dubbio, ma un semplice sguardo verso Dio. E questo significa consultare Dio: S. Agostino infatti afferma che gli angeli "consultano Dio sulle cose inferiori". Ecco perché l'informazione che ne ricevono viene chiamata consiglio.
Ed è in tal senso che il dono del consiglio si trova nei beati, cioè in quanto Dio conserva in essi la conoscenza di ciò che sanno; e in quanto sono illuminati su ciò che non sanno in rapporto alle azioni da compiere.

[41214] IIª-IIae q. 52 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod etiam in beatis sunt aliqui actus ordinati ad finem, vel quasi procedentes ex consecutione finis, sicut quod Deum laudant; vel quibus alios pertrahunt ad finem quem ipsi sunt consecuti, sicut sunt ministeria Angelorum et orationes sanctorum. Et quantum ad hoc habet in eis locum donum consilii.

 

[41214] IIª-IIae q. 52 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Anche nei beati ci sono alcuni atti ordinati al fine: o perché derivano dal conseguimento del fine, come la lode che rivolgono a Dio; oppure atti con i quali portano gli altri al fine che essi hanno raggiunto, come i ministeri degli angeli e le preghiere dei santi. E in rapporto a codeste azioni ha luogo in essi il dono del consiglio.

[41215] IIª-IIae q. 52 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod dubitatio pertinet ad consilium secundum statum vitae praesentis, non autem pertinet secundum quod est consilium in patria. Sicut etiam virtutes cardinales non habent omnino eosdem actus in patria et in via.

 

[41215] IIª-IIae q. 52 a. 3 ad 2
2. Il dubbio è implicito nel consiglio così come si trova nello stato della vita presente, ma non come il consiglio si attua nella patria beata. Del resto anche le virtù cardinali nella patria non hanno affatto i medesimi atti che nella vita presente.

[41216] IIª-IIae q. 52 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod consilium non est in Deo sicut in recipiente, sed sicut in dante. Hoc autem modo conformantur Deo sancti in patria, sicut recipiens influenti.

 

[41216] IIª-IIae q. 52 a. 3 ad 3
3. Il consiglio non è in Dio come in chi lo riceve, ma come in colui che lo dona. Ora, i santi si rendono conformi a Dio nella patria come il recipiente fa col liquido che lo riempie.




Seconda parte > Le azioni umane > La prudenza > Il dono del consiglio > Se la quinta beatitudine, relativa alla misericordia, corrisponda al dono del consiglio


Secunda pars secundae partis
Quaestio 52
Articulus 4

[41217] IIª-IIae q. 52 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod quinta beatitudo, quae est de misericordia, non respondeat dono consilii. Omnes enim beatitudines sunt quidam actus virtutum, ut supra habitum est. Sed per consilium in omnibus virtutum actibus dirigimur. Ergo consilio non respondet magis quinta beatitudo quam alia.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 52
Articolo 4

[41217] IIª-IIae q. 52 a. 4 arg. 1
SEMBRA che la quinta beatitudine, relativa alla misericordia, non corrisponda al dono del consiglio. Infatti:
1. Tutte le beatitudini sono atti di virtù, come abbiamo visto sopra. Ora, mediante il consiglio noi siamo guidati in tutti gli atti virtuosi. Dunque al consiglio la quinta beatitudine non corrisponde più delle altre.

[41218] IIª-IIae q. 52 a. 4 arg. 2
Praeterea, praecepta dantur de his quae sunt de necessitate salutis, consilium autem datur de his quae non sunt de necessitate salutis. Misericordia autem est de necessitate salutis, secundum illud Iac. II, iudicium sine misericordia ei qui non fecit misericordiam, paupertas autem non est de necessitate salutis, sed pertinet ad perfectionem vitae, ut patet Matth. XIX. Ergo dono consilii magis respondet beatitudo paupertatis quam beatitudo misericordiae.

 

[41218] IIª-IIae q. 52 a. 4 arg. 2
2. Mentre i precetti hanno per oggetto le cose indispensabili per la salvezza, il consiglio mira a quelle che non sono indispensabili per salvarsi. Ora, la misericordia è indispensabile per salvarsi, poiché sta scritto: "Il giudizio sarà senza misericordia per chi non ha usato misericordia"; invece non è indispensabile la povertà, che rientra nella vita di perfezione, come risulta dal Vangelo di S. Matteo. Perciò al dono del consiglio corrisponde più la beatitudine della povertà che quella della misericordia.

[41219] IIª-IIae q. 52 a. 4 arg. 3
Praeterea, fructus consequuntur ad beatitudines, important enim delectationem quandam spiritualem quae consequitur perfectos actus virtutum. Sed inter fructus non ponitur aliquid respondens dono consilii, ut patet Gal. V. Ergo etiam beatitudo misericordiae non respondet dono consilii.

 

[41219] IIª-IIae q. 52 a. 4 arg. 3
3. Alle beatitudini seguono i frutti: questi infatti consistono in quel diletto spirituale che accompagna gli atti perfetti delle virtù: Ma tra i frutti non ce n'è uno che corrisponda al dono del consiglio, come è evidente dalle parole di S. Paolo. Quindi al dono del consiglio non corrisponde neppure la beatitudine della misericordia.

[41220] IIª-IIae q. 52 a. 4 s. c.
Sed contra est quod Augustinus dicit, in libro de Serm. Dom. in monte, consilium convenit misericordibus, quia unicum remedium est de tantis malis erui, dimittere aliis et dare.

 

[41220] IIª-IIae q. 52 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: S. Agostino scrive: "Il consiglio si addice ai misericordiosi; poiché l'unico rimedio, per essere scampati da tanti mali, è di perdonare e di donare agli altri".

[41221] IIª-IIae q. 52 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod consilium proprie est de his quae sunt utilia ad finem. Unde ea quae maxime sunt utilia ad finem maxime debent correspondere dono consilii. Hoc autem est misericordia, secundum illud I ad Tim. IV, pietas ad omnia utilis est. Et ideo specialiter dono consilii respondet beatitudo misericordiae, non sicut elicienti, sed sicut dirigenti.

 

[41221] IIª-IIae q. 52 a. 4 co.
RISPONDO: Il consiglio propriamente ha per oggetto le cose che servono a raggiungere il fine. Perciò al dono del consiglio devono corrispondere le cose che servono di più a raggiungere il fine. Ora, la misericordia è in tale considerazione; poiché sta scritto: "La pietà è utile a tutto". Dunque al dono del consiglio corrisponde specialmente la misericordia, non perché ne compie le opere, ma perché ne guida il compimento.

[41222] IIª-IIae q. 52 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod etsi consilium dirigat in omnibus actibus virtutum, specialiter tamen dirigit in operibus misericordiae, ratione iam dicta.

 

[41222] IIª-IIae q. 52 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene il consiglio guidi in tutti gli atti virtuosi, tuttavia esso guida specialmente negli atti di misericordia, per la ragione sopra indicata.

[41223] IIª-IIae q. 52 a. 4 ad 2
Ad secundum dicendum quod consilium, secundum quod est donum spiritus sancti, dirigit nos in omnibus quae ordinantur in finem vitae aeternae, sive sint de necessitate salutis sive non. Et tamen non omne opus misericordiae est de necessitate salutis.

 

[41223] IIª-IIae q. 52 a. 4 ad 2
2. Il consiglio, in quanto dono dello Spirito Santo, ci guida in tutte le cose che sono ordinate alla vita eterna, siano esse indispensabili o meno per la salvezza. Tuttavia non tutte le opere di misericordia sono indispensabili alla salvezza.

[41224] IIª-IIae q. 52 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod fructus importat quoddam ultimum. In practicis autem non est ultimum in cognitione, sed in operatione, quae est finis. Et ideo inter fructus nihil ponitur quod pertineat ad cognitionem practicam, sed solum ea quae pertinent ad operationes, in quibus cognitio practica dirigit. Inter quae ponitur bonitas et benignitas, quae respondent misericordiae.

 

[41224] IIª-IIae q. 52 a. 4 ad 3
3. Il frutto dice qualche cosa di ultimo. Ora in campo pratico l'ultimo non è nella conoscenza ma nell'operazione, ed è il fine. Ecco perché tra i frutti non c'è nulla che si riferisca alla conoscenza pratica, ma solo in rapporto alle operazioni, che sono sotto la guida di codesta conoscenza. E tra questi frutti troviamo la bontà e la benignità, che corrispondono alla misericordia.

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