TEMPO
Dal latino tempus; in generale significa una durata
infinita di momenti, entro la quale trovano
posto tutte le altre durate più o meno lunghe, degli anni, delle stagioni, dei mesi, dei giorni, delle ore, dei minuti ecc. La riflessione dei filosofi sul tempo è andata di pari passo con la riflessione sullo spazio e ha dato luogo sostanzialmente alle stesse soluzioni: ultrarealistica
(Platone-Newton),
concettualistica (Kant) e
logico-realistica (Aristotele). È di
Aristotele la celebre definizione: «Il
tempo è la misura del movimento
secondo il prima e il poi». S. Agostino fu il primo ad affrontare come impegno
la questione del tempo. «Che cos'e
dunque il tempo? Se nessuno me lo
domanda, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo domanda non lo so» (Confessioni
XI, 14). Per risolvere la questione
del tempo Agostino scruta la valenza ontologica delle tre fasi in cui si distingue il tempo: passato, presente e futuro. E scopre che in se stesso il futuro ancora non è, mentre il passato e già volato via e non e più; perciò passato e futuro in se stessi non posseggono nessuna esistenza. Essi la posseggono soltanto grazie al presente, che conserva il passato e anticipa il futuro. Ciò avviene grazie all'uomo
e alle sue facoltà conoscitive: la memoria
che trattiene il passato, la previsione che anticipa il futuro e
l'intuizione che coglie il presente.
Pertanto il tempo non esiste al di
fuori dell'uomo, bensì soltanto nell'uomo:
« È nella nostra mente che si trovano in qualche modo questi tre tempi, mentre altrove non li vedo: il presente del passato vale a dire la memoria, il presente del presente vale a dire l'intuizione, e il presente del futuro
vale a dire l'attesa» (Confessioni XI, 20). Di conseguenza è sempre nella mente umana che il tempo trova la ragione della sua misurabilità; «È in te, o anima, che, io misuro il tempo (...). L'impressione che
le cose fanno in te nel passare e in
te rimane quando sono passate, e questa che io misuro presente, non le cose che sono passate, in modo da ri-produrvela. È questa che io misuro quando
misuro il tempo» (Confessioni
XI, 21, 27). Del tempo il Dottore Angelico ha lo stesso concetto di Aristotele, del quale si compiace di ripetere spesso la celebre definizione: Tempus nihil aliud est quam nuunerus motus secundum prius et posteriur» (1, q.
Comunque S. Tommaso è certamente d'accordo con S. Agostino nel ritenere che il tempo formalmente - come misura del divenire - non esiste fuori della mente: è il
risultato del potere conoscitivo dell'uomo. Tuttavia ha una
sua radice nelle cose: perché senza il divenire, che e proprietà delle cose,
non ci sarebbe neppure il tempo: «Ciò che appartiene al tempo come suo elemento materiale, si fonda nel divenire, ossia nel prima e nel poi; invece per quanto concerne il suo aspetto formale, questo è frutto dell'operazione dell'anima misurante, per questo
motivo il Filosofo nella Fisica (IV, 14)
dice che se non ci fosse l'anima non ci sarebbe neppure il tempo» (I Sent., d. 19, q.
Il tempo è
una proprietà di tutte le realtà corporee, le quali sono necessariamente soggette al divenire, al cambiamento, allo sviluppo, alla generazione e
alla corruzione, tutti eventi che hanno un prima e un poi, e per questo sono suscettibili di
misurazione. Però, precisa S. Tommaso una cosa può essere misurata dal tempo in due maniere, direttamente oppure
indirettamente. “Infatti il tempo è la misurazione di
cose che hanno successione: perciò sono
direttamente misurate dal tempo quelle
cose che implicano l'idea di successione, o elementi connessi con la successione: per es., il moto,
la quiete, la conversazione e simili. Diciamo invece che sono indirettamente misurate dal tempo le cose che non implicano essenzialmente 1"idea di successione, ma che tuttavia dipendono da entità soggette alla successione. Così l'essere uomo
non implica di per sé l'idea di successione (esse
hominem de sui ratione non habet
successionem), infatti non
è un movimento, bensì termine di un
movimento o trasmutazione, cioè della
generazione umana; ma poiché l'essere
umano sottostà a cause mutevoli, in base
a esse l'essere dell'uomo è misurato
dal tempo» (I-II, q.
L'unica questione relativa al tempo su cui l'Angelico si è impegnato a fondo e ha anche polemizzato aspramente con i suoi avversari,
riguarda il momento della creazione: se essa possa aver avuto luogo anche dall'eternità o se invece la sua origine sia necessariamente legata al tempo. Secondo l'Angelico l'origine del mondo nel tempo è una verità di
fede, che tutti i teologi devono sottoscrivere; ma indipendentemente
dalla fede, è ipotizzabile anche una
creazione ab aeterno. Infatti «la creazione del mondo non dipende da nessun'altra
causa che dalla volontà di Dio. Perciò
quanto appartiene all'inizio del mondo non può essere provato
dimostrativamente, ma va accolto per fede secondo quanto è stato rivelato dallo Spirito Santo, come insegna l'Apostolo: "A noi lo rivelò Dio per mezzo dello
Spirito Santo» (1 Cor 2, 11). Pertanto occorre
difendersi dalla presunzione di fornire
delle dimostrazioni per quelle che sono verità di fede" (Quodlib.
III, q.
(V. MONDO, ETERNITÀ, CREAZIONE)