COSTITUZIONE
PASTORALE
SULLA
CHIESA NEL MONDO
GAUDIUM ET SPES
PROEMIO
1 Unione della
Chiesa con l'intera famiglia umana
Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli
uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure
le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e
nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. La loro
comunità, infatti, è composta di uomini, i quali, riuniti insieme nel Cristo,
sono guidati dallo Spirito santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del
Padre e hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti. Perciò
essa si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua
storia.
Per questo, il Concilio Vaticano II, avendo penetrato più
a fondo il mistero della Chiesa, passa ora senza esitazione a rivolgere la sua
parola non ai soli figli della Chiesa né solamente a tutti coloro che invocano
il nome di Cristo, ma a tutti indistintamente gli uomini, desiderando di
esporre loro come esso intende la presenza e l'azione della Chiesa nel mondo
contemporaneo.
Esso ha presente perciò il mondo degli uomini ossia
l'intera famiglia umana nel contesto di tutte quelle realtà entro le quali essa
vive; il mondo, che è teatro della storia del genere umano e reca i segni degli
sforzi suoi, delle sue sconfitte e delle sue vittorie, il mondo che i cristiani
credono creato e conservato nell'esistenza dall'amore del Creatore, mondo
certamente posto sotto la schiavitù del peccato, ma dal Cristo crocifisso e
risorto, con la sconfitta del maligno, liberato e destinato, secondo il
proposito divino, a trasformarsi e a giungere al suo compimento.
3. A servizio
dell'uomo
Ai nostri giorni, l'umanità scossa da ammirazione per le
sue scoperte e la sua potenza, agita però spesso ansiose questioni sull'attuale
evoluzione del mondo, sul posto e sul compito dell'uomo nell'universo, sul
senso dei propri sforzi individuali e collettivi, ed ancora sul fine ultimo
delle cose e degli uomini. Per questo il Concilio, testimoniando e proponendo
la fede di tutto intero il popolo di Dio, riunito da Cristo, non può dare
dimostrazione più eloquente della solidarietà, del rispetto e dell'amore di
esso nei riguardi della intera famiglia umana, dentro la quale è inserito, che
instaurando con questa un dialogo sui vari problemi sopra accennati, arrecando
la luce che viene dal Vangelo e mettendo a disposizione degli uomini le energie
di salvezza che la Chiesa, sotto la guida dello Spirito santo, riceve dal suo
fondatore. Si tratta di salvare la persona umana, si tratta di edificare
l'umana società. E' l'uomo dunque, ma l'uomo singolo integrale, nell'unità di
corpo ed anima, di cuore e coscienza, di intelletto e volontà, che sarà il
cardine di tutta la nostra esposizione.
Pertanto il santo sinodo, proclamando la grandezza somma
della vocazione dell'uomo e affermando la presenza in lui di un germe divino,
offre all'umanità la cooperazione sincera della Chiesa al fine di stabilire
quella fraternità universale che corrisponda a tale vocazione. Non è mossa la
Chiesa da alcuna ambizione terrena; essa mira a questo solo: a continuare,
sotto la guida dello Spirito Paraclito, l'opera stessa di Cristo, il quale è
venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a
condannare, a servire e non ad essere servito.
ESPOSIZIONE INTRODUTTIVA
LA CONDIZIONE DELL’UOMO NEL MONDO
CONTEMPORANEO
4. Speranze e
angosce
Per svolgere questo compito, è dovere permanente della
Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo,
così che, in un modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni
interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sul loro
reciproco rapporto. Bisogna infatti conoscere e comprendere il mondo in cui
viviamo nonché le sue attese, le sue aspirazioni e la sua indole spesso
drammatiche. Ecco come si possono delineare alcune caratteristiche più rilevanti
del mondo contemporaneo.
L'umanità vive oggi un periodo nuovo della sua storia,
caratterizzato da profondi e rapidi mutamenti che progressivamente si estendono
all'intero universo. Provocati dall'intelligenza e dall'attività creativa
dell'uomo, sullo stesso uomo si ripercuotono, sui suoi giudizi e desideri
individuali e collettivi, sul suo modo di pensare e agire sia nei confronti
delle cose che degli uomini. Passiamo così parlare di una vera trasformazione
sociale e culturale che ha i suoi riflessi anche nella vita religiosa.
E come accade in ogni crisi di crescenza, questa
trasformazione reca con sé non lievi difficoltà. Così mentre l'uomo tanto
largamente estende la sua potenza, non sempre riesce però a porla a suo
servizio. Si sforza di penetrare nel più intimo del suo animo, ma spesso appare
più incerto di se stesso. Scopre man mano più chiaramente le leggi della vita
sociale, ma resta poi esitante sulla direzione da imprimervi.
Mai il genere umano ebbe a disposizione tante ricchezze,
possibilità di potenza economica, e tuttavia una grande parte degli uomini è
ancora tormentata dalla fame e dalla miseria, e intere moltitudini sono ancora
interamente analfabete. Mai come oggi gli uomini hanno avuto un senso così
acuto della libertà, e intanto si affermano nuove forme di schiavitù sociale e
psichica. E mentre il mondo avverte così lucidamente la sua unità e la mutua
interdipendenza dei singoli in una necessaria solidarietà, a causa di forze tra
loro contrastanti, violentemente viene spinto in direzioni opposte; infatti
permangono ancora gravi contrasti politici, sociali, economici, razziali e
ideologici, né è venuto meno il pericolo di una guerra totale capace di
annientare ogni cosa. Aumenta lo scambio delle idee, ma le stesse parole con
cui si esprimono i più importanti concetti assumono nelle differenti ideologie
significati assai diversi. E infine, con ogni sforzo si vuol costruire un
ordine temporale più perfetto, senza che cammini di pari passo il progresso
spirituale.
Immersi in così contrastanti condizioni, moltissimi
nostri contemporanei non sono in grado di identificare realmente i valori
perenni e di armonizzarli dovutamente con quelli che man mano si scoprono. Per
questo sentono il peso della inquietudine, tormentati tra la speranza e l'angoscia,
mentre si interrogano sull'attuale andamento del mondo. Tale andamento sfida
l'uomo, anzi lo costringe a darsi una risposta.
5. Profonde
mutazioni
Il presente turbamento degli animi e la trasformazione
delle condizioni di vita si collegano con una più radicale modificazione che
sul piano della formazione intellettuale dà un crescente peso alle scienze
matematiche, fisiche umane, mentre sul piano dell'azione si affida alla
tecnica, originata da quelle scienze. Questa mentalità scientifica modella in
modo diverso di un tempo la cultura e il modo di pensare. La tecnica poi è
tanto progredita da trasformare la faccia della terra e da perseguire ormai la
conquista dello spazio ultraterrestre.
Anche sul tempo l'intelligenza umana accresce in certo
senso il suo dominio: sul passato attraverso l'indagine storica, sul futuro con
lo sforzo di prospettiva e di pianificazione. Non solo il progresso delle
scienze biologiche, psicologiche e sociali dà all'uomo la possibilità di una
migliore conoscenza di sé, ma lo mette anche in condizione di influire
direttamente sulla vita delle società, mediante l'uso dei metodi tecnici.
Parimenti l'umanità sempre più si preoccupa di prevedere e controllare il
proprio incremento demografico.
Ne segue un'accelerazione tale della storia, da poter
difficilmente esser seguita dai singoli uomini. Unico diventa il destino della
umana società senza diversificarsi più in tante storie separate. Così il genere
umano passa da una concezione piuttosto statica dell'ordine, a una concezione
più dinamica ed evolutiva; ciò favorisce il sorgere di un formidabile complesso
di nuovi problemi, che stimola ad analisi e a sintesi nuove.
6. Mutamenti
sociali
In seguito a tutto questo, mutamenti sempre più profondi
si verificano nelle comunità locali tradizionali - come famiglie patriarcali,
clans, tribù, villaggi - in gruppi diversi e nei rapporti della vita sociale.
Si diffonde gradatamente il tipo di società industriale,
che favorisce l'opulenza economica di alcune nazioni, e profondamente trasforma
concezioni e condizioni secolari di vita sociale. Parimenti si accresce il
gusto e la ricerca della società urbana, favoriti dal moltiplicarsi delle città
e dei loro abitanti, nonché dalla diffusione tra i rurali dei modelli di vita
cittadina.
Nuovi e migliori mezzi di comunicazione sociale
favoriscono nel modo più largo e più rapido la conoscenza degli avvenimenti e
la diffusione delle idee e dei sentimenti, non senza suscitare reazioni a
catena.
Né va sottovalutato che moltissima gente, spinta per
varie ragioni ad emigrare, cambia il suo modo di vivere.
In tal modo e senza arresto si moltiplicano rapporti
dell'uomo coi suoi simili e a sua volta questa "socializzazione" crea
nuovi rapporti, senza tuttavia favorire sempre una corrispondente maturazione
della persona e rapporti veramente personali "personalizzazione ".
Un'evoluzione siffatta appare più manifesta nelle nazioni
che già godono dei vantaggi del progresso economico e tecnico, ma mette in
movimento anche quei popoli ancora in via di sviluppo che aspirano ad ottenere
per i loro paesi i benefici della industrializzazione e dell'urbanizzazione. E
questi popoli, specialmente se vincolati da più antiche tradizioni, tentano
parimenti un rinnovamento verso l'esercizio più maturo e più personale della
libertà.
7. Mutamenti
psicologici, morali e religiosi
Il cambiamento di mentalità e di strutture spesso mette
in causa i valori tradizionali, soprattutto tra i giovani che, non poche volte
impazienti, diventano magari ribelli per lo scontento e, compresi della loro
importanza nella vita sociale, desiderano assumere al più presto il loro ruolo.
Spesso i genitori e gli educatori si trovano per questo ogni giorno in maggiori
difficoltà nell'adempimento del loro dovere.
Le istituzioni, le leggi, i modi di pensare e di sentire,
ereditati dal passato, non sempre sembra che si adattino bene alla situazione
attuale; da qui un profondo disagio nel comportamento e nelle norme stesse di
condotta.
Anche la vita religiosa, infine, è sotto l'influsso delle
nuove situazioni. Da un lato un più acuto senso critico la purifica da ogni
concezione magica del mondo e dalle sopravvivenze superstiziose ed esige sempre
più una adesione più personale e attiva alla fede; numerosi sono perciò coloro
che giungono a un più acuto senso di Dio. D'altro canto però moltitudini
crescenti praticamente si staccano dalla religione. A differenza dei tempi
passati, negare Dio o la religione o farne praticamente a meno, non è più un
fatto insolito e individuale. Oggi infatti questo atteggiamento non raramente
viene presentato come esigenza del progresso scientifico o di un nuovo tipo di
umanesimo. Tutto questo in molti paesi non si manifesta solo nelle
argomentazioni dei filosofi, ma invade larghissimamente il campo delle lettere,
delle arti, dell'interpretazione delle scienze umane e della storia, anzi anche
delle stesse leggi civili, cosicché molti ne restano disorientati.
8. Squilibri
nel mondo contemporaneo
Una così rapida evoluzione, spesso disordinatamente
realizzata, e la stessa più acuta coscienza delle discordanze esistenti nel
mondo, generano o aumentano contraddizioni e squilibri.
Anzitutto nella persona si nota molto spesso lo
squilibrio tra una moderna intelligenza pratica e il modo di pensare teoretico,
che non riesce a dominare né a ordinare in buone sintesi l'insieme delle sue
conoscenze. Uno squilibrio si genera anche tra la preoccupazione
dell'efficienza pratica e le esigenze della coscienza morale, nonché molte
volte tra le condizioni della vita collettiva e le esigenze della capacità di
pensare in maniera personale, e della stessa contemplazione. Scaturiscono da
qui lo squilibrio tra le specializzazioni dell'attività umana e la visione
della realtà.
Nella famiglia poi le tensioni nascono sia per la
pesantezza delle condizioni demografiche, economiche e sociali, sia per le
difficoltà che insorgono tra le generazioni che si susseguono, sia per il nuovo
tipo di rapporti sociali tra uomo e donna.
Grandi divergenze sorgono anche tra le razze e persino
tra i vari gruppi della società; tra nazioni ricche e meno dotate e povere; e,
da ultimo, tra le istituzioni internazionali, nate dall'aspirazione dei popoli
alla pace, e l'ambizione di imporre la propria ideologia nonché gli egoismi
collettivi esistenti negli stati o in altri organismi.
Da qui derivano reciproche diffidenze e inimicizie,
conflitti e amarezze, di cui l'uomo è a un tempo causa e vittima.
9. Le
aspirazioni più diffuse dell'umanità
Cresce frattanto la persuasione che l'umanità non solo
può e deve sempre più rafforzare il suo dominio sul creato, ma che le compete
inoltre instaurare un ordine politico, sociale ed economico che sempre più e
meglio serva l'uomo e aiuti i singoli e i gruppi ad affermare e sviluppare la
propria dignità.
Donde le aspre rivendicazioni di tanti che con viva
coscienza reputano di essere stati privati di quei beni per ingiustizia o per
una poco equa distribuzione. Gli stati in via di sviluppo o appena giunti
all'indipendenza desiderano partecipare ai benefici della città moderna non
solo sul piano politico ma anche economico, e liberamente compiere la loro
parte nel mondo, mentre invece cresce ogni giorno la loro distanza e spesso
anche la dipendenza economica dalle altre nazioni più ricche, che progrediscono
più rapidamente. I popoli attanagliati dalla fame chiamano in causa i popoli
più ricchi. Le donne rivendicano, dove ancora non l'hanno raggiunta, la parità
con gli uomini non solo di diritto, ma anche di fatto. Operai e contadini non vogliono
solo guadagnare il necessario per vivere, ma sviluppare la loro personalità col
lavoro e prendere la loro parte nell'organizzazione della vita economica,
sociale, politica e culturale. Per la prima volta nella storia umana, tutti i
popoli sono oggi persuasi che realmente i benefici della civiltà possono e
debbono estendersi a tutti.
Sotto tutte queste esigenze si cela un desiderio più
profondo e universale: i singoli e i gruppi organizzati anelano a una vita
interamente libera, degna dell'uomo, che metta al proprio servizio tutto quanto
il mondo oggi può offrire loro così abbondantemente. Anche gli stati si
sforzano sempre più di raggiungere una certa comunità universale.
Stando così le cose, il mondo si presenta oggi potente a
un tempo e debole, capace di operare il meglio e il peggio, mentre gli si apre
dinanzi la strada della libertà o della schiavitù, del progresso o del
regresso, della fraternità o dell'odio. Inoltre l'uomo si rende conto che
dipende da lui orientate bene le forze da lui stesso suscitate e che possono
schiacciarlo o servirgli. Per questo si pone degli interrogativi.
10. Gli
interrogativi più profondi dell'uomo
In verità gli squilibri di cui soffre il mondo
contemporaneo si collegano con quel più profondo squilibrio che è radicato nel
cuore dell'uomo. E' proprio all'interno dell'uomo che molti elementi si
contrastano a vicenda. Da una parte infatti, come creatura, esperimenta in
mille modi i suoi limiti; dall'altra parte si accorge di essere senza confini
nelle sue aspirazioni e chiamato a una vita superiore. Sollecitato da molte
attrattive, è costretto sempre a sceglierne qualcuna e a rinunziare alle altre.
Inoltre, debole e peccatore, non di raro fa quello che non vorrebbe e non fa
quello che vorrebbe. Per cui soffre in se stesso una divisione, dalla quale
provengono anche tante e così gravi discordie nella società. Certamente
moltissimi, che vivono in un materialismo pratico, sono lungi dall'avere la
chiara percezione di questo dramma, o per lo meno, se sono oppressi dalla miseria,
non hanno modo di rifletterci. Molti credono di trovare pace in una
interpretazione della realtà proposta in assai differenti maniere. Alcuni poi
dai soli sforzi umani attendono una vera e piena liberazione della umanità, e
sono persuasi che il futuro regno dell'uomo sulla terra appagherà tutti i
desideri del loro cuore. Né manca chi, disperando di dare uno scopo alla vita,
loda l'audacia di quanti, stimando vuota di ogni senso proprio l'esistenza
umana, si sforzano di darne una spiegazione completa solo col proprio ingegno.
Con tutto ciò, di fronte all'evoluzione attuale del mondo, diventano sempre più
numerosi quelli che si pongono o sentono con nuova acutezza gli interrogativi
capitali: cos'è l'uomo? Qual è il significato del dolore, del male, della morte
che malgrado ogni progresso continuano a sussistere? Cosa valgono queste
conquiste a così caro prezzo raggiunte? Che reca l'uomo alla società, e cosa
può attendersi da essa? Cosa ci sarà dopo questa vita?
Ecco, la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e
risorto, dà all'uomo, mediante i suo Spirito, luce e forza perché l'uomo possa
rispondere alla suprema sua vocazione; ne è dato in terra un altro nome agli
uomini in cui possano salvarsi. Crede ugualmente di trovare nel suo Signore e
Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana. Inoltre la
Chiesa afferma che al di sotto di tutti i mutamenti ci sono molte cose che non
cambiano; esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che è sempre lo
stesso: ieri, oggi e nei secoli. Così nella luce di Cristo, immagine del Dio
invisibile, primogenito di tutte le creature, il Concilio intende rivolgersi a
tutti per illustrare il mistero dell'uomo e per cooperare nella ricerca di una
soluzione ai principali problemi del nostro tempo.
PARTE PRIMA
LA CHIESA E LA VOCAZIONE DELL’UOMO
11. Rispondere
agli impulsi dello Spirito
Il popolo di Dio, mosso dalla fede, per cui crede di
essere condotto dallo Spirito del Signore, che riempie l'universo, cerca di
discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende
parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni
della presenza o del disegno di Dio. La fede infatti tutto rischiara di una
luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell'uomo, e
perciò guida l'intelligenza verso soluzioni pienamente umane.
In questa luce, il Concilio si propone innanzitutto di
esprimere un giudizio su quei valori che oggi sono in grandissima stima e di
ricondurli alla loro divina sorgente. Questi valori, infatti, in quanto
procedono dall'ingegno umano che all'uomo è stato dato da Dio, sono in sé
ottimi, ma per effetto della corruzione del cuore umano non raramente vengono
distorti dalla loro debita ordinazione, per cui hanno bisogno di essere purificati.
Che pensa la Chiesa dell'uomo? (cap. I). Cosa sembra
doversi raccomandare per la edificazione della società attuale? (cap. II). Qual
è i significato ultimo dell'attività umana nell'universo? (cap. III). Si
attende una risposta a queste domande. In seguito, risulterà ancora più
chiaramente che il popolo di Dio e l'umanità, entro la quale esso è inserito,
si rendono reciproco servizio, così che la missione della Chiesa si mostri di
natura religiosa e perciò stesso profondamente umana (cap. IV).
CAPITOLO I
LA DIGNITÀ DELLA PERSONA UMANA
12. L'uomo ad
immagine di Dio
Credenti e non credenti sono quasi concordi nel ritenere
che tutto quanto esiste sulla terra deve essere riferito all'uomo, come a suo
centro e a suo vertice.
Ma che cos'è l'uomo? Molte opinioni egli ha espresso ed
esprime sul suo conto, opinioni varie e anche contrarie, perché spesso o si
esalta così da fare di sé una regola assoluta, o si abbassa fino alla
disperazione, finendo in tal modo nel dubbio e nell'angoscia. Queste difficoltà
la Chiesa le sente profondamente e ad esse può dare una risposta che le viene
dall'insegnamento della divina rivelazione, risposta che descrive la vera
condizione dell'uomo, dà una ragione delle sue miserie, e insieme aiuta a
riconoscere giustamente la sua dignità e vocazione.
La sacra scrittura, infatti, insegna che l'uomo è stato
creato " a immagine di Dio ", capace di conoscere e di amare il
proprio Creatore, e che fu costituito da lui sopra tutte le creature terrene
quale signore di esse, per governarle e servirsene a gloria di Dio. " Che
cos'è l'uomo, che tu ti ricordi di lui? O il figlio dell'uomo che tu ti prenda
cura di lui? L'hai fatto di poco inferiore agli angeli, l'hai coronato di
gloria e di onore, e l'hai costituito sopra le opere delle tue mani. Tutto hai
sottoposto ai suoi piedi " (Sal. 8, 5-7).
Ma Dio non creò l'uomo lasciandolo solo, fin da principio
" uomo e donna li creò " (Gen. 1, 27) e la loro unione costituisce la
prima forma di comunione di persone. L'uomo, infatti, per la sua intima natura
è un essere sociale, e senza i rapporti con gli altri non può vivere né
esplicare le sue doti.
Perciò Dio, ancora come si legge nella s. scrittura, vide
" tutte quante le cose che aveva fatte, ed erano buone assai " (Gen.
1, 31).
13. Il peccato
Costituito da Dio in uno stato di giustizia, l'uomo però,
tentato dal maligno, fin dagli inizi della storia abusò della libertà sua,
erigendosi contro Dio e bramando di conseguire il suo fine al di fuori di Dio.
Pur avendo conosciuto Dio, gli uomini non gli hanno reso l'onore dovuto a
Dio... ma si è ottenebrato il loro pazzo cuore... e preferirono servire la
creatura piuttosto che il Creatore. Quel che ci viene manifestato dalla
rivelazione divina concorda con la stessa esperienza. Infatti se l'uomo guarda
dentro al suo cuore si scopre anche inclinato al male e immerso in tante
miserie che non possono certo derivare dal Creatore che è buono. Spesso,
rifiutando di riconoscere Dio quale suo principio, l'uomo ha infranto il debito
ordine in rapporto al suo ultimo fine, e al tempo stesso tutto il suo
orientamento sia verso se stesso, sia verso gli altri uomini e verso tutte le
cose create.
Così l'uomo si trova in se stesso diviso. Per questo
tutta la vita umana, sta individuale che collettiva, presenta i caratteri di
una lotta drammatica tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre. Anzi
l'uomo si trova incapace di superare efficacemente da se medesimo gli assalti
del male, così che ognuno si sente come incatenato. Ma il Signore stesso è
venuto a liberare l'uomo e a dargli forza, rinnovandolo nell'intimo, e
scacciando " il principe di questo mondo " (cfr. Gv. 12, 31), che lo
teneva schiavo del peccato. Il peccato è, del resto, una diminuzione per l'uomo
stesso, impedendogli di conseguire la propria pienezza.
Nella luce di questa rivelazione trovano insieme la loro
ragione ultima sia la sublime vocazione e sia la profonda miseria, che gli
uomini sperimentano.
14. I
costitutivi dell'uomo
Unità di anima e di corpo, l'uomo sintetizza in sé, per
la stessa sua condizione corporale, gli elementi del mondo materiale, così che
questi attraverso di lui toccano i loro vertice e prendono voce per lodare in
libertà il Creatore. Allora, non è lecito all'uomo disprezzare la vita
corporale;egli anzi è tenuto a considerare buono e degno di onore il proprio
corpo, appunto perché creato da Dio e destinato alla risurrezione nell'ultimo
giorno. E tuttavia, ferito dal peccato, l'uomo sperimenta le ribellioni del
corpo. Perciò è la dignità stessa dell'uomo che postula che egli glorifichi Dio
nel proprio corpo e che non permetta che esso si renda schiavo delle perverse
inclinazioni del cuore.
L'uomo, però, non sbaglia a riconoscersi superiore alle
cose corporali e a considerarsi più che soltanto una particella della natura o
un elemento anonimo della città umana. Infatti, nella sua interiorità, egli
trascende l'universo: a questa profonda interiorità egli torna, quando si volge
al cuore, là dove lo aspetta Dio, che scruta i cuori, là dove sotto lo sguardo
di Dio egli decide del suo destino. Perciò, riconoscendo di avere un'anima
spirituale e immortale, non si lascia illudere da fallaci finzioni che
fluiscono unicamente dalle condizioni fisiche e sociali, ma invece va a toccare
in profondo la verità stessa delle cose.
15. Dignità
dell'intelligenza, la verità e la sapienza
L'uomo ha ragione di ritenersi superiore a tutto
l'universo, a motivo della sua intelligenza, con cui partecipa della luce della
mente di Dio. Con l'esercizio appassionato dell'ingegno lungo i secoli, egli ha
fatto certamente dei progressi nelle scienze empiriche, nelle tecniche e nelle
discipline liberali. Nell'epoca nostra, poi, ha conseguito successi notevoli
particolarmente nella investigazione e nel dominio del mondo materiale. E
tuttavia egli ha sempre cercato e scoperto una verità più profonda.
L'intelligenza, infatti, non si restringe all'ambito dei fenomeni soltanto, ma
può conquistare la realtà intelligibile con vera certezza, anche se, per conseguenza
del peccato, si trova in parte oscurata e debilitata.
Infine la natura intellettuale della persona umana
raggiunge la perfezione, com'è suo dovere, mediante la sapienza, la quale
attrae con soavità la mente dell'uomo a cercare e ad amare il vero e il bene,
e, quando l'uomo ne è ripieno, lo conduce attraverso il visibile
all'invisibile.
L'epoca nostra, più ancora che i secoli passati, ha
bisogno di questa sapienza, perché diventino più umane tutte le sue scoperte.
E' in pericolo, di fatto, il futuro del mondo, a meno che non vengano suscitati
uomini più saggi. Inoltre va notato come molte nazioni, economicamente più
povere rispetto ad altre, ma più ricche di saggezza, possono a quelle offrire
un aiuto rilevante.
Col dono, poi, dello Spirito santo, l'uomo può arrivare
nella fede a contemplare e a gustare il mistero del piano divino.
16. Dignità
della coscienza morale
Nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una legge che
non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire e la cui voce che lo
chiama sempre, ad amare e a fare il bene e a fuggire il male, quando occorre,
chiaramente dice alle orecchie del cuore: fa questo, fuggi quest'altro. L'uomo
ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al suo cuore: obbedire ad essa è
la dignità stessa dell'uomo, e secondo questa egli sarà giudicato. La coscienza
è il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli si trova solo con
Dio, la cui voce risuona nell'intimità propria. Tramite la coscienza si fa
conoscere in modo mirabile quella legge, che trova il suo compimento nell'amore
di Dio e del prossimo. Nella fedeltà alla coscienza i cristiani si uniscono
agli altri uomini per cercare la verità e per risolvere secondo verità tanti
problemi morali, che sorgono tanto nella vita dei singoli quanto in quella
sociale. Quanto più, dunque, prevale la coscienza retta, tanto più le persone e
i gruppi sociali si allontanano dal cieco arbitrio e si sforzano di conformarsi
alle norme oggettive della moralità. Tuttavia succede non di rado che la
coscienza sia erronea per ignoranza invincibile, senza che per questo essa
perda la sua dignità. Ma ciò non si può dire quando l'uomo poco si cura di
cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in
seguito all'abitudine del peccato.
7. Eccellenza
della libertà
Ma l'uomo può volgersi al bene soltanto nella libertà,
quella libertà cui i nostri contemporanei tanto tengono e che ardentemente
cercano, e a ragione. Spesso però la coltivano in malo modo, quasi sia lecito
tutto purché piaccia, compreso il male. La vera libertà, invece, è nell'uomo
segno altissimo dell'immagine divina. Dio volle, infatti, lasciare l'uomo
"in mano al suo consiglio", così che esso cerchi spontaneamente il
suo Creatore, e giunga liberamente, con la adesione a lui, alla piena e beata
perfezione. Perciò la dignità dell'uomo richiede che egli agisca secondo scelte
consapevoli e libere, mosso cioè e indotto da convinzioni personali, e non per
un cieco impulso interno o per mera coazione esterna. Ma tale dignità l'uomo la
ottiene quando, liberandosi da ogni schiavitù di passioni, tende al suo fine
con scelta libera del bene, e si procura da sé e con la sua diligente
iniziativa i mezzi convenienti. La libertà dell'uomo, che è stata ferita dal
peccato, può rendere pienamente efficace questa ordinazione verso Dio solo con
l'aiuto della grazia divina. Ogni singolo uomo, poi, dovrà rendere conto della
propria vita davanti al tribunale di Dio, per tutto quel che avrà fatto di bene
e di male.
18. Il mistero
della morte
In faccia alla morte l'enigma della condizione umana
diventa sommo. Non solo si affligge, l'uomo, al pensiero dell'avvicinarsi del
dolore e della dissoluzione del corpo, ma anche, ed anzi più ancora, per il
timore che tutto finisca per sempre. Ma l'istinto del cuore lo fa giudicare
rettamente, quando aborrisce e respinge l'idea di una totale rovina e di un
annientamento definitivo della sua persona. Il germe dell'eternità che porta in
sé, irriducibile com'è alla sola materia, insorge contro la morte. Tutti i
tentativi della tecnica, per quanto utilissimi, non riescono a calmare le
ansietà dell'uomo: il prolungamento della longevità biologica non può
soddisfare quel desiderio di vita ulteriore che sta dentro invincibile nel suo
cuore.
Se qualsiasi immaginazione vien meno di fronte alla
morte, la Chiesa invece, istruita dalla rivelazione divina, afferma che l'uomo
è stato creato da Dio per un fine di felicità oltre i confini della miseria
terrena. Inoltre la morte corporale, dalla quale l'uomo sarebbe stato esentato
se non avesse peccato, insegna la fede cristiana che sarà vinta, quando l'uomo
sarà restituito allo stato perduto per il peccato, dall'onnipotenza e dalla
misericordia del Salvatore. Dio infatti ha chiamato e chiama l'uomo a
stringersi a lui con tutta intera la sua natura in una comunione perpetua con
la incorruttibile vita divina. Questa vittoria l'ha conquistata il Cristo
risorgendo alla vita, dopo aver liberato l'uomo dalla morte mediante la sua
morte. Pertanto la fede, offrendosi con solidi argomenti a chiunque voglia
riflettere, dà una risposta alle sue ansietà circa la sorte futura; e al tempo
stesso dà la possibilità di comunicare in Cristo con i propri cari già
strappati dalla morte, col dare la speranza che essi abbiano già raggiunto la
vera vita presso Dio.
19. Forme e
cause dell'ateismo
La ragione più alta della dignità dell'uomo consiste
nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l'uomo è
invitato al dialogo con Dio: non esiste, infatti, se non perché, creato per
amore da Dio, da lui sempre per amore è conservato, né vive pienamente secondo
verità se non lo riconosce liberamente e se non si affida al suo Creatore.
Molti nostri contemporanei, tuttavia, non percepiscono affatto o esplicitamente
rigettano questo intimo e vitale legame con Dio, così che l'ateismo va
annoverato fra le cose più gravi del nostro tempo, e va esaminato con diligenza
ancor maggiore.
Con il termine di " ateismo " vengono designati
fenomeni assai diversi tra loro. Alcuni negano esplicitamente Dio; altri ritengono
che l'uomo non possa dir niente di lui; altri poi prendono in esame il problema
relativo a Dio con un metodo tale per cui il problema sembra privo di senso.
Molti, oltrepassando indebitamente i confini delle scienze positive, o
pretendono di spiegare tutto solo da questo punto di vista scientifico, oppure
al contrario non ammettono ormai più alcuna verità assoluta. Alcuni tanto
esaltano l'uomo, che la fede in Dio ne risulta quasi snervata, inclini come
sono, così pare, ad affermare l'uomo più che a negare Dio. Altri si
rappresentano Dio in modo tale che quella rappresentazione che essi rifiutano,
in nessun modo è il Dio del Vangelo. Altri nemmeno si pongono il problema di
Dio, in quanto non sembrano sentire alcuna inquietudine religiosa né riescono e
capire perché dovrebbero interessarsi di religione. L'ateismo inoltre ha
origine non di rado o dalla protesta violenta contro il male del mondo, o
dall'aver attribuito indebitamente i caratteri propri dell'assoluto a qualche
valore umano, così che questo prende il posto di Dio. Perfino la civiltà
moderna, non per se stessa ma in quanto troppo irretita nella realtà terrena,
può rendere spesso più difficile l'accesso a Dio.
Senza dubbio coloro che volontariamente cercano di tenere
lontano Dio dal proprio cuore e di evitare i problemi religiosi, non seguendo
l'imperativo della loro coscienza, non sono esenti da colpa; tuttavia in questo
campo anche i credenti spesso hanno una certa responsabilità. Infatti,
l'ateismo considerato nella sua interezza non è qualcosa di originario, bensì
deriva da cause diverse, e tra queste va annoverata anche una reazione critica
contro le religioni e, in alcune regioni, proprio anzitutto contro la religione
cristiana. Per questo nella genesi dell'ateismo possono contribuire non poco i
credenti, in quanto per aver trascurato di educare la propria fede, o per una
presentazione fallace della dottrina, o anche per i difetti della propria vita
religiosa, morale e sociale, si deve dire piuttosto che nascondono e non che
manifestano il genuino volto di Dio e della religione.
20. L'ateismo
sistematico
L'ateismo moderno si presenta spesso anche in forma
sistematica, secondo cui, oltre altre cause, l'aspirazione dell'autonomia
dell'uomo viene spinta così avanti da fare difficoltà nei riguardi di qualunque
dipendenza da Dio. Quelli che professano tale ateismo pretendono che la libertà
consista nel fatto che l'uomo sia fine a se stesso, unico artefice e demiurgo
della propria storia; cosa che non può comporsi, così essi pensano, con il riconoscimento
di un Signore, autore e fine di tutte le cose, o che almeno rende semplicemente
superflua tale affermazione. Può favorire una tale dottrina quel senso di
potenza che l'odierno progresso tecnico immette nell'uomo.
Tra le forme dell'ateismo moderno non va trascurata
quella che si aspetta la liberazione dell'uomo soprattutto dalla sua
liberazione economica e sociale. Si pretende che la religione sia di ostacolo,
per natura sua, a tale liberazione, in quanto, elevando la speranza dell'uomo
verso una vita futura e fallace, la distoglie dall'edificazione della città
terrena. Perciò i fautori di tale dottrina, quando arrivano a prendere in mano
il governo, combattono con violenza la religione, e diffondono l'ateismo anche
ricorrendo agli strumenti di pressione, di cui dispone il pubblico potere,
specialmente nel campo dell'educazione dei giovani.
21.
L'atteggiamento della Chiesa di fronte all'ateismo
La Chiesa, fedele ai suoi doveri verso Dio e verso gli
uomini, non può fare a meno di riprovare, come ha fatto in passato, con tutta
fermezza e con dolore tali perniciose dottrine e azioni che contrastano con la
ragione e con l'esperienza comune degli uomini e che degradano l'uomo dalla sua
innata grandezza.
Si sforza però di scoprire le ragioni della negazione di
Dio che si nascondono nella mente degli atei e, consapevole della gravità delle
questioni suscitate dall'ateismo e mossa da carità verso tutti gli uomini,
ritiene che esse debbano meritare un esame più serio e più profondo.
La Chiesa crede che il riconoscimento di Dio non si
oppone in alcun modo alla dignità dell'uomo, dato che questa dignità trova
proprio in Dio il suo fondamento e la sua perfezione: l'uomo riceve da Dio
creatore le doti di intelligenza e di libertà ed è costituito libero nella
società, ma soprattutto egli è chiamato a comunicare con Dio stesso in qualità
di figlio e a partecipare alla sua stessa felicità. Inoltre essa insegna che la
speranza escatologica non diminuisce l'importanza degli impegni terreni, ma
anzi dà nuovi motivi a sostegno della attuazione di essi. Al contrario, invece,
se manca il fondamento divino e la speranza della vita eterna, la dignità umana
viene lesa in maniera assai grave, come si costata spesso al giorno d'oggi, e
gli enigmi della vita e della morte, della colpa e del dolore rimangono senza
soluzione, tanto che non di rado gli uomini sprofondano nella disperazione.
E intanto ciascun uomo rimane a se stesso un problema
insoluto, confusamente percepito. Nessuno, infatti, può sfuggire del tutto
all'interrogativo sopra ricordato in certi momenti della sua vita, e
particolarmente negli avvenimenti di maggior rilievo. A questo problema
soltanto Dio dà una risposta piena e certa, lui che chiama l'uomo a pensieri
più alti e a ricerche più umili.
Il rimedio all'ateismo lo si deve attendere sia dalla
esposizione conveniente della dottrina della Chiesa, sia da tutta la vita di
essa e dei suoi membri. La Chiesa infatti ha il compito di rendere presenti e
quasi visibili Dio Padre e il Figlio suo incarnato, rinnovando se stessa e
purificandosi senza posa sotto la guida dello Spirito santo. Ciò si otterrà
anzitutto con la testimonianze di una fede viva e matura, vale a dire
opportunamente educata alla capacità di guardare in faccia con lucidità alle
difficoltà per superarle. Di una fede simile hanno dato e danno testimonianza
sublime moltissimi martiri. Questa fede deve manifestare la sua fecondità, col
penetrare l'intera vita dei credenti, anche quella profana, col muoverli alla
giustizia e all'amore specialmente verso i bisognosi. A rivelare la presenza di
Dio contribuisce, infine, moltissimo la carità fraterna dei fedeli, che unanimi
nello spirito lavorano insieme per la fede del Vangelo e si mostrano quale
segno di unità.
La Chiesa, poi, pur respingendo in maniera assoluta
l'ateismo, tuttavia riconosce sinceramente che tutti gli uomini, credenti e non
credenti, debbano contribuire alla retta edificazione di questo mondo, entro il
quale si trovano a vivere insieme: il che non può avvenire certamente senza un
sincero e prudente dialogo. Essa pertanto deplora la discriminazione tra
credenti e non credenti che alcune autorità civili ingiustamente introducono,
non volendo riconoscere i diritti fondamentali della persona umana. Rivendica,
poi, in favore dei credenti una effettiva libertà, perché sia loro consentito
di edificare in questo mondo anche il tempio di Dio. Gli atei, poi, essa li
invita cortesemente a volere prendere in considerazione il Vangelo di Cristo
con animo aperto.
La Chiesa sa perfettamente che il suo messaggio è in
armonia con le aspirazioni più segrete del cuore umano, quando difende la causa
della dignità della vocazione umana, e così ridona la speranza a quanti
disperano ormai di un destino più alto. Il suo messaggio non toglie alcunché
all'uomo, infonde invece luce, vita e libertà per il suo progresso, e
all'infuori di esso, niente può soddisfare il cuore dell'uomo: " Ci hai
fatto per te, o Signore, e il nostro cuore è senza pace finché non riposa in te
".
22. Cristo,
l'uomo nuovo
In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova
vera luce il mistero dell'uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di
quello futuro e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio
rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo
all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione. Nessuna meraviglia, quindi,
che tutte le verità su esposte trovino in lui la loro sorgente e tocchino il
loro vertice.
Egli è " l'immagine dell'invisibile Dio " (Col.
1, 15). Egli è l'uomo perfetto, che ha restituito ai figli d'Adamo la
somiglianza con Dio, resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato.
Poiché in lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire
annientata, per ciò stesso essa è stata anche in noi innalzata a una dignità
sublime. Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni
uomo. Ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con mente d'uomo, ha agito con
volontà d'uomo, ha amato con cuore d'uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si è
fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato.
Agnello innocente, col suo sangue sparso liberamente ci
ha meritato la vita, e in lui Dio ci ha riconciliati con se stesso e tra noi e
ci ha strappati dalla schiavitù del diavolo e del peccato; così che ognuno di
noi può dire con l'apostolo: il Figlio di Dio " ha amato me e ha
sacrificato se stesso per me " (Gal. 2, 20). Soffrendo per noi non solo ci
ha dato l'esempio perché seguiamo le sue orme, ma ci ha anche aperta la strada;
mentre noi la percorriamo, la vita e la morte vengono santificate e acquistano
nuovo significato.
Il cristiano, poi, reso conforme all'immagine del Figlio
che è il primogenito tra molti fratelli, riceve " le primizie dello
Spirito " (Rom. 8, 23), per cui diventa capace di adempiere la legge nuova
dell'amore. In virtù di questo Spirito, che è la "caparra della
eredità" (Ef. 1, 14), tutto l'uomo viene interiormente rifatto, fino al
traguardo della "redenzione del corpo" (Rom. 8, 23): " Se in voi
dimora lo Spirito di colui che resuscitò Gesù da morte, egli che ha risuscitato
Gesù Cristo da morte darà vita anche ai vostri corpi mortali, a motivo del suo
Spirito che abita in voi " (Rom. 8, 11). Il cristiano certamente è
assillato dalla necessità e dal dovere di combattere contro il male attraverso
molte tribolazioni, e di subire la morte; ma associato al mistero pasquale e
assimilato alla morte di Cristo, andrà incontro alla risurrezione confortato
dalla speranza.
E ciò non vale solamente per i cristiani ma anche per
tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la
grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo è
effettivamente una sola, quella divina, perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito
santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio
conosce, col mistero pasquale.
Tale e così grande è il mistero dell'uomo, che chiaro si
rivela agli occhi dei credenti, attraverso la rivelazione cristiana. Per Cristo
e in Cristo riceve luce quell'enigma del dolore e della morte, che al di fuori
del suo Vangelo ci opprime. Cristo è risorto, distruggendo la morte con la sua
morte, e ci ha donato la vita, affinché, figli nel Figlio, esclamiamo nello
Spirito: Abba, Padre!.
CAPITOLO II
LA COMUNITÀ DEGLI UOMINI
23. La comunità
degli uomini: com'e' intesa dal Concilio
Il moltiplicarsi dei mutui rapporti tra gli uomini
costituisce uno degli aspetti più importante del mondo di oggi, al cui sviluppo
molto conferisce il progresso tecnico contemporaneo. Tuttavia il fraterno
colloquio tra gli uomini non si completa in tale progresso, ma più
profondamente nella comunità delle persone che esige un reciproco rispetto
della loro piena dignità spirituale. La rivelazione cristiana dà grande aiuto
alla promozione di questa comunione tra persone, e nello stesso tempo ci guida
a un approfondimento delle leggi che regolano la vita sociale, scritte dal
Creatore nella natura spirituale e morale dell'uomo.
Siccome documenti recenti del magistero della Chiesa
hanno esposto più diffusamente la dottrina cristiana circa l'umana società, il
Concilio ricorda solo alcune verità più importanti e ne espone i fondamenti
alla luce della rivelazione. E poi insiste su certe conseguenze che sono
particolarmente importanti per il nostro tempo.
24. L'indole
comunitaria della umana vocazione nel piano di Dio
Dio, che ha cura paterna di tutti, ha voluto che gli
uomini formassero una sola famiglia e si trattassero tra loro con animo di
fratelli. Tutti, infatti, creati a immagine di Dio, " che da un solo uomo
ha prodotto l'intero genere umano affinché popolasse tutta la terra "
(Atti 17, 26), sono chiamati all'unico e medesimo fine, cioè a Dio stesso.
Perciò l'amore di Dio e del prossimo è il primo e più
grande comandamento. Dalla sacra scrittura infatti siamo resi edotti che l'amor
di Dio non può essere disgiunto dall'amor del prossimo " e tutti gli altri
precetti sono compendiati in questa frase: amerai il prossimo tuo come te
stesso. La pienezza perciò della legge è l'amore " (Rom. 13, 9-10; 1 Gv.
4, 20). Ciò si rivela di grande importanza per uomini sempre più dipendenti gli
uni dagli altri e per un mondo che va sempre più verso l'unificazione.
Anzi il Signore Gesù quando prega il Padre, perché "
tutti siano uno, come anche noi siamo uno " (Gv. 17, 21-22) mettendoci
davanti orizzonti impervi alla ragione umana, ci ha suggerito una certa
similitudine tra l'unione delle persone divine e l'unione dei figli di Dio
nella verità e nella carità. Questa similitudine manifesta che l'uomo il quale
in terra è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa, non possa
ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé.
25.
Interdipendenza della persona e della umana società
Dall'indole sociale dell'uomo appare evidente come il
perfezionamento della persona umana e lo sviluppo della stessa società siano
tra loro interdipendenti. Infatti, principio, soggetto e fine di tutte le
istituzioni sociali è e deve essere la persona umana, come quella che di sua natura
ha sommamente bisogno della vita sociale. Poiché la vita sociale non è qualcosa
di esterno all'uomo, l'uomo cresce in tutte le sue doti e può rispondere alla
sua vocazione attraverso i rapporti con gli altri, i mutui doveri, il colloquio
coi fratelli.
Dei vincoli sociali che sono necessari al perfezionamento
dell'uomo, alcuni, come la famiglia e la comunità politica, sono più
immediatamente rispondenti alla sua intima natura, altri procedono piuttosto
dalla sua libera volontà. In questo nostro tempo, per varie cause, si
moltiplicano rapporti e interdipendenze, dalle quali nascono associazioni e
istituzioni diverse di diritto pubblico e privato. Questo fatto, che viene
chiamato socializzazione, sebbene non manchi di pericoli, tuttavia reca in sé
molti vantaggi nel rafforzamento e accrescimento delle qualità della persona
umana e per la tutela dei suoi diritti.
Ma se le persone umane, da tale vita sociale molto
ricevono per assolvere alla propria vocazione, anche religiosa, non si può
tuttavia negare che gli uomini dal contesto sociale nel quale vivono e, fin
dall'infanzia, sono immersi, spesso sono sviati dal bene e spinti al male. E'
certo che i perturbamenti, così frequenti nell'ordine sociale, provengono in
parte dalla tensione che sorge dalle strutture economiche, politiche e sociali.
Ma più profondamente nascono dalla superbia e dall'egoismo umano, che
pervertono anche l'ambiente sociale. Là dove l'ordine delle cose è turbato
dalle conseguenze del peccato, l'uomo, dalla nascita incline al male, trova nuovi
incitamenti al peccato, che non possono esser vinti senza grandi sforzi e senza
l'aiuto della grazia.
26. Per
promuovere il bene comune
Dall'interdipendenza sempre più stretta e piano piano
estesa al mondo intero deriva che il bene comune - cioè l'insieme di quelle
condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi, come ai singoli membri,
di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente - oggi
vieppiù diventa universale, investendo diritti e doveri, che riguardano l'intero
genere umano. Pertanto ogni gruppo deve tener conto dei bisogni e delle
legittime aspirazioni degli altri gruppi, anzi del bene comune dell'intera
famiglia umana.
Contemporaneamente cresce la coscienza della esimia
dignità che compete alla persona umana, superiore a tutte le cose, e i cui
diritti e doveri sono universali e inviolabili. Occorre, perciò, che sian rese
accessibili all'uomo tutte quelle cose che sono necessarie a condurre una vita
veramente umana, come il vitto, il vestito, l'abitazione, il diritto a
scegliersi liberamente lo stato di vita e a fondare una famiglia,
all'educazione, al lavoro, al buon nome, al rispetto, alla necessaria
informazione, alla possibilità di agire secondo il retto dettato della sua
coscienza, alla salvaguardia della vita privata e alla giusta libertà anche in
campo religioso.
L'ordine sociale pertanto e il suo progresso debbono
sempre lasciar prevalere il bene delle persone, giacché nell'ordinare le cose
ci si deve adeguare all'ordine delle persone e non il contrario, secondo quanto
suggerisce il Signore stesso quando dice che il sabato è fatto per l'uomo e non
l'uomo per il sabato. Quell'ordine è da sviluppare sempre più, è da fondarsi
sulla verità, realizzarsi nella giustizia, deve essere vitalizzato dall'amore, deve
trovare un equilibrio sempre più umano nella libertà. Per raggiungere tale
scopo sono da introdurre un rinnovamento della mentalità e profondi mutamenti
della società.
Lo Spirito di Dio, che, con mirabile provvidenza, dirige
il corso dei tempi e rinnova la faccia della terra, è presente a questa
evoluzione. Il fermento evangelico suscitò e suscita nel cuore dell'uomo questa
irrefrenabile esigenza di dignità.
27. Rispetto
della persona umana
Scendendo a conseguenze pratiche di maggior urgenza, il
Concilio inculca il rispetto verso l'uomo, così che i singoli debbano
considerare il prossimo, nessuno eccettuato, come un altro " se stesso
", tenendo conto della sua vita e dei mezzi necessari per viverla
degnamente, per non imitare quel ricco che non ebbe nessuna cura del povero
Lazzaro.
Soprattutto oggi urge l'obbligo che diventiamo
generosamente prossimi di ogni uomo, e rendiamo servizio coi fatti a colui che
ci passa accanto, vecchio da tutti abbandonato o lavoratore straniero
ingiustamente disprezzato, o emigrante, o fanciullo nato da un'unione
illegittima, che patisce immeritatamente per un peccato da lui non commesso, o
affamato che richiama la nostra coscienza, rievocando la voce del Signore:
" Quanto avete fatto ad uno di questi minimi miei fratelli, l'avete fatto
a me " (Mt. 25, 40).
Inoltre tutto ciò che è contro le vita stessa, come ogni
specie di omicidio, il genocidio, l'aborto, l'eutanasia e lo stesso suicidio
volontario; tutto ciò che viola l'integrità della persona umana, come le
mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, gli sforzi per
violentare l'intimo dello spirito; tutto ciò che offende la dignità umana, come
le condizioni infraumane di vita, le incarcerazioni arbitrarie, le
deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei
giovani, o ancora le ignominiose condizioni del lavoro con le quali i
lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come
persone libere e responsabili; tutte queste cose, e altre simili, sono
certamente vergognose e, mentre guastano la civiltà umana, ancor più inquinano
coloro che così si comportano, che non quelli che le subiscono; e ledono
grandemente l'onore del Creatore.
28. Il rispetto
e l'amore per gli avversari
Il rispetto e l'amore deve estendersi pure a coloro che
pensano o operano diversamente da noi nelle cose sociali, politiche e persino
religiose, poiché con quanta maggiore umanità e amore penetreremo nei loro modi
di sentire, tanto più facilmente potremo con loro iniziare un colloquio.
Certamente tale amore e amabilità non devono in alcun
modo renderci indifferenti verso la verità e il bene. Anzi lo stesso amore
spinge i discepoli di Cristo ad annunciare a tutti gli uomini la verità che
salva. Ma occorre distinguere tra errore, sempre da rifiutarsi, ed errante, che
conserva sempre la dignità di persona anche quando è macchiato da false o meno
accurate nozioni religiose. Solo Dio è giudice e scrutatore dei cuori, perciò
ci vieta di giudicare la colpevolezza interiore di chiunque.
La dottrina del Cristo esige che noi perdoniamo anche le
ingiurie, ed estende a tutti i nemici il precetto dell'amore, che è il
comandamento della nuova legge: " Udiste che fu detto: amerai il tuo
prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e fate
del bene a coloro che vi odiano e pregate per i vostri persecutori e
calunniatori " (Mt. 5, 43-44).
29. La
fondamentale uguaglianza degli uomini e la giustizia sociale
Avendo tutti gli uomini, dotati di un'anima razionale e
creati ad immagine di Dio, la stessa natura e la medesima origine, e poiché, da
Cristo redenti, godono della stessa vocazione e del medesimo destino divino, è
necessario riconoscere ognor più la fondamentale uguaglianza fra tutti.
Invero, non tutti gli uomini sono uguali per la varia
capacità fisica e per la diversità delle forze intellettuali e morali.
Tuttavia, ogni genere di discriminazione nei diritti fondamentali della
persona, sia in campo sociale che culturale, in ragione del sesso, della
stirpe, del colore, della condizione sociale, della lingua o religione, deve
essere superato ed eliminato, come contrario al disegno di Dio. Ci si deve
veramente rammaricare perché quei diritti fondamentali della persona non sono
ancora e dappertutto rispettati pienamente, ad esempio, se si nega alla donna
la facoltà di scegliere liberamente il marito e di abbracciare un determinato
stato di vita, oppure di accedere a quella pari educazione e cultura che si
riconosce all'uomo.
In più, benché tra gli uomini vi siano giuste diversità,
la uguale dignità delle persone richiede che si giunga ad una condizione più
umana e giusta della vita. Infatti le troppe disuguaglianze economiche e
sociali, tra membri e tra popoli dell'unica famiglia umana, suscitano scandalo
e sono contrarie alla giustizia sociale, all'equità, alla dignità della persona
umana, nonché alla pace sociale e internazionale.
Le umane istituzioni, sia private che pubbliche, si
sforzino di mettersi al servizio della dignità e del fine dell'uomo, nello
stesso tempo combattendo strenuamente contro ogni forma di servitù sociale e
politica, e difendendo i fondamentali diritti degli uomini sotto qualsiasi
regime politico. Anzi, queste istituzioni si debbono a poco a poco accordare
con le realtà spirituali, le più alte di tutte, anche se talora occorra un
tempo piuttosto lungo per giungere al fine desiderato.
30. Occorre
superare l'etica individualistica
La profonda e rapida trasformazione delle cose esige, con
più urgenze, che non vi sia alcuno che, non prestando attenzione al corso delle
cose e intorpidito dall'inerzia, indulga a un'etica puramente individualistica.
Il dovere della giustizia e dell'amore viene sempre più assolto per il fatto
che ognuno, contribuendo al bene comune secondo le proprie capacità e le
necessità degli altri, promuove e aiuta anche le istituzioni pubbliche e
private che servono a migliorare le condizioni di vita degli uomini. Vi sono
quelli che, pur professando opinioni larghe e generose, tuttavia in pratica
sempre vivono come se non avessero alcuna cura delle necessità della società.
Anzi molti, in vari paesi, tengono in poco conto le leggi e le prescrizioni
sociali. Non pochi non si vergognano di evadere, con vari sotterfugi e frodi,
alle giuste imposte o agli altri obblighi sociali. Altri trascurano certe norme
della vita sociale, ad esempio le misure igieniche, o le norme stabilite per la
guida dei veicoli, non rendendosi conto di metter in pericolo, con la loro
incuria, la propria vita e quella degli altri.
Sacro sia per tutti includere tra i doveri principali
dell'uomo moderno, e osservare, gli obblighi sociali. Infatti, quanto più il
mondo si unifica, tanto più apertamente gli obblighi degli uomini superano i
gruppi particolari e si estendono a poco a poco al mondo intero. E ciò non può
avvenire se i singoli uomini e i loro gruppi non coltivano in se stessi le
virtù morali e sociali e le diffondano nella società, cosicché sorgano uomini
veramente nuovi, artefici di una umanità nuova, con il necessario aiuto della
grazia divina.
31.
Responsabilità e partecipazione
Affinché i singoli uomini assolvano con maggior cura il
proprio dovere di coscienza verso se stessi e verso i vari gruppi di cui sono
membri, devono essere diligentemente educati a un più ampio livello culturale
dell'animo, utilizzando gli enormi mezzi che oggi sono a disposizione del
genere umano. Innanzitutto l'educazione dei giovani di qualsiasi origine
sociale, deve essere impostata in modo da suscitare uomini e donne, non tanto
raffinati intellettualmente quanto piuttosto di forte personalità, come è
richiesto fortemente dal nostro tempo.
Ma a tale senso di responsabilità l'uomo giunge con
difficoltà, se le condizioni della vita non gli permettono di prender coscienza
della propria dignità e di rispondere alla sua vocazione, prodigandosi per Dio
e per gli altri. Invero la libertà umana spesso si indebolisce qualora l'uomo
cada in estrema indigenza, come si degrada quando egli stesso, cedendo alle
troppe facilità della vita, si chiude in una specie di aurea solitudine. Al
contrario, acquista forza, quando l'uomo accetta le inevitabili difficoltà
della vita sociale, assume le molteplici esigenze dell'umana convivenza e si
impegna al servizio della comunità umana.
Perciò bisogna stimolare la volontà di tutti ad assumersi
la propria parte nelle comuni imprese. E' poi da lodarsi il modo di agire di
quelle nazioni nelle quali la maggioranza dei cittadini è fatta partecipe della
gestione della cosa pubblica in un clima di vera libertà. Si deve tuttavia
tener conto delle reali condizioni di ciascun popolo e della necessaria
solidità dei pubblici poteri. Affinché poi tutti i cittadini siano aperti a
partecipare alla vita dei vari gruppi, di cui si compone il corpo sociale, è
necessario che trovino in questi gruppi dei valori capaci di attirarli e di
disporli al servizio degli altri. Legittimamente si può pensare che il futuro
della umanità sia riposto nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere
alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza.
32. Il verbo
incarnato e la solidarietà umana
Come Dio creò gli uomini non perché vivessero
individualisticamente ma destinati a formare l'unione sociale, così a lui anche
"piacque... santificare e salvare gli uomini non a uno a uno, escluso ogni
mutuo legame, ma di costituirli in popolo, che lo conoscesse nella verità e
santamente lo servisse". Sin dall'inizio della storia della salvezza, egli
stesso elesse uomini, non soltanto come individui ma come membri di una certa
comunità. Infatti questi eletti, Dio, manifestando il suo disegno, chiamò
" suo popolo " (Es. 3, 7-12) con il quale poi strinse il patto sul
Sinai.
Tale carattere comunitario è perfezionato e compiuto
dall'opera di Cristo Gesù. Lo stesso Verbo incarnato volle essere partecipe
della convivenza umana. Fu presente alle nozze di Cana, entrò nella casa di
Zaccheo, mangiò con i pubblicani e i peccatori. Egli ha rivelato l'amore del
Padre e la privilegiata vocazione degli uomini, rievocando gli aspetti più
ordinari della vita sociale e adoperando linguaggio e immagini della vita
d'ogni giorno. Santificò le relazioni umane, innanzitutto quelle familiari,
dalle quali traggono origine i rapporti sociali, volontariamente
sottomettendosi alle leggi della sua patria. Volle condurre la vita di un
lavoratore del suo tempo e della sua regione.
Nella sua predicazione espressamente comandò ai figli di
Dio che si trattassero vicendevolmente da fratelli. Nella sua preghiera chiese
che tutti i suoi discepoli fossero " uno ". Anzi egli stesso si offrì
per tutti fino alla morte, redentore di tutti. " Nessuno ha maggior amore
di chi sacrifica la propria vita per i suoi amici " (Gv. 15, 13). Comandò,
inoltre, agli apostoli di annunciare il messaggio evangelico a tutte le genti,
perché il genere umano diventasse la famiglia di Dio, nella quale la pienezza
della legge fosse l'amore.
Primogenito tra molti fratelli, tra tutti coloro che lo
accolgono con la fede e con la carità, dopo la sua morte e resurrezione ha
istituito attraverso il dono del suo Spirito una nuova comunione fraterna, in
quel suo corpo,che è la Chiesa, nel quale tutti, membri tra di loro, si
prestassero servizi reciproci, secondo i doni diversi loro concessi.
Questa solidarietà dovrà sempre essere accresciuta, fino
a quel giorno in cui sarà consumata, e in cui gli uomini, salvati dalla grazia,
renderanno gloria perfetta a Dio, come famiglia da Dio e da Cristo fratello
amata.
CAPITOLO III
L’ATTIVITÀ UMANA NELL’UNIVERSO
33. L'attività
umana nell'universo
Col suo lavoro e col suo ingegno l'uomo ha cercato sempre
di sviluppare la propria vita; oggi, poi, specialmente coll'aiuto della scienza
e della tecnica, ha dilatato e continuamente dilata il suo dominio su quasi
tutta intera la natura e, coll'aiuto soprattutto degli accresciuti mezzi di
molte forme di scambio tra le nazioni, la famiglia umana a poco a poco è venuta
a riconoscersi e a costituirsi come una comunità unitaria nel mondo intero. Ne
deriva che molti beni, che un tempo l'uomo si aspettava dalle forze superiori,
oggi ormai se li procura con la sua iniziativa e con le sue forze.
Di fronte a questo immenso sforzo, che ormai pervade
tutto il genere umano, molti interrogativi sorgono tra gli uomini. Qual'è il
senso e il valore dell'attività umana? Come vanno usate queste realtà? A quale
scopo tendono gli sforzi sia individuali che collettivi? La Chiesa, che
custodisce il deposito della parola di Dio, da cui vengono attinti i principi
per l'ordine morale e religioso, anche se non ha sempre pronta la soluzione per
ogni singola questione, desidera unire la luce della rivelazione alla
competenza di tutti, allo scopo di illuminare la strada sulla quale si è messa
da poco l'umanità.
34. Il valore
dell'attività umana
Per i credenti una cosa è certa: l'attività umana
individuale e collettiva, ossia quell'ingente sforzo col quale gli uomini nel
corso dei secoli cercano di migliorare le proprie condizioni di vita,
considerato in se stesso, corrisponde al disegno di Dio. L'uomo, infatti,
creato a immagine di Dio, ha ricevuto il comando di sottomettere a sé la terra
con tutto quanto essa contiene, e di governare il mondo nella giustizia e nella
santità, e così pure di riportare a Dio se stesso e l'universo intero,
riconoscendo in lui il Creatore di tutte le cose; in modo che, nella
subordinazione di tutte le realtà all'uomo, sia glorificato il nome di Dio su
tutta la terra.
Ciò vale anche per gli ordinari lavori quotidiani. Gli
uomini e le donne, infatti, che per procurare il sostentamento per sé e per la
famiglia esercitano il proprio lavoro così da prestare anche conveniente
servizio alla società, possono a buon diritto ritenere che col loro lavoro essi
prolungano l'opera del Creatore, si rendono utili ai propri fratelli, e donano
un contributo personale alla realizzazione del piano provvidenziale di Dio
nella storia.
I cristiani, dunque, non si sognano nemmeno di
contrapporre i prodotti dell'ingegno e della potenza dell'uomo alla potenza di
Dio, quasi che la creatura razionale sia rivale del Creatore; al contrario
piuttosto, essi sono persuasi che le vittorie dell'umanità sono segno della
grandezza di Dio e frutto del suo ineffabile disegno. E quanto più cresce la
potenza degli uomini, tanto più si estende e si allarga la loro responsabilità
sia individuale che collettiva. Da ciò si vede come il messaggio cristiano,
lungi dal distogliere gli uomini dal compito di edificare il mondo, lungi
dall'incitarli a disinteressarsi del bene dei propri simili, li impegna
piuttosto a tutto ciò con un obbligo ancora più stringente.
35. L'ordine
dell'attività umana
L'attività umana, invero, come deriva dall'uomo, così è
ordinata all'uomo. L'uomo, infatti, quando lavora, non soltanto modifica le
cose e la società, ma anche perfeziona se stesso. Apprende molte cose, sviluppa
le sue facoltà, è portato a uscire da sé e a superarsi. Tale sviluppo, se è ben
compreso, vale più delle ricchezze esteriori che si possono accumulare. L'uomo
vale più per quello che è che per quello che ha. Parimenti tutto ciò che gli
uomini compiono allo scopo di conseguire una maggiore giustizia, una più estesa
fraternità e un ordine più umano nei rapporti sociali, ha più valore dei
progressi in campo tecnico. Questi, infatti, possono formare, per così dire, la
materia alla promozione umana, ma da soli non valgono in nessun modo ad
effettuarla.
Pertanto questa è la norma della attività umana: che
secondo il disegno di Dio e la sua volontà essa corrisponda al vero bene della
umanità, e permetta all'uomo singolo o posto entro la società di coltivare e di
attuare la sua integrale vocazione.
Molti nostri contemporanei, però, sembrano temere che, se
si fanno troppo stretti i legami tra attività umana e religione, venga impedita
l'autonomia degli uomini, delle società, delle scienze.
Se per autonomia delle realtà terrene intendiamo che le
cose create e le stesse società hanno leggi e valori propri, che l'uomo
gradatamente deve scoprire, usare e ordinare, allora si tratta di una esigenza
legittima, che non solo è postulata dagli uomini del nostro tempo, ma anche è
conforme al volere del Creatore. Infatti è dalla stessa loro condizione di
creature che le cose tutte ricevono la loro propria consistenza, verità, bontà,
le loro leggi proprie e il loro ordine; e tutto ciò l'uomo è tenuto a
rispettare, riconoscendo le esigenze di metodo proprie di ogni singola scienza
o arte. Perciò la ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera
veramente scientifica e secondo le norme morali non sarà mai in reale contrasto
con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal
medesimo Dio. Anzi, chi si sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare
i segreti della realtà, anche senza che egli se ne avverta viene come condotto
dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che
siano quello che sono. A questo punto, ci sia concesso di deplorare certi
atteggiamenti mentali, che talvolta non mancano nemmeno tra i cristiani,
derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia della
scienza, e che, suscitando contese e controversie, trascinarono molti spiriti a
tal punto da ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro.
Se invece con l'espressione " autonomia delle realtà
temporali " si intende che le cose create non dipendono da Dio, che l'uomo
può adoperarle senza riferirle al Creatore, allora tutti quelli che credono in
Dio avvertono quanto false siano tali opinioni. La creatura, infatti, senza il
Creatore svanisce. Del resto tutti coloro che credono, a qualunque religione
appartengano, hanno sempre inteso la voce e la manifestazione di lui nel
linguaggio delle creature. Anzi, l'oblio di Dio priva di luce la creatura
stessa.
37. L'attività
umana corrotta dal peccato
La sacra scrittura, però, con cui è d'accordo
l'esperienza di secoli, insegna agli uomini che il progresso umano, che pure è
un grande bene dell'uomo, porta con sé una grande tentazione: infatti,
sconvolto l'ordine dei valori e mescolando il male col bene, gli individui e i
gruppi guardano solamente alle cose proprie, non a quelle degli altri; e così
il mondo cessa di essere il campo di una genuina fraternità, mentre invece
l'aumento della potenza umana minaccia di distruggere ormai lo stesso genere
umano.
Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una
lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin
dall'origine del mondo, che durerà, come dice il Signore, fino all'ultimo
giorno. Inserito in questa battaglia, l'uomo deve combattere senza soste per
poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a
prezzo di grandi fatiche, con l'aiuto della grazia di Dio.
Per questo la Chiesa di Cristo, fidandosi del piano
provvidenziale del Creatore, mentre riconosce che il progresso umano può
servire alla vera felicità degli uomini, non può tuttavia fare a meno di far
risuonare il detto dell'apostolo: " Non vogliate adattarvi allo stile di
questo mondo " (Rom. 12, 2), e cioè a quello spirito di vanità e di
malizia, che stravolge in strumento di peccato l'operosità umana, ordinata al
servizio di Dio e dell'uomo.
Se dunque ci si chiede come può essere vinta tale
miserevole situazione, i cristiani per risposta affermano che tutte le attività
umane, che son messe in pericolo quotidianamente dalla superbia e dall'amore
disordinato di se stessi, devono venir purificate e rese perfette per mezzo
della croce e della risurrezione di Cristo. Redento, infatti, da Cristo e
diventato nuova creatura nello Spirito santo, l'uomo può e deve amare anche le
cose che Dio ha creato. Da Dio le riceve, e le guarda e le onora come se al
presente uscissero dalle mani di Dio. Di esse ringrazia il Benefattore e,
usando e godendo delle creature in povertà e libertà di spirito, viene
introdotto nel vero possesso del mondo, quasi al tempo stesso niente abbia e
tutto possegga: " Tutto, infatti, è vostro: ma voi siete di Cristo, Cristo
di Dio " (1 Cor. 3, 22-23).
38. L'attività
umana elevata a perfezione nel mistero pasquale
Il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato,
fattosi cane lui stesso, e venuto ad abitare sulla terra degli uomini, entrò
nella storia del mondo come l'uomo perfetto, assumendo questa e ricapitolandola
in sé. Egli ci rivela " che Dio è carità " (1 Gv. 4, 8), e insieme ci
insegna che la legge fondamentale della umana perfezione, e perciò anche della
trasformazione del mondo, è il nuovo comandamento della carità. Coloro,
pertanto, che credono alla carità divina, sono da lui resi certi, che è aperta
a tutti gli uomini la strada della carità e che gli sforzi intesi a realizzare
la fraternità universale non sono vani. Così pure egli ammonisce a non
camminare sulla strada della carità solamente nelle grandi cose, bensì e
soprattutto nelle circostanze ordinarie della vita. Sopportando la morte per
noi tutti peccatori, egli ci insegna col suo esempio che è necessario anche
portare la croce; quella che dalla carne e dal mondo viene messa sulle spalle
di quanti cercano la pace e la giustizia. Con la sua risurrezione costituito
Signore, egli, il Cristo cui è stato dato ogni potere in cielo e in terra,
tuttora opera nel cuore degli uomini con la virtù del suo Spirito, non solo
suscitando il desiderio del mondo futuro, ma per ciò stesso anche ispirando,
purificando e fortificando quei generosi propositi con i quali la famiglia
degli uomini cerca di rendere più umana la propria vita e di sottomettere a
questo fine tutta la terra. Ma i doni dello Spirito sono vari: alcuni li chiama
a dare testimonianza manifesta della dimora celeste col desiderio di essa,
contribuendo così a mantenerlo vivo nell'umanità; altri li chiama a consacrarsi
al servizio degli uomini sulla terra, così da preparare attraverso tale loro
ministero la materia per il regno dei cieli. In tutti, però, opera una
liberazione, in quanto nel rinnegamento dell'egoismo e coll'assumere nella vita
umana tutte le forze terrene, essi si proiettano nel futuro, quando l'umanità
stessa diventerà oblazione accetta a Dio.
Un pegno di questa speranza e un viatico per il cammino
il Signore lo ha lasciato ai suoi in quel sacramento della fede nel quale degli
elementi naturali coltivati dall'uomo vengono tramutati nel corpo e nel sangue
glorioso di lui, come banchetto di comunione fraterna e pregustazione del
convito del cielo.
39. Terra nuova
e cielo nuovo
Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e
l'umanità, e non sappiamo il modo con cui sarà trasformato l'universo. Passa
certamente l'aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo, però,
dalla rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in
cui abita la giustizia, e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i
desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini. Allora, vinta la morte, i
figli di Dio saranno risuscitati in Cristo, e ciò che fu seminato nella
debolezza e nella corruzione rivestirà l'incorruzione; e restando la carità con
i suoi frutti, sarà liberata dalla schiavitù della vanità tutta quella realtà,
che Dio ha creato appunto per l'uomo.
Certo, siamo avvertiti che niente giova all'uomo se
guadagna il mondo intero ma perde se stesso. Tuttavia l'attesa di una terra
nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel
lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo dell'umanità nuova
che già riesce a offrire una certa prefigurazione che adombra il mondo nuovo.
Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo
sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, nella misura in cui può contribuire a
meglio ordinare l'umana società, tale progresso è di grande importanza per il
regno di Dio.
E infatti, i beni, quali la dignità dell'uomo, la
fraternità e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della
nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del
Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati
da ogni macchia, ma illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà
al Padre il regno eterno e universale: " che è regno di verità e di vita,
regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace ".
Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del
Signore, giungerà a perfezione.
CAPITOLO IV
LA MISSIONE DELLA CHIESA NEL MONDO
CONTEMPORANEO
40. Mutua
relazione tra Chiesa e mondo
Tutto quello che abbiamo detto a proposito della dignità
della persona umana, della comunità degli uomini, del significato profondo
della attività umana, costituisce il fondamento del rapporto tra Chiesa e
mondo, come pure la base del dialogo fra loro. In questo capitolo, pertanto,
presupponendo tutto ciò che il Concilio ha già promulgato circa il mistero
della Chiesa, si viene a prendere in considerazione la medesima Chiesa in
quanto si trova nel mondo e insieme con esso vive e agisce.
La Chiesa, procedendo dall'amore dell'eterno Padre,
fondata nel tempo dal Cristo redentore, radunata nello Spirito santo, ha una
finalità salvifica ed escatologica, che non può essere raggiunta pienamente se
non nel mondo futuro. Essa poi è già presente qui sulla terra, ed è composta da
uomini, i quali appunto sono membri della città terrena, chiamati a formare già
nella storia dell'umanità la famiglia dei figli di Dio, che deve crescere
costantemente fino all'avvento del Signore. Unita in vista dei beni celesti, e
da essi arricchita, tal famiglia fu da Cristo " costituita e ordinata come
società in questo mondo ", e formata di "convenienti mezzi di unione
visibile e sociale ". Perciò la Chiesa, che è insieme " società
visibile e comunità spirituale ", cammina insieme con l'umanità tutta e
sperimenta assieme al mondo la medesima sorte terrena, ed è come il fermento e
quasi l'anima della società umana, destinata a rinnovarsi in Cristo e a
trasformarsi in famiglia di Dio.
Tale compenetrazione di città terrena e città celeste non
può certo essere percepita se non con la fede; resta, anzi, il mistero della
storia umana, che è turbata dal peccato fino alla piena manifestazione dello
splendore dei figli di Dio. La Chiesa, certo, perseguendo il suo proprio fine
di salvezza, non solo comunica all'uomo la vita divina, ma anche diffonde la
sua luce con ripercussione, in qualche modo, su tutto il mondo, soprattutto per
il fatto che risana ed eleva la dignità della persona umana, consolida la
compagine della umana società, e immette nel lavoro quotidiano degli uomini un
più profondo senso e significato. Così la Chiesa, con i singoli suoi membri e
con tutta intera la sua comunità, crede di poter contribuire molto a rendere
più umana la famiglia degli uomini e la sua storia.
Inoltre la Chiesa cattolica volentieri tiene in gran
conto il contributo che, per realizzare il medesimo compito, han dato e danno
cooperando insieme le altre chiese o comunità ecclesiali. Al tempo stesso essa
è persuasa che molto e in svariati modi può essere aiutata nella preparazione
del Vangelo dal mondo, sia dai singoli uomini, sia dalla società umana, con le
loro doti e la loro operosità. Allo scopo di promuovere debitamente tale mutuo
scambio e aiuto, nelle materie che in qualche modo sono comuni alla Chiesa e al
mondo, vengono qui esposti alcuni principi generali.
41. L'aiuto che
la Chiesa intende offrire agli individui
L'uomo d'oggi procede sulla strada di un più pieno
sviluppo della sua personalità e di una progressiva scoperta e affermazione dei
propri diritti. Ma poiché la Chiesa ha ricevuto l'incarico di manifestare il
mistero di Dio, il quale è il fine ultimo personale dell'uomo, essa al tempo
stesso svela all'uomo il senso della sua propria esistenza, vale a dire la
verità profonda sull'uomo. Sa bene la Chiesa che soltanto Dio, al cui servizio
essa è dedita, dà risposta ai più profondi desideri del cuore umano, che mai
può essere pienamente saziato dai beni terreni. Sa ancora che l'uomo,
sollecitato incessantemente dallo Spirito di Dio, non potrà essere del tutto
indifferente davanti al problema della religione, come dimostrano non solo
l'esperienza dei secoli passati, ma anche molteplici testimonianze dei tempi
nostri. L'uomo, infatti, avrà sempre desiderio di sapere, almeno confusamente,
quale sia il significato della sua vita, del suo lavoro e della sua morte. E la
Chiesa con la sua sola presenza nel mondo gli richiama alla mente questi
problemi. Ma soltanto Dio, che ha creato l'uomo a sua immagine e che lo ha
redento dal peccato, offre a tali problemi una risposta pienamente adeguata, e
ciò per mezzo della rivelazione compiuta nel Figlio suo, fatto uomo. Chiunque
segue Cristo, l'uomo perfetto, si fa lui pure più uomo.
Partendo da questa fede, la Chiesa può sottrarre la
dignità della persona umana al fluttuare di tutte le opinioni, che, per
esempio, o troppo abbassano il corpo umano o troppo lo esaltano. Nessuna legge
umana v'è che possa porre così bene al sicuro la personale dignità e la libertà
dell'uomo, quanto il Vangelo di Cristo affidato alla Chiesa. Questo Vangelo,
infatti, annunzia e proclama la libertà dei figli di Dio, respinge ogni
schiavitù che deriva in ultima analisi dal peccato, onora come sacra la dignità
della coscienza e la sua libera decisione, non si stanca di ammonire a raddoppiare
tutti i talenti umani a servizio di Dio e a bene degli uomini, tutti quanti,
infine, raccomandando alla carità di tutti. Ciò corrisponde alla legge
fondamentale della economia cristiana. Benché, infatti, Dio salvatore e Dio
creatore siano sempre lo stesso Dio, e così pure si identifichino il Signore
della storia umana e il Signore della storia della salvezza, tuttavia in questo
stesso ordine divino la giusta autonomia della creatura, specialmente
dell'uomo, nonché tolta, viene piuttosto restituita nella sua dignità e in essa
consolidata.
Perciò la Chiesa, in forza del Vangelo affidatole,
proclama i diritti umani, e riconosce e apprezza molto il dinamismo con cui ai
giorni nostri tali diritti vengono promossi ovunque. Ma questo movimento deve
essere impregnato dallo spirito del Vangelo, e deve essere protetto contro ogni
specie di falsa autonomia. Siamo tentati, infatti, di pensare che allora
soltanto i nostri diritti personali sono pienamente salvi, quando veniamo
sciolti da ogni norma di legge divina. Ma per questa strada la dignità della
persona umana, non solo non è salvata, ma piuttosto va perduta.
42. L'aiuto che
la Chiesa intende dare alla società umana
L'unione della famiglia umana viene molto rafforzata e
completata dall'unità della famiglia dei figli di Dio fondata sul Cristo.
Certo, la missione propria che Cristo ha affidato alla
sua Chiesa non è di ordine politico, economico e sociale: il fine, infatti, che
le ha prefisso è di ordine religioso. Eppure proprio da questa missione
religiosa scaturiscono dei compiti, della luce e delle forze, che possono
contribuire a costruire e a consolidare la comunità degli uomini secondo la
legge divina. Così pure, dove fosse necessario, a seconda delle circostanze di
tempo e di luogo, anch'essa può, anzi deve, suscitare opere destinate al
servizio di tutti, ma specialmente dei bisognosi, come, per esempio, opere di
misericordia e altre simili.
La Chiesa, inoltre, riconosce tutto ciò che di buono si
trova nel dinamismo sociale odierno: soprattutto l'evoluzione verso l'unità, il
processo di una sana socializzazione e consociazione civile ed economica.
Promuovere l'unità corrisponde infatti alla intima missione della Chiesa, la
quale è appunto " in Cristo come un sacramento, ossia segno e strumento di
intima unione con Dio e di unità di tutto il genere umano ". Così al mondo
essa mostra che la vera unione sociale esteriore discende dalla unione delle
menti e dei cuori, ossia da quella fede e da quella carità, con cui la sua
unità è stata indissolubilmente fondata nello Spirito santo. Infatti, la forza
che la Chiesa riesce a immettere nella società umana contemporanea, consiste in
quella fede e carità portate ad efficacia di vita, e non nell'esercitare con
mezzi puramente umani un qualche dominio esteriore.
Inoltre, siccome in forza della sua missione e della sua
natura non è legata ad alcuna particolare forma di cultura umana o sistema
politico, economico, o sociale, la Chiesa per questa sua universalità può
costituire un legame strettissimo tra le diverse comunità umane e le nazioni,
purché queste abbiano fiducia in lei e riconoscano realmente la vera sua
libertà in ordine al compimento della sua missione. Per questo motivo la Chiesa
esorta i suoi figli, come pure tutti gli uomini, a superare, in questo spirito
di famiglia proprio dei figli di Dio, ogni dissenso tra nazioni e razze, e a
consolidare interiormente le giuste associazioni umane.
Il Concilio, dunque, considera con grande rispetto tutto
ciò che di vero, di buono e di giusto si trova nelle istituzioni, pur così
diverse, che l'umanità si è creata e continua a crearsi. Dichiara, inoltre, che
la Chiesa vuole aiutare a promuovere tutte queste istituzioni, per quanto ciò
dipende da lei ed è in armonia con la sua missione. Niente le sta più a cuore
che di servire al bene di tutti, e di potersi liberamente sviluppare sotto
qualsiasi regime che rispetti i diritti fondamentali della persona e della
famiglia, e riconosca le esigenze del bene comune.
43. L'aiuto che
la Chiesa intende dare all'attività umana
Il Concilio esorta i cristiani, che sono cittadini
dell'una e dell'altra città, di sforzarsi di compiere fedelmente i propri
doveri terreni, facendosi guidare dallo spirito del Vangelo. Sbagliano coloro
che, sapendo che qui noi non abbiamo una cittadinanza stabile ma che cerchiamo
quella futura, pensano di poter per questo trascurare i propri doveri terreni,
e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga ancora di più a
compierli, secondo la vocazione di ciascuno. Al contrario, però, non sono meno in
errore coloro che pensano di potersi immergere talmente negli affari della
terra, come se questi fossero estranei del tutto alla vita religiosa, la quale
consisterebbe, secondo loro, esclusivamente in atti di culto e in alcuni do
veri morali. Il distacco, che si costata in molti, tra la fede che professano e
la loro vita quotidiana, va annoverato tra i più gravi errori del nostro tempo.
Contro questo scandalo già nell'antico testamento elevavano con veemenza i loro
rimproveri i profeti, e ancora di più Gesù Cristo stesso, nel nuovo testamento,
minacciava gravi pene. Non si venga ad opporre, perciò, così per niente, le
attività professionali e sociali da una parte, e la vita religiosa dall'altra.
Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoi doveri
verso il prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in pericolo la propria
salvezza eterna. Siano contenti piuttosto i cristiani, seguendo l'esempio di
Cristo, che fu un artigiano, di poter esplicare tutte le loro attività terrene,
unificando gli sforzi umani, domestici, professionali, scientifici e tecnici in
una sola sintesi vitale insieme con i beni religiosi, sotto la cui altissima
direzione tutto viene coordinato a gloria di Dio.
Ai laici spettano propriamente, anche se non
esclusivamente, gli impegni e le attività temporali. Quando essi, dunque,
agiscono quali cittadini del mondo, sia individualmente sia associati, non solo
rispetteranno le leggi proprie di ciascuna disciplina, ma si sforzeranno di
acquistarsi una vera perizia in quei campi. Daranno volentieri la loro
cooperazione a quanti mirano a identiche finalità. Nel rispetto delle esigenze
della fede e ripieni della sua forza, escogitino senza tregua nuove iniziative,
ove occorra, e le realizzino. Spetta alla loro coscienza, già convenientemente
formata, di inscrivere la legge divina nella vita della città terrena. Dai
sacerdoti i laici si aspettino luce e forza spirituale. Non pensino però che i
loro pastori siano sempre esperti a tal punto che ad ogni nuovo problema che
sorge, anche a quelli gravi, essi possano avere pronta una soluzione concreta o
che proprio a questo li chiami la loro missione: assumano invece essi,
piuttosto, la propria responsabilità, alla luce della sapienza cristiana e
facendo attenzione rispettosa alla dottrina del magistero.
Per lo più sarà la stessa visione cristiana della realtà
che li orienterà, in certe circostanze, a una determinata soluzione. Tuttavia
altri fedeli altrettanto sinceramente potranno esprimere un giudizio diverso
sulla medesima questione, ciò che succede abbastanza spesso e legittimamente.
Ché se le soluzioni proposte da un lato o dall'altro, anche oltre le intenzioni
delle parti, vengono facilmente da molti collegate con il messaggio evangelico,
in tali casi ricordino essi che a nessuno è lecito rivendicare esclusivamente
in favore della propria opinione l'autorità della Chiesa. Invece cerchino
sempre di illuminarsi vicendevolmente attraverso il dialogo sincero, mantenendo
sempre la mutua carità e avendo cura in primo luogo del bene comune.
I laici, che hanno responsabilità attive dentro tutta la
vita della Chiesa, non solo son tenuti a procurare l'animazione del mondo con
lo spirito cristiano, ma sono chiamati anche ad essere testimoni di Cristo in
mezzo a tutti, e cioè pure in mezzo alla società umana.
I vescovi, poi, cui è affidato l'incarico di reggere la
Chiesa di Dio, devono insieme con i loro presbiteri predicare il messaggio di
Cristo in modo tale che tutte le attività terrene dei fedeli siano pervase
dalla luce del Vangelo. Inoltre ricordino i pastori tutti che essi con la loro
quotidiana condotta e sollecitudine mostrano al mondo la faccia della Chiesa,
in base alla quale gli uomini si fanno un giudizio sulla efficacia e sulla
verità del messaggio cristiano. Con la vita e con la parola, essi, con i
religiosi e con i fedeli, dimostrino che la Chiesa, già con la sola sua
presenza, con tutti i doni che contiene, è sorgente inesausta di quelle forze
di cui ha assoluto bisogno il mondo moderno. Con lo studio assiduo si rendano
abili a sostenere la loro parte nel dialogo col mondo e cogli uomini di
qualsiasi opinione. Soprattutto però abbiano in mente le parole di questo
Concilio: " Siccome oggi l'umanità va sempre più organizzandosi in unità
civile, economica e sociale, tanto più bisogna che i sacerdoti, unendo sforzi e
mezzi sotto la guida dei vescovi e del sommo pontefice, eliminino ogni motivo
di dispersione, affinché tutto il genere umano sia ricondotto all'unità della
famiglia di Dio ".
Benché la Chiesa per la virtù dello Spirito santo sia
rimasta sempre sposa fedele del suo Signore, e non abbia mai cessato di essere
segno di salvezza nel mondo, essa tuttavia non ignora affatto che tra i suoi
membri, sia chierici che laici, nella lunga serie dei secoli passati, non sono
mancati di quelli che non furono fedeli allo Spirito di Dio. Anche in questo
nostro tempo sa bene la Chiesa quanto distanti siano tra loro il messaggio
ch'essa reca e l'umana debolezza di coloro cui è affidato il Vangelo. Qualunque
sia il giudizio che la storia dà di tali difetti, noi dobbiamo esserne
consapevoli e combatterli con forza, perché non ne abbia danno la diffusione
del Vangelo. Così pure la Chiesa sa bene quanto essa debba continuamente
maturare in forza dell'esperienza di secoli, nel modo di realizzare i suoi rapporti
col mondo. Guidata dallo Spirito santo, la madre Chiesa non si stancherà di
" esortare i suoi figli alla purificazione e al rinnovamento, perché il
segno di Cristo risplenda ancor più chiaramente sul volto della Chiesa".
44. L'aiuto che
la Chiesa riceve dal mondo contemporaneo
Come è importante per il mondo che esso riconosca la
Chiesa quale realtà sociale della storia e suo fermento così pure la Chiesa non
ignora quanto essa abbia ricevuto dalla storia e dallo sviluppo del genere
umano.
L'esperienza dei secoli passati, il progresso delle
scienze, i tesori nascosti nelle varie forme di cultura umana, attraverso cui
si svela più appieno la natura stessa dell'uomo e si aprono nuove vie verso la
verità, tutto ciò è di vantaggio anche per la Chiesa. Essa, infatti, fin dagli
inizi della sua storia, imparò ad esprimere il messaggio di Cristo ricorrendo
ai concetti e alle lingue dei diversi popoli; e inoltre si sforzò di
illustrarlo con la sapienza dei filosofi: allo scopo, cioè, di adattare, quanto
conveniva, il Vangelo, sia alla capacità di tutti sia alle esigenze dei
sapienti. E tale adattamento della predicazione della parola rivelata deve
rimanere legge di ogni evangelizzazione. Così, infatti, viene sollecitata in
ogni popolo la capacità di esprimere secondo il modo proprio il messaggio di
Cristo, e al tempo stesso viene promosso uno scambio vitale tra la Chiesa e le
diverse culture dei popoli. Allo scopo di accrescere tale scambio, oggi,
soprattutto, che i cambiamenti sono così rapidi e tanto vari i modi di pensare,
la Chiesa ha bisogno particolare dell'aiuto di coloro che, vivendo nel mondo,
sono esperti nelle varie istituzioni e discipline, e ne capiscono la mentalità,
si tratti di credenti o di non credenti. E' dovere di tutto il popolo di Dio,
soprattutto dei pastori e dei teologi, con l'aiuto dello Spirito santo, di
ascoltare attentamente, discernere e interpretare i vari modi di parlare del
nostro tempo, e di saperli giudicare alla luce della parola di Dio, perché la
verità rivelata sia capita sempre più a fondo, sia meglio compresa e possa
venire presentata in forma più adatta.
La Chiesa, avendo una struttura sociale visibile, che è
appunto segno della sua unità in Cristo, può far tesoro, e lo fa, dello
sviluppo della vita sociale umana, non come se le mancasse qualcosa nella
costituzione datale da Cristo, ma per conoscere questa più profondamente, per
meglio esprimerla e per adattarla con più successo ai nostri tempi. Essa sente
con gratitudine di ricevere, nella sua comunità non meno che nei suoi figli
singoli, vari aiuti dagli uomini di qualsiasi grado e condizione. Chiunque
promuove la comunità umana nell'ordine della famiglia, della cultura, sia
nazionale che internazionale, porta anche non poco aiuto, secondo il disegno di
Dio, alla comunità della Chiesa, nella misura in cui questa dipende da fattori
esterni. Anzi, la Chiesa confessa che molto giovamento le è venuto e le può
venire dalla stessa opposizione di quanti la avversano o la perseguitano.
45. Cristo,
l'alfa e l'omega
La Chiesa, nel dare aiuto al mondo come nel ricevere
molto da esso, a questo soltanto mira: che venga il regno di Dio e si realizzi
la salvezza dell'intera umanità. Tutto ciò che di bene il popolo di Dio può
offrire all'umana famiglia, nel tempo del suo pellegrinaggio terreno,
scaturisce dal fatto che la Chiesa è " l'universale sacramento della
salvezza ", che svela e insieme realizza il mistero dell'amore di Dio
verso l'uomo.
Infatti il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è
stato creato, si è fatto egli stesso carne, per operare, lui l'uomo perfetto,
la salvezza di tutti e la ricapitolazione universale. Il Signore è il fine
della storia umana, " il punto focale dei desideri della storia e della
civiltà ", il centro del genere umano, la gioia d'ogni cuore, la pienezza
delle loro aspirazioni. Egli è colui che il Padre ha risuscitato da morte, ha
esaltato e collocato alla sua destra, costituendolo giudice dei vivi e dei
morti. Nel suo Spirito vivificati e coadunati, noi andiamo pellegrini incontro
alla finale perfezione della storia umana, che corrisponde in pieno col disegno
del suo amore: " ricapitolare tutte le cose in Cristo, quelle del cielo
come quelle della terra " (Ef. 1, 10).
Dice il Signore stesso: " Ecco, io vengo presto, e
porto con me il premio, per retribuire ciascuno secondo le opere sue. Io sono
l'alfa e l'omega, il primo e l'ultimo, il principio e la fine " (Ap. 22,
12-13).
PARTE II
ALCUNI PROBLEMI PIÙ URGENTI
46. Alcuni
problemi urgenti
Dopo aver esposto di quale dignità è insignita la persona
dell'uomo e quale compito, individuale e sociale, egli è chiamato ad adempiere
in tutto il mondo, il Concilio, alla luce del Vangelo e dell'esperienza umana,
attira ora l'attenzione di tutti su alcuni problemi contemporanei
particolarmente urgenti che toccano in modo specialissimo il genere umano.
Tra le numerose questioni che oggi destano la
sollecitudine di tutti, queste meritano particolare menzione: il matrimonio e
la famiglia, la cultura umana, la vita economico-sociale, la vita politica, la
solidarietà tra le nazioni e la pace. Sopra ciascuna di esse risplendano i
principi e la luce che provengono da Cristo; così i cristiani avranno una guida
e tutti gli uomini potranno essere illuminati nella ricerca delle soluzioni di
problemi tanto numerosi e complessi.
CAPITOLO I
DIGNITÀ DEL MATRIMONIO E DELLA FAMIGLIA E SUA
VALORIZZAZIONE
47. Matrimonio
e famiglia nel mondo d'oggi
La salvezza della persona e della società umana e
cristiana è strettamente connessa con una felice situazione della comunità
coniugale e familiare. Perciò i cristiani, assieme con quanti hanno alta stima
di questa stessa comunità, si rallegrano sinceramente dei vari sussidi grazie
ai quali gli uomini oggi progrediscono nel favorire questa comunità di amore e
nel rispetto della vita: sussidi che sono di aiuto a coniugi e genitori nella
loro preminente missione e dai quali attendono inoltre migliori vantaggi mentre
si sforzano di promuoverli.
Però non dappertutto la dignità di questa istituzione
brilla con identica chiarezza poiché è oscurata dalla poligamia, dalla piaga
del divorzio, del cosiddetto libero amore e da altre deformazioni. Per di più
l'amore coniugale è molto spesso profanato dall'egoismo, dall'edonismo e da usi
illeciti contro la generazione. Inoltre le odierne condizioni economiche, socio
psicologiche e civili portano turbamenti non lievi nella famiglia. E per ultimo
in determinate parti del mondo si avvertono non senza preoccupazioni i problemi
sorti dall'incremento demografico. Da tutto ciò sorgono difficoltà che
angustiano le coscienze. Tuttavia il valore e la solidità dell'istituto
matrimoniale e familiare prendono risalto dal fatto che le profonde mutazioni
dell'odierna società, nonostante le difficoltà che con violenza ne
scaturiscono, molto spesso rendono manifesta in maniere diverse la vera natura
dell'istituto stesso.
Perciò il Concilio, mettendo in chiara luce alcuni punti
capitali della dottrina della Chiesa, si propone di illuminare e rafforzare i
cristiani e tutti gli uomini che si sforzano di salvaguardare e promuovere la
dignità naturale e l'altissimo valore sacro dello stato matrimoniale.
48. Santità del
matrimonio e della famiglia
L'intima comunità di vita e d'amore coniugale, fondata
dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dal patto coniugale,
vale a dire dall'irrevocabile consenso personale. E così, è dall'atto umano col
quale i coniugi mutuamente si danno e si ricevono, che nasce, anche davanti
alla società, l'istituto (del matrimonio) che ha stabilità per ordinamento
divino; questo vincolo sacro in vista del bene sia dei coniugi e della prole
che della società, non dipende dall'arbitrio dell'uomo. Perché è Dio stesso l'autore
del matrimonio, dotato di molteplici valori e fini; tutti quanti di somma
importanza per la continuità del genere umano, il progresso personale e il
destino eterno di ciascuno dei membri della famiglia, per la dignità, la
stabilità, la pace e la prosperità della stessa famiglia e di tutta la società
umana. Per sua indole naturale, l'istituto stesso del matrimonio e l'amore
coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione della prole e in
queste trovano il loro coronamento. E così l'uomo e la donna, che per il patto
di amore coniugale " non sono più due, ma una sola carne " (Mt. 19,
6), prestandosi un mutuo aiuto e servizio con l'intima unione delle persone e
delle attività, esperimentano il senso della propria unità e sempre più pienamente
la raggiungono. Questa intima unione, in quanto mutua donazione di due persone,
come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne
reclamano l'indissolubile unità.
Cristo Signore ha effuso l'abbondanza delle sue
benedizioni su questo amore multiforme, sgorgato dalla fonte della divina
carità e strutturato sul modello della sua unione con la Chiesa. Infatti, come
un tempo Dio venne incontro al suo popolo con un patto di amore e fedeltà, così
ora il salvatore degli uomini e sposo della Chiesa viene incontro ai coniugi
cristiani attraverso il sacramento del matrimonio. Inoltre rimane con loro
perché, come egli stesso ha amato la Chiesa e si è dato per essa, così anche i
coniugi possano amarsi l'un l'altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione.
L'autentico amore coniugale è assunto nell'amore divino ed è sostenuto e
arricchito dalla forza redentiva del Cristo e dalla azione salvifica della
Chiesa, perché i coniugi, in maniera efficace, siano condotti a Dio e siano
aiutati e rafforzati nella sublime missione di padre e madre. Per questo motivo
i coniugi cristiani sono corroborati e come consacrati da uno speciale
sacramento per i doveri e la dignità del loro stato. Ed essi, compiendo in
forza di tale sacramento il loro dovere coniugale e familiare, penetrati dallo
spirito di Cristo, per mezzo del quale tutta la loro vita è pervasa di fede,
speranza e carità, tendono a raggiungere sempre più la propria perfezione e la
mutua santificazione, e perciò insieme partecipano alla glorificazione di Dio.
Di conseguenza, prevenuti dall'esempio dei genitori e
della preghiera in famiglia, i figli, ed anzi tutti quelli che convivono
nell'ambito familiare, troveranno più facilmente la strada della formazione
umana, della salvezza e della santità. Quanto agli sposi, insigniti della
dignità e responsabilità di padre e madre, adempiranno diligentemente il dovere
dell'educazione, soprattutto religiosa, che spetta prima di ogni altro a loro.
I figli, come membra vive della famiglia, contribuiscono
a loro modo alla santificazione dei genitori. Risponderanno, infatti, ai
benefici ricevuti dai genitori con affetto riconoscente, con devozione e
fiducia; e saranno loro vicini, come si conviene a figli, nelle avversità e
nella solitudine della vecchiaia. La vedovanza, accettata con animo forte come
continuazione della vocazione coniugale, sarà onorata da tutti. La famiglia
metterà con generosità in comune con le altre famiglie le proprie ricchezze
spirituali. Perciò la famiglia cristiana, poiché nasce dal matrimonio, che è
l'immagine e la partecipazione del patto d'amore del Cristo e della Chiesa,
renderà manifesta a tutti la viva presenza del Salvatore nel mondo e la genuina
natura della Chiesa, sia con l'amore, la fecondità generosa, l'unità e la
fedeltà degli sposi, sia con l'amorevole cooperazione di tutti i suoi membri.
49. L'amore
coniugale
I fidanzati sono ripetutamente invitati dalla parola di
Dio a nutrire e potenziare il loro fidanzamento con un amore casto e gli sposi
la loro unione matrimoniale con un affetto non diviso. Anche molti uomini della
nostra epoca danno grande valore al vero amore tra marito e moglie, che si
manifesta in espressioni diverse secondo oneste usanze di popoli e tempi.
Proprio perché atto eminentemente umano, essendo diretto da persona a persona
con un sentimento che nasce dalla volontà, quell'amore abbraccia il bene di
tutta la persona, e perciò ha la possibilità di arricchire di particolare
dignità i sentimenti dell'animo e le loro manifestazioni fisiche e di
nobilitarli come elementi e segni speciali dell'amicizia coniugale. Il Signore
si è degnato di sanare, perfezionare ed elevare questo amore con uno speciale
dono di grazia e carità. Un male amore, unendo assieme valori umani e divini,
conduce gli sposi al libero e mutuo dono di se stessi, provato da sentimenti e
gesti di tenerezza, e pervade tutta quanta la vita dei coniugi; anzi diventa
perfetto e cresce proprio mediante il generoso suo esercizio. E' ben superiore,
perciò, alla pura attrattiva erotica che, egoisticamente coltivata, presto e
miseramente svanisce.
Questo amore è espresso e reso perfetto in maniera tutta
particolare dall'esercizio degli atti che sono propri del matrimonio; ne
consegue che gli atti coi quali i coniugi si uniscono in casta intimità, sono
onorevoli e degni, e, compiuti in modo veramente umano, favoriscono la mutua
donazione che essi significano ed arricchiscono vicendevolmente in gioiosa
gratitudine gli sposi stessi. Quest'amore, ratificato da un impegno e più di
tutto sancito da un sacramento del Cristo, è indissolubilmente fedele nella
prospera e cattiva sorte sul piano del corpo e dello spirito, e di conseguenza
è alieno da ogni adulterio e divorzio. L'unità del matrimonio confermata dal
Signore appare in maniera lampante anche dalla uguale dignità personale sia
dell'uomo che della donna, che deve essere riconosciuta nel mutuo e pieno
amore. Però, per far fede costantemente agli impegni di questa vocazione
cristiana, si richiede una virtù fuori dal comune; ed è per questo che i
coniugi, resi forti dalla grazia per una vita santa, coltiveranno assiduamente
la fermezza dell'amore, la grandezza d'animo, lo spirito di sacrificio e
l'impetreranno con la preghiera.
L'autentico amore coniugale godrà più alta stima e si
formerà al riguardo una sana opinione pubblica, se i coniugi cristiani danno
testimonianza della fedeltà e dell'armonia nell'amore oltre che nella
sollecitudine dell'educazione dei figli, e se fanno la loro parte nel
necessario rinnovamento culturale, psicologico e sociale a favore del matrimonio
e della famiglia. I giovani devono essere adeguatamente e tempestivamente
istruiti, soprattutto in seno alla propria famiglia, sulla dignità dell'amore
coniugale, sulla sua funzione e le sue espressioni; così che, formati nella
stima della castità, possano ad età conveniente passare da un onesto
fidanzamento alle nozze.
50. La
fecondità del matrimonio
Il matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati per loro
natura alla procreazione ed educazione della prole. I figli infatti sono il
preziosissimo dono del matrimonio e contribuiscono moltissimo al bene degli
stessi genitori. Lo stesso Dio che disse: " non è bene che l'uomo sia solo
" (Gen. 2, 18) e che " creò all'inizio l'uomo maschio e femmina
" (Mt. 19, 4), volendo comunicare all'uomo una certa speciale
partecipazione nella sua opera creatrice, benedisse l'uomo e la donna, dicendo
loro: " crescete e moltiplicatevi " (Gen. 1, 28). Di conseguenza la
vera pratica dell'amore coniugale e tutta la struttura della vita familiare che
ne nasce, senza posporre agli altri fini del matrimonio, a questo tendono che i
coniugi, con fortezza di animo, siano disposti a cooperare con l'amore del
Creatore e del Salvatore, che attraverso di loro continuamente dilata e
arricchisce la sua famiglia.
Nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla,
che deve essere considerato come la loro propria missione, i coniugi sanno di
essere cooperatori dell'amore di Dio creatore e come suoi interpreti. E perciò
adempiranno il loro dovere con umana e cristiana responsabilità, e con docile
riverenza verso Dio, con riflessione e impegno comune si formeranno un retto
giudizio, tenendo conto sia del proprio bene personale che di quello dei figli,
tanto di quelli nati che di quelli che si prevede nasceranno, valutando le
condizioni di vita del proprio tempo e del proprio stato di vita, tanto nel
loro aspetto materiale, che spirituale; e, in fine, salvaguardando la scala dei
valori del bene della comunità familiare, della società temporale e della
Chiesa. Questo giudizio in ultima analisi lo devono formulare, davanti a Dio,
gli sposi stessi. Però nella loro linea di condotta i coniugi cristiani siano
consapevoli che non possono procedere a loro arbitrio, ma devono sempre essere
retti da una coscienza che si deve conformare alla legge divina stessa, docili
al magistero della Chiesa, che in modo autentico quella legge interpreta alla
luce del Vangelo. Tale legge divina manifesta il significato pieno dell'amore
coniugale, lo salvaguarda e lo sospinge verso la sua perfezione veramente umana.
Così i coniugi cristiani, confidando nella divina provvidenza e coltivando lo
spirito di sacrificio, glorificano il Creatore e tendono alla perfezione in
Cristo quando adempiono alla loro funzione di procreare, con generosa, umana e
cristiana responsabilità. Tra i coniugi che in tal modo soddisfano alla
missione loro affidata da Dio, sono da ricordare in modo particolare quelli
che, con decisione prudente e di comune accordo, accettano con grande animo
anche un più gran numero di figli da educare convenientemente.
Il matrimonio, tuttavia, non è stato istituito soltanto
per la procreazione; ma il carattere stesso di patto indissolubile tra persone
e il bene dei figli esigono che anche il mutuo amore dei coniugi abbia le sue
giuste manifestazioni, si sviluppi e arrivi a maturità. E perciò anche se la
prole, molto spesso tanto vivamente desiderata, non c'è, il matrimonio perdura
come consuetudine e comunione di tutta la vita e conserva il suo valore e le
sue indissolubilità.
51. Accordo
dell'amore coniugale con il rispetto della vita umana
Il Concilio sa che spesso i coniugi, nel dare un ordine
armonico alla vita coniugale, sono ostacolati da alcune condizioni della vita
di oggi, e possono trovare circostanze nelle quali non si può aumentare, almeno
per un certo tempo, il numero dei figli, e non senza difficoltà si può
conservare la pratica dell'amore fedele e la piena familiarità di vita. Là
dove, infatti, è interrotta la intimità della vita coniugale non è raro che la
fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromessa la prole: allora,
infatti, corrono pericolo l'educazione dei figli e il coraggio di accettarne
altri.
C'è chi presume portare, a questi problemi, soluzioni non
oneste, anzi non rifugge neppure dall'uccisione; ora la Chiesa ricorda che non
può esserci vera contraddizione tra le leggi divine del trasmettere la vita e
del dovere di favorire l'autentico amore coniugale.
Infatti, Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini
l'altissima missione di proteggere la vita, missione che deve essere adempiuta
in modo umano. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la
massima cura; e l'aborto come l'infanticidio sono abominevoli delitti. L'indole
sessuale dell'uomo e la facoltà umana di generare sono meravigliosamente superiori
a quanto avviene negli stadi inferiori della vita; perciò anche gli atti
stessi, propri della vita coniugale, ordinati secondo la vera dignità umana,
devono essere rispettati con grande stima. Perciò quando si tratta di comporre
l'amore coniugale con la trasmissione responsabile della vita, il carattere
morale del comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla
valutazione dei motivi, ma va determinato da criteri oggettivi, che hanno il
loro fondamento nella natura stessa della persone umana e dei suoi atti che
sono destinati a mantenere in un contesto di vero amore l'integro senso della
mutua donazione e della procreazione umana; e tutto ciò non sarà possibile se
non venga coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale. I figli
della Chiesa, fondati su questi principi, nel regolare la procreazione non
potranno seguire strade che sono condannate dal magistero, nella sua funzione
di interprete della legge divina.
Sia chiaro a tutti che la vita dell'uomo e il compito di
trasmetterla non sono limitati solo a questo tempo e non si possono commisurare
e capire in questo mondo soltanto, ma riguardano sempre il destino eterno degli
uomini.
52. L'impegno
di tutti per il bene del matrimonio e della famiglia
La famiglia è una scuola di umanità più ricca. Perché
però essa possa attingere la pienezza della sua vita e del suo compito, è
necessaria una amorevole apertura vicendevole di animo tra i coniugi, e la
consultazione reciproca ed una continua collaborazione tra i genitori nella educazione
dei figli. La presenza attiva del padre giova moltissimo alla loro formazione;
ma deve pure essere salvaguardata la presenza e la cura della madre nella casa,
di cui abbisognano specialmente i figli più piccoli, pur senza trascurare la
promozione sociale della donna. I figli poi, mediante la educazione, devono
venire formati in modo che, giunti alla loro maturità, possano seguire con
pieno senso di responsabilità la vocazione loro, compresa quella sacra, e
scegliere lo stato di vita; e se sceglieranno lo stato di vita coniugale,
possano formare una propria famiglia nelle condizioni morali, sociali ed
economiche per loro veramente favorevoli. E' compito poi dei genitori o dei
tutori guidare i più giovani nella formazione di una nuova famiglia con il
consiglio prudente, presentato in modo che questi lo ascoltino volentieri;
dovranno soprattutto evitare di obbligarli, con forme di pressione diretta o
indiretta, ad un determinato stato di vita o alla scelta di una determinata
persona come coniuge.
In questo modo la famiglia, nella quale le diverse
generazioni si incontrano e si aiutano vicendevolmente a raggiungere una
saggezza umana più completa e a comporre convenientemente i diritti della
persona con le altre esigenze della vita sociale, è veramente il fondamento
della società. Perciò tutti coloro che hanno influenza sulla società e le sue
diverse categorie, devono collaborare efficacemente al bene del matrimonio e
della famiglia; e le autorità civili dovranno considerare come un sacro dovere
rispettare, proteggere e favorire la loro vera natura, la moralità pubblica e
la prosperità domestica. In particolare dovrà essere difeso il diritto dei
genitori di generare la prole e di educarla in seno alla famiglia. Ma una
provvida legislazione ed iniziative varie dovranno pure proteggere ed aiutare
opportunamente coloro che sono purtroppo privi di una propria famiglia.
I cristiani, bene utilizzando il tempo presente e
distinguendo le realtà permanenti dalle forme mutevoli, si adoperino per
sviluppare diligentemente i valori della propria vita, tanto con la
testimonianza della propria vita quanto con una azione concorde con gli uomini
di buona volontà: così, superando le difficoltà presenti, essi provvederanno ai
bisogni ed agli interessi della famiglia, in accordo con i tempi nuovi. A
questo fine saranno di grande aiuto il senso cristiano dei fedeli, la retta
coscienza morale degli uomini, come pure la saggezza e la competenza di chi è
versato nelle discipline sacre.
Gli esperti nelle scienze, soprattutto biologiche,
mediche, sociali e psicologiche possono portare un grande contributo al bene
del matrimonio e della famiglia ed alla pace delle coscienze, se, unendo i loro
studi, cercheranno di chiarire sempre più a fondo le diverse condizioni che
favoriscono un'ordinata e onesta procreazione umana.
E' compito dei sacerdoti provvedersi una necessaria
competenza sui problemi della vita famigliare, aiutare amorosamente la
vocazione dei coniugi nella loro vita coniugale e familiare, con i vari mezzi
pastorali: la predicazione della parola di Dio, il culto liturgico, ed altri
aiuti spirituali, ed aiutarli con umanità e pazienza nelle loro difficoltà,
rafforzarli nella carità, perché si formino famiglie davvero serene.
Le varie opere di apostolato, specialmente i movimenti
familiari, si adopereranno a sostenere con la dottrina e con la azione i
giovani e gli stessi sposi, particolarmente le nuove famiglie, ed a formarli
alla vita familiare, sociale ed apostolica.
E infine i coniugi stessi, creati a immagine del Dio
vivente e costituiti in un'autentica dignità personale, siano uniti da un
uguale mutuo affetto, dallo stesso modo di sentire, da comune santità, così
che, seguendo Cristo principio di vita, nelle gioie e nei sacrifici della loro
vocazione, attraverso il loro amore fedele, possano diventare testimoni di quel
mistero di amore che il Signore ha rivelato al mondo con la sua morte e la sua
resurrezione.
CAPITOLO II
LA PROMOZIONE DEL PROGRESSO DELLA CULTURA
53. La
promozione del progresso della cultura
E' proprio della persona umana il non poter raggiungere
un livello di vita veramente e pienamente umano se non mediante la cultura,
coltivando cioè i beni e i valori della natura. Perciò, ogniqualvolta si tratta
della vita umana, natura e cultura sono quanto mai strettamente connesse.
Con il termine generico di " cultura " si
vogliono indicare tutti quei mezzi con i quali l'uomo affina ed esplica le
molteplici sue doti di anima e di corpo; procura di ridurre in suo potere il
cosmo stesso con la conoscenza e il lavoro; rende più umana la vita sociale sia
nella famiglia che in tutta la società civile, mediante il progresso del
costume e delle istituzioni; infine, con l'andar del tempo, esprime, comunica e
conserva nelle sue opere le grandi esperienze e aspirazioni spirituali,
affinché possano servire al progresso di molti, anzi di tutto il genere umano.
Di conseguenza la cultura presenta necessariamente un
aspetto storico e sociale, e la voce " cultura " assume spesso un
significato sociologico ed etnologico. In questo senso si parla di pluralità
delle culture. Infatti dal diverso modo di far uso delle cose, di lavorare, di
esprimersi, di praticare la religione e di formare i costumi, di fare le leggi
e creare gli istituti giuridici, di sviluppare le scienze e le arti e di
coltivare il bello, hanno origine le diverse condizioni comuni di vita e le
diverse maniere di organizzare i beni della vita. Così dalle usanze
tradizionali si forma il patrimonio proprio di ciascuna comunità umana. Così
pure si costituisce l'ambiente storicamente definito, in cui ogni uomo, di
qualsiasi stirpe ed epoca, si inserisce, e da cui attinge i beni che gli
consentono di promuovere la civiltà.
SEZIONE I
LA SITUAZIONE DELLA CULTURA NEL MONDO ODIERNO
54. Nuovi stili
di vita
Le condizioni di vita dell'uomo moderno, sotto l'aspetto
sociale e culturale sono profondamente cambiate, così che è lecito parlare di
una nuova epoca della storia umana. Di qui si aprono nuove vie per perfezionare
e più largamente diffondere la cultura. Esse sono state preparate da un
grandioso sviluppo delle scienze naturali e umane, anche sociali, dal progresso
delle tecniche, dallo sviluppo e dall'organizzazione degli strumenti della
comunicazione sociale. Perciò la cultura odierna è caratterizzata da alcune
note distintive: le scienze " esatte " affinano grandemente il senso
critico; i più recenti studi di psicologia spiegano con maggiore profondità
l'attività umana; le scienze storiche giovano assai a far considerare le cose
sotto l'aspetto della loro mutabilità ed evoluzione: i modi di vivere ed i
costumi diventano sempre più uniformi: l'industrializzazione, l'urbanesimo e le
altre cause che favoriscono la vita comunitaria creano nuove forme di cultura
(cultura di massa), da cui nascono nuovi modi di pensare, di agire, d'impiegare
il tempo libero; lo sviluppo dei rapporti fra i vari popoli e le classi sociali
aprono più ampiamente a tutti e a ciascuno i tesori delle diverse forme di
cultura, e così a poco a poco si prepara una forma più universale di cultura
umana, che tanto più promuove ed esprime l'unità del genere umano, quanto
meglio rispetta le particolarità delle diverse culture.
55. L'uomo
artefice della cultura
Cresce sempre più il numero degli uomini e delle donne di
ogni ceto o nazione, coscienti di essere artefici e attori della cultura della
propria comunità. In tutto il mondo si sviluppa sempre più il senso
dell'autonomia e della responsabilità, cosa che è di somma importanza per la
maturità spirituale e morale della umanità. Ciò appare ancor più chiaramente,
se teniamo presente l'unificazione del mondo e il compito che ci si impone di
costruire un mondo migliore nella verità e nella giustizia. In tal modo siamo
testimoni della nascita d'un nuovo umanesimo in cui l'uomo si definisce
anzitutto per la sua responsabilità verso i suoi fratelli e verso la storia.
56. Difficoltà
e compiti
In queste condizioni non è da stupire se l'uomo che si
sente responsabile del progresso della cultura, nutre una maggiore speranza, ma
considera pure con ansietà le molteplici antinomie esistenti ch'egli deve
risolvere.
Che cosa si deve fare affinché gli intensificati rapporti
culturali, che dovrebbero condurre a un vero e fruttuoso dialogo tra classi e
nazioni diverse, non turbino la vita delle comunità, né sovvertano la sapienza
dei padri, né mettano in pericolo l'indole propria di ciascun popolo?
In qual modo promuovere il dinamismo e l'espansione della
nuova cultura senza che si perda la viva fedeltà verso il patrimonio delle
tradizioni? Ciò è di particolare urgenza là dove la cultura, che nasce dal
grande sviluppo scientifico e tecnico, si deve armonizzare con quel culto
dell'intelligenza che, secondo le varie tradizioni, viene alimentata dagli
studi classici.
In qual maniera si può armonizzare una così rapida e
crescente dispersione delle scienze particolari, con la necessità di farne la
sintesi, e di mantenere nell'uomo le facoltà della contemplazione e
dell'ammirazione che conducono alla sapienza?
Che cosa si deve fare affinché gli uomini di tutto il
mondo siano resi partecipi dei beni della cultura, proprio quando la cultura
degli specialisti diviene sempre più profonda e complessa?
Come infine si deve fare per riconoscere come legittima
l'autonomia che la cultura rivendica a se stessa senza cadere in un umanesimo
puramente terrestre, anzi avverso alla religione stessa?
In mezzo pure a quelle antinomie, la cultura umana oggi
si deve sviluppare in modo da coltivare, con giusto ordine, la persona umana
nella sua integrità e da aiutare gli uomini nei compiti, al cui adempimento
tutti, ma specialmente i cristiani, fraternamente uniti in una sola famiglia
umana, sono chiamati.
SEZIONE II
ALCUNI PRINCIPI RIGUARDANTI LA RETTA PROMOZIONE
DELLA CULTURA
57. Fede e
cultura
I cristiani, in cammino verso la città celeste, devono
ricercare e gustare le cose di lassù: questo tuttavia non diminuisce, ma anzi
aumenta l'importanza del loro dovere di collaborare con tutti gli uomini per la
costruzione di un mondo più umano. E in verità il mistero della fede cristiana
offre loro eccellenti stimoli e aiuti per assolvere con maggiore impegno questo
compito e specialmente per scoprire il pieno significato di quest'opera,
mediante la quale la cultura umana acquisti il suo posto privilegiato nella
vocazione integrale dell'uomo.
L'uomo infatti, quando coltiva la terra col lavoro delle
sue braccia o con l'aiuto della tecnica, affinché essa produca frutto e diventi
una dimora degna dell'universale famiglia umana, e quando partecipa
consapevolmente alla vita dei gruppi sociali, attua il disegno di Dio,
manifestato all'inizio dei tempi, di assoggettare la terra e di perfezionare la
creazione, e coltiva se stesso; nello stesso tempo mette in pratica il grande
comandamento di Cristo di prodigarsi al servizio dei fratelli.
L'uomo inoltre, applicandosi allo studio delle varie
discipline quali la filosofia, la storia, la matematica, le scienze naturali, e
occupandosi di arte, può contribuire moltissimo ad elevare la umana famiglia a
più alti concetti del vero, del bene e del bello e ad un giudizio di universale
valore: in tal modo questa sarà più vivamente illuminata da quella mirabile
sapienza, che dall'eternità era con Dio, disponendo con lui ogni cosa, ricreandosi
nell'orbe terrestre e trovando le sue delizie nello stare con i figli degli
uomini.
Per ciò stesso lo spirito umano, più libero dalla
schiavitù delle cose, può innalzarsi più speditamente al culto ed alla
contemplazione del Creatore. Anzi sotto l'impulso della grazia, si dispone a
riconoscere il Verbo di Dio, che prima di farsi carne per tutto salvare e
ricapitolare in se stesso, già era nel mondo come " luce vera che illumina
ogni uomo " (Gv. 1, 9).
Certo, l'odierno progresso delle scienze e della tecnica,
che in forza del loro metodo non possono penetrare nelle intime ragioni delle
cose, può favorire un certo fenomenismo e agnosticismo, quando il metodo di
investigazione di cui fanno uso queste scienze, viene innalzato a torto a norma
suprema di ricerca della verità totale. Anzi, vi è il pericolo che l'uomo,
troppo fidandosi delle odierne scoperte, pensi di bastare a se stesso e più non
cerchi cose più alte.
Questi fatti deplorevoli però non scaturiscono
necessariamente dalla odierna cultura, né debbono indurci nella tentazione di
non riconoscere i suoi valori positivi. Fra questi si annoverano: lo studio
delle scienze e la rigorosa fedeltà al vero nella indagine scientifica, la
necessità di collaborare con gli altri nei gruppi tecnici specializzati, il
senso della solidarietà internazionale, la coscienza sempre più viva della
responsabilità degli esperti nell'aiutare e anzi proteggere gli uomini, la
volontà di rendere più felici le condizioni di vita per tutti, specialmente per
coloro che soffrono per la privazione della responsabilità personale o per la
povertà culturale. Tutto questo può in qualche modo essere una preparazione a
ricevere l'annunzio del Vangelo; preparazione che può essere informata dalla
divina carità di colui che è venuto a salvare il mondo.
58. I
molteplici rapporti fra il Vangelo di Cristo e la cultura
Fra il messaggio della salvezza e la cultura umana
esistono molteplici rapporti. Dio infatti, rivelandosi al suo popolo, fino alla
piena manifestazione di sé nel Figlio incarnato, ha parlato secondo il tipo di
cultura proprio delle diverse epoche storiche.
Parimenti la Chiesa, vivendo nel corso dei secoli in
condizioni diverse, si è servita delle differenti culture, per diffondere e
spiegare il messaggio cristiano nella sua predicazione a tutte le genti, per
studiarlo ed approfondirlo, per meglio esprimerlo nella vita liturgica e nella
vita della multiforme comunità dei fedeli.
Ma, nello stesso tempo, inviata a tutti i popoli di
qualsiasi tempo e di qualsiasi luogo, la Chiesa non si lega in modo esclusivo e
indissolubile a nessuna stirpe o nazione, a nessun particolare modo di vivere,
a nessuna consuetudine antica o recente. Fedele alla propria tradizione e nello
stesso tempo cosciente della sua missione universale, è in grado di entrare in
comunione con le diverse forme di cultura; tale comunione arricchisce tanto la
Chiesa stessa quanto le varie culture.
La buona novella di Cristo rinnova continuamente la vita
e la cultura dell'uomo decaduto, combatte e rimuove gli errori e i mali,
derivanti dalla sempre minacciosa seduzione del peccato. Continuamente purifica
ed eleva la moralità dei popoli. Con la ricchezza soprannaturale feconda come
dall'interno, fortifica, completa e restaura in Cristo le qualità dello spirito
e le doti di ciascun popolo. In tal modo la Chiesa, compiendo la sua missione,
già con questo stesso fatto stimola e dà il suo contributo alla cultura umana e
civile e, mediante la sua azione, anche liturgica, educa l'uomo alla libertà
interiore.
59.
Armonizzazione dei diversi aspetti della cultura
Per i motivi suddetti la Chiesa ricorda a tutti che la
cultura deve mirare alla perfezione integrale della persona umana, al bene
della comunità e di tutta la società umana. Perciò è necessario coltivare lo
spirito in modo che si sviluppino le facoltà dell'ammirazione, dell'intuizione,
della contemplazione, e si diventi capaci di formarsi un giudizio personale, di
coltivare il senso religioso, morale e sociale.
Infatti la cultura, scaturendo dalla natura ragionevole e
sociale dell'uomo, ha un incessante bisogno della giusta libertà per
svilupparsi e le si deve riconoscere la legittima possibilità di esercizio
autonomo secondo i propri principi. A ragione dunque essa esige rispetto e gode
di una certa inviolabilità, salvi evidentemente i diritti della persona e della
comunità, sia particolare sia universale, entro i limiti del bene comune.
Il sacro Concilio, richiamando ciò che insegnò il
Concilio Vaticano I, dichiara che " esistono due ordini di conoscenza
" distinti, cioè quello della fede e quello della ragione, e che la Chiesa
non vieta che " le arti e le discipline umane (...) si servano,
nell'ambito proprio a ciascuna, dei propri principi e di un proprio metodo
"; perciò, " riconoscendo questa giusta libertà ", la Chiesa
afferma la legittima autonomia della cultura e specialmente delle scienze.
Tutto questo esige pure che l'uomo, nel rispetto
dell'ordine morale e della comune utilità, possa liberamente investigare il
vero, manifestare e diffondere la sua opinione, e coltivare qualsiasi arte;
esige, infine, che sia informato secondo verità degli eventi di carattere
pubblico.
E' compito dei pubblici poteri non determinare il
carattere proprio delle forme di cultura, ma assicurare le condizioni e i sussidi
atti a promuovere la vita culturale fra tutti, anche fra le minoranze di una
nazione. Perciò bisogna innanzitutto insistere che la cultura, stornata dal
proprio fine, non sia costretta a servire il potere politico o il potere
economico.
SEZIONE III
ALCUNI DOVERI PIÙ URGENTI PER I CRISTIANI CIRCA LA CULTURA
60.
Riconoscimento del diritto di ciascuno alla cultura
Poiché si offre ora la possibilità di liberare moltissimi
uomini dalla miseria dell'ignoranza, è compito sommamente confacente al nostro
tempo, specialmente per i cristiani, lavorare indefessamente perché tanto in
campo economico quanto in campo politico, tanto sul piano nazionale quanto sul
piano internazionale, si affermino i principi fondamentali, mediante i quali
sia riconosciuto e attuato dovunque il diritto di tutti a una cultura umana e
civile conforme alla dignità della persona, senza distinzione di stirpe, di
sesso, di nazione, di religione o di condizione sociale. Perciò è necessario
procurare a tutti una sufficiente abbondanza di beni culturali, specialmente di
quelli che costituiscono la così detta cultura di base, affinché moltissimi,
per causa dell'analfabetismo e della privazione di un'attività responsabile,
non siano impediti di dare una collaborazione veramente umana al bene comune.
Occorre perciò fare ogni sforzo affinché quelli che ne
sono capaci possano ascendere agli studi superiori; e proprio in tale maniera
che, per quanto è possibile, essi possano occuparsi nell'umana società di
quelle funzioni, di quei compiti e servizi che sono compatibili con le loro
attitudini naturali e con le competenze acquisite. Così ognuno e i gruppi
sociali di ciascun popolo saranno in grado di raggiungere il pieno sviluppo
della loro vita culturale, in conformità con le doti e tradizioni loro proprie.
Bisogna inoltre fare di tutto perché ciascuno prenda
coscienza tanto del diritto alla cultura quanto del dovere di coltivarsi e di
aiutare gli altri. Vi sono talora condizioni di vita e di lavoro che
impediscono negli uomini lo sforzo culturale e perciò distruggono in essi
l'interesse per la cultura. Questo vale in modo speciale per i contadini e gli
operai, ai quali bisogna assicurare condizioni di lavoro tali che non
impediscano ma promuovano la loro vita culturale. Le donne lavorano già in
quasi tutti i settori della vita; conviene ora che esse siano in grado dì
svolgere pienamente i loro compiti secondo l'indole ad esse propria. Sarà
dovere di tutti far sì che la partecipazione propria e necessaria delle donne
alla vita culturale sia riconosciuta e promossa.
61.
L'educazione dell'uomo a una cultura integrale
Oggi vi è più difficoltà dì un tempo nel ridurre a
sintesi le varie discipline del sapere e le arti. Mentre infatti aumenta il
volume e la diversità degli elementi che costituiscono la cultura, diminuisce
nello stesso tempo la capacità per i singoli uomini di percepirli e di
armonizzarli organicamente, cosicché l'immagine dell'" uomo universale
" diviene sempre più evanescente. Tuttavia ogni uomo ha il dovere di tener
fermo il concetto della persona umana integrale, in cui eccellono i valori
della intelligenza, della volontà, della coscienza e della fraternità, che sono
fondati tutti in Dio creatore e sono stati mirabilmente sanati ed elevati in
Cristo
La famiglia anzitutto è come la madre e la nutrice di
questa educazione; in essa i figli, vivendo in una atmosfera d'amore,
apprendono più facilmente il retto ordine delle cose, mentre collaudate forme
culturali vengono come naturalmente trasfuse nell'animo dell'adolescente che si
sviluppa.
Per la medesima educazione nelle società odierne vi sono
opportunità, derivanti specialmente dall'accresciuta diffusione del libro, dai
nuovi strumenti di comunicazione culturale e sociale, che possono favorire la
cultura universale. La diminuzione più o meno generalizzata del tempo di lavoro
fa aumentare di giorno in giorno le facilitazioni per molti uomini. Il tempo
libero sia a ragione impiegato per distendere lo spirito, per fortificare la
salute dell'anima e del corpo, mediante attività e studi di libera scelta,
mediante viaggi in altri paesi (turismo), con i quali si affina lo spirito
dell'uomo e gli uomini si arricchiscono con la reciproca conoscenza, anche
mediante esercizi e manifestazioni sportive, che giovano a mantenere
l'equilibrio dello spirito anche nella comunità e offrono un aiuto per
stabilire fraterne relazioni fra gli uomini di tutte le condizioni, di nazioni
o di stirpi diverse. I cristiani collaborino dunque affinché le manifestazioni
e attività culturali collettive, proprie della nostra epoca, siano impregnate
di spirito umano e cristiano.
Tuttavia tutte queste facilitazioni non sono in grado di
compiere l'integrale formazione culturale dell'uomo, se nello stesso tempo si
trascura di interrogarsi profondamente sul significato della cultura e della
scienza nei riguardi della persona umana.
62. Accordo fra
cultura umana e insegnamento cristiano
Sebbene la Chiesa abbia grandemente contribuito al
progresso della cultura, l'esperienza dimostra tuttavia che, per ragioni
contingenti, l'accordo fra la cultura e la formazione cristiana non si realizza
sempre senza difficoltà.
Queste difficoltà non necessariamente sono di danno alla
fede; possono, anzi, stimolare lo spirito ad una più accurata e profonda
intelligenza della fede. Infatti gli studi recenti e le nuove scoperte delle
scienze, della storia e della filosofia, suscitano nuovi problemi che
comportano conseguenze anche per la vita pratica ed esigono anche dai teologi
muove indagini. I teologi sono inoltre invitati, nel rispetto dei metodi e
delle esigenze proprie della scienza teologica, a sempre ricercare modi più
adatti di comunicare la dottrina cristiana agli uomini della loro epoca, perché
altro è il deposito o le verità della fede, altro è il modo con cui vengono
enunziate, rimanendo pur sempre lo stesso il significato e il senso profondo.
Nella cura pastorale si conoscano sufficientemente e si faccia uso non soltanto
dei principi della teologia, ma anche delle scoperte delle scienze profane, in
primo luogo della psicologia e della sociologia, cosicché anche i fedeli siano
condotti a una più pura e più matura vita di fede.
A modo loro, anche la letteratura e le arti sono di
grande importanza per la vita della Chiesa. Esse si sforzano infatti di
conoscere l'indole propria dell'uomo, i suoi problemi e la sua esperienza nello
sforzo di conoscere e perfezionare se stesso e il mondo; si preoccupano di
scoprire la sua situazione nella storia e nell'universo, di illustrare le sue
miserie e le sue gioie, i suoi bisogni e le sue capacità, e di prospettare una
migliore condizione dell'uomo. Così sono in grado di elevare la vita umana,
espressa in molteplici forme, secondo i tempi e i luoghi.
Bisogna perciò impegnarsi affinché i cultori di quelle
arti si sentano riconosciuti dalla Chiesa nella loro attività, e godendo di
un'ordinata libertà, stabiliscano più facili rapporti con la comunità
cristiana. Siano riconosciute dalla Chiesa anche le nuove tendenze artistiche adatte
ai nostri tempi secondo l'indole delle diverse nazioni e regioni. Siano ammesse
negli edifici del culto, quando, con un linguaggio adeguato e conforme alle
esigenze liturgiche, innalzano lo spirito a Dio.
Così la conoscenza di Dio viene meglio manifestata e la
predicazione evangelica si rende più trasparente all'intelligenza degli uomini
e appare come connaturata con le loro condizioni.
I fedeli dunque vivano in strettissima unione con gli
uomini del loro tempo, e si sforzino di penetrare perfettamente il loro modo di
pensare e di sentire, di cui la cultura è espressione. Sappiano armonizzare la
conoscenza delle nuove scienze, delle nuove dottrine e delle più recenti
scoperte con la morale e il pensiero cristiani, affinché la pratica della
religione e l'onestà procedano in essi di pari passo con la conoscenza
scientifica e con il continuo progresso della tecnica, in modo che siano in
grado di giudicare e interpretare tutte le cose con senso integralmente
cristiano.
Coloro che si applicano alle scienze teologiche nei
seminari e nelle università, cerchino di collaborare con gli uomini che
eccellono nelle altre scienze, mettendo in comune le loro forze e opinioni. La
ricerca teologica, mentre prosegue nella conoscenza profonda della verità
rivelata, non trascuri il contatto con il proprio tempo, per poter aiutare gli
uomini competenti nei vari settori del sapere ad una più piena conoscenza della
fede. Questa collaborazione gioverà grandemente alla formazione dei sacri
ministri, che potranno presentare ai nostri contemporanei la dottrina della
Chiesa intorno a Dio, all'uomo e al mondo in maniera più adatta, così che
quella parola sia da loro accettata ancor più volentieri. E' anzi desiderabile
che molti laici acquistino una conveniente formazione nelle scienze sacre e che
non pochi tra loro coltivino questi studi e li approfondiscano con mezzi
scientifici adeguati. Ma affinché siano in grado di esercitare il loro compito
sia riconosciuta ai fedeli sia ecclesiastici che laici la giusta libertà di
ricercare, di pensare, di manifestare con umiltà e coraggio la propria opinione
nel campo in cui sono competenti.
CAPITOLO III
VITA ECUMENICO-SOCIALE
63. La vita
economica e alcuni aspetti caratteristici contemporanei
Anche nella vita economico-sociale sono da onorare e da
promuovere la dignità e l'integrale vocazione della persona umana come pure il
bene dell'intera società. L'uomo infatti è l'autore, il centro e il fine di
tutta la vita economico-sociale.
L'economia contemporanea, come ogni altro campo della
vita sociale, è caratterizzata da un dominio crescente dell'uomo sulla natura,
dalla moltiplicazione e dalla intensificazione dei rapporti e dalla
interdipendenza tra cittadini, gruppi e popoli, come pure da un più intenso
intervento dei pubblici poteri. D'altra parte il progresso nella efficienza
produttiva e nella migliore organizzazione degli scambi e servizi hanno reso
l'economia strumento efficace che può meglio soddisfare le aumentate esigenze
della famiglia umana.
Tuttavia non mancano motivi di preoccupazione. Non pochi
uomini, soprattutto nelle regioni economicamente sviluppate, appaiono come
dominati dalle esigenze dell'economia cosicché quasi tutta la loro vita
personale e sociale viene penetrata da una mentalità economicistica che si
diffonde sia nei paesi ad economia collettivistica che negli altri. In un tempo
in cui lo sviluppo della vita economica, purché orientata e coordinata in una
maniera razionale e umana, potrebbe attenuare le disparità sociali, troppo
spesso essa si tramuta in causa della loro esasperazione o in alcuni luoghi
perfino del regresso delle condizioni sociali dei deboli e del disprezzo dei
poveri. Mentre folle immense mancano ancora dello stretto necessario, alcuni,
anche nei paesi meno sviluppati, vivono nell'opulenza e dissipano i beni. Il
lusso si accompagna alla miseria. E, mentre pochi uomini dispongono del più
ampio potere di decisione, molti mancano quasi totalmente della possibilità di
agire di propria iniziativa o sotto la propria responsabilità, spesso permanendo
anche in condizioni di vita e di lavoro indegne di una persona umana.
Simili squilibri economici e sociali si avvertono tra
l'agricoltura, l'industria e il settore dei servizi, come pure tra le diverse
regioni di una stessa nazione. Una opposizione che può mettere in pericolo la
pace del mondo intero si fa ogni giorno più grave tra le nazioni economicamente
più progredite e le altre.
Gli uomini del nostro tempo sentono vivamente con
coscienza sempre più sensibile tali disparità poiché essi sono profondamente
convinti che le più ampie possibilità tecniche ed economiche, proprie del mondo
contemporaneo, potrebbero e dovrebbero correggere questo funesto stato di cose.
Conseguentemente si richiedono molte riforme nella vita economico-sociale e in
tutti un mutamento nella mentalità e nelle abitudini di vita. In vista di ciò
la Chiesa lungo lo svolgersi della storia ha formulato nella luce del Vangelo
e, soprattutto in questi ultimi tempi, ha esposto i principi di giustizia ed
equità, richiesti dalla retta ragione, sia per la vita individuale e sociale
che per la vita internazionale. Il sacro Concilio intende, secondo le
caratteristiche del tempo presente, riconfermare tali principi e formulare
alcuni orientamenti, particolarmente nella prospettiva delle esigenze del
progresso economico.
SEZIONE I
SVILUPPO ECONOMICO
64. Lo sviluppo
economico a servizio dell'uomo
Oggi più che mai, per far fronte all'accrescimento della
popolazione e per rispondere alle crescenti aspirazioni del genere umano,
giustamente si tende ad aumentare la produzione di beni nell'agricoltura e
nell'industria e la prestazione dei servizi. Per ciò sono da favorire il
progresso tecnico, lo spirito di innovazione, la creazione di nuove imprese e
il loro ampliamento, l'adattamento nei metodi della attività produttiva e gli
sforzi coraggiosi sostenuti da tutti quelli che partecipano alla produzione, in
una parola tutto ciò che contribuisce a questo sviluppo. Anzi il fine ultimo e
fondamentale di tale sviluppo non consiste nel solo aumento dei beni produttivi
né nella sola ricerca del profitto o del predominio economico, bensì nel
servizio dell'uomo, dell'uomo integralmente considerato, tenendo cioè conto
delle sue necessità di ordine materiale e delle sue esigenze per la vita
intellettuale, morale, spirituale e religiosa; diciamo di ciascun uomo, e di
ciascun gruppo umano, di qualsiasi razza o zona del mondo. Pertanto l'attività
economica è da realizzare secondo le leggi e i metodi propri dell'economia ma
nell'ambito dell'ordine morale, in modo che risponda al disegno di Dio
sull'uomo.
65. Lo sviluppo
economico sotto il controllo dell'uomo
Lo sviluppo economico deve rimanere sotto il controllo
dell'uomo, e non si deve abbandonare all'arbitrio di pochi uomini o gruppi che
abbiano in mano un eccessivo potere economico, né della sola comunità politica,
né di alcune più potenti nazioni. Conviene, al contrario, che il maggior numero
possibile di uomini, a tutti i livelli e, quando si tratta dei rapporti
internazionali, tutte le nazioni partecipino attivamente alla sua direzione. E'
necessario egualmente che le iniziative spontanee dei singoli e delle loro
libere associazioni siano coordinate e armonizzate in modo conveniente ed
organico con gli sforzi delle pubbliche autorità.
Lo sviluppo economico non può essere abbandonato né al
solo svolgersi quasi meccanico della attività economica dei singoli né alla
sola decisione della pubblica autorità. Per questo, bisogna denunciare gli
errori tanto delle dottrine che, in nome di un falso concetto di libertà, si
oppongono alle riforme necessarie, quanto di quelle che sacrificano i diritti
fondamentali delle singole persone e dei gruppi all'organizzazione collettiva
della produzione.
Si ricordino, d'altra parte, tutti i cittadini che essi
hanno il diritto e il dovere - da riconoscersi anche da parte dei poteri
pubblici - di contribuire secondo le loro capacità al progresso della loro
propria comunità. Specialmente nelle regioni economicamente meno progredite,
dove si impone l'impiego di tutte le risorse ivi esistenti, danneggiano
gravemente il bene comune coloro che tengono inutilizzate le proprie ricchezze
o coloro che - salvo il diritto personale di migrazione - privano la propria
comunità dei mezzi materiali e spirituali di cui essa ha bisogno.
66. Ingenti
disparità economico-sociali da far scomparire
Per rispondere alle esigenze della giustizia e
dell'equità, occorre impegnarsi con ogni sforzo affinché nel rispetto delle
persone e dell'indole propria di ciascun popolo, le ingenti disparità
economiche che portano con sé discriminazione nei diritti individuali e nelle
condizioni sociali, quali oggi si verificano e spesso si aggravano, quanto più
rapidamente possibile vengano rimosse. Similmente, in molte zone, tenendo
presenti le particolari difficoltà del settore agricolo quanto alla produzione
e alla vendita dei beni, gli addetti all'agricoltura vanno sostenuti per
aumentare la produzione e sostenere la vendita, nonché per la realizzazione
delle necessarie trasformazioni e dei mutamenti di metodi come pure per
raggiungere un livello equo di reddito, affinché essi non rimangano, come più
spesso avviene, in condizioni sociali di inferiorità. Gli stessi lavoratori
dell'agricoltura e soprattutto i giovani si impegnino con amore a migliorare la
loro competenza professionale, senza la quale non si può dare sviluppo
dell'agricoltura.
La giustizia e l'equità richiedono similmente che la
mobilità, assolutamente necessaria in una economia in sviluppo, sia regolata in
modo da evitare che la vita dei singoli e delle loro famiglie si faccia incerta
e precaria. Per quanto riguarda i lavoratori che, provenendo da altre nazioni o
regioni, concorrono con il loro lavoro allo sviluppo economico di un popolo o
di una zona diversa dalla originaria, è da eliminare accuratamente ogni
discriminazione nelle condizioni di rimunerazione o di lavoro. Inoltre tutti,
ed in primo luogo i poteri pubblici, devono accoglierli come persone, e non
semplicemente come puri strumenti di produzione, e devono aiutarli perché
possano accogliere presso di sé le loro famiglie e procurarsi un alloggio
decoroso nonché favorire la loro integrazione nella vita sociale del popolo o
della regione che li accoglie. Si creino però, quanto più possibile, occasioni
di lavoro nelle proprie zone.
Nelle economie in fase di ulteriore trasformazione, come
nelle nuove forme della società industriale nelle quali, per esempio, si va
largamente applicando l'automazione, si richiedono misure per assicurare a
ciascuno un impiego sufficiente e adatto, insieme alla possibilità di una
formazione tecnica e professionale adeguata; si devono anche garantire la
sussistenza e la dignità umana di coloro che, soprattutto in ragione della
malattia e dell'età, si trovano in particolari difficoltà.
SEZIONE II
ALCUNI PRINCIPI RELATIVI ALL’INSIEME DELLA
VITA ECONOMICO-SOCIALE
67. Lavoro,
condizioni di lavoro e tempo libero
Il lavoro umano, che viene svolto per produrre e
scambiare beni e per mettere a disposizione servizi economici, è di valore
superiore agli altri elementi della vita economica, poiché questi hanno solo
natura di mezzo.
Tale lavoro, infatti, sia svolto indipendentemente che
subordinatamente da altri, procede immediatamente dalla persona la quale
imprime nella natura come il suo sigillo e la sottomette alla sua volontà. Con
il lavoro, l'uomo ordinariamente provvede alla vita propria e dei suoi
familiari, comunica con gli altri e rende servizio agli uomini suoi fratelli,
può praticare una vera carità e collaborare con la propria attività al
completarsi della divina creazione. Ancor più: sappiamo che, offrendo a Dio il
proprio lavoro, l'uomo si associa all'opera stessa redentiva di Gesù Cristo, il
quale ha conferito al lavoro una elevatissima dignità, lavorando con le proprie
mani a Nazareth. Di qui discendono, per ciascun uomo, e il dovere di lavorare
fedelmente e il diritto al lavoro; corrispondentemente è compito della società,
in rapporto alle condizioni in essa esistenti, aiutare per sua parte i
cittadini affinché possano trovare sufficiente occupazione. Inoltre il lavoro
va remunerato in modo tale da garantire i mezzi sufficienti per permettere al
singolo e alla sua famiglia una vita dignitosa su un piano materiale, sociale,
culturale e spirituale, corrispondentemente al tipo di attività e grado di
rendimento economico di ciascuno nonché alle condizioni dell'impresa e al bene
comune.
Poiché l'attività economica è per lo più realizzata in
gruppi produttivi in cui si uniscono molti uomini, è ingiusto ed inumano
organizzarla con strutture ed ordinamenti che siano a danno di chiunque vi
operi. Troppo spesso avviene invece, anche nei nostri giorni, che i lavoratori
siano in un certo senso asserviti alla propria attività. Ciò non trova
assolutamente giustificazione nelle così dette leggi economiche. Occorre dunque
adattare tutto il processo del lavoro produttivo alle esigenze della persona e
alle sue forme di vita; innanzitutto della sua vita domestica, particolarmente
in relazione alle madri di famiglia, sempre tenendo conto del sesso e dell'età.
Ai lavoratori va assicurata inoltre la possibilità di esprimere le loro qualità
e la loro personalità nell'esercizio stesso del lavoro. Pur applicando a tale
attività di lavoro, con doverosa responsabilità, tempo ed energie, tutti i
lavoratori debbono però godere di sufficiente riposo e tempo libero che
permetta loro di curare la vita familiare, culturale, sociale e religiosa. Anzi
debbono avere la possibilità di dedicarsi ad attività libere che sviluppino
quelle energie e capacità, che non hanno forse modo di coltivare nel loro lavoro
professionale.
68.
Partecipazione nell'impresa e conflitti di lavoro
Nelle imprese economiche si uniscono delle persone, cioè
uomini liberi ed autonomi, creati ad immagine di Dio. Perciò, avuto riguardo ai
compiti di ciascuno - sia proprietari, sia imprenditori, sia dirigenti, sia
lavoratori - e salva la necessaria unità di direzione della impresa, va
promossa, in forme da determinarsi in modo adeguato, la attiva partecipazione
di tutti alla vita dell'impresa. Poiché, tuttavia, più spesso non è a livello
dell'impresa, ma a livello superiore in istituzioni di ordine più elevato che
si prendono le decisioni sulle condizioni generali economiche e sociali, da cui
dipende l'avvenire dei lavoratori e dei loro figli, bisogna che essi siano
parte attiva anche in tali decisioni, direttamente o per mezzo di
rappresentanti liberamente eletti.
Tra i diritti fondamentali della persona umana bisogna
annoverare il diritto dei lavoratori di fondare liberamente proprie
associazioni, che possano veramente rappresentarli e contribuire ad organizzare
rettamente la vita economica, nonché il diritto di partecipare liberamente alle
attività di tali associazioni senza incorrere nel rischio di rappresaglie.
Grazie a tale partecipazione organizzata, congiunta con una formazione
economica e sociale crescente, andrà sempre più aumentando in tutti la
coscienza della propria funzione e responsabilità, per cui essi verranno
portati a sentirsi parte attiva, secondo le capacità e le attitudini di
ciascuno, in tutta l'opera dello sviluppo economico e sociale e della
costruzione del bene comune universale.
In caso di conflitti economico-sociali, si deve fare ogni
sforzo per raggiungere la loro soluzione pacifica. Benché sempre si debba
innanzitutto ricorrere a un dialogo sincero tra le parti, lo sciopero può
tuttavia rimanere anche nelle circostanze odierne un mezzo necessario, benché
estremo, per la difesa dei propri diritti e la soddisfazione delle giuste
aspirazioni dei lavoratori. Bisogna però cercare quanto prima le vie atte a riprendere
il dialogo per le trattative e la conciliazione.
69. I beni
della terra e loro destinazione a tutti gli uomini
Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa
contiene, all'uso di tutti gli uomini e popoli, così che i beni creati debbono
secondo un equo criterio essere partecipati a tutti, avendo come guida la
giustizia e compagna la carità. Pertanto, quali che siano le forme della
proprietà, adattate alle legittime istituzioni dei popoli, in vista delle
diverse e mutevoli circostanze, si deve sempre ottemperare a questa
destinazione universale dei beni. Perciò l'uomo, usando di questi beni, deve
considerare le cose esteriori che legittimamente possiede, non solo come
proprie, ma anche come comuni, nel senso che possano giovare non unicamente a
lui ma anche agli altri. Del resto a tutti gli uomini spetta il diritto di
avere una parte di beni sufficienti a sé e alle proprie famiglie. Questo
ritenevano giusto i padri e dottori della Chiesa quando hanno insegnato che gli
uomini hanno l'obbligo di aiutare i poveri, e non soltanto con il loro
superfluo. Colui che si trova in estrema necessità, ha diritto di procurarsi il
necessario dalle ricchezze altrui. Considerando il fatto del numero assai
elevato di coloro che sono oppressi dalla fame, il sacro Concilio richiama
urgentemente tutti, sia singoli che autorità pubbliche, affinché - memori della
sentenza dei padri: " Nutri colui che è moribondo per fame, perché se non
l'hai nutrito, l'hai ucciso ", realmente mettano a disposizione ed
impieghino utilmente i propri beni, ciascuno secondo le proprie risorse,
specialmente fornendo ai singoli e ai popoli i mezzi con cui essi possano
provvedere a se stessi e svilupparsi.
Nelle società economicamente meno sviluppate non di rado
la destinazione comune dei beni è in parte attuata mediante un insieme di
consuetudini e di tradizioni comunitarie, che assicurano a ciascun membro i
beni più necessari. Bisogna tuttavia evitare che alcune consuetudini vengano
considerate come assolutamente intangibili, se esse non rispondano più alle
nuove esigenze del tempo presente; d'altra parte non si deve agire
imprudentemente contro quelle oneste consuetudini che non cessano di essere
assai utili, purché vengano opportunamente adattate alle odierne circostanze.
Similmente, nelle nazioni economicamente molto sviluppate, una rete di
istituzioni sociali per la previdenza e la sicurezza sociale può in parte
contribuire a tradurre in atto la destinazione comune dei beni. Inoltre, è
importante sviluppare ulteriormente le istituzioni a servizio della famiglia e
delle esigenze sociali, specialmente quelle che provvedono agli aspetti
culturali ed educativi. Nell'organizzare tutte queste istituzioni bisogna
vegliare affinché i cittadini non siano indotti ad assumere di fronte alla
società un atteggiamento di passività o di irresponsabilità nei compiti assunti
o di rifiuto di servizio.
70.
Investimenti e moneta
Gli investimenti, da parte loro, devono contribuire ad
assicurare possibilità di lavoro e reddito sufficiente tanto alla popolazione
attiva di oggi quanto a quella futura. Tutti i responsabili di tali
investimenti e della organizzazione della vita economica globale - sia singoli,
che gruppi, che pubbliche autorità -, devono aver presenti questi fini e
mostrarsi consapevoli del loro grave obbligo, da una parte di vigilare affinché
si provveda ai beni necessari richiesti per una vita decorosa sia dei singoli
che di tutta la comunità, d'altra parte di prevedere le situazioni future e di
assicurare il giusto equilibrio tra i bisogni attuali di consumo, sia
individuale che collettivo, e le esigenze di investimenti in ordine alla
generazione futura. Si abbiano inoltre sempre presenti le urgenti necessità
delle nazioni o regioni economicamente meno sviluppate. In campo monetario ci
si guardi dal danneggiare il bene della propria nazione e delle altre. Si
provveda inoltre affinché coloro che sono economicamente deboli non soffrano
ingiusto danno dai mutamenti di valore della moneta.
71. Accesso alla
proprietà privata e problema dei latifondi
Poiché la proprietà e le altre forme di potere privato
sui beni esterni contribuiscono alla espressione della persona ed inoltre danno
occasione all'uomo di esercitare il suo responsabile apporto nella società e
nella economia, è di grande interesse favorire l'accesso di tutti,
individualmente o in gruppo, ad un certo potere sui beni esterni.
La proprietà privata o un qualche potere sui beni esterni
assicurano a ciascuno una zona del tutto necessaria di autonomia personale e
familiare, e devono considerarsi come un prolungamento della libertà umana.
Infine, stimolando l'esercizio dei diritti e dei doveri, esse costituiscono una
delle condizioni delle libertà civili.
Le forme di tale potere o di tale proprietà sono oggi
varie e vanno modificandosi sempre più di giorno in giorno. Nono stante i fondi
sociali, i diritti e i servizi garantiti dalla società, tutte le forme di tale
potere o di tale proprietà restano tuttavia una fonte non trascurabile di
sicurezza. Ciò non va riferito soltanto alla proprietà dei beni materiali ma
altresì dei beni immateriali, come sono le capacità professionali.
Il diritto della proprietà privata non è in contrasto con
quello delle varie forme delle pubbliche proprietà. Però il trasferimento dei
beni in pubblica proprietà non può essere fatto che dalla autorità competente,
secondo le esigenze ed entro i limiti del bene comune e con un equo indennizzo.
Inoltre spetta alla pubblica autorità di impedire che si abusi della proprietà
privata contro il bene comune.
La proprietà privata stessa ha per sua natura anche una
funzione sociale che si fonda sulla legge della comune destinazione dei beni.
Se si trascura questa funzione sociale, la proprietà può divenire in molti modi
occasione di cupidigia e di gravi disordini, così da offrire facile pretesto
agli oppositori per mettere in crisi lo stesso diritto di proprietà.
In molti paesi economicamente meno sviluppati, esistono
proprietà agricole estese od anche molto estese, mediocremente coltivate o
tenute in miseria per motivi di speculazione senza coltivarle; mentre la
maggioranza della popolazione è sprovvista di terreni da lavorare o fruisce
soltanto di poderi troppo limitati, e d'altra parte, l'accrescimento della
produzione agricola presenta un carattere di evidente urgenza. Non è raro che
coloro che sono assunti dai datori di lavoro ovvero coloro che ne coltivano una
parte a titolo di locazione ricevano un salario o altre forme di remunerazione
che sono indegni di un uomo, non dispongano di una abitazione decorosa, o siano
sfruttati da intermediari. Mancando così ogni sicurezza, vivono in tale stato
di dipendenza personale, che viene loro interdetta quasi ogni possibilità di
agire di propria iniziativa e con personale responsabilità, e viene loro
impedita ogni crescita nelle espressioni della umana civiltà ed ogni
partecipazione attiva nella vita sociale e politica. Si impongono pertanto,
secondo le varie situazioni, delle riforme intese ad accrescere i redditi, a
migliorare le condizioni di lavoro, ad aumentare la sicurezza dell'impiego e a
favorire l'iniziativa personale; ed anche riforme che diano modo di distribuire
i fondi non sufficientemente coltivati a beneficio di coloro che siano capaci
di metterli in valore. In quest'ultimo caso, devono essere loro assicurati i
beni e gli strumenti a tal fine indispensabili, in particolare i sussidi
educativi e le energie necessarie per una efficiente organizzazione
cooperativa. Ogni volta che il bene comune esiga l'espropriazione della
proprietà, l'indennizzo deve essere calcolato secondo equità, tenendo conto di
tutte le circostanze.
72. L'attività
economico-sociale e il regno di Cristo
I cristiani che hanno parte attiva nello sviluppo
economico-sociale contemporaneo e propugnano la giustizia e la carità, siano
convinti di poter contribuire molto alla prosperità del genere umano e alla
pace del mondo. In tali attività, sia che agiscano come singoli, sia come
associati, siano esemplari. Pertanto, acquisite la competenza e l'esperienza
assolutamente indispensabili, mentre svolgono le attività terrestri conservino
il retto ordine, rimanendo fedeli a Cristo e al suo Vangelo, cosicché tutta la
loro vita, individuale e sociale, sia compenetrata dello spirito delle
beatitudini, specialmente dello spirito di povertà.
Chi segue fedelmente Cristo, cerca anzitutto il regno di
Dio, e assume così più valido e puro amore per aiutare tutti i suoi fratelli e
per realizzare, con l'ispirazione della carità, le opere della giustizia.
Capitolo iv
LA VITA DELLA COMUNITÀ POLITICA
73. La vita
pubblica contemporanea
Ai nostri giorni si notano profonde trasformazioni anche
nelle strutture e nelle istituzioni dei popoli; tali trasformazioni sono
conseguenza della evoluzione culturale, economica e sociale dei popoli; esse
esercitano una grande influenza nella vita della comunità politica, soprattutto
nel campo che riguarda i diritti e i doveri di tutti nell'esercizio della
libertà civile e nel conseguimento del bene comune e nel campo che si riferisce
alla regolazione dei rapporti dei cittadini tra di loro e con i pubblici
poteri.
Da una coscienza più viva della dignità umana sorge, in
diverse regioni del mondo, lo sforzo di instaurare un ordine
politico-giuridico, nel quale siano meglio tutelati nella vita pubblica i
diritti della persona, quali il diritto di liberamente riunirsi, associarsi,
esprimere le proprie opinioni e professare la religione privatamente e
pubblicamente. La tutela infatti dei diritti della persona è condizione necessaria
perché i cittadini, sia individualmente presi, sia associati, possano
partecipare attivamente alla vita e al governo della cosa pubblica.
Assieme al progresso culturale, economico e sociale si
rafforza in molti il desiderio di assumere maggiori responsabilità
nell'organizzare la vita della comunità politica. Nella coscienza di molti
aumenta la preoccupazione di salvaguardare i diritti delle minoranze di una
nazione, senza che queste dimentichino il loro dovere verso la comunità
politica; cresce inoltre sempre più il rispetto verso le persone che hanno
altre opinioni o professano religioni diverse; contemporaneamente si instaura
una più larga collaborazione, tesa a garantire a tutti i cittadini, e non solo
a pochi privilegiati, l'effettivo godimento dei diritti personali.
Vengono condannate tutte quelle forme di regime politico,
vigenti in alcune regioni, che impediscono la libertà civile o religiosa,
moltiplicano le vittime delle passioni e dei crimini politici e distorcono
l'esercizio della autorità dal bene comune per farlo servire all'interesse da
una fazione o degli stessi governanti.
Per instaurare una vita politica veramente umana non c'è
niente di meglio che coltivare il senso interiore della giustizia, dell'amore e
del servizio al bene comune e rafforzare le convinzioni fondamentali sulla vera
natura della comunità politica e sul fine, sul legittimo esercizio e sui limiti
di competenza dei pubblici poteri.
74. Natura e
fini della comunità politica
Gli uomini, le famiglie e i diversi gruppi, che formano
la comunità civile, sono consapevoli di non essere in grado, da soli, di
costruire una vita pienamente umana e avvertono la necessità di una comunità
più ampia, nella quale tutti rechino quotidianamente il contributo delle
proprie capacità, allo scopo di raggiungere sempre meglio il bene comune. Per
questo essi costituiscono, secondo vari tipi istituzionali, una comunità
politica. La comunità politica esiste proprio in funzione di quel bene comune,
nel quale essa trova piena giustificazione e significato e dal quale ricava il
suo ordinamento giuridico, originario e proprio. Il bene comune si concreta
nell'insieme di quelle condizioni della vita sociale, con le quali gli uomini,
la famiglia e le associazioni possono ottenere il conseguimento più pieno e più
spedito della propria perfezione.
Ma nella comunità politica si riuniscono insieme uomini,
numerosi e differenti, che legittimamente possono indirizzarsi verso decisioni
diverse. Affinché la comunità politica non venga rovinata dal divergere di
ciascuno verso la propria opinione, è necessario un'autorità capace di dirigere
le energie di tutti i cittadini verso il bene comune, non in forma meccanica o
dispotica, ma prima di tutto come forza morale che si appoggia sulla libertà e
sulla coscienza del dovere e del compito assunto.
E' dunque evidente che la comunità politica e l'autorità
pubblica hanno il loro fondamento nella natura umana e perciò appartengono
all'ordine prestabilito da Dio, anche se la determinazione dei regimi politici
e la designazione dei governanti sono lasciate alla libera decisione dei
cittadini.
Ne segue parimenti che l'esercizio dell'autorità
politica, sia da parte della comunità come tale, sia da parte degli organismi
rappresentativi dello stato, deve sempre svolgersi nell'ambito della legge
morale, per il conseguimento del bene comune, e di un bene comune concepito in
forma dinamica, secondo le norme di un ordine giuridico già definito o da
definire. Allora i cittadini sono obbligati in coscienza ad obbedire. Da ciò risulta
chiaramente la responsabilità, la dignità e l'importanza di coloro che sono
preposti alla cosa pubblica.
Dove i cittadini sono oppressi da una autorità pubblica
che va al di là delle sue competenze, essi non ricusino quelle cose che sono
oggettivamente richieste dal bene comune; sia però lecito difendere i diritti
propri e dei concittadini contro gli abusi di questa autorità, nel rispetto dei
limiti dettati dalla legge naturale ed evangelica.
Le modalità concrete con le quali la comunità politica
organizza le proprie strutture e l'esercizio dei pubblici poteri possono
variare, secondo l'indole diversa dei popoli e il progresso della storia; ma
sempre devono mirare alla formazione di un uomo educato, pacifico e benefico
verso tutti, per il vantaggio di tutta la famiglia umana.
75.
Collaborazione di tutti alla vita pubblica
E' pienamente conforme alla natura umana che si trovino
strutture politico-giuridiche che sempre meglio offrano a tutti i cittadini,
senza alcuna discriminazione, la possibilità effettiva di partecipare
liberamente e attivamente sia alla elaborazione dei fondamenti giuridici della
comunità politica, sia al governo della cosa pubblica, sia alla determinazione
del campo d'azione e dei limiti dei differenti organismi, sia alla elezione dei
governanti. Si ricordino perciò tutti i cittadini del diritto, che è anche
dovere, di usare del proprio libero voto per la promozione del bene comune. La
Chiesa stima degna di lode e di considerazione l'opera di coloro che per
servire gli uomini si dedicano al bene della cosa pubblica e assumono il peso
delle relative responsabilità.
Affinché la responsabile collaborazione dei cittadini,
congiunta con la coscienza del dovere, possa ottenere felici risultati nella
vita politica quotidiana, si richiede un ordinamento giuridico positivo, che
organizzi una opportuna ripartizione delle funzioni e degli organi del potere,
insieme ad una protezione efficace e indipendente dei diritti. I diritti delle
persone, delle famiglie e dei gruppi e il loro esercizio devono essere
riconosciuti, rispettati e promossi, non meno dei doveri ai quali ogni
cittadino è tenuto. Tra questi ultimi non sarà inutile ricordare il dovere di
apportare alla cosa pubblica le prestazioni, materiali e personali, richieste
dal bene comune. Si guardino i governanti dall'ostacolare i gruppi familiari,
sociali o culturali, i corpi o istituti intermedi, né li provino della loro
legittima ed efficace azione, che al contrario devono volentieri e
ordinatamente favorire. Si guardino i cittadini singolarmente o in gruppo,
dall'attribuire troppo potere all'autorità pubblica, né chiedano
inopportunamente ad essa eccessivi vantaggi, col rischio di diminuire così la
responsabilità delle persone, delle famiglie e dei gruppi sociali.
Ai tempi nostri, la complessità dei problemi obbliga i
pubblici poteri ad intervenire più frequentemente in materia sociale, economica
e culturale, per determinare le condizioni più favorevoli che permettano ai
cittadini e ai gruppi di perseguire più efficacemente, nella libertà, il bene
completo dell'uomo. Il rapporto tra la socializzazione e l'autonomia e il
progresso della persona può essere concepito in modo differente nelle diverse
regioni del mondo e in base alla evoluzione dei popoli. Ma dove l'esercizio dei
diritti viene temporaneamente limitato a causa del bene comune, quando le
circostanze sono cambiate, si ripristini il più presto possibile la libertà. E'
inoltre inumano che l'autorità politica assuma forme totalitarie oppure forme
dittatoriali che ledano i diritti della persona o dei gruppi sociali.
I cittadini coltivino con magnanimità e lealtà l'amore
verso la patria, ma senza ristrettezze di spirito, cioè in modo tale da
prendere contemporaneamente sempre in considerazione e volere il bene di tutta
la famiglia umana, che è unita con ogni sorta di legami tra razze, popoli e
nazioni.
Tutti i cristiani devono prendere coscienza della propria
speciale vocazione nella comunità politica; essi devono essere d'esempio,
sviluppando in se stessi il senso della responsabilità e la dedizione al bene
comune; così da mostrare pure con i fatti come possano armonizzarsi l'autorità
e la libertà, l'iniziativa personale e la solidarietà di tutto il corpo
sociale, la opportuna unità e la proficua diversità. Devono ammettere la legittima
molteplicità e diversità delle opzioni temporali e rispettare i cittadini che,
anche in gruppo, difendono in maniera onesta il loro punto di vista. I partiti
devono promuovere ciò che, a loro parere, è richiesto dal bene comune; mai però
è lecito anteporre il proprio interesse al bene comune.
Bisogna curare assiduamente la educazione civile e
politica, oggi tanto necessaria, sia per l'insieme del popolo, sia soprattutto
per i giovani, affinché tutti i cittadini possano svolgere il loro ruolo nella
vita della comunità politica. Coloro che sono o possono diventare idonei per
l'esercizio dell'arte politica, così difficile, ma insieme così nobile, si
preparino e si preoccupino di esercitarla senza badare al proprio interesse e
al vantaggio materiale. Agiscano con integrità e saggezza contro l'ingiustizia
e l'oppressione, il dominio arbitrario e l'intolleranza d'un solo uomo o d'un
solo partito politico; si prodighino con sincerità ed equità al servizio di
tutti, anzi con l'amore e la fortezza richiesti dalla vita politica.
76. La comunità
politica e la Chiesa
E' di grande importanza, soprattutto in una società
pluralistica, che si abbia una giusta visione dei rapporti tra la comunità
politica e la Chiesa e che si faccia una chiara distinzione tra le azioni che i
fedeli, individualmente o in gruppo, compiono in proprio nome, come cittadini,
guidati dalla coscienza cristiana, e le azioni che essi compiono in nome della
Chiesa in comunione con i loro pastori.
La Chiesa, che, in ragione del suo ufficio e della sua
competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è
legata ad alcun sistema politico, è insieme il segno e la salvaguardia del
carattere trascendente della persona umana.
La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e auto
nome l'una dall'altra nel proprio campo. Tutte e due, anche se a titolo
diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse
persone umane. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti, in
maniera tanto più efficace quanto meglio coltivano una sana collaborazione tra
di loro, secondo modalità adatte alle circostanze di luogo e di tempo. L'uomo
non è limitato al solo orizzonte temporale, ma, vivendo nella storia umana,
conserva integralmente la sua vocazione eterna. E la Chiesa,fondata nell'amore
del Redentore, contribuisce ad estendere il raggio di azione della giustizia e
dell'amore all'interno di ciascuna nazione e tra tutte le nazioni. Predicando
la verità evangelica e illuminando tutti i settori dell'attività umana con la
sua dottrina e con la testimonianza resa dai cristiani, rispetta e promuove
anche la libertà politica e la responsabilità dei cittadini.
Gli apostoli e i loro successori con i propri
collaboratori, essendo inviati ad annunziare agli uomini il Cristo salvatore
del mondo, nell'esercizio del loro apostolato si appoggiano sulla potenza di
Dio, che molto spesso manifesta la forza del Vangelo nella debolezza dei
testimoni. Tutti quelli che si dedicano al ministero della parola di Dio,
bisogna che utilizzino le vie e i mezzi propri del Vangelo, che, in molti
punti, differiscono dai mezzi propri della città terrestre.
Certo le cose terrene e quelle che, nella condizione
umana, superano questo mondo, sono strettamente unite, e la Chiesa stessa si
serve delle cose temporali nella misura che la propria missione richiede.
Tuttavia essa non pone la sua speranza nei privilegi offertale dall'autorità
civile. Anzi essa rinunzierà all'esercizio di certi diritti legittimamente
acquisiti, ove constatasse che il loro uso potesse far dubitare della sincerità
della sua testimonianza o nuove circostanze esigessero altre disposizioni. Ma
sempre e dovunque sia suo diritto predicare con vera libertà la fede e
insegnare la sua dottrina sociale, esercitare senza ostacoli la sua missione
tra gli uomini e dare il suo giudizio morale, anche su cose che riguardano
l'ordine politico, quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della
persona e dalla salvezza delle anime. E questo farà, utilizzando tutti e soli
quei mezzi che sono conformi al Vangelo e al bene di tutti, secondo la
diversità dei tempi e delle situazioni.
Nella fedeltà al Vangelo e nello svolgimento della sua
missione nel mondo, la Chiesa, che ha come compito di promuovere ed elevare tutto
quello che di vero, buono e bello si trova nella comunità umana, rafforza la
pace tra gli uomini a gloria di Dio.
CAPITOLO V
LA PROMOZIONE DELLA PACE E LA COMUNITÀ DEI
POPOLI
77. La
promozione della pace
In questi nostri anni, nei quali permangono ancora
gravissime tra gli uomini le afflizioni e le angustie derivanti
dall'imperversare della guerra o dalla incombente minaccia di guerra, l'intera
società umana è giunta ad un momento sommamente decisivo nel progresso della
sua maturazione. Mentre a poco a poco va unificandosi e in ogni luogo diventa
ormai meglio consapevole della propria unità, l'umanità non potrà tuttavia
portare a compimento l'opera che l'attende, di costruire cioè un mondo
veramente più umano per tutti gli uomini e su tutta la terra, se gli uomini non
si volgeranno tutti con animo rinnovato alla vera pace. Per questo motivo il
messaggio evangelico, in armonia con le aspirazioni e gli ideali più elevati
del genere umano, risplende in questi nostri tempi di rinnovato fulgore quando
proclama beati i promotori della pace, " perché saranno chiamati figli di
Dio " (Mt. 5, 9).
Illustrando pertanto la vera e superiore concezione della
pace, il Concilio, condannata l'inumanità della guerra, intende rivolgere un
ardente appello ai cristiani, affinché, con l'aiuto di Cristo, autore della
pace, collaborino con tutti per stabilire tra gli uomini una pace fondata sulla
giustizia e sull'amore e per apprestare i mezzi necessari per il suo
raggiungimento.
78. La natura
della pace
La pace non è la semplice assenza della guerra, né può
ridursi al solo rendere stabile l'equilibrio delle forze contrastanti, né è
effetto di una dispotica dominazione, ma essa viene con tutta esattezza
definita " opera della giustizia " (Is. 32, 7). E' il frutto dell'ordine
impresso nell'umana società dal suo fondatore e che deve essere attuato dagli
uomini che aspirano ardentemente ad una giustizia sempre più perfetta. Poiché
infatti il bene comune del genere umano è regolato, sì, nella sua
sostanza,dalla legge eterna, ma è soggetto, con il progresso del tempo, per
quanto concerne le sue concrete esigenze, a continue variazioni, la pace non è
stata mai stabilmente raggiunta, ma è da costruirsi continuamente. Poiché
inoltre la volontà umana è labile e ferita per di più dal peccato, l'acquisto
della pace esige il costante dominio delle passioni di ognuno e la vigilanza
della legittima autorità.
Tuttavia questo non basta. Tale pace non si può ottenere
sulla terra se non è tutelato il bene delle persone e se gli uomini non possono
scambiarsi con fiducia e liberamente le ricchezze del loro animo e del loro
ingegno. La ferma volontà di rispettare gli altri uomini e gli altri popoli e
la loro dignità, e l'assidua pratica della fratellanza umana sono assolutamente
necessarie per la costruzione della pace. In tal modo la pace è frutto anche
dell'amore, il quale va oltre quanto è in grado di assicurare la semplice
giustizia.
La pace terrena, che nasce dall'amore del prossimo, è
immagine ed effetto della pace di Cristo, che promana da Dio Padre. Il Figlio
incarnato infatti, principe della pace, per mezzo della sua croce ha
riconciliato tutti gli uomini con Dio e, ristabilendo l'unità di tutti in un
solo popolo e in un solo corpo, ha ucciso nella sua carne l'odio e, nella
gloria della sua resurrezione, ha diffuso lo Spirito di amore nel cuore degli
uomini.
Pertanto tutti i cristiani sono pressantemente chiamati a
" praticare la verità nell'amore " (Ef. 4, 15), e a unirsi agli
uomini sinceramente amanti della pace per implorarla e per attuarla.
Mossi dal medesimo Spirito, noi non possiamo non lodare
coloro che, rinunciando alla violenza nella rivendicazione dei loro diritti,
ricorrono a quei mezzi di difesa che sono, del resto, alla portata anche dei
più deboli, purché ciò si possa fare senza pregiudizio dei diritti e dei doveri
degli altri o della comunità.
Gli uomini, in quanto peccatori, sono e saranno sempre
sotto la minaccia della guerra fino alla venuta di Cristo, ma in quanto
riescono, uniti nell'amore, a vincere il peccato, essi vincono anche la
violenza, fino alla realizzazione di quella parola divina: " Con le loro
spade costruiranno aratri e falci con le loro lance; nessun popolo prenderà più
le armi contro un altro popolo, né si eserciteranno più per la guerra "
(Is. 2, 4).
SEZIONE I
NECESSITA’ DI EVITARE LA GUERRA
79. Il dovere
di mitigare l'inumanità della guerra
Sebbene le recenti guerre abbiano apportato al nostro
mondo gravissimi danni sia materiali che morali, ancora ogni giorno in alcuni
luoghi della terra, la guerra continua a produrre le sue devastazioni. Anzi,
quando in essa si fa uso di armi scientifiche di ogni genere, la sua indole
atroce minaccia di condurre i contendenti ad una barbarie di gran lunga
superiore a quella dei tempi passati. La complessità inoltre delle odierne
situazioni e la intricata rete delle relazioni internazionali, fanno sì che
vengano portate in lungo, con nuovi metodi, e per di più insidiosi e
sovversivi, guerre più o meno latenti. In molti casi il ricorso ai sistemi del
terrorismo è considerato anch'esso un nuovo metodo di guerra.
Davanti a questo stato di degradazione dell'umanità, il
Concilio intende innanzi tutto richiamare alla mente il valore immutabile del
diritto naturale delle genti e dei suoi principi universali. La stessa
coscienza del genere umano proclama questi principi con sempre maggiore
fermezza. Le azioni pertanto che deliberatamente si oppongono a questi principi
e gli ordini che tali azioni prescrivono sono crimini, né l'ubbidienza cieca
può scusare coloro che li eseguiscono. Tra queste azioni vanno innanzi tutto
enumerati i metodi sistematici di sterminio di un intero popolo, di una nazione
o di una minoranza etnica; orrendo delitto che va condannato con estremo
rigore. Deve invece essere sostenuto il coraggio di coloro che non temono di
opporsi apertamente a quelli che ordinano tali azioni.
Esistono, in materia di guerra, varie convenzioni
internazionali, che un gran numero di nazioni ha sottoscritto per rendere meno
inumane le azioni militari e le loro conseguenze: tali sono le convenzioni
relative alla sorte dei militari feriti o prigionieri e varie stipulazioni del
genere. Tutte queste convenzioni dovranno essere conservate; anzi tutti,
specialmente le pubbliche autorità e gli esperti in materia, dovranno fare ogni
sforzo, per quanto è loro possibile, affinché siano perfezionate, in modo da
renderle capaci di porre un freno più adatto ed efficace alle atrocità della
guerra. Sembra inoltre conforme ad equità che le leggi provvedano umanamente al
caso di coloro che, per motivi di coscienza, ricusano l'uso delle armi, mentre
tuttavia accettano qualche altra forma di servizio della comunità umana.
La guerra non è purtroppo estirpata dalla umana
condizione. E fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà una
autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta
esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare
ai governi il diritto di una legittima difesa. I capi di stato e coloro che
condividono la responsabilità della cosa pubblica hanno dunque il dovere di
tutelare la salvezza dei popoli che sono stati loro affidati, trattando con
grave senso di responsabilità cose di così grande importanza. Ma altra cosa è
servirsi delle armi per difendere i giusti diritti dei popoli, ed altra cosa
voler imporre il proprio dominio su altre nazioni. Né la potenza bellica rende
legittimo ogni suo uso militare o politico. Né per il fatto che una guerra è
ormai disgraziatamente scoppiata, diventa per questo lecita ogni cosa tra le
parti in conflitto.
Coloro poi che, dediti al servizio della patria,
esercitano la loro professione nelle file dell'esercito, si considerino
anch'essi come ministri della sicurezza e della libertà dei loro popoli e, se
rettamente adempiono il loro dovere, concorrono anch'essi veramente alla
stabilità della pace.
80. La guerra
totale
Il progresso delle armi scientifiche ha enormemente
accresciuto l'orrore e l'atrocità della guerra. Le azioni militari, infatti, se
condotte con questi mezzi, possono produrre distruzioni immani e
indiscriminate, che superano pertanto, di gran lunga, i limiti di una legittima
difesa. Anzi, se mezzi di tal genere, quali ormai si trovano negli arsenali
delle grandi potenze, venissero pienamente utilizzati, si avrebbe la reciproca,
pressoché totale distruzione delle parti contendenti, senza considerare le
molte devastazioni che ne deriverebbero nel resto del mondo e gli effetti
letali che sono la conseguenza dell'uso di queste armi.
Tutte queste cose ci obbligano a considerare l'argomento
della guerra con mentalità completamente nuova. Sappiano gli uomini di questa
età che dovranno rendere severo conto delle loro azioni di guerra, perché il
corso dei tempi futuri dipenderà in gran parte dalle loro presenti
deliberazioni.
Avendo ben considerato tutte queste cose, questo
sacrosanto Concilio, facendo proprie le condanne della guerra totale, già
pronunciate dai recenti sommi pontefici, dichiara:
Ogni atto di guerra che indiscriminatamente mira alla
distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto
contro Dio e contro la stessa umanità e con fermezza e senza esitazione deve
essere condannato.
Il rischio caratteristico della guerra moderna consiste
nel fatto che essa offre quasi l'occasione a coloro che posseggono le più
moderne armi scientifiche di compiere tali delitti e, per una certa inesorabile
concatenazione, può sospingere le volontà degli uomini alle più atroci
decisioni. Affinché dunque non debba mai più accadere questo in futuro, i
vescovi di tutto il mondo, ora riuniti, scongiurano tutti, in modo particolare
i governanti e i supremi comandanti militari, a voler continuamente considerare,
davanti a Dio e davanti alla umanità intera, l'enorme peso della loro
responsabilità.
81. La corsa
agli armamenti
Le armi scientifiche, è vero, non vengono accumulate con
l'unica intenzione di poterle usare in tempo di guerra. Poiché infatti si
ritiene che la solidità della difesa di ciascuna parte dipenda dalla
possibilità fulminea di rappresaglie, questo ammassamento di armi, che va
aumentando di anno in anno, serve in maniera certo inconsueta, a dissuadere
eventuali avversari dal compiere atti di guerra. E questo è ritenuto da molti
il mezzo più efficace per assicurare oggi una certa pace tra le nazioni.
Qualunque cosa si debba pensare di questo metodo
dissuasivo, si convincano gli uomini che la corsa agli armamenti, alla quale si
rivolgono molte nazioni, non è la via sicura per conservare saldamente la pace
né il cosiddetto equilibrio che ne risulta può essere considerato pace vera e
stabile. Le cause di guerra anziché venire eliminate da tale corsa, minacciano
piuttosto di aggravarsi gradatamente. E mentre si spendono enormi ricchezze per
procurarsi sempre nuove armi, diventa poi impossibile arrecare sufficiente
rimedio alle miserie così grandi del mondo presente. Anziché guarire veramente,
nel profondo, i dissensi tra i popoli finiscono per contagiare anche altre
parti del mondo. Nuove strade converrà cercare, partendo dalla riforma degli
spiriti, perché possa essere rimosso questo scandalo e al mondo, liberato
dall'ansietà che l'opprime, possa essere restituita la vera pace.
E' necessario pertanto ancora una volta dichiarare: la
corsa agli armamenti è una delle piaghe più gravi dell'umanità e danneggia in
modo intollerabile i poveri; e c'è molto da temere che, se tale corsa
continuerà, produrrà un giorno tutte le stragi, delle quali va già preparando i
mezzi.
Ammoniti dalle calamità che il genere umano ha rese
possibili, cerchiamo di approfittare della tregua di cui ora godiamo e che è
stata a noi concessa dall'alto, per prendere maggiormente coscienza della
nostra responsabilità e trovare delle vie per comporre in maniera più degna
dell'uomo le nostre controversie. La provvidenza divina esige da noi con
insistenza che liberiamo noi stessi dall'antica schiavitù della guerra. Se poi
rifiuteremo di compiere tale sforzo, non sappiamo dove ci condurrà la strada
perversa per la quale ci siamo incamminati.
82. La condanna
della guerra e l'azione internazionale per evitarla
E' chiaro pertanto che dobbiamo con ogni impegno
sforzarci per preparare quel tempo, nel quale, mediante l'accordo delle
nazioni, si potrà interdire del tutto qualsiasi ricorso alla guerra. Questo
naturalmente esige che venga istituita una autorità pubblica universale, da
tutti riconosciuta, la quale sia dotata di efficace potere per garantire a
tutti i popoli sicurezza, osservanza della giustizia e rispetto dei diritti. Ma
prima che questa auspicabile autorità possa essere costituita, è necessario che
le attuali supreme istanze internazionali si dedichino con tutto l'impegno alla
ricerca dei mezzi più idonei a procurare la sicurezza comune. Poiché la pace
deve sgorgare spontanea dalla mutua fiducia dei popoli, piuttosto che essere
imposta alle nazioni dal terrore delle armi, tutti debbono impegnarsi per far
cessare finalmente la corsa agli armamenti; in maniera tale che il disarmo
incominci realmente e proceda non unilateralmente, s'intende, ma con uguale
ritmo da una parte e dall'altra, in base ad accordi comuni e assicurato da vere
ed efficaci garanzie.
Non sono frattanto da sottovalutare i tentativi già fatti
e che si vanno tuttora facendo per allontanare il pericolo della guerra. Va
piuttosto incoraggiata la buona volontà di tanti che, pur gravati dalle ingenti
preoccupazioni del loro altissimo ufficio, mossi tuttavia dalla gravissima
responsabilità da cui sono vincolati, si danno da fare per eliminare la guerra
che detestano, pur non potendo prescindere dalla complessa realtà delle
situazioni. Bisogna rivolgere incessanti preghiere a Dio, affinché dia loro la
forza di intraprendere con perseveranza e condurre a termine con coraggio
quest'opera di sommo amore per gli uomini, per mezzo della quale si costruisce
virilmente la pace. Questa opera esige oggi certamente che essi estendano la
loro mente e il loro cuore al di là dei confini della loro nazione, deponendo
ogni egoismo nazionale e ogni ambizione di supremazia su altre nazioni,
nutrendo invece un profondo rispetto verso tutta l'umanità, avviata ormai così
laboriosamente verso una sua maggiore unità.
Le consultazioni sui problemi della pace e del disarmo,
già coraggiosamente e instancabilmente condotte, i consessi internazionali che
trattarono questi argomenti, devono essere considerati come i primi passi verso
la soluzione di problemi così gravi e con maggiore insistenza ed energia
dovranno quindi essere promossi in avvenire, al fine di ottenere risultati
concreti. Stiano tuttavia bene attenti gli uomini a non affidarsi
esclusivamente agli sforzi di alcuni, senza preoccuparsi minimamente dei loro
propri sentimenti. I reggitori dei popoli, infatti, i quali sono mallevadori
del bene comune delle proprie nazioni e fautori insieme del bene della umanità
intera, dipendono in massima parte dalle opinioni e dai sentimenti delle
moltitudini. E' inutile infatti che essi si adoperino con tenacia a costruire
la pace, finché sentimenti di ostilità, di disprezzo e di diffidenza, odi
razziali e ostinate ideologie dividono gli uomini, ponendoli gli uni contro gli
altri. Di qui l'estrema urgente necessità di una rinnovata educazione degli
animi e di un nuovo orientamento nell'opinione pubblica. Coloro che si dedicano
alla attività educatrice, specie della gioventù, e coloro che contribuiscono
alla formazione della pubblica opinione, considerino come loro dovere
gravissimo inculcare negli animi di tutti sentimenti nuovi, ispiratori di pace.
E ciascuno di noi deve adoperarsi per mutare il suo cuore, mirando al mondo
intero e a tutti quei doveri che gli uomini possono compiere insieme per
condurre l'umanità verso un migliore destino.
Né ci inganni una falsa speranza. Se non verranno in futuro
conclusi stabili e onesti trattati di pace universale, rinunciando ad ogni odio
ed inimicizia, l'umanità, che, pur avendo compiuto mirabili conquiste nel campo
scientifico, si trova già in grave pericolo, sarà forse condotta funestamente a
quell'ora, in cui non altra pace potrà sperimentare se non la pace di una
terribile morte. La Chiesa di Cristo, posta in mezzo alle angosce del tempo
presente, non cessa tuttavia, mentre espone tutto questo, di nutrire la più
ferma speranza. Agli uomini della nostra età essa intende suggerire
continuamente, sia che l'accolgano favorevolmente o lo respingano come
importuno, il messaggio dell'apostolo: " Ecco ora il tempo favorevole
" per trasformare i cuori," ecco ora i giorni della salvezza".
SEZIONE II
LA COSTRUZIONE DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE
83. Le cause di
discordia e i loro rimedi
L'edificazione della pace esige prima di tutto che, a
cominciare dalle ingiustizie, si eliminino le cause di discordia tra gli uomini
che fomentano le guerre. Molte cause provengono dalle troppe disparità
economiche e dal ritardo con cui vi si porta il necessario rimedio. Altre
nascono dallo spirito di dominio, dal disprezzo delle persone e, per accennare
ai motivi più reconditi, dall'umana invidia, dalla diffidenza, dall'orgoglio e
da altre passioni egoistiche. Poiché gli uomini non possono tollerare tanti
disordini, avviene che il mondo, anche senza guerra, resta tuttavia
continuamente in balia di lotte tra gli uomini e di violenze. I medesimi mali
si riscontrano nei rapporti tra le nazioni. Quindi per vincere e per prevenire
questi mali, per reprimere l'abuso della violenza, è assolutamente necessario
che le istituzioni internazionali vadano maggiormente d'accordo, che siano
coordinate in modo più sicuro e che, senza stancarsi, si stimoli la creazione
di organismi idonei a promuovere la pace.
84. La comunità
delle nazioni e le istituzioni internazionali
Dati i crescenti e stretti legami di mutua dipendenza
esistenti oggi tra tutti i cittadini e i popoli della terra, la ricerca e il
raggiungimento più efficace del bene comune universale richiedono che la
comunità delle nazioni si dia un ordine che risponda ai suoi compiti attuali,
tenendo particolarmente conto di quelle numerose regioni che ancor oggi si
trovano in uno stato di intollerabile miseria.
Per conseguire questi fini, le istituzioni della comunità
internazionale devono, ciascuna per la sua parte, provvedere ai diversi bisogni
degli uomini, tanto nel campo della vita sociale, cui appartengono
l'alimentazione, la salute, l'educazione, il lavoro, quanto in alcune
circostanze particolari che sorgono qua e là, come possono essere le odierne
esigenze dello sviluppo generale per i paesi che si stanno evolvendo, la
necessità di soccorrere le angustie dei profughi sparsi in ogni parte del
mondo, o anche di aiutare gli emigrati e le loro famiglie.
Le istituzioni internazionali, universali e regionali già
esistenti hanno reso grandi servizi al genere umano. Esse rappresentano i primi
sforzi di gettare le fondamenta internazionali di tutta la comunità umana al
fine di risolvere le più gravi questioni del nostro tempo, per promuovere
dappertutto il progresso e per prevenire la guerra sotto qualsiasi forma. In
tutti questi campi, la Chiesa si rallegra dello spirito di vera fratellanza che
fiorisce tra cristiani e non cristiani, spirito che acuisce lo sforzo
d'intensificare i tentativi intesi a sollevare l'immane miseria.
La solidarietà attuale del genere umano impone anche che
si stabilisca una maggiore cooperazione internazionale in campo economico.
Infatti, se quasi tutti i popoli hanno acquisito l'indipendenza politica, si è
tuttavia ancora lontani dall'essersi liberati dalle troppe disuguaglianze e da
ogni forma di indebita dipendenza e che tutti sfuggano al pericolo di gravi
difficoltà interne.
Lo sviluppo d'un paese dipende da aiuti di uomini e
finanziari. Bisogna preparare i cittadini di ciascuna nazione, attraverso
l'educazione e la formazione professionale, ad assumere i diversi incarichi
della vita economica e sociale. A tal fine si richiede l'aiuto di esperti
stranieri, i quali nel prestare la loro opera si regolino non già come
dominatori, ma come ausiliari e cooperatori. Senza profonde modifiche nei
metodi attuali del commercio mondiale, le nazioni in via di sviluppo non
potranno ricevere i sussidi materiali. Inoltre, altre risorse devono essere
loro date dalle nazioni progredite, sotto forma di dono, di prestazioni e
d'investimenti finanziari; ciò si faccia con generosità e senza cupidigia, da
una parte, e si ricevano, dall'altra, con tutta onestà.
Per instaurare un vero ordine economico universale,
bisognerà rinunciare ai benefici esagerati, alle ambizioni nazionali, alla
bramosia di dominazione politica, ai calcoli di ordine militare e al desiderio
di propagare e di imporre ideologie. Si propongono differenti sistemi economici
e sociali; è desiderabile che gli esperti possano trovare in essi un fondamento
comune per una sana vita economica mondiale; ciò sarà più facile se ciascuno,
rinunciando ai propri pregiudizi, si dispone di buon grado a condurre un
sincero dialogo.
86. Alcune
norme opportune
In vista di questa cooperazione, sembra utile proporre le
norme seguenti:
a) Le nazioni in via di sviluppo tendano soprattutto ad
assegnare, espressamente e senza equivoci, come fine della loro evoluzione, la
piena espansione umana dei cittadini. Si ricordino che questo progresso trova
innanzitutto la sua origine e il suo dinamismo nel lavoro e nella ingegnosità
delle popolazioni stesse, tanto più che esso deve appoggiarsi non solo sugli
aiuti esterni, ma, prima di tutto, sulla piena valorizzazione delle proprie
risorse e così pure sull'indole e sulla tradizione propria che devono essere
coltivate.
In questa materia, quelli che esercitano sugli altri
maggiore influenza devono dare l'esempio.
b) E' dovere gravissimo delle nazioni evolute di aiutare
i popoli in via di sviluppo ad adempiere i compiti sopraddetti. Perciò, esse
procederanno volentieri a quelle revisioni interne, spirituali e materiali, che
si richiedono per stabilire questa cooperazione universale.
Così bisogna che negli scambi con le nazioni più deboli e
meno fortunate abbiano riguardo al bene di queste, che, per la loro stessa
sussistenza, hanno bisogno dei proventi ricavati dalla vendita dei propri prodotti.
c) Spetta alla comunità internazionale di coordinare e di
stimolare lo sviluppo, curando tuttavia di distribuire con la massima efficacia
e con piena equità le risorse a ciò destinate. Salvo il principio di
sussidiarietà, ad essa spetta anche di regolare i rapporti economici mondiali
secondo gli imperativi della giustizia.
Si fondino istituti capaci di promuovere e di regolare il
commercio internazionale, specialmente con le nazioni meno sviluppate, e
destinati a compensare gli inconvenienti che derivano dall'eccessiva
disuguaglianza di potere fra le nazioni. Accanto all'aiuto tecnico, culturale e
finanziario, un simile ordinamento deve mettere a disposizione delle nazioni
che tendono al progresso le risorse necessarie ad ottenere una crescita soddisfacente
della loro economia.
d) In molti casi è urgente procedere a una revisione
delle strutture economiche e sociali. Ma bisogna guardarsi dalle soluzioni
tecniche premature, specialmente da quelle che, mentre offrono all'uomo utilità
materiali, s'oppongono al suo carattere e al suo profitto spirituale. Poiché
" non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di
Dio " (Mt. 4, 4). Ogni parte della famiglia umana reca in sé e nelle sue
migliori tradizioni qualcosa di quel tesoro spirituale che Dio ha affidato
all'umanità, anche se molti non sanno neppure da quale fonte esso provenga.
87. La
cooperazione internazionale riguardo l'accrescimento demografico
La cooperazione internazionale e indispensabile
soprattutto quando si tratta dei popoli che oggi abbastanza frequentemente, fra
le molte altre difficoltà, subiscono in modo tutto speciale quelle derivanti da
un rapido incremento demografico. E' urgente e necessario, con la piena e
intensa cooperazione di tutti, specie delle nazioni più favorite, studiare il
modo di procurare e di mettere a disposizione dell'intera comunità umana quei
beni che sono necessari alla sussistenza e alla conveniente istruzione di ciascuno.
Parecchi popoli potrebbero molto migliorare le loro condizioni di vita, se,
debitamente istruiti, passassero dai vecchi metodi in agricoltura ai nuovi
procedimenti tecnici di produzione, applicandoli con la necessaria prudenza
alla situazione propria, instaurando pure un migliore ordine sociale e attuando
una più giusta distribuzione neI possesso delle terre.
Nei limiti della loro competenza, i governi hanno senza
dubbio diritti e doveri che riguardano i problemi della popolazione nelle loro
nazioni; come, ad esempio, per quanto riguarda la legislazione sociale e
familiare, le migrazioni dalla campagna alle città, o quando si tratta
dell'informazione relativa allo stato e ai bisogni del paese. Oggi gli animi
sono molto agitati da questi problemi. Si deve quindi anche sperare che
cattolici competenti in tutti questi problemi, in particolare nelle università,
proseguano assiduamente gli studi e le iniziative e li sviluppino maggiormente.
Poiché molti affermano che l'accrescimento demografico
nel mondo, o almeno in alcune nazioni, si debba frenare in maniera radicale con
ogni mezzo e con ogni genere di intervento dell'autorità pubblica, il Concilio
esorta tutti ad astenersi da soluzioni contrarie alla legge morale, siano esse
promosse o talora imposte pubblicamente o in privato. Infatti, in virtù del
diritto inalienabile dell'uomo al matrimonio e alla generazione della prole, la
decisione circa il numero dei figli da mettere al mondo dipende dal retto
giudizio dei genitori e non può in nessun modo esser lasciata al giudizio
dell'autorità pubblica. Poiché questo giudizio dei genitori suppone una
coscienza ben formata, è di grande importanza dare a tutti il modo di educarsi
a una retta responsabilità quale veramente conviene a uomini, nel rispetto
della legge divina e tenendo conto delle circostanze reali e di tempo. Tutto
ciò esige un po' dappertutto un miglioramento delle condizioni educative e
sociali, soprattutto una formazione religiosa o almeno una sana formazione
morale. Le popolazioni poi siano opportunamente informate sui progressi della
scienza nella ricerca di qui metodi che potranno aiutare i coniugi in materia
di regolamentazione delle nascite, una volta che sia ben stabilito il valore di
questi metodi e accertata la loro liceità morale.
88. Il compito
dei cristiani nell'aiuto agli altri paesi
I cristiani volentieri e con tutto il cuore cooperino
all'edificazione dell'ordine internazionale nel reale rispetto delle legittime
libertà e in amichevole fraternità con tutti. Tanto più che la maggior parte
del mondo soffre di una miseria così grande che sembra quasi intendere nei
poveri l'appello del Cristo che reclama la carità dei suoi discepoli. Si eviti
questo scandalo: mentre alcune nazioni i cui abitanti troppo spesso per la
maggior parte si dicono cristiani, godono di una grande abbondanza di beni,
altre nazioni sono prive del necessario per vivere e sono afflitte dalla fame,
dalla malattia e da ogni sorta di miserie. Lo spirito di povertà e d'amore è
infatti la gloria e la testimonianza della Chiesa di Cristo.
Sono, pertanto, da lodare e da incoraggiare quei
cristiani, specialmente i giovani, che spontaneamente si offrono a soccorrere
gli altri uomini e le altre nazioni. Anzi spetta a tutto il popolo di Dio,
dietro la parola e l'esempio dei suoi vescovi, di sollevare, nella misura delle
proprie forze, la miseria di questi tempi, dando, secondo l'uso antico della
Chiesa, non solo del superfluo, ma anche del necessario.
Le collette e la distribuzione dei soccorsi materiali,
senza essere organizzate in una maniera rigida e uniforme, devono farsi secondo
un piano diocesano, nazionale e mondiale, e, ovunque si dia il caso, in azione
congiunta tra cattolici e altri fratelli cristiani. Infatti lo spirito di
carità non s'oppone per nulla all'esercizio provvido e ordinato dell'azione
sociale e caritativa; anzi l'esige. E' perciò necessario che quelli che
vogliono impegnarsi al servizio delle nazioni in via di sviluppo, ricevano una
formazione adeguata in istituti specializzati.
89. Efficace
presenza della Chiesa nella comunità internazionale
La Chiesa, in virtù della sua missione divina, predica il
Vangelo e largisce i tesori della grazia a tutte le genti. Contribuisce così a
rafforzare la pace in ogni parte del mondo, ponendo la conoscenza della legge
divina e naturale a solido fondamento della solidarietà fraterna tra gli uomini
e tra le nazioni. Perciò, la Chiesa dev'essere assolutamente presente nella
stessa comunità dei popoli, per risvegliare e incitare gli uomini alla
cooperazione vicendevole. E ciò, sia attraverso le sue istituzioni pubbliche,
sia con la piena e leale collaborazione di tutti i cristiani, animata
dall'unico desiderio di servire a tutti.
Per raggiungere questo fine in modo più efficace, i
fedeli, coscienti della loro responsabilità umana e sociale, dovranno sforzarsi
di risvegliare la volontà di una pronta collaborazione con la comunità
internazionale, a cominciare dal proprio ambiente di vita. Si abbia una cura
particolare di formare in ciò i giovani, impartendo loro l'educazione religiosa
e civile.
90. La
partecipazione dei cristiani alle istituzioni internazionali
Indubbiamente una forma eccellente d'impegno dei
cristiani in campo internazionale è l'opera in comune che si presta,
individualmente o associati, all'interno degli istituti già esistenti o da
costituirsi, con il fine di promuovere la collaborazione tra le nazioni.
Inoltre, le varie associazioni cattoliche internazionali possono servire in
tanti modi all'edificazione della comunità dei popoli nella pace e nella fratellanza.
Perciò bisognerà rafforzarle, aumentando il numero di cooperatori ben formati,
con i necessari sussidi e mediante un adeguato coordinamento delle forze. Ai
nostri giorni, efficacia d'azione e necessità di dialogo impongono che le
imprese siano comuni. Per di più, simili associazioni giovano non poco a
istillare quel senso universale che tanto conviene ai cattolici, e a formare la
coscienza di una veramente universale solidarietà e responsabilità.
Infine è auspicabile che i cattolici si studino di
cooperare, in maniera fattiva ed efficace, con i fratelli separati, i quali
pure fanno professione di carità evangelica, e con tutti gli uomini desiderosi
della pace vera. Adempiranno così debitamente al loro dovere in seno alla
comunità internazionale.
Il Concilio poi, a causa delle immense sventure che
ancora affliggono la maggior parte del genere umano, ritiene assai opportuna la
creazione di un qualche organismo universale della Chiesa per fomentare
dovunque la giustizia e l'amore di Cristo verso i poveri. Tale organismo avrà
come scopo di stimolare la comunità dei cattolici a promuovere lo sviluppo
delle regioni bisognose e la giustizia sociale tra le nazioni.
CONCLUSIONE
91. Compiti dei
singoli fedeli e delle Chiese particolari
Quanto viene proposto da questo santo sinodo fa parte del
tesoro di dottrina della Chiesa e intende aiutare tutti gli uomini del nostro
tempo, sia quelli che credono in Dio, sia quelli che esplicitamente non lo
riconoscono, affinché, scoprendo più chiaramente le esigenze della loro
vocazione totale, rendano il mondo più conforme all'eminente dignità dell'uomo,
aspirino a una fratellanza universale e superiore, e possano rispondere, sotto
l'impulso dell'amore, con uno sforzo generoso e congiunto, agli appelli più
pressanti della nostra epoca.
Ma, volutamente, dinanzi alla immensa varietà delle
situazioni e delle forme di civiltà nel mondo, questa presentazione non ha, in
numerosi punti, che un carattere generale; anzi quantunque venga presentata una
dottrina già comune nella Chiesa, siccome non raramente si tratta di realtà
soggette a continua evoluzione, essa dovrà essere continuata e ampliata.
Confidiamo che le molte cose che abbiamo esposto, basandoci sulla parola di Dio
e sullo spirito del Vangelo, possano portare un valido aiuto a tutti,
soprattutto dopo che i cristiani, sotto la guida dei pastori, ne avranno
portato a compimento l'adattamento ai singoli popoli e alle varie mentalità.
92. Il dialogo
fra tutti gli uomini
La Chiesa, in forza della missione che ha di illuminare
tutto il mondo con il messaggio evangelico e di radunare in un solo Spirito
tutti gli uomini di qualunque nazione, stirpe e civiltà, diventa segno di
quella fraternità che permette e rafforza un sincero dialogo.
Questo richiede che innanzitutto nella stessa Chiesa
promuoviamo la mutua stima, il rispetto e la concordia, riconoscendo ogni
legittima diversità per stabilire un dialogo sempre più profondo fra tutti
coloro che formano l'unico popolo di Dio, cioè tra i pastori e gli altri fedeli
cristiani. Sono più forti infatti le cose che uniscono i fedeli che quelle che
li dividono; ci sia unità nelle cose necessarie, libertà nelle cose dubbie e in
tutto carità.
Il nostro pensiero si rivolge contemporaneamente ai
fratelli che non vivono ancora in piena comunione con noi e alle loro comunità;
ad essi e ad esse tuttavia siamo uniti nella confessione del Padre, del Figlio
e dello Spirito santo e dal vincolo della carità, memori che l'unità dei
cristiani è oggi attesa e desiderata anche da molti che non credono in Cristo.
Quanto più, in effetti questa unità farà progresso nella verità e nell'amore,
sotto la potente azione dello Spirito santo, tanto più essa diverrà per il
mondo intero un presagio di unità e di pace. Perciò, unendo le nostre energie ed
utilizzando forme e metodi sempre più adeguati, nel momento presente, al
conseguimento efficace di così alto fine, studiamoci, in una conformità al
Vangelo ogni giorno maggiore, di cooperare fraternamente al servizio della
famiglia umana che è chiamata a diventare in Cristo Gesù la famiglia dei figli
di Dio.
Rivolgiamo anche il nostro pensiero a tutti coloro che
credono in Dio e che conservano nelle loro tradizioni preziosi elementi
religiosi ed umani, augurandoci che un dialogo fiducioso possa condurre tutti
noi ad accettare con fedeltà gli impulsi dello Spirito e a portarli a
compimento con alacrità.
Il desiderio di stabilire un dialogo che sia ispirato dal
solo amore della verità e condotto con la opportuna prudenza da parte nostra,
non esclude nessuno: né coloro che hanno il culto di alti valori umani, benché
non ne riconoscano ancora la sorgente, né coloro che si oppongono alla Chiesa e
la perseguitano in diverse maniere. Essendo Dio Padre principio e fine di
tutti, siamo tutti chiamati ad essere fratelli. E perciò, chiamati a questa
stessa vocazione umana e divina, senza violenza e senza inganno, possiamo e
dobbiamo lavorare insieme alla costruzione del mondo nella vera pace.
93. Un mondo da
costruire e da condurre al suo fine
I cristiani, ricordando le parole del Signore, " in
questo conosceranno tutti che siete i miei discepoli, se vi amerete gli uni gli
altri " (Gv. 13, 35), niente possono desiderare più ardentemente che
servire con sempre maggiore generosità ed efficacia gli uomini del mondo contemporaneo.
Perciò, aderendo fedelmente al Vangelo e usufruendo della sua forza, uniti con
tutti coloro che amano e cercano la giustizia, hanno assunto un compito immenso
da adempiere su questa terra: di esso dovranno rendere conto a colui che tutti
giudicherà nell'ultimo giorno. Non tutti infatti quelli che dicono: "
Signore, Signore ", entreranno nel regno dei cieli, ma quelli che fanno la
volontà del Padre e, validamente, danno mano all'opera. Perché il Padre vuole
che in tutti gli uomini noi riconosciamo ed efficacemente amiamo Cristo
fratello, con la parola e con l'azione, rendendo così testimonianza alla
verità, e comunichiamo agli altri il mistero dell'amore del Padre celeste. Così
facendo, risveglieremo in tutti gli uomini della terra una viva speranza, dono
dello Spirito santo, affinché finalmente un giorno essi vengano assunti nella
pace e felicità somma, nella patria che risplende della gloria del Signore.
" A colui che, mediante la potenza che opera in noi,
può compiere infinitamente di più di tutto ciò che noi possiamo domandare o
pensare, a lui sia la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù, per tutte le
generazioni nei secoli dei secoli. Amen " (Ef. 3, 20-21). Tutte e singole
le cose, stabilite in questa costituzione pastorale, sono piaciute ai padri del
sacro Concilio. E noi, in virtù della potestà apostolica conferitaci da Cristo,
unitamente ai venerabili padri, nello Spirito santo le approviamo, le
decretiamo e stabiliamo; e quanto è stato così sinodalmente stabilito,
comandiamo che sia promulgato a gloria di Dio. Roma, presso S. Pietro, 7
dicembre 1965. Io Paolo vescovo della Chiesa cattolica.
(Seguono le firme dei Padri)
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PROEMIO
1.
Unione della Chiesa con l'intera famiglia umana
2.
A chi si rivolge il Concilio
3.
A servizio dell'uomo
Esposizione
introduttiva
La
condizione dell’uomo nel mondo contemporaneo
4.
Speranze e angosce
5.
Profonde mutazioni
6.
Mutamenti sociali
7.
Mutamenti psicologici, morali e religiosi
8.
Squilibri nel mondo contemporaneo
9.
Le aspirazioni più diffuse dell'umanità
10.
Gli interrogativi più profondi dell'uomo
PARTE
PRIMA
LA
CHIESA E LA VOCAZIONE DELL’UOMO
11.
Rispondere agli impulsi dello Spirito
CAPITOLO
I
LA
DIGNITÀ DELLA PERSONA UMANA
12.
L'uomo ad immagine di Dio
13.
Il peccato
14.
I costitutivi dell'uomo
15.
Dignità dell'intelligenza, la verità e la sapienza
16.
Dignità della coscienza morale
17.
Eccellenza della libertà
18.
Il mistero della morte
19.
Forme e cause dell'ateismo
20.
L'ateismo sistematico
21.
L'atteggiamento della Chiesa di fronte all'ateismo
22.
Cristo, l'uomo nuovo
CAPITOLO
II
LA
COMUNITÀ DEGLI UOMINI
23.
La comunità degli uomini: com'e' intesa dal Concilio
24.
L'indole comunitaria della umana
vocazione nel piano di Dio
25.
Interdipendenza della persona e della umana società
26.
Per promuovere il bene comune
27.
Rispetto della persona umana
28.
Il rispetto e l'amore per gli avversari
29.
La fondamentale uguaglianza degli uomini
e la giustizia sociale
30.
Occorre superare l'etica individualistica
31.
Responsabilità e partecipazione
32.
Il verbo incarnato e la solidarietà umana
CAPITOLO
III
L’ATTIVITÀ
UMANA NELL’UNIVERSO
33.
L'attività umana nell'universo
34.
Il valore dell'attività umana
35.
L'ordine dell'attività umana
36.
La legittima autonomia delle realtà terrene
37.
L'attività umana corrotta dal peccato
38.
L'attività umana elevata a perfezione
nel mistero pasquale
39.
Terra nuova e cielo nuovo
CAPITOLO
IV
40.
Mutua relazione tra Chiesa e mondo
41.
L'aiuto che la Chiesa intende offrire agli individui
42.
L'aiuto che la Chiesa intende dare alla società umana
43.
L'aiuto che la Chiesa intende dare all'attività umana
44.
L'aiuto che la Chiesa riceve dal mondo contemporaneo
45.
Cristo, l'alfa e l'omega
PARTE
II
46.
Alcuni problemi urgenti
CAPITOLO
I
47.
Matrimonio e famiglia nel mondo d'oggi
48.
Santità del matrimonio e della famiglia
49.
L'amore coniugale
50.
La fecondità del matrimonio
51.
Accordo dell'amore coniugale con il rispetto
della vita umana
52.
L'impegno di tutti per il bene del matrimonio
e della famiglia
CAPITOLO
II
53.
La promozione del progresso della cultura
SEZIONE
I
54.
Nuovi stili di vita
55.
L'uomo artefice della cultura
56.
Difficoltà e compiti
SEZIONE
II
57.
Fede e cultura
58.
I molteplici rapporti fra il Vangelo di Cristo e la cultura
59.
Armonizzazione dei diversi aspetti della cultura
SEZIONE
III
60.
Riconoscimento del diritto di ciascuno alla cultura
61.
L'educazione dell'uomo a una cultura integrale
62.
Accordo fra cultura umana e insegnamento cristiano
CAPITOLO
III
VITA
ECONOMICO-SOCIALE
63.
La vita economica e alcuni aspetti
caratteristici contemporanei
SEZIONE
I
64.
Lo sviluppo economico a servizio dell'uomo
65.
Lo sviluppo economico sotto il controllo dell'uomo
66.
Ingenti disparità economico-sociali da far scomparire
SEZIONE
II
67.
Lavoro, condizioni di lavoro e tempo libero
68.
Partecipazione nell'impresa e conflitti di lavoro
69.
I beni della terra e loro destinazione a tutti gli uomini
70.
Investimenti e moneta
71.
Accesso alla proprietà privata e problema dei latifondi
72.
L'attività economico-sociale e il regno di Cristo
Capitolo iv
LA
VITA DELLA COMUNITÀ POLITICA
73.
La vita pubblica contemporanea
74.
Natura e fini della comunità politica
75.
Collaborazione di tutti alla vita pubblica
76.
La comunità politica e la Chiesa
CAPITOLO
V
LA
PROMOZIONE DELLA PACE E LA COMUNITÀ DEI POPOLI
77.
La promozione della pace
78.
La natura della pace
SEZIONE
I
79.
Il dovere di mitigare l'inumanità della guerra
80.
La guerra totale
81.
La corsa agli armamenti
82.
La condanna della guerra e l'azione
internazionale per evitarla
SEZIONE
II
83.
Le cause di discordia e i loro rimedi
84.
La comunità delle nazioni e le istituzioni internazionali
85.
La cooperazione internazionale sul piano economico
86.
Alcune norme opportune
87.
La cooperazione internazionale riguardo
l'accrescimento demografico
88.
Il compito dei cristiani nell'aiuto agli altri paesi
89.
Efficace presenza della Chiesa nella comunità
internazionale
90.
La partecipazione dei cristiani alle istituzioni
internazionali
CONCLUSIONE
91.
Compiti dei singoli fedeli e delle chiese particolari
92.
Il dialogo fra tutti gli uomini
93.
Un mondo da costruire e da condurre al suo fine
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Fonte: Enchiridion Vaticanum Vol. 1 - Doc. Concilio
Vaticano II (1962-1965)
Autore: Concilio Vaticano II
Luogo: Roma (S. Pietro), 7 dicembre 1965