Dan Brown imbarazzante e scomodo
per la Chiesa
Cattolica? Ma figuriamoci. Ho
l’impressione che “Il Codice da Vinci” cominci a diventare un alibi per il ceto
ecclesiastico e Dan Brown
un untorello su cui scaricare la responsabilità di un immane disastro. Quello
veramente scomodo e imbarazzante, per il mondo clericale, è un altro. Si
chiama Joseph Ratzinger e infatti le sue parole esplosive sono silenziosamente
censurate. Quelle sì fanno tremare i palazzi del potere curiale.
Le baggianate del “Codice da Vinci” sono vecchie fantasie esoteriche, senza
fondamento storico, che già da decenni erano
stampate. Ce ne sono a valanghe di bubbole simili. Le origini più remote di
tali mitologie stanno nelle antiche eresie gnostiche che avevano orrore del
creato e della carne, quindi dell’Incarnazione di Dio e della donna. Eresie che riemergevano come un fiume carsico, per esempio con i
Catari, nel medioevo. Il Cantico delle creature di san Francesco era
proprio un inno “anticataro”, una celebrazione della bontà della creazione. Perché il cristianesimo è profondamente materialista: i
suoi due fondamenti sono addirittura l’Incarnazione di Dio e la resurrezione
dei corpi.
Il “Codice da Vinci”, alla fine, in questi giorni, ha fatto scattare una
specie di gara allo sberleffo nel ceto colto. A Cannes i critici hanno
fischiato il film, come una pellicola di serie B., il pubblico pure, gli
esperti d’arte insorgono contro la manipolazione di Leonardo, gli storici si
vergognano di dover discutere di un frullato di corbellerie e falsificazioni,
perfino i musulmani sono insorti e l’Opus Dei
gongola: “il suo libro ci rende più popolari e più forti”.
Certo, è vero che milioni di persone semplici possono abboccare a quelle
corbellerie credendo veramente che Gesù Cristo sia
stato il marito della Maddalena e via burlando. Ma se nella Chiesa, in questi
decenni, si fosse annunciato veramente Gesù Cristo,
invece di andare dietro a ogni moda e ideologia, non
sarebbe accaduto. Se non si fosse creduto che
parlare di “temi attuali” (di costume o di politica) fosse più affascinante,
per i contemporanei, che parlare di Gesù di
Nazareth, l’unico veramente affascinante per gli uomini di tutti i tempi…
Se innanzitutto preti, teologi, vescovi non fossero
stati “sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di
dottrina”, come disse Ratzinger alla vigilia della
sua elezione, il 18 aprile 2005, davanti a tutto il collegio cardinalizio, se
avessero fatto conoscere e amare con passione Gesù
Cristo e la bellezza del cristianesimo e avessero dato ragione della fede
della Chiesa, invece di fare a gara per finire sui media, dicendo la loro su
mille questioni marginali (sociali o civili), il gregge non si sarebbe
smarrito dietro ai tanti Dan Brown…
“La piccola barca del pensiero di molti cristiani” disse Ratzinger
in quella memorabile messa, “è stata non di rado agitata…
gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo
radicale, dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al
sincretismo e così via”.
E pochi giorni prima, avendo ricevuto l’incarico, da Giovanni Paolo II, di
scrivere i testi della sua ultima solenne Via Crucis, quella del suo
testamento spirituale, Ratzinger scrisse cose che
mettono i brividi: queste sì, oltretutto perché fondate storicamente (a
differenza del “Codice da Vinci”) e perché – si può legittimamente pensare –
sottoscritte da Giovanni Paolo II che le fece
leggere davanti al mondo intero, al Colosseo.
Parlò di “quanto Cristo debba soffrire nella sua
stessa Chiesa. Quante volte si abusa del santo
sacramento della sua Presenza… Quante volte la sua Parola viene distorta e
abusata! Quanta poca fede c’è in tante teorie… Quanta sporcizia c’è nella
Chiesa e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere
completamente a lui! Quanta superbia, quanta
autosufficienza!”.
Parole da profeta biblico, che non risuonavano così dai
tempi di Caterina da Siena. Con un’ultima immagine agghiacciante:
“Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una
barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che
grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. Ma siamo noi stessi a sporcarli! Siamo noi stessi a
tradirti ogni volta, dopo tutte le nostre grandi parole, i nostri
grandi gesti. Abbi pietà della tua Chiesa”.
Al Sinodo dei Vescovi, in ottobre, rileggendo la parabola dei vignaioli
omicidi che uccidono il Figlio del padrone, fu
ancora più chiaro: “La minaccia di giudizio riguarda anche noi, la Chiesa in
Europa… Con questo Vangelo il Signore grida anche nelle nostre orecchie le
parole dell’Apocalisse: ‘se non ti ravvederai,
verrò da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto’
”.
Ma a cosa si riferisce in particolare il Papa? A tante
situazioni. Il 7 maggio scorso denunciò il carrierismo nella Chiesa: “il tentativo di arrivare ‘in alto’,
di procurarsi una posizione mediante la Chiesa: servirsi, non servire”. Parrebbe
piccola cosa, invece è un flagello enorme, e le parole del papa sono giudizio storico molto pesante sulla Chiesa degli
ultimi decenni dove la burocrazia ecclesiastica ha invaso e sostituito la
vita cristiana con l’amministrazione e il Verbo si è fatto carta, uffici,
organizzazione, piani, mito dell’efficienza (talora affari), nell’ennesima
emulazione del mondo.
“Sicchè oggi” si legge in un
libro di Ratzinger “la Chiesa è divenuta
per molti l'ostacolo principale alla fede. Non riescono più a vedere in essa altro che l'ambizione umana del potere, il piccolo
teatro di uomini che, con la loro pretesa di amministrare il cristianesimo
ufficiale, sembrano per lo più ostacolare il vero spirito del cristianesimo”.
Questo è ovviamente ingiusto, ma certo la gente non avrebbe cercato di
placare la sua fame e la sua sete di Gesù Cristo a
sorgenti avvelenate come “Il Codice da Vinci” se avesse potuto scorgerne il
volto nella sua Chiesa, se non avessimo trasformato seminari e università
teologiche in aride officine di demolizione della fede e dei vangeli, se il
potere ecclesiastico non avesse perseguitato i santi (padre Pio per dirne
solo uno, ma anche don Giussani
e tanti altri), se non si fossero coperte di sarcasmi le grazie
soprannaturali arrivando a sbeffeggiare la Madonna perché osava apparire a
Fatima o irriderla addirittura come “chiacchierina” perché a Medjugorje ha avuto la pietà di stare così tanto fra i
suoi figli per soccorrerli.
Eppure non è certo dall’intelligenza dei teologi che rinasce
il cristianesimo, ma dall’imprevisto accadere della grazia e dallo Spirito
Santo che soffia dove vuole. Il Papa l’ha detto chiaramente mercoledì scorso
parlando di San Pietro: “noi, come Pietro, sempre di
nuovo dobbiamo comvertirci. Dobbiamo seguire Gesù e non precederlo: è Lui che ci mostra la via. Così
Pietro ci dice: Tu pensi di avere la ricetta e di dover trasformare il
cristianesimo, ma è il Signore che conosce la strada. E’ il Signore che dice
a me, che dice a te: seguimi!
E dobbiamo avere il coraggio e l’umiltà di seguire Gesù”.
La Chiesa fedele a Cristo non ha temuto le più crudeli persecuzioni, come può
dunque temere un romanzaccio?
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