Bibbia a fumetti - Castigat ridendo mores - da Astrologia a Vita Sociale il dizionario dei problemi dell'uomo moderno

 

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II

 

Come mai gli antichi vivevano centinaia di anni?

 

Il Genesi (capitolo 5) parla di dieci personaggi che si sono succeduti nella genealogia da Adamo a Noè, vivendo ciascuno molto a lungo: sei di loro, stando al racconto, hanno superato i 900 anni!

            Certo non basta pensare che godessero tutti una salute ancora intatta, non guastata da malattie ere­ditarie, così come non si scioglie la difficoltà sup­ponendo che i loro “anni” fossero non più che mesi (Junari), perché allora non si spiega come avreb­bero potuto avere figli all’età di 70 o 65 mesi, cioè a meno di sei anni.

 

            La spiegazione ci è venuta da un documento fuo­ri della Bibbia, quando gli scavi nella Mesopotamia ci hanno fornito in vari esemplari una lista di so­vrani delle antichissime città sumeriche.

            Otto di questi avrebbero regnato l’uno dopo l’al­tro, prima del diluvio universale, per un totale di 241.200 anni; a! più longevo si attribuisce una du­rata di 43.200 anni; at più giovane 18.600 anni.

            Per i successori dopo il diluvio le durate del re­gno scendono subito al di sotto dei 1000 anni, tran­ne poche eccezioni, e gradualmente arrivano alle no­stre misure.

                        Dunque i patriarchi del Genesi si trovano in buo­na compagnia.

 

            L’esistenza di questo elenco ci fa capire che le due liste, biblica e sumerica, rappresentano un genere letterario tutto speciale.

            Si tratta di un modo leggendario di ricordare gli antenati di un’epoca ormai lontana, che si può solo guardare con nostalgia.

 

            Però l’autore sacro cita queste memorie non per affermarne la verità, ma per condurre l’attenzione sopra un messaggio religioso.

            Egli batte con insistenza monotona sul fatto che ognuno di questi patriarchi, dopo la sua lunga vita, è morto: in altre parole, saranno stati campioni di resistenza, come il popolo racconta, ma alla fi­ne hanno dovuto arrendersi, perché la morte, dal peccato iniziale in poi, è una potenza inesorabile, destinata a colpire tutti senza eccezione.

 

            0 meglio, il segreto della vita esiste, ma lo si rag­giunge solo debellando il peccato: è questo il caso di Enok, il settimo dei patriarchi.

            Al suo nome la monotonia della lista si spezza per affermare due volte che egli “camminò con Dio”, cioè fu amico del Signore comportandosi come lui richiedeva.

            Egli visse sulla terra molto meno del suoi colle­ghi, solo 365 anni, ma finì diversamente: "Non fu più, poiché Dio l’aveva preso".

            L’amico di Dio non può morire, perché il suo posto è di vivere in eterna comunione con lui (Genesi 5, 21-24). Egli è maturo per un destino superiore.

 

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