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VIAGGIO APOSTOLICO SESSIONE INAUGURALE DEI LAVORI DISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI Sala
Conferenze, Santuario dell'Aparecida Cari
Fratelli nell'Episcopato, amati sacerdoti, religiosi, religiose
e laici. Cari osservatori di altre confessioni religiose: È
motivo di grande gioia trovarmi oggi qui con voi per inaugurare Desidero
altresì esprimere la mia gratitudine per le amabili parole del Signor
Cardinale Francisco Javier Errázuriz
Ossa, Arcivescovo di Santiago del Cile e Presidente del CELAM, pronunciate
anche a nome dell'ex Presidente e dei partecipanti a
questa Conferenza Generale. 1.
La fede
cristiana in America Latina La
fede in Dio ha animato la vita e la cultura di questi Paesi durante più di
cinque secoli. Dall'incontro di quella fede con le etnie originarie è nata la
ricca cultura cristiana di questo Continente espressa nell'arte, nella
musica, nella letteratura e, soprattutto, nelle tradizioni religiose e nel
modo di essere delle sue genti, unite da una stessa storia ed uno stesso
credo, così da dare origine ad una grande sintonia pur nella diversità di
culture e di lingue. Attualmente,
quella stessa fede deve affrontare serie sfide, perché stanno in gioco lo
sviluppo armonico della società e l'identità cattolica dei suoi popoli. A
questo riguardo, Ma,
che cosa ha significato l'accettazione della fede cristiana per i Paesi
dell'America Latina e dei Caraibi? Per essi ha significato conoscere ed accogliere Cristo, il Dio
sconosciuto che i loro antenati, senza saperlo, cercavano nelle loro ricche
tradizioni religiose. Cristo era il Salvatore a cui
anelavano silenziosamente. Ha significato anche avere ricevuto, con le acque
del Battesimo, la vita divina che li ha fatti figli di Dio per adozione;
avere ricevuto, inoltre, lo Spirito Santo che è venuto a fecondare le loro
culture, purificandole e sviluppando i numerosi germi e semi che il Verbo
incarnato aveva messo in esse, orientandole così
verso le strade del Vangelo. In effetti, l'annuncio di Gesù e del suo Vangelo
non comportò, in nessun momento, un'alienazione delle culture precolombiane,
né fu un'imposizione di una cultura straniera. Le autentiche culture non sono
chiuse in se stesse né pietrificate in un determinato momento della storia,
ma sono aperte, più ancora, cercano l'incontro con altre culture, sperano di
raggiungere l'universalità nell'incontro e nel dialogo con altre forme di
vita e con gli elementi che possono portare ad una nuova sintesi nella quale
si rispetti sempre la diversità delle espressioni e della loro realizzazione
culturale concreta. In
ultima istanza, solo la verità unifica e la sua prova è l'amore. Per questo
motivo Cristo, essendo realmente il Logos incarnato, "l'amore
fino alla fine", non è estraneo ad alcuna cultura né ad alcuna persona;
al contrario, la risposta desiderata nel cuore delle culture è quella che dà
ad esse la loro identità ultima, unendo l'umanità e
rispettando contemporaneamente la ricchezza delle diversità, aprendo tutti
alla crescita nella vera umanizzazione, nell'autentico progresso. Il Verbo di
Dio, facendosi carne in Gesù Cristo, si fece anche storia e cultura. L'utopia
di tornare a dare vita alle religioni precolombiane, separandole da Cristo e
dalla Chiesa universale, non sarebbe un progresso, bensì un regresso. In
realtà, sarebbe un'involuzione verso un momento storico ancorato nel passato.
La
saggezza dei popoli originari li portò fortunatamente a formare una sintesi
tra le loro culture e la fede cristiana che i missionari offrivano loro. Di
lì è nata la ricca e profonda religiosità popolare, nella quale appare
l'anima dei popoli latinoamericani: - L'amore a Cristo sofferente, il Dio della
compassione, del perdono e della riconciliazione; il Dio che ci ha amati fino
a consegnarsi per noi; Questa
religiosità si esprime anche nella devozione ai santi con le loro feste
patronali, nell'amore al Papa e agli altri Pastori, nell'amore alla Chiesa
universale come grande famiglia di Dio che non può né deve mai lasciare soli
o nella miseria i suoi propri figli. Tutto ciò forma il grande mosaico della
religiosità popolare che è il prezioso tesoro della Chiesa cattolica in
America Latina, e che essa deve proteggere, promuovere e, quando fosse
necessario, anche purificare.
Questa
V Conferenza Generale si celebra in continuità con le altre quattro che la
precedettero in Rio de Janeiro, Medellín, Puebla e Santo Domingo. Con lo stesso spirito che le
animò, i Pastori vogliono dare ora un nuovo impulso all'evangelizzazione,
affinché questi popoli continuino a crescere e a maturare nella loro fede,
per essere luce del mondo e testimoni di Gesù Cristo con la propria vita. Dopo
Nel
mondo di oggi c'è il fenomeno della globalizzazione
come un intreccio di relazioni a livello planetario. Benché sotto certi
aspetti sia un guadagno per la grande famiglia umana e un segnale della sua
profonda aspirazione all'unità, tuttavia comporta anche senza dubbio il
rischio dei grandi monopoli e di trasformare il lucro in valore supremo. Come
in tutti i campi dell'attività umana, anche la globalizzazione
deve essere guidata dall'etica, mettendo tutto al servizio della persona
umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio. In
America Latina e nei Caraibi, come anche in altre
regioni, si sono registrati avanzamenti verso la democrazia, benché ci siano motivi di preoccupazione davanti a forme di governo
autoritarie o soggette a certe ideologie che si credevano superate, e che non
corrispondono con la visione cristiana dell'uomo e della società, come
c'insegna Nelle
Comunità ecclesiali dell'America Latina è notevole la maturità nella fede di molti laici e laiche attivi e dediti al Signore,
insieme con la presenza di molti generosi catechisti, di tanti giovani, di
nuovi movimenti ecclesiali e di recenti Istituti di vita consacrata. Si
dimostrano fondamentali molte opere cattoliche educative, di assistenza e di
accoglienza. Si percepisce, è vero, un certo indebolimento della vita
cristiana nell'insieme della società e della partecipazione alla vita della
Chiesa cattolica, dovuto al secolarismo, all'edonismo, all'indifferentismo e al proselitismo di numerose sette, di
religioni animiste e di nuove espressioni pseudoreligiose. Tutto
ciò configura una situazione nuova che sarà analizzata qui, in Aparecida. Davanti alle nuove difficili scelte, i fedeli
sperano da questa V Conferenza un rinnovamento e una rivitalizzazione
della loro fede in Cristo, nostro unico Maestro e Salvatore, che ci ha
rivelato l'esperienza unica dell'Amore infinito di Dio Padre per gli uomini.
Da questa fonte potranno sorgere nuove strade e progetti pastorali creativi,
capaci di infondere una ferma speranza per vivere in maniera responsabile e
gioiosa la fede ed irradiarla così nel proprio ambiente.
Questa
Conferenza Generale ha come tema: "Discepoli
e missionari di Gesù Cristo, affinché i nostri popoli in Lui abbiano
vita". Che
cosa ci dà realmente Cristo? Perché vogliamo essere discepoli di Cristo? La
risposta è: perché speriamo di trovare nella comunione con Lui la vita, la
vera vita degna di questo nome, e per questo vogliamo farlo conoscere agli
altri, comunicare loro il dono che abbiamo trovato in Lui. Ma questo è
veramente così? Siamo realmente convinti che Cristo è la via, la verità e la
vita? Davanti
alla priorità della fede in Cristo e della vita "in Lui", formulata
nel titolo di questa V Conferenza, potrebbe sorgere anche un'altra questione:
Questa priorità, non potrebbe essere per caso una fuga verso l'intimismo,
verso l'individualismo religioso, un abbandono della realtà urgente dei
grandi problemi economici, sociali e politici dell'America Latina e del
mondo, ed una fuga dalla realtà verso un mondo spirituale? Come
primo passo, possiamo rispondere a questa domanda con un'altra: Che cosa è
questa "realtà?". Che cosa è il reale? Sono "realtà" solo
i beni materiali, i problemi sociali, economici e politici? Qui sta
precisamente il grande errore delle tendenze dominanti nell'ultimo secolo,
errore distruttivo, come dimostrano i risultati tanto dei sistemi marxisti
quanto di quelli capitalisti. Falsificano il concetto di realtà con
l'amputazione della realtà fondante e per questo decisiva che è Dio. Chi
esclude Dio dal suo orizzonte falsifica il concetto di "realtà" e,
in conseguenza, può finire solo in strade sbagliate e con ricette
distruttive. La
prima affermazione fondamentale è, dunque, la seguente: Solo chi riconosce
Dio, conosce la realtà e può rispondere ad essa in
modo adeguato e realmente umano. La verità di questa tesi risulta evidente
davanti al fallimento di tutti i sistemi che mettono Dio tra parentesi. Ma
sorge immediatamente un'altra domanda: Chi conosce Dio? Come possiamo
conoscerlo? Non possiamo entrare qui in un complesso dibattito su questa
questione fondamentale. Per il cristiano il nucleo della risposta è semplice:
Solo Dio conosce Dio, solo suo Figlio che è Dio da Dio, Dio vero, lo conosce.
Ed Egli, "che è nel seno del Padre, lo ha rivelato" (Gv 1, 18). Di qui l'importanza unica ed
insostituibile di Cristo per noi, per l'umanità. Se non conosciamo Dio in
Cristo e con Cristo, tutta la realtà si trasforma in un enigma indecifrabile;
non c'è via e, non essendoci via, non ci sono né vita né verità. Dio
è la realtà fondante, non un Dio solo pensato o ipotetico, bensì il Dio dal
volto umano; è il Dio-con-noi,
il Dio dell'amore fino alla croce. Quando il discepolo arriva alla
comprensione di questo amore di Cristo "fino alla fine", non può
mancare di rispondere a questo amore se non con un amore simile: "Ti
seguirò dovunque tu vada" (Lc 9, 57). Possiamo
ancora farci un'altra domanda: Che cosa ci dà la fede in questo Dio? La prima
risposta è: ci dà una famiglia, la famiglia universale di Dio nella Chiesa cattolica.
La fede ci libera dall'isolamento dell'io, perché ci porta alla comunione:
l'incontro con Dio è, in sé stesso e come tale, incontro con i fratelli, un
atto di convocazione, di unificazione, di responsabilità verso l'altro e
verso gli altri. In questo senso, l'opzione preferenziale per i poveri è
implicita nella fede cristologica in quel Dio che
si è fatto povero per noi, per arricchirci con la sua povertà (cfr 2 Cor 8, 9). Ma
prima di affrontare quello che comporta il realismo della fede nel Dio fatto
uomo, dobbiamo approfondire la domanda: come conoscere realmente Cristo per
poter seguirlo e vivere con Lui, per trovare la vita in Lui e per comunicare
questa vita agli altri, alla società e al mondo? Innanzitutto, Cristo ci si
dà a conoscere nella sua persona, nella sua vita e nella sua dottrina per
mezzo della Parola di Dio. All'inizio della nuova tappa che Per
questo, bisogna educare il popolo alla lettura e alla meditazione della
Parola di Dio: che essa divenga il suo alimento affinché, per propria
esperienza, i fedeli vedano che le parole di Gesù sono spirito e vita (cfr Gv 6, 63).
Altrimenti, come annuncerebbero un messaggio il cui contenuto e spirito non
conoscono a fondo? Dobbiamo basare il nostro impegno missionario e tutta la
nostra vita sulla roccia della Parola di Dio. Per questo, incoraggio i
Pastori a sforzarsi di farla conoscere. Un
grande mezzo per introdurre il Popolo di Dio nel mistero di Cristo è la
catechesi. In essa si trasmette in forma semplice e
sostanziosa il messaggio di Cristo. Converrà pertanto intensificare la catechesi
e la formazione nella fede, tanto dei bambini quanto dei giovani e degli
adulti. La riflessione matura sulla fede è luce per il cammino della vita e forza per essere testimoni di Cristo. Per ciò si dispone
di strumenti molto preziosi come sono il Catechismo della Chiesa Cattolica e la
sua versione più breve, il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica.
In
questo campo non bisogna limitarsi solo alle omelie, conferenze, corsi di
Bibbia o teologia, ma si deve ricorrere anche ai mezzi di comunicazione:
stampa, radio e televisione, siti di internet, fori e tanti altri sistemi per
comunicare efficacemente il messaggio di Cristo ad un gran numero di persone.
In
questo sforzo per conoscere il messaggio di Cristo e renderlo guida della
propria vita, bisogna ricordare che l'evangelizzazione si è sviluppata sempre
insieme con la promozione umana e l'autentica liberazione cristiana.
"Amore a Dio ed amore al prossimo si fondono tra loro: nel più umile
troviamo Gesù stesso ed in Gesù troviamo Dio" (Lett.
enc. Deus caritas est,
15). Per lo stesso motivo, sarà anche necessaria una catechesi sociale ed
un'adeguata formazione nella dottrina sociale della Chiesa, essendo molto
utile per ciò il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa.
La vita cristiana non si esprime solamente nelle virtù personali, ma anche
nelle virtù sociali e politiche. Il
discepolo, fondato così sulla roccia della Parola di Dio, si sente spinto a
portare 4.
"Affinché in Lui abbiano vita" I
popoli latinoamericani e dei Caraibi hanno diritto
ad una vita piena, propria dei figli di Dio, con alcune condizioni più umane:
liberi dalle minacce della fame e da ogni forma di violenza. Per questi
popoli, i loro Pastori devono promuovere una cultura della vita che permetta, come diceva il mio predecessore Paolo VI,
"di passare dalla miseria al possesso del necessario, all'acquisizione
della cultura... alla cooperazione nel bene comune... fino al riconoscimento,
da parte dell'uomo, dei valori supremi e di Dio che di essi è la fonte ed il
fine" (Populorum progressio,
21). In
questo contesto mi è gradito ricordare l'Enciclica Populorum progressio,
il cui 40° anniversario ricordiamo quest'anno.
Questo documento pontificio mette in evidenza che lo sviluppo autentico deve
essere integrale, cioè, orientato alla promozione di tutto l'uomo e di tutti
gli uomini (cfr n. 14), ed invita tutti a
sopprimere le gravi disuguaglianze sociali e le enormi differenze
nell'accesso ai beni. Questi popoli anelano, soprattutto, alla pienezza di
vita che Cristo ci ha portato: "Io sono venuto affinché abbiano la vita
e l'abbiano in abbondanza" (Gv 10, 10).
Con questa vita divina si sviluppa anche in pienezza l'esistenza umana, nella
sua dimensione personale, familiare, sociale e culturale. Per
formare il discepolo e sostenere il missionario nel suo grande compito, Di
qui la necessità di dare priorità, nei programmi pastorali, alla
valorizzazione della Messa domenicale. Dobbiamo motivare i cristiani affinché
partecipino ad essa attivamente e, se è possibile,
meglio con la famiglia. L'assistenza dei genitori con i loro figli alla
Celebrazione Eucaristica domenicale è una pedagogia efficace per comunicare
la fede ed un stretto vincolo che mantiene l'unità
tra loro. La domenica ha significato, durante la vita della Chiesa, il
momento privilegiato dell'incontro delle comunità col Signore risuscitato. È
necessario che i cristiani sperimentino che non seguono un personaggio della
storia passata, bensì Cristo vivo, presente nell'oggi ed ora delle loro vite.
Egli è il Vivente che cammina al nostro fianco, rivelandoci il senso degli
avvenimenti, del dolore e della morte, dell'allegria e della festa, entrando
nelle nostre case e rimanendo in esse, alimentandoci
col Pane che dà la vita. Per questo la celebrazione domenicale
dell'Eucaristia deve essere il centro della vita cristiana. L'incontro
con Cristo nell'Eucaristia suscita l'impegno dell'evangelizzazione e la
spinta alla solidarietà; sveglia nel cristiano il forte desiderio di
annunciare il Vangelo e testimoniarlo nella società per renderla più giusta
ed umana. Dall'Eucaristia è germogliata nel corso dei secoli un'immensa
ricchezza di carità, di partecipazione alle difficoltà degli altri, di amore
e di giustizia. Solo dall'Eucaristia germoglierà la civiltà dell'amore che
trasformerà l'America Latina ed i Caraibi così che,
oltre ad essere il Continente della Speranza, siano anche il Continente
dell'Amore! I problemi sociali e politici Arrivati
a questo punto possiamo domandarci: come può Le
strutture giuste sono, come ho detto, una condizione indispensabile per una
società giusta, ma non nascono né funzionano senza un consenso morale della
società sui valori fondamentali e sulla necessità di vivere questi valori con
le necessarie rinunce, perfino contro l'interesse personale. Dove
Dio è assente - Dio dal volto umano di Gesù Cristo - questi valori non si
mostrano con tutta la loro forza, né si produce un consenso su di essi. Non voglio dire che i non credenti non possano
vivere una moralità elevata ed esemplare; dico solamente che una società
nella quale Dio è assente non trova il consenso necessario sui valori morali
e la forza per vivere secondo il modello di questi valori, anche contro i
propri interessi. D'altra
parte, le strutture giuste devono cercarsi ed elaborarsi alla luce dei valori
fondamentali, con tutto l'impegno della ragione politica, economica e
sociale. Sono una questione della recta ratio
e non provengono da ideologie né dalle loro promesse. Certamente esiste un
tesoro di esperienze politiche e di conoscenze sui problemi sociali ed
economici che evidenziano elementi fondamentali di un
stato giusto e le strade che si devono evitare. Ma in situazioni culturali e
politiche diverse, e nel cambiamento progressivo delle tecnologie e della
realtà storica mondiale, si devono cercare in maniera razionale le risposte
adeguate e deve crearsi - con gli indispensabili impegni - il consenso sulle
strutture che si devono stabilire. Questo
lavoro politico non è competenza immediata della Chiesa. Il rispetto di una
sana laicità - compresa la pluralità delle posizioni politiche - è essenziale
nella tradizione cristiana. Se Le strutture giuste non saranno mai complete in modo
definitivo; per la costante evoluzione della storia, devono essere sempre
rinnovate ed aggiornate; devono essere sempre animate da un "ethos"
politico ed umano, per la cui presenza ed efficienza si deve lavorare sempre. In altre parole, la presenza di Dio, l'amicizia col
Figlio di Dio incarnato, la luce della sua Parola, sono sempre condizioni
fondamentali per la presenza ed efficacia della giustizia e dell'amore nelle
nostre società. Trattandosi
di un Continente di battezzati, converrà colmare la notevole assenza,
nell'ambito politico, della comunicazione e della università, di voci e di
iniziative di leader cattolici di forte personalità e di dedizione generosa,
che siano coerenti con le loro convinzioni etiche e
religiose. I movimenti ecclesiali hanno qui un ampio campo per ricordare ai
laici la loro responsabilità e la loro missione di portare la luce del
Vangelo nella vita pubblica, culturale, economica e politica.
Per
portare a termine il rinnovamento della Chiesa a voi affidata in queste
Terre, vorrei fissare l'attenzione su alcuni campi che considero prioritari
in questa nuova tappa. La famiglia La
famiglia, "patrimonio dell'umanità", costituisce uno dei tesori più
importanti dei paesi latinoamericani. Essa è stata ed è scuola della fede,
palestra di valori umani e civili, focolare nel
quale la vita umana nasce e viene accolta generosamente e responsabilmente.
Senza dubbio, attualmente essa soffre situazioni avverse provocate dal
secolarismo e dal relativismo etico, dai diversi flussi migratori interni ed
esterni, dalla povertà, dall'instabilità sociale e dalle legislazioni civili
contrarie al matrimonio che, favorendo gli anticoncezionali e l'aborto,
minacciano il futuro dei popoli. In
alcune famiglie dell'America Latina persiste ancora sfortunatamente una
mentalità maschilista, che ignora la novità del cristianesimo nel quale è
riconosciuta e proclamata l'uguale dignità e responsabilità della donna
rispetto all'uomo. La
famiglia è insostituibile per la serenità personale e per l'educazione dei
figli. Le madri che vogliono dedicarsi pienamente all'educazione dei loro
figli ed al servizio della famiglia devono godere delle condizioni necessarie
per poterlo fare, e per ciò hanno diritto di contare sull'appoggio dello
Stato. In effetti, il ruolo della madre è fondamentale per il futuro della
società. Il
padre, da parte sua, ha il dovere di essere veramente padre che esercita la
sua indispensabile responsabilità e collaborazione nell'educazione dei loro
figli. I figli, per la loro crescita integrale, hanno il diritto di potere
contare sul padre e la madre, che badino a loro e li
accompagnino verso la pienezza della loro vita. È necessaria, dunque, una
pastorale familiare intensa e vigorosa. È indispensabile anche promuovere
politiche familiari autenticazioni che rispondano ai
diritti della famiglia come soggetto sociale imprescindibile. La famiglia fa
parte del bene dei popoli e dell'umanità intera. I sacerdoti I
primi promotori del discepolato e della missione
sono quelli che sono stati chiamati "per essere con Gesù ed essere
mandati a predicare" (cfr Mc
3, 14), cioè, i sacerdoti. Essi devono ricevere, in modo
preferenziale, l'attenzione e la cura paterna dei loro Vescovi, perché sono i
primi operatori di un autentico rinnovamento della vita cristiana nel Popolo
di Dio. A loro voglio indirizzare una parola di affetto paterno, auspicando che
"il Signore sia parte della loro eredità e del loro calice" (cfr Sal 16, 5). Se il
sacerdote ha Dio come fondamento e centro della sua vita, sperimenterà la
gioia e la fecondità della sua vocazione. Il sacerdote deve essere
innanzitutto un "uomo di Dio" (1 Tm 6, 11) che conosce Dio
direttamente, che ha una profonda amicizia personale con Gesù che condivide
con gli altri gli stessi sentimenti di Cristo (cfr
Fil 2, 5). Solo così il sacerdote sarà capace di
condurre a Dio, incarnato in Gesù Cristo, gli uomini, ed essere
rappresentante del suo amore. Per compiere il suo alto compito, il sacerdote
deve avere una solida struttura spirituale e vivere tutta
la sua vita animato dalla fede, dalla speranza e dalla carità. Deve
essere, come Gesù, un uomo che cerchi, attraverso la preghiera, il volto e la
volontà di Dio, e che curi anche la sua preparazione culturale ed
intellettuale. Cari
sacerdoti di questo Continente e voi che come missionari siete venuti qui a lavorare, il Papa vi accompagna nel vostro lavoro
pastorale e desidera che siate pieni di gioia e di speranza e soprattutto
prega per voi. Religiosi,
religiose e consacrati Voglio
rivolgermi anche ai religiosi, alle religiose e alle laiche e laici consacrati.
La società latinoamericana e caraibica
ha bisogno della vostra testimonianza: in un mondo che tante volte cerca
innanzitutto il benessere, la ricchezza ed il piacere come obbiettivo della
vita, e che esalta la libertà al posto della verità dell'uomo creato per Dio,
voi siete testimoni che c'è un'altra forma di vivere con senso; ricordate ai
vostri fratelli e sorelle che il Regno di Dio è già arrivato; che la
giustizia e la verità sono possibili se ci apriamo alla presenza amorosa di
Dio nostro Padre, di Cristo nostro fratello e Signore, dello Spirito Santo
nostro Consolatore. Con generosità e anche con eroismo dovete
continuare a lavorare affinché nella società regni l'amore, la giustizia, la
bontà, il servizio e la solidarietà in conformità al carisma dei vostri
fondatori. Abbracciate con profonda gioia la vostra consacrazione, che è
strumento di santificazione per voi e di redenzione per i vostri fratelli. I laici In
quest'ora in cui Siete
molti voi, fedeli, che appartenete a movimenti ecclesiali, nei quali possiamo
vedere segni della multiforme presenza ed azione santificatrice dello Spirito
Santo nella Chiesa e nella società attuale. Voi siete chiamati a portare al
mondo la testimonianza di Gesù Cristo ed essere fermento dell'amore di Dio
tra gli altri. I giovani e la pastorale vocazionale In
America Latina la maggioranza della popolazione è formata da giovani. A
questo proposito, dobbiamo ad essi ricordare che la
loro vocazione è quella di essere amici di Cristo, suoi discepoli. I giovani
non temono il sacrificio, ma una vita senza senso. Sono sensibili alla
chiamata di Cristo che li invita a seguirlo. Possono rispondere a quella
chiamata come sacerdoti, come consacrati e consacrate, oppure come padri e
madri di famiglia, dediti totalmente a servire i loro fratelli con tutto il
loro tempo e la loro capacità di dedizione, con tutta la loro vita. I giovani
devono affrontare la vita come una continua scoperta, senza lasciarsi
irretire dalle mode o dalle mentalità correnti, ma procedendo con una
profonda curiosità sul senso della vita e sul mistero Dio, Padre Creatore, e
del suo Figlio, il nostro Redentore, all'interno della famiglia umana. Devono
impegnarsi anche per un continuo rinnovamento del mondo alla luce del
Vangelo. Più ancora, devono opporsi ai facili miraggi della felicità
immediata ed ai paradisi ingannevoli della droga, del piacere, dell'alcool,
così come ad ogni forma di violenza. 6.
"Resta con noi" I
lavori di questa V Conferenza Generale ci portano a fare nostra la supplica
dei discepoli di Emmaus: "Resta con noi,
perché si fa sera e il giorno già volge al declino" (Lc 24, 29). Resta
con noi, Signore, accompagnaci benché non sempre abbiamo
saputo riconoscerti. Resta con noi, perché intorno a noi stanno
addensandosi le ombre, e tu sei Resta
con noi, Signore, quando intorno alla nostra fede cattolica sorgono le nebbie
del dubbio, della stanchezza o delle difficoltà: tu che sei Resta
nelle nostre famiglie, illuminale nei loro dubbi, sostienile nelle loro
difficoltà, consolale nelle loro sofferenze e nella fatica di ogni giorno,
quando intorno a loro si accumulano ombre che minacciano la loro unità e la
loro identità naturale. Tu che sei Resta,
Signore, con quelli che nelle nostre società sono più vulnerabili; resta con
i poveri e gli umili, con gli indigeni e gli afroamericani,
che non sempre hanno trovato spazio e appoggio per esprimere la ricchezza
della loro cultura e la saggezza della loro identità. Resta, Signore, con i
nostri bambini e con i nostri giovani, che sono la speranza e la ricchezza
del nostro Continente, proteggili dalle tante insidie che attentano alla loro
innocenza ed alle loro legittime speranze. Oh buon Pastore, resta con i
nostri anziani e con i nostri malati. Fortifica tutti nella fede affinché
siano i tuoi discepoli e missionari! Conclusione Concludendo
la mia permanenza tra voi, desidero invocare la protezione della Madre di Dio
e Madre della Chiesa sulle vostre persone e su tutta l'America Latina e i Caraibi. Imploro in modo speciale Nostra Signora. sotto il titolo di Guadalupe,
Patrona dell'America, e di Aparecida, Patrona del
Brasile, che vi accompagni nel vostro affascinante ed esigente lavoro
pastorale. A Lei fido il Popolo di Dio in questa tappa del terzo Millennio
cristiano. A Lei chiedo anche che guidi i lavori e le riflessioni di questa
Conferenza Generale, e che benedica con copiosi doni i cari popoli di questo
Continente. Prima
di tornare a Roma, desidero lasciare alla V Conferenza Generale
dell'Episcopato dell'America Latina e dei Caraibi
un ricordo che la accompagni e la ispiri. Si tratta di questo magnifico
trittico che proviene dall'arte di Cuzco, Perú. Vi è rappresentato il Signore
poco prima di ascendere al Cielo, mentre affida a coloro che lo
seguivano la missione di fare discepoli tutti i popoli. Le immagini evocano
la stretta relazione di Gesù Cristo con i suoi discepoli e missionari per la
vita del mondo. L'ultimo quadro raffigura San Juan Diego mentre evangelizza con l'immagine della Vergine
Maria nella sua tilma e con Nel
partire, saluto molto cordialmente tutti voi con questa ferma speranza nel
Signore. Molte grazie! |
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