III. Gesù e la fede d’Israele nel Dio unico e
Salvatore
[587] Se la Legge e il Tempio di
Gerusalemme hanno potuto essere occasione di «contraddizione» da parte di Gesù per le autorità religiose
di Israele, è però il suo ruolo nella redenzione dei peccati, opera divina per
eccellenza, a rappresentare per costoro la vera pietra d’inciampo .
[588] Gesù ha scandalizzato i
farisei mangiando con i pubblicani e i peccatori con la stessa familiarità con cui pranzava con loro . Contro
quelli tra i farisei «che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli
altri» (Lc 18,9), Gesù ha affermato: «Io non sono venuto a
chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi» (Lc 5,32). Si è spinto oltre, proclamando davanti ai farisei che,
essendo il peccato universale, coloro
che presumono di non aver bisogno di salvezza, sono ciechi sul proprio conto .
[589] Gesù ha suscitato scandalo
soprattutto per aver identificato il proprio comportamento misericordioso verso
i peccatori con l’atteggiamento di Dio stesso a loro riguardo . È arrivato a
lasciar intendere che, sedendo a mensa con i peccatori, li ammetteva al banchetto messianico . Ma è
soprattutto perdonando i peccati, che Gesù ha messo le autorità religiose di
Israele di fronte a un dilemma. Infatti, come costoro, inorriditi, giustamente
affermano, solo Dio può rimettere i peccati . Perdonando i peccati, Gesù o
bestemmia perché è un uomo che si fa uguale a Dio, oppure dice il vero e la sua Persona rende presente e rivela il
Nome di Dio .
[590] Soltanto l’identità divina
della Persona di Gesù può giustificare un’esigenza assoluta come questa: «Chi
non è con me è contro di me» (Mt 12,30);
altrettanto quando egli dice che in lui c’è «più di Giona... più di Salomone» (Mt 12,41-42), «c’è qualcosa più grande
del Tempio» (Mt 12,6); quando
ricorda, a proprio riguardo, che Davide ha chiamato il Messia suo Signore, e quando afferma: «Prima che Abramo fosse,
Io Sono» (Gv 8,58); e anche: «Io
e il Padre siamo una cosa sola» (Gv
10,30).
[591] Gesù
ha chiesto alle autorità religiose di Gerusalemme di credere in lui a causa
delle opere del Padre che egli compiva . Un tale atto di fede, però, doveva
passare attraverso una misteriosa morte a se stessi per una rinascita
«dall’alto» (Gv 3,7), sotto lo
stimolo della grazia divina . Una simile esigenza di conversione di fronte a un
così sorprendente compimento delle promesse
permette di capire il tragico disprezzo del sinedrio che ha stimato Gesù
meritevole di morte perché bestemmiatore . I suoi membri agivano così per
«ignoranza» e al tempo stesso per
l’«indurimento» (Mc 3,5; Rm 11,25) dell’incredulità .