ARCHETIPO
04.
12. 16
La conoscenza sembra svilupparsi nel misurare i suoi oggetti tra di loro, comparandoli imparo a distinguerli e a riconoscerli. L’impresa più impegnativa è conoscere me stesso, perché sentendomi unico e solo non dispongo di termini di riferimento e perché sono vivo cioè in movimento di crescita. Il primo oggetto – l’archetipo – è mia madre per il contatto che ho avuto con lei durante i nove mesi della gestazione e durante il lungo periodo dell’infanzia. L’onestà e la rettitudine di mia madre mi fa sapere chi è mio padre e mi apre al contatto con lui. Avverto di essere avido di sapere come i due si rapportano tra di loro. Senza che alcuno me lo spieghi capisco che il loro amore è la mia sorgente. Ho necessità di rivedermi continuamente là dove sono nato, almeno fino a quando non riesco a stare sulle mie gambe. Le nubi che offuscano il loro amore proiettano ombre sulla mia sorgente e mi rendono insicuro e demotivato, mi viene alterato il contatto con la realtà. Temo il confronto con le cose, perché vedo fantasmi che mi inquietano e non sono pronto a capire che si tratta solo di proiezioni del mio disagio interiore.