II-II, 50

Seconda parte > Le azioni umane > La prudenza > Le parti soggettive della prudenza


Secunda pars secundae partis
Quaestio 50
Prooemium

[41126] IIª-IIae q. 50 pr.
Deinde considerandum est de partibus subiectivis prudentiae. Et quia de prudentia per quam aliquis regit seipsum iam dictum est, restat dicendum de speciebus prudentiae quibus multitudo gubernatur. Circa quas quaeruntur quatuor.
Primo, utrum legispositiva debeat poni species prudentiae.
Secundo, utrum politica.
Tertio, utrum oeconomica.
Quarto, utrum militaris.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 50
Proemio

[41126] IIª-IIae q. 50 pr.
Passiamo ora a considerare le parti soggettive della prudenza. E poiché abbiamo già parlato della prudenza con la quale ciascuno governa se stesso, rimane da trattare delle specie della prudenza che servono per governare la collettività.
Sull'argomento si pongono quattro quesiti:

1. Se tra le specie della prudenza ci sia la prudenza legislativa;
2. Se ci sia la prudenza politica;
3. Se tra esse ci sia la prudenza economica o domestica;
4. Se ci sia la prudenza militare.




Seconda parte > Le azioni umane > La prudenza > Le parti soggettive della prudenza > Se tra le specie della prudenza ci sia la prudenza regale


Secunda pars secundae partis
Quaestio 50
Articulus 1

[41127] IIª-IIae q. 50 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod regnativa non debeat poni species prudentiae. Regnativa enim ordinatur ad iustitiam conservandam, dicitur enim in V Ethic. quod princeps est custos iusti. Ergo regnativa magis pertinet ad iustitiam quam ad prudentiam.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 50
Articolo 1

[41127] IIª-IIae q. 50 a. 1 arg. 1
SEMBRA che tra le specie della prudenza non ci sia la prudenza regale. Infatti:
1. La prudenza regale è ordinata a conservare la giustizia: infatti Aristotele afferma che "il principe è custode del giusto". Perciò la funzione regale appartiene più alla giustizia che alla prudenza.

[41128] IIª-IIae q. 50 a. 1 arg. 2
Praeterea, secundum philosophum, in III Polit., regnum est una sex politiarum. Sed nulla species prudentiae sumitur secundum alias quinque politias, quae sunt aristocratia, politia (quae alio nomine dicitur timocratia), tyrannis, oligarchia, democratia. Ergo nec secundum regnum debet sumi regnativa.

 

[41128] IIª-IIae q. 50 a. 1 arg. 2
2. A detta del Filosofo, il regno è una delle sei forme di governo civile. Ora, nessuna specie della prudenza si desume dalle altre cinque forme di governo, che sono aristocrazia, p???te?a (o timocrazia), tirannide, oligarchia e democrazia. Dunque neppure si deve desumere dal regno una prudenza regale.

[41129] IIª-IIae q. 50 a. 1 arg. 3
Praeterea, leges condere non solum pertinet ad reges, sed etiam ad quosdam alios principatus, et etiam ad populum; ut patet per Isidorum, in libro Etymol. Sed philosophus, in VI Ethic., ponit legispositivam partem prudentiae. Inconvenienter igitur loco eius ponitur regnativa.

 

[41129] IIª-IIae q. 50 a. 1 arg. 3
3. Fare le leggi non appartiene soltanto ai re, ma anche ad altri governanti, e al popolo stesso, stando alle parole di S. Isidoro. Ma il Filosofo nell'Etica mette la prudenza legislativa tra le parti della prudenza. Perciò non è giusto sostituire codesta prudenza con quella regale.

[41130] IIª-IIae q. 50 a. 1 s. c.
Sed contra est quod philosophus dicit, in III Polit., quod prudentia est propria virtus principis. Ergo specialis prudentia debet esse regnativa.

 

[41130] IIª-IIae q. 50 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Il Filosofo afferma, che "la prudenza è virtù propria del principe". Dunque deve esserci una speciale prudenza dei regnanti.

[41131] IIª-IIae q. 50 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod sicut ex supradictis patet, ad prudentiam pertinet regere et praecipere. Et ideo ubi invenitur specialis ratio regiminis et praecepti in humanis actibus, ibi etiam invenitur specialis ratio prudentiae. Manifestum est autem quod in eo qui non solum seipsum habet regere, sed etiam communitatem perfectam civitatis vel regni, invenitur specialis et perfecta ratio regiminis, tanto enim regimen perfectius est quanto est universalius, ad plura se extendens et ulteriorem finem attingens. Et ideo regi, ad quem pertinet regere civitatem vel regnum, prudentia competit secundum specialem et perfectissimam sui rationem. Et propter hoc regnativa ponitur species prudentiae.

 

[41131] IIª-IIae q. 50 a. 1 co.
RISPONDO: Come sopra abbiamo visto, la prudenza ha il compito di governare e di comandare. Perciò quando negli atti umani abbiamo una forma speciale di governo, o di comando, abbiamo pure una forma speciale di prudenza. Ora, è evidente che in colui che ha il compito di governare non solo se stesso, ma la perfetta collettività di una città o di un regno, si riscontra una speciale e perfetta forma di governo: infatti tanto più un governo è perfetto, quanto più è universale ed esteso, e quanto più alto è il fine che deve raggiungere. Perciò al re che ha il compito di governare una città, o un regno la prudenza appartiene nella sua forma più perfetta e specifica. Ecco perché la prudenza regale di governo è posta tra le specie della prudenza.

[41132] IIª-IIae q. 50 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod omnia quae sunt virtutum moralium pertinent ad prudentiam sicut ad dirigentem, unde et ratio recta prudentiae ponitur in definitione virtutis moralis, ut supra dictum est. Et ideo etiam executio iustitiae, prout ordinatur ad bonum commune, quae pertinet ad officium regis, indiget directione prudentiae. Unde istae duae virtutes sunt maxime propriae regi, scilicet prudentia et iustitia, secundum illud Ierem. XXIII, regnabit rex, et sapiens erit et faciet iudicium et iustitiam in terra. Quia tamen dirigere magis pertinet ad regem, exequi vero ad subditos, ideo regnativa magis ponitur species prudentiae, quae est directiva, quam iustitiae, quae est executiva.

 

[41132] IIª-IIae q. 50 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Tutti i requisiti delle virtù morali ricadono sotto la guida della prudenza: ecco perchè, come abbiamo detto, la retta ragione della prudenza è posta nelle definizioni delle virtù morali. Ed ecco perché l'esecuzione medesima della giustizia, in quanto è ordinata al bene comune, cui l'ufficio di re è interessato, ha bisogno della guida della prudenza. Infatti queste due virtù, prudenza e giustizia, sono quelle più proprie di un re, secondo le parole di Geremia: "Regnerà il re che sarà sapiente e farà valere il diritto e la giustizia sulla terra". Tuttavia siccome il governo appartiene di più al re, e l'esecuzione di più ai sudditi, la saggezza regale si considera più una specie della prudenza, la quale ha un compito di guida, che della giustizia, la quale ha un compito esecutivo.

[41133] IIª-IIae q. 50 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod regnum inter alias politias est optimum regimen, ut dicitur in VIII Ethic. Et ideo species prudentiae magis debuit denominari a regno. Ita tamen quod sub regnativa comprehendantur omnia alia regimina recta, non autem perversa, quae virtuti opponuntur, unde non pertinent ad prudentiam.

 

[41133] IIª-IIae q. 50 a. 1 ad 2
2. Come nota Aristotele, tra le altre forme di governo, la monarchia è quella migliore. Perciò questa specie della prudenza doveva denominarsi dal regno. Però sotto questa denominazione sono compresi tutti gli altri regimi onesti; non già quelli perversi, i quali sono incompatibili con la virtù, e quindi non appartengono alla prudenza.

[41134] IIª-IIae q. 50 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod philosophus denominat regnativam a principali actu regis, qui est leges ponere. Quod etsi conveniat aliis, non convenit eis nisi secundum quod participant aliquid de regimine regis.

 

[41134] IIª-IIae q. 50 a. 1 ad 3
3. Il Filosofo qui denomina la prudenza regale dall'atto principale del re, che è quello di stabilire le leggi. Il quale compito, sebbene spetti anche ad altri, non conviene loro se non in quanto partecipano alle prerogative del governo regale.




Seconda parte > Le azioni umane > La prudenza > Le parti soggettive della prudenza > Se sia giusto considerare la politica come parte della prudenza


Secunda pars secundae partis
Quaestio 50
Articulus 2

[41135] IIª-IIae q. 50 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod politica inconvenienter ponatur pars prudentiae. Regnativa enim est pars politicae prudentiae, ut dictum est. Sed pars non debet dividi contra totum. Ergo politica non debet poni alia species prudentiae.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 50
Articolo 2

[41135] IIª-IIae q. 50 a. 2 arg. 1
SEMBRA che non sia giusto considerare la politica come parte della prudenza. Infatti:
1. L'arte regale di governo è, come abbiamo visto, una parte della prudenza politica. Ora, la parte non si può dividere in contrapposizione al tutto. Perciò la politica non si deve considerare come una specie distinta della prudenza.

[41136] IIª-IIae q. 50 a. 2 arg. 2
Praeterea, species habituum distinguuntur secundum diversa obiecta. Sed eadem sunt quae oportet regnantem praecipere et subditum exequi. Ergo politica, secundum quod pertinet ad subditos, non debet poni species prudentiae distincta a regnativa.

 

[41136] IIª-IIae q. 50 a. 2 arg. 2
2. Le specie degli abiti si distinguono secondo la diversità degli oggetti. Ma le cose che un suddito esegue sono esattamente quelle che il principe comanda. Dunque la politica, in quanto interessa i sudditi, non deve essere considerata come una specie della prudenza, distinta dalla prudenza regale.

[41137] IIª-IIae q. 50 a. 2 arg. 3
Praeterea, unusquisque subditorum est singularis persona. Sed quaelibet singularis persona seipsam sufficienter dirigere potest per prudentiam communiter dictam. Ergo non oportet poni aliam speciem prudentiae quae dicatur politica.

 

[41137] IIª-IIae q. 50 a. 2 arg. 3
3. Ogni suddito è una persona privata. Ma qualsiasi persona privata può governare pienamente se stessa con la prudenza comunemente detta. Quindi non si deve ammettere un'altra specie di prudenza, denominata politica.

[41138] IIª-IIae q. 50 a. 2 s. c.
Sed contra est quod philosophus dicit, in VI Ethic., eius autem quae circa civitatem haec quidem ut architectonica prudentia legispositiva; haec autem commune nomen habet politica, circa singularia existens.

 

[41138] IIª-IIae q. 50 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Il Filosofo afferma: "Per quanto riguarda il governo della città la prudenza, in quanto architettonica, è legislatrice; l'altra, in quanto riguarda il particolare, conserva il nome comune di politica".

[41139] IIª-IIae q. 50 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod servus per imperium movetur a domino et subditus a principante, aliter tamen quam irrationalia et inanimata moveantur a suis motoribus. Nam inanimata et irrationalia aguntur solum ab alio, non autem ipsa agunt seipsa quia non habent dominium sui actus per liberum arbitrium. Et ideo rectitudo regiminis ipsorum non est in ipsis, sed solum in motoribus. Sed homines servi, vel quicumque subditi, ita aguntur ab aliis per praeceptum quod tamen agunt seipsos per liberum arbitrium. Et ideo requiritur in eis quaedam rectitudo regiminis per quam seipsos dirigant in obediendo principatibus. Et ad hoc pertinet species prudentiae quae politica vocatur.

 

[41139] IIª-IIae q. 50 a. 2 co.
RISPONDO: Lo schiavo è mosso dal padrone col comando, così pure il suddito dal principe, mentre gli esseri privi di ragione o di vita sono mossi dall'impulso dei loro motori. Infatti gli esseri inanimati e irrazionali sono posti in azione solo da altre cause e non da se stessi: poiché non hanno il dominio dei loro atti mediante il libero arbitrio. E quindi la bontà del loro comportamento non dipende da essi, ma dai loro motori. Invece gli schiavi, come qualsiasi suddito umano, sono messi in azione dall'altrui comando in modo però da muovere se stessi mediante il libero arbitrio. Perciò in essi si richiede una certa rettitudine di governo, con la quale guidano se stessi nell'obbedire ai superiori. E questo costituisce la specie della prudenza che si denomina politica.

[41140] IIª-IIae q. 50 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod sicut dictum est, regnativa est perfectissima species prudentiae. Et ideo prudentia subditorum, quae deficit a prudentia regnativa, retinet sibi nomen commune, ut politica dicatur, sicut in logicis convertibile quod non significat essentiam retinet sibi commune nomen proprii.

 

[41140] IIª-IIae q. 50 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'arte regale è, come abbiamo detto, la specie più perfetta della prudenza. Perciò la prudenza dei sudditi, la quale è al di sotto di essa, conserva il nome comune di politica. Così avviene anche nella logica, p. es., in cui un predicato esclusivo che non esprime l'essenza di una cosa conserva il nome di proprio.

[41141] IIª-IIae q. 50 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod diversa ratio obiecti diversificat habitum secundum speciem, ut ex supradictis patet. Eadem autem agenda considerantur quidem a rege secundum universaliorem rationem quam considerentur a subdito, qui obedit, uni enim regi in diversis officiis multi obediunt. Et ideo regnativa comparatur ad hanc politicam de qua loquimur sicut ars architectonica ad eam quae manu operatur.

 

[41141] IIª-IIae q. 50 a. 2 ad 2
2. Come sopra abbiamo visto, è la diversa ragione di oggetto che diversifica gli abiti secondo la specie. Ora, sia il re che i sudditi considerano le medesime azioni da compiere, ma il primo le considera sotto una ragione più universale che non il suddito: infatti molti in mansioni diverse ubbidiscono a un unico re. Perciò l'arte regale di governo sta alla politica di cui parliamo come l'arte dell'architetto sta a quella dei muratori.

[41142] IIª-IIae q. 50 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod per prudentiam communiter dictam regit homo seipsum in ordine ad proprium bonum, per politicam autem de qua loquimur, in ordine ad bonum commune.

 

[41142] IIª-IIae q. 50 a. 2 ad 3
3. Con la prudenza comunemente detta l'uomo governa se stesso in ordine al proprio bene: mentre con la politica, di cui parliamo, lo fa in ordine al bene comune.




Seconda parte > Le azioni umane > La prudenza > Le parti soggettive della prudenza > Se tra le specie della prudenza ci sia anche la prudenza economica o domestica


Secunda pars secundae partis
Quaestio 50
Articulus 3

[41143] IIª-IIae q. 50 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod oeconomica non debeat poni species prudentiae. Quia ut philosophus dicit, in VI Ethic., prudentia ordinatur ad bene vivere totum. Sed oeconomica ordinatur ad aliquem particularem finem, scilicet ad divitias, ut dicitur in I Ethic. Ergo oeconomica non est species prudentiae.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 50
Articolo 3

[41143] IIª-IIae q. 50 a. 3 arg. 1
SEMBRA che tra le specie della prudenza non ci sia la prudenza economica, o domestica. Infatti:
1. Come dice il Filosofo, la prudenza è ordinata "a tutto il ben vivere". Invece l'economia è ordinata a un fine particolare, cioè alle ricchezze, come Aristotele afferma nell'Etica. Dunque la prudenza economica non è una specie della prudenza.

[41144] IIª-IIae q. 50 a. 3 arg. 2
Praeterea, sicut supra habitum est, prudentia non est nisi bonorum. Sed oeconomica potest esse etiam malorum, multi enim peccatores providi sunt in gubernatione familiae. Ergo oeconomica non debet poni species prudentiae.

 

[41144] IIª-IIae q. 50 a. 3 arg. 2
2. Come sopra abbiamo detto, la prudenza è solo dei buoni. Invece l'economia può essere anche nei cattivi: infatti molti peccatori sono accorti nel governo della famiglia. Perciò l'abilità economica non va considerata una specie della prudenza.

[41145] IIª-IIae q. 50 a. 3 arg. 3
Praeterea, sicut in regno invenitur principans et subiectum, ita etiam in domo. Si ergo oeconomica est species prudentiae sicut et politica, deberet etiam paterna prudentia poni, sicut et regnativa. Non autem ponitur. Ergo nec oeconomica debet poni species prudentiae.

 

[41145] IIª-IIae q. 50 a. 3 arg. 3
3. Come in un regno si trova il principe e il suddito, così avviene in una famiglia. Perciò, se l'economia fosse una specie della prudenza, come la politica, bisognerebbe distinguere una prudenza paterna, per analogia con quella regale. Ma questa distinzione non viene fatta. Dunque tra le specie della prudenza non si deve annoverare una prudenza economica.

[41146] IIª-IIae q. 50 a. 3 s. c.
Sed contra est quod philosophus dicit, in VI Ethic., quod illarum, scilicet prudentiarum quae se habent ad regimen multitudinis, haec quidem oeconomica, haec autem legispositiva, haec autem politica.

 

[41146] IIª-IIae q. 50 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Il Filosofo scrive, che "di esse", cioè dei vari tipi di prudenza che riguardano il governo della collettività, "una si chiama economica, l'altra legislativa, e l'altra politica".

[41147] IIª-IIae q. 50 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod ratio obiecti diversificata secundum universale et particulare, vel secundum totum et partem, diversificat artes et virtutes, secundum quam diversitatem una est principalis respectu alterius. Manifestum est autem quod domus medio modo se habet inter unam singularem personam et civitatem vel regnum, nam sicut una singularis persona est pars domus, ita una domus est pars civitatis vel regni. Et ideo sicut prudentia communiter dicta, quae est regitiva unius, distinguitur a politica prudentia, ita oportet quod oeconomica distinguatur ab utraque.

 

[41147] IIª-IIae q. 50 a. 3 co.
RISPONDO: La diversità nella ragione di oggetto secondo l'universale e il singolare, oppure secondo il tutto e la parte, basta a diversificare le arti e le virtù: e in base a questa diversità l'una è principale rispetto all'altra. Ora, è evidente che la famiglia è qualche cosa di mezzo tra la persona singola e la città, o il regno. Perciò, come la prudenza comunemente detta, fatta per governare un solo individuo, è distinta dalla prudenza politica, così è necessario che la prudenza economica, o domestica sia distinta da entrambe.

[41148] IIª-IIae q. 50 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod divitiae comparantur ad oeconomicam non sicut finis ultimus, sed sicut instrumenta quaedam, ut dicitur in I Polit. Finis autem ultimus oeconomicae est totum bene vivere secundum domesticam conversationem. Philosophus autem I Ethic. ponit exemplificando divitias finem oeconomicae secundum studium plurimorum.

 

[41148] IIª-IIae q. 50 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Le ricchezze non sono il fine ultimo della prudenza economica, o familiare, ma mezzi soltanto, come dice Aristotele nella Politica. Fine ultimo invece della prudenza economica è il ben vivere completo secondo la convivenza domestica. Nell'Etica il Filosofo mette le ricchezze come fine della prudenza economica solo per portare un esempio, basandosi sulla condotta di molti.

[41149] IIª-IIae q. 50 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod ad aliqua particularia quae sunt in domo disponenda possunt aliqui peccatores provide se habere, sed non ad ipsum totum bene vivere domesticae conversationis, ad quod praecipue requiritur vita virtuosa.

 

[41149] IIª-IIae q. 50 a. 3 ad 2
2. Certi peccatori possono essere accorti nel disporre di determinate cose: non già nella bontà di tutta la vita familiare, in cui è indispensabile una condotta virtuosa.

[41150] IIª-IIae q. 50 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod pater in domo habet quandam similitudinem regii principatus, ut dicitur in VIII Ethic., non tamen habet perfectam potestatem regiminis sicut rex. Et ideo non ponitur separatim paterna species prudentiae, sicut regnativa.

 

[41150] IIª-IIae q. 50 a. 3 ad 3
3. In famiglia l'autorità del padre ha una certa somiglianza con quella del re, come nota Aristotele: tuttavia non ha come il re un perfetto potere di governo. Ecco perché non si parla di una prudenza paterna, come di una specie distinta, al pari della prudenza regale.




Seconda parte > Le azioni umane > La prudenza > Le parti soggettive della prudenza > Se tra le specie della prudenza ci sia anche quella militare


Secunda pars secundae partis
Quaestio 50
Articulus 4

[41151] IIª-IIae q. 50 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod militaris non debeat poni species prudentiae. Prudentia enim contra artem dividitur, ut dicitur in VI Ethic. Sed militaris videtur esse quaedam ars in rebus bellicis; sicut patet per philosophum, in III Ethic. Ergo militaris non debet poni species prudentiae.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 50
Articolo 4

[41151] IIª-IIae q. 50 a. 4 arg. 1
SEMBRA che tra le specie della prudenza non ci sia quella militare. Infatti:
1. La prudenza, a detta di Aristotele, si contrappone all'arte. Ora, l'esperienza militare è un'arte relativa alla guerra, come nota il Filosofo. Perciò tra le specie della prudenza non può esserci una prudenza militare.

[41152] IIª-IIae q. 50 a. 4 arg. 2
Praeterea, sicut militare negotium continetur sub politico, ita etiam et plura alia negotia, sicut mercatorum, artificum et aliorum huiusmodi. Sed secundum alia negotia quae sunt in civitate non accipiuntur aliquae species prudentiae. Ergo etiam neque secundum militare negotium.

 

[41152] IIª-IIae q. 50 a. 4 arg. 2
2. Le imprese militari rientrano nella vita politica, come molte altre imprese, quali la mercatura, l'artigianato, e simili. Ora, per le altre attività della vita cittadina non si parla di speciali prudenze. Dunque non deve essercene neppure per le imprese militari.

[41153] IIª-IIae q. 50 a. 4 arg. 3
Praeterea, in rebus bellicis plurimum valet militum fortitudo. Ergo militaris magis pertinet ad fortitudinem quam ad prudentiam.

 

[41153] IIª-IIae q. 50 a. 4 arg. 3
3. Nelle imprese di guerra la cosa che più vale è il coraggio dei soldati. Perciò l'abilità militare spetta più alla fortezza che alla prudenza.

[41154] IIª-IIae q. 50 a. 4 s. c.
Sed contra est quod dicitur Prov. XXIV, cum dispositione initur bellum, et erit salus ubi sunt multa consilia. Sed consiliari pertinet ad prudentiam. Ergo in rebus bellicis maxime necessaria est aliqua species prudentiae quae militaris dicitur.

 

[41154] IIª-IIae q. 50 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: Sta scritto: "Secondo un piano si prepara la guerra, e la salvezza sta nella copia dei consigli". Ora, consigliare, o deliberare spetta alla prudenza. Dunque nelle cose di guerra è necessaria una speciale prudenza che si denomina prudenza militare.

[41155] IIª-IIae q. 50 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod ea quae secundum artem et rationem aguntur conformia esse oportet his quae sunt secundum naturam, quae a ratione divina sunt instituta. Natura autem ad duo intendit primo quidem, ad regendum unamquamque rem in seipsa; secundo vero, ad resistendum extrinsecis impugnantibus et corruptivis. Et propter hoc non solum dedit animalibus vim concupiscibilem, per quam moveantur ad ea quae sunt saluti eorum accommoda; sed etiam vim irascibilem, per quam animal resistit impugnantibus. Unde et in his quae sunt secundum rationem non solum oportet esse prudentiam politicam, per quam convenienter disponantur ea quae pertinent ad bonum commune; sed etiam militarem, per quam hostium insultus repellantur.

 

[41155] IIª-IIae q. 50 a. 4 co.
RISPONDO: Le funzioni che si compiono secondo l'arte e la ragione devono essere conformi a quelle della natura, che sono state istituite dalla ragione divina. Ora, la natura mira a due cose: primo, a conservare ogni essere in se stesso; secondo, a resistere agli agenti estrinseci che tendono a contrastarlo e a corromperlo. Per questo la natura non solo ha dato agli animali il concupiscibile, che li spinge verso le cose giovevoli alla loro salute; ma anche la potenza dell'irascibile, con cui l'animale resiste a ciò che lo contrasta. Quindi nelle funzioni soggette alla ragione non basta che ci sia la prudenza politica, la quale dispone rettamente le cose riguardanti il bene comune; ma si richiede anche la prudenza militare, con cui si respingono gli attacchi dei nemici.

[41156] IIª-IIae q. 50 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod militaris potest esse ars secundum quod habet quasdam regulas recte utendi quibusdam exterioribus rebus, puta armis et equis, sed secundum quod ordinatur ad bonum commune, habet magis rationem prudentiae.

 

[41156] IIª-IIae q. 50 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'esperienza militare può essere un'arte in quanto ha delle regole per ben usare certe cose esterne, p. es., le armi e i cavalli: ma in quanto è ordinata al bene comune ha piuttosto l'aspetto di prudenza.

[41157] IIª-IIae q. 50 a. 4 ad 2
Ad secundum dicendum quod alia negotia quae sunt in civitate ordinantur ad aliquas particulares utilitates, sed militare negotium ordinatur ad tuitionem totius boni communis.

 

[41157] IIª-IIae q. 50 a. 4 ad 2
2. Le altre imprese della vita civile sono ordinate a dei vantaggi privati: invece le imprese militari sono ordinate alla difesa del bene comune di tutti.

[41158] IIª-IIae q. 50 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod executio militiae pertinet ad fortitudinem, sed directio ad prudentiam, et praecipue secundum quod est in duce exercitus.

 

[41158] IIª-IIae q. 50 a. 4 ad 3
3. L'esercizio del combattere è compito della fortezza; ma la direzione di esso è compito della prudenza, e specialmente nel comandante dell'esercito.

Alla Questione precedente

 

Alla Questione successiva