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MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ 1° GENNAIO 2006 NELLA
VERITÀ, 1.
Con il tradizionale Messaggio per 2.
Vorrei subito rendere un sincero tributo di gratitudine ai miei Predecessori,
i grandi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, illuminati operatori di
pace. Animati dallo spirito delle Beatitudini, essi hanno saputo leggere nei
numerosi eventi storici, che hanno segnato i loro rispettivi Pontificati, il
provvidenziale intervento di Dio, mai dimentico delle sorti del genere umano.
A più riprese, quali infaticabili messaggeri del Vangelo, essi hanno invitato
ogni persona a ripartire da Dio per poter promuovere una pacifica convivenza
in tutte le regioni della terra. Nella scia di questo nobilissimo
insegnamento si colloca il mio primo Messaggio per Il
nome stesso di Benedetto, che ho scelto il giorno dell'elezione alla Cattedra
di Pietro, sta ad indicare il mio convinto impegno in favore della pace. Ho
inteso, infatti, riferirmi sia al Santo Patrono d'Europa, ispiratore di una
civilizzazione pacificatrice nell'intero Continente, sia al Papa Benedetto
XV, che condannò 3.
Il tema di riflessione di quest'anno — « Nella verità, la pace » — esprime
la convinzione che, dove e quando l'uomo si lascia illuminare dallo splendore
della verità, intraprende quasi naturalmente il cammino della pace. 4.
Delineata in questo modo, la pace si configura come dono celeste e grazia
divina, che richiede, a tutti i livelli, l'esercizio della responsabilità più
grande, quella di conformare — nella verità, nella giustizia, nella libertà e
nell'amore — la storia umana all'ordine divino. Quando viene a mancare
l'adesione all'ordine trascendente delle cose, come pure il rispetto di
quella « grammatica » del dialogo che è la legge morale universale, scritta
nel cuore dell'uomo, quando viene ostacolato e impedito lo sviluppo integrale della
persona e la tutela dei suoi diritti fondamentali, quando tanti popoli sono
costretti a subire ingiustizie e disuguaglianze intollerabili, come si può
sperare nella realizzazione del bene della pace? Vengono infatti meno quegli
elementi essenziali che danno forma alla verità di tale bene. Sant'Agostino
ha descritto la pace come « tranquillitas ordinis », la tranquillità dell'ordine, vale a dire quella situazione che
permette, in definitiva, di rispettare e realizzare appieno la verità
dell'uomo. 5.
E allora, chi e che cosa può impedire la realizzazione della pace? A questo
proposito, 6.
La pace è anelito insopprimibile presente nel cuore di ogni persona, al di là
delle specifiche identità culturali. Proprio per questo ciascuno deve
sentirsi impegnato al servizio di un bene tanto prezioso, lavorando perché
non si insinui nessuna forma di falsità ad inquinare i rapporti. Tutti gli
uomini appartengono ad un'unica e medesima famiglia. L'esaltazione esasperata
delle proprie differenze contrasta con questa verità di fondo. Occorre
ricuperare la consapevolezza di essere accomunati da uno stesso destino, in
ultima istanza trascendente, per poter valorizzare al meglio le proprie
differenze storiche e culturali, senza contrapporsi ma coordinandosi con gli
appartenenti alle altre culture. Sono queste semplici verità a rendere
possibile la pace; esse diventano facilmente comprensibili ascoltando il
proprio cuore con purezza di intenzioni. La pace appare allora in modo nuovo:
non come semplice assenza di guerra, ma come convivenza dei singoli cittadini
in una società governata dalla giustizia, nella quale si realizza in quanto
possibile il bene anche per ognuno di loro. La verità della pace chiama tutti
a coltivare relazioni feconde e sincere, stimola a ricercare ed a percorrere
le strade del perdono e della riconciliazione, ad essere trasparenti nelle
trattative e fedeli alla parola data. In particolare, il discepolo di Cristo,
che si sente insidiato dal male e per questo bisognoso dell'intervento liberante
del Maestro divino, a Lui si rivolge con fiducia ben sapendo che « Egli non
commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca » ( 7.
La verità della pace deve valere e far valere il suo benefico riverbero di
luce anche quando ci si trovi nella tragica situazione della guerra. I Padri
del Concilio Ecumenico Vaticano II, nella Costituzione pastorale Gaudium et spes, sottolineano che non
diventa « tutto lecito tra le parti in conflitto quando la guerra è ormai
disgraziatamente scoppiata ». La Comunità Internazionale si è dotata di un diritto
internazionale umanitario per limitare al massimo, soprattutto per le
popolazioni civili, le conseguenze devastanti della guerra. In molteplici
circostanze e in diverse modalità, 8.
Il mio grato pensiero va alle Organizzazioni Internazionali e a quanti con
diuturno sforzo operano per l'applicazione del diritto internazionale
umanitario. Come potrei qui dimenticare i tanti soldati impegnati in delicate
operazioni di composizione dei conflitti e di ripristino delle condizioni
necessarie alla realizzazione della pace? Anche ad essi desidero ricordare le
parole del Concilio Vaticano II: « Coloro che, al servizio della patria, sono
reclutati nell'esercito, si considerino anch'essi ministri della sicurezza e
della libertà dei popoli. Se adempiono rettamente a questo dovere, concorrono
anch'essi veramente a stabilire la pace ». Su tale esigente fronte si colloca l'azione pastorale degli
Ordinariati militari della Chiesa Cattolica: tanto agli Ordinari militari
quanto ai cappellani militari va il mio incoraggiamento a mantenersi, in ogni
situazione e ambiente, fedeli evangelizzatori della verità della pace. 9.
Al giorno d'oggi, la verità della pace continua ad essere compromessa e
negata, in modo drammatico, dal terrorismo che, con le sue minacce ed i suoi
atti criminali, è in grado di tenere il mondo in stato di ansia e di
insicurezza. I miei Predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II sono
intervenuti più volte per denunciare la tremenda responsabilità dei
terroristi e per condannare l'insensatezza dei loro disegni di morte. Tali
disegni, infatti, risultano ispirati da un nichilismo tragico e sconvolgente,
che il Papa Giovanni Paolo II descriveva con queste parole: « Chi uccide con
atti terroristici coltiva sentimenti di disprezzo verso l'umanità,
manifestando disperazione nei confronti della vita e del futuro: tutto, in
questa prospettiva, può essere odiato e distrutto ». Non solo il nichilismo, ma anche il fanatismo religioso, oggi
spesso denominato fondamentalismo, può ispirare e alimentare propositi e
gesti terroristici. Intuendo fin dall'inizio il dirompente pericolo che il
fondamentalismo fanatico rappresenta, Giovanni Paolo II lo stigmatizzò
duramente, mettendo in guardia dalla pretesa di imporre con la violenza,
anziché di proporre alla libera accettazione degli altri la propria
convinzione circa la verità. Scriveva: « Pretendere di imporre ad altri con
la violenza quella che si ritiene essere la verità, significa violare la
dignità dell'essere umano e, in definitiva, fare oltraggio a Dio, di cui egli
è immagine ». 11.
Dinanzi ai rischi che l'umanità vive in questa nostra epoca, è compito di
tutti i cattolici intensificare, in ogni parte del mondo, l'annuncio e la
testimonianza del « Vangelo della pace », proclamando che il riconoscimento
della piena verità di Dio è condizione previa e indispensabile per il
consolidamento della verità della pace. Dio è Amore che salva, Padre
amorevole che desidera vedere i suoi figli riconoscersi tra loro come
fratelli, responsabilmente protesi a mettere i differenti talenti a servizio
del bene comune della famiglia umana. Dio è inesauribile sorgente della
speranza che dà senso alla vita personale e collettiva. Dio, solo Dio, rende
efficace ogni opera di bene e di pace. La storia ha ampiamente dimostrato che
fare guerra a Dio per estirparlo dal cuore degli uomini porta l'umanità,
impaurita e impoverita, verso scelte che non hanno futuro. Ciò deve spronare
i credenti in Cristo a farsi testimoni convincenti del Dio che è
inseparabilmente verità e amore, mettendosi al servizio della pace, in
un'ampia collaborazione ecumenica e con le altre religioni, come pure con
tutti gli uomini di buona volontà. 12.
Guardando all'attuale contesto mondiale, possiamo registrare con piacere
alcuni promettenti segnali nel cammino della costruzione della pace. Penso,
ad esempio, al calo numerico dei conflitti armati. Si tratta di passi
certamente ancora assai timidi sul sentiero della pace, ma già in grado di
prospettare un futuro di maggiore serenità, in particolare per le popolazioni
martoriate della Palestina, 13.
Tutto ciò non deve indurre però ad un ingenuo ottimismo. Non si può infatti
dimenticare che, purtroppo, proseguono ancora sanguinosi conflitti fratricidi
e guerre devastanti che seminano in vaste zone della terra lacrime e morte.
Ci sono situazioni in cui il conflitto, che cova come fuoco sotto la cenere,
può nuovamente divampare causando distruzioni di imprevedibile vastità. Le
autorità che, invece di porre in atto quanto è in loro potere per promuovere
efficacemente la pace, fomentano nei cittadini sentimenti di ostilità verso
altre nazioni, si caricano di una gravissima responsabilità: mettono a
repentaglio, in regioni particolarmente a rischio, i delicati equilibri
raggiunti a prezzo di faticosi negoziati, contribuendo a rendere così più
insicuro e nebuloso il futuro dell'umanità. Che dire poi dei governi che
contano sulle armi nucleari per garantire la sicurezza dei loro Paesi?
Insieme ad innumerevoli persone di buona volontà, si può affermare che tale
prospettiva, oltre che essere funesta, è del tutto fallace. In una guerra
nucleare non vi sarebbero, infatti, dei vincitori, ma solo delle vittime. La
verità della pace richiede che tutti — sia i governi che in modo dichiarato o
occulto possiedono armi nucleari, sia quelli che intendono procurarsele —,
invertano congiuntamente la rotta con scelte chiare e ferme, orientandosi
verso un progressivo e concordato disarmo nucleare. Le risorse in tal modo
risparmiate potranno essere impiegate in progetti di sviluppo a vantaggio di
tutti gli abitanti e, in primo luogo, dei più poveri. 15.
I primi a trarre vantaggio da una decisa scelta per il disarmo saranno i
Paesi poveri, che reclamano giustamente, dopo tante promesse, l'attuazione
concreta del diritto allo sviluppo. Un tale diritto è stato solennemente
riaffermato anche nella recente Assemblea Generale dell'Organizzazione delle
Nazioni Unite, che ha celebrato quest'anno il 60o anniversario
della sua fondazione. Dal
Vaticano, 8 Dicembre 2005. BENEDICTUS
PP. XVI Appello ai Capi dei popoli
belligeranti (1o agosto
1917): AAS 9 (1917) 423. Giovanni Paolo II, Messaggio per Cfr Giovanni Paolo II, Discorso
alla 50a Assemblea Generale delle Nazioni Unite (5 ottobre
1995), 3. Messaggio per
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