“IL
CODICE DA VINCI” DI DAN BROWN
E IL GESÙ STORICO
A cura di
Marco Fasol
“Calunniate, calunniate, qualcosa resterà” (Voltaire). Dan Brown meriterebbe un “dieci e lode” da Voltaire. Pur essendo un romanziere e non uno storico, tuttavia Brown, nel suo Il codice da Vinci (Mondadori, Milano 2003) è riuscito ad insinuare il dubbio e il sospetto su Cristo e sul suo messaggio, soprattutto nei lettori che non hanno preparazione in campo storico. L’intreccio del thriller è avvincente ed i continui colpi di scena impressionano il lettore, spesso affascinato anche dalle divagazioni su arte, storia e persino teologia … alla ricerca del misterioso Sacro Graal. E’ proprio qui, in campo biblico e storico, che si rivela l’inconsistenza ed anche la pericolosità del testo.
Brown ha messo
in bocca ai suoi personaggi calunnie molto gravi su Gesù Cristo, la chiesa
cattolica, l’Opus Dei, la storia del
cristianesimo, spacciando per “storiche” tante
sue invenzioni, raccontate come verità indiscutibili. Si pensi che secondo Brown, sulla base del Vangelo apocrifo di Filippo (ne abbiamo
un’unica copia! scritta circa 400 anni dopo Cristo!), Gesù avrebbe sposato Maria Maddalena (ma il Vangelo di Filippo non dice questo) e dalla loro unione sarebbe
nato un figlio che avrebbe
continuato la discendenza (questa è pura invenzione di Dan Brown). Sarebbe stata
Brown vuole insomma screditare il Cristianesimo nei suoi fondamenti storici; nega la sua originalità, afferma che solo con il Concilio di Nicea del 325 Gesù è stato proclamato Dio, per un voto a ristretta maggioranza! Insomma, scrive Brown a p. 276: “…. Quasi tutto ciò che i nostri padri ci hanno insegnato di Cristo è falso.”
Tutte le affermazioni di Brown dimostrano incompetenza storica. L’autore non conosce i progressi della filologia e papirologia neotestamentaria dell’ultimo secolo. Queste scienze hanno raccolto una quantità immensa di papiri e codici antichi, ricopiati dagli amanuensi lungo i secoli, spesso antichissimi, per cui i Vangeli che oggi leggiamo risultano il testo di gran lunga più documentato della storia. Si pensi che abbiamo circa 5.300 codici (= copie trascritte a mano, prima dell’invenzione della stampa e conservate nelle principali biblioteche del mondo) del Nuovo Testamento, alcuni dei quali risalenti a pochi decenni dagli eventi raccontati: i papiri Chester Beatty II (P. 46), il Papiro Rylands (P. 52), Papiro Bodmer II (P. 66), Papiro Bodmer XIV e XV (P. 75), Papiro Chester Beatty I, P 45…. Per fare un confronto con gli altri testi dell’antichità basti ricordare che Orazio, il poeta con il maggior numero di codici, ne ha 250, Virgilio 110, Platone 11, Tacito 2! (1) Al confronto i Vangeli apocrifi citati da Brown risultano assolutamente inattendibili (pochissimi codici contro 5300; scritti a 250-350 anni di distanza dalla morte di Cristo contro i 20 - 40 anni di distanza del Nuovo Testamento).
Raccolte di codici neotestamentari di
particolare importanza si trovano nel monastero del Monte Athos, con
circa 900 manoscritti, nel monastero di Santa Caterina nel Sinai, con
circa 300 manoscritti, a Roma (367 manoscritti), Parigi (373) Atene
(419), Londra (271), San Pietroburgo (233), Gerusalemme
(146), Oxford (158), Cambridge (66), Mosca (96), Patmos
(81), Firenze (79), Grottaferrata (69) e in molte altre località
con un numero minore di manoscritti.
Non vedo proprio come Brown possa parlare di “falsificazioni”. Se mai nessuno ha ragionevolmente dubitato
sull’autenticità della trasmissione dei codici dei classici, quali Orazio o
Cesare o Virgilio…che hanno generalmente poche decine di manoscritti, a ben
maggior ragione nessuno dovrebbe storicamente dubitare sull’autenticità della
trasmissione dei manoscritti del Nuovo Testamento. Tanto più che i manoscritti, ritrovati in
Biblioteche di tutta Europa, nord Africa, Asia, pur essendo varie migliaia, non
presentano varianti di grande rilevanza testuale. In altre parole il testo
mantiene sempre la sua integrità sostanziale e il suo messaggio inequivocabile.
La ricerca filologica di critica
testuale ci rafforza dunque nella convinzione che ci troviamo di fronte al
testo di gran lunga più documentato, quanto a numero e antichità dei
manoscritti, nella storia. Il testo dei Vangeli che leggiamo oggi risulta dal
confronto non solo dei più di cinquemila codici a disposizione, ma anche da
tutto il materiale delle versioni antiche (latine, siriache, copte, armene,
georgiane, gotiche, slave, etiopiche…) e delle citazioni dei Padri della Chiesa
(almeno 30.000 nei primi quattro secoli).
Come ha scritto il cardinal Carlo Maria Martini nella prefazione al
lavoro di K. e B. Aland, sintesi di tutta la loro vita di ricerca filologica: “Il
viaggio…approda…nel cuore della parola biblica riscoperta nella sua purezza. E’
una vera e propria avventura scientifica condotta col sussidio di un’immensa e
puntuale documentazione. E la scoperta fondamentale è sempre quella
sorprendente di un testo che, nonostante il fluire dei secoli e le molteplici
trascrizioni, si è conservato fedelmente, permettendo così agli studiosi e ai
traduttori di farlo risuonare, intatto nelle nostre comunità e per i singoli
lettori, credenti e no”.
Inutile
aggiungere che i Vangeli così documentati attestano la divinità di Cristo, la
credibilità della risurrezione, l’originalità del messaggio…Insomma tutti quei
valori che Brown con somma incompetenza presume di distruggere.
Brown, per sostenere poi le sue incredibili tesi sul matrimonio tra Gesù e Maddalena e tutto quel che ne segue, si basa invece sui Vangeli apocrifi, in particolare su quello gnostico di Filippo. Ma si tratta di testi che sono tutti molto tardivi: scritti a più di trecento anni di distanza, e attestati da pochissimi codici. Inoltre tutti questi Vangeli confermano i caratteri divini di Cristo: molti miracoli, la risurrezione, il messaggio dell’amore. Brown ha estrapolato solo quello che gli interessava per la sua opera di fantasia. Ha aggiunto invenzioni recenti sul Priorato di Sion e sui messaggi nascosti dell’Ultima Cena di Leonardo, spacciandoli per verità storiche.
In conclusione dobbiamo riconoscere che le frasi affrettate di Brown sono degne solo di un thriller scritto per guadagnare soldi. Sono il parto di una fantasia che ha come scopo il profitto e il successo e che non ha niente a che vedere con la competenza e la documentazione storica che giunge a conclusioni chiaramente opposte. Sappiamo poi che non appena un autore critica il cristianesimo, la chiesa, la storicità dei vangeli, viene subito osannato ed incensato dalla critica laicista imperante… le recensioni benevole si moltiplicano…le case editrici, con i loro canali pubblicitari ci convincono che si tratti di una lettura emozionante… ed il successo economico è assicurato!
Detto questo,
possiamo anche leggere con divertimento la sequenza dinamica ed avvincente di
questo thriller di successo, purchè
ci ricordiamo delle parole in esergo: “questo
libro è un’opera di fantasia”
E’ vero che Brown si basa invece sui Vangeli apocrifi, che sono alcune decine, ma sono tutti molto tardivi: scritti a duecento o trecento anni di distanza, e sono attestati da pochissimi codici. Inoltre tutti questi Vangeli confermano i caratteri divini di Cristo: molti miracoli, la risurrezione, il messaggio dell’amore.
Per quanto
riguarda poi il ruolo di Costantino, è chiaro a tutti gli storici che non è stato certo lui a decidere quali
Vangeli inserire nella Bibbia, ma
Per quanto riguarda poi l’affermazione di Brown circa la “mancanza di originalità” del Cristianesimo si cade veramente nel paradosso. Infatti la diffusione del Cristianesimo è dovuta proprio al fatto che il messaggio era sconvolgente ed assolutamente originale: un Dio che si fa uomo, che si lascia crocifiggere, che perdona i nemici, che annuncia un amore gratuito, che risorge dopo tre giorni… Era veramente un messaggio assolutamente impensabile per la ragione umana. E’ stato ritenuto di origine divina proprio per questa sua novità sconvolgente che non poteva certo essere stata partorita dalla ragione umana. Quale pensatore umano avrebbe potuto immaginare un Dio che si lascia crocifiggere? Che ama i nemici? Che perdona i suoi crocifissori? Che risorge da morte?...Inoltre i casi citati di altre divinità pagane (Adone, Mitra…) sono falsi storici. Come attestano studiosi quali J. Jeremias, K. Schubert, A. Robinson, R. Schnackenburg che sono considerati tra i massimi studiosi delle origini del cristianesimo, le divinità citate quali Mitra, Adone, Dioniso, Khrisna non hanno niente a che vedere con la storia, e le loro avventure non sono neanche lontanamente paragonabili alla storia di Cristo. In un primo tempo qualche studioso, ancora agli inizi del ‘900, aveva parlato di analogie, ma un’analisi più approfondita ha evidenziato che si trattava di divinità legate al ciclo della natura che alterna le sue stagioni passando dal letargo dell’inverno al rifiorire della primavera, in cui la morte e “resurrezione” non avevano niente a che vedere con un evento concreto e storico come quello di Cristo. (2) Da notare poi che Brown dimentica, stranamente, di citare le sue fonti! A quali storici si riferisce per fondare le sue affermazioni? Non un nome! Evidentemente è solo un romanziere, creatore di fantasie.
Incredibile poi che Costantino venga spacciato dal Brown per colui che ha proclamato per votazione la divinità di Gesù. Anche un bambino sa che tutti i testi del Nuovo Testamento proclamano chiaramente la divinità di Gesù.
Il Vangelo apocrifo
di Filippo e
Maria Maddalena
Proseguiamo ora con un’altra assurdità
storica riportata a p. 287 ss: “il
matrimonio di Gesù e Maria Maddalena è storicamente documentato…i Vangeli
gnostici … i rotoli di Nag Hammadi e del Mar Morto… i più antichi documenti
cristiani… il Vangelo di Filippo… dice che Maddalena era la “compagna” di Gesù…
Gesù voleva che il futuro della sua Chiesa fosse nelle mani di Maria
Maddalena…La più grande opera di insabbiamento della storia è che Gesù non
soltanto era marito, ma anche padre… Maddalena era la vite da cui è nato il
frutto sacro… la discendenza reale di Gesù è la fonte della leggenda più
duratura che esista, il Santo Graal”
Brown fa riferimento dunque a questi Vangeli gnostici, che sono quello di Tommaso, di Filippo, della Verità, ritrovati a Nag Hammadi e
risalenti al IV secolo dopo Cristo. Quindi si tratta di testi scritti ad oltre
trecento anni dai fatti e composti all’interno di una comunità che intendeva
raccontare la vita di Gesù per confermare le proprie teorie filosofiche. Si
tratta di scritti che vengono citati molto raramente da tutti i Padri della
Chiesa (= scrittori cristiani dei primi quattro secoli, quali S. Clemente, S.
Giustino, S. Agostino, S. Ambrogio …), i quali invece citano circa 30 mila
volte i Vangeli canonici di Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Le teorie di questi vangeli gnostici, in
particolare di quello di Filippo, parlano della dottrina valentiniana della “camera nuziale” concepita come il luogo dei perfetti
accoppiamenti delle “sizigie” emanate da Dio. Quindi alla dottrina gnostica
dell’emanazione pura e semplice si sovrappone quella della generazione e procreazione. E’ chiaro che tutti gli studiosi hanno
qualificato questi vangeli gnostici come “mitologia”
o come “scritti di parte”, viziati da
pregiudizi filosofici. Solo Brown, per
quanto ne so, ha il coraggio di qualificarli come “documenti storici”.
Quanto poi all’importanza del “principio
femminino” si deve riconoscere che i Vangeli valorizzano continuamente Maria,
la madre di Gesù e attribuiscono alle “pie donne” la grande dignità di essere
state fedeli ai piedi della croce durante la passione e le prime testimoni
della risurrezione, l’evento centrale del Cristianesimo. Non è certo necessario dunque ricorrere al
“matrimonio di Gesù con Maddalena” per valorizzare la donna! Tanto più che questo matrimonio non è
attestato da nessun documento dei primi tre secoli.
Tutte le religioni
sono basate su
falsificazioni
Vediamo ora il discorso conclusivo, messo in bocca ad uno dei protagonisti, lo studioso Langdon, sulle religioni come falsificazioni della storia: (p. 401 ss):
“Tutte le religioni del mondo sono basate su
falsificazioni. E’ la definizione di “fede” : accettare quello che riteniamo
vero ma che non siamo in grado di dimostrare. Ogni religione descrive Dio
attraverso metafore, allegorie e deformazioni della verità, dagli antichi egizi
fino agli attuali insegnamenti di catechismo. Le metafore sono un modo per
guidare la nostra mente a spiegare l’inspiegabile.”
Oltre due secoli di esegesi biblica alla luce di criteri filologici e storici e di scoperte relative ai generi letterari dell’antichità ci hanno aiutato a comprendere i testi sacri. L’interpretazione letterale è certamente ingannevole perché non tiene conto del contesto culturale e dei generi di comunicazione dell’epoca. E’ quindi un criterio scientifico di esegesi biblica (= spiegazione del significato inteso dall’autore) andare al di là della lettera, spiegando il significato dei simboli, delle metafore, delle parabole ecc. Ma questo non significa “falsificare” la storia, quanto piuttosto penetrare nel significato nascosto ad una prima lettura. Ha dunque ragione Brown a sostenere l’importanza delle metafore e dei simboli, ma questi non coinvolgono il nucleo storico, l’evento fondante del Cristianesimo: l’annuncio della morte e risurrezione di Gesù, fondamento della fede. E’ il fatto più documentato e storicamente accreditato del Cristianesimo, che è nato appunto da quel primo annuncio. La storicità di questo evento fondante si può dimostrare attraverso più argomentazioni convergenti.
a) Argomentazione filologica. Gli studiosi sono concordi nell’individuare nel Nuovo Testamento alcuni brevi brani, alcune “gemme preziose”, che per stile linguistico, per lessico, per struttura sintattica, risultano essere antichissime, di origine semitica (la struttura lessicale e sintattica è ebraica e aramaica). Il primo annuncio della risurrezione è contenuto in 1 Cor 15,1-8, e vi sono una decina di altri testi analoghi, contenuti soprattutto nelle lettere di San Paolo (i testi più antichi del Nuovo Testamento), risalenti al 55 – 65 dopo Cristo, quindi a circa trent’anni dai fatti. Questi testi sono i resoconti dei testimoni oculari, che “pensavano in ebraico” come risulta dalla sintassi e dal lessico di queste “gemme preziose”.. Questi documenti attestano che vi era nella chiesa primitiva un formulario liturgico, ripetuto a memoria, che esprimeva la fede delle prime comunità nella risurrezione di Cristo, come l’evento più prezioso.
b)
Argomentazione
storica sulla credibilità dei testimoni e sulla consequenzialità logica degli eventi. Vi è poi tutta la contestualizzazione storica
che spiega come l’evento della risurrezione fosse inaspettato ed avesse
sconvolto i primi discepoli che non si aspettavano certo né la crocifissione,
né ancor meno la risurrezione. Rimanevano chiusi nel cenacolo, nella paura di
essere catturati. Si aggiunga che un popolo intero era stato testimone della
vita e della morte di Cristo, per cui l’annuncio della risurrezione non avrebbe
potuto reggere neppure un pomeriggio se non ci fosse stato veramente in Gerusalemme
il sepolcro vuoto e se non ci fossero state veramente le apparizioni del
Risorto. Il più grande cambiamento etico, culturale, religioso della storia
richiede dunque un evento fondante adeguato, che non può che essere appunto la
risurrezione.
c) Argomentazione dei documenti manoscritti. Come abbiamo visto sopra, abbiamo migliaia di codici antichissimi dei quattro Vangeli canonici, copiati a mano dagli amanuensi, sparsi in tutte le biblioteche più antiche del mondo, che documentano questo evento miracoloso. Raccolte di particolare importanza si trovano nel monastero del Monte Athos, con circa 900 manoscritti, nel monastero di Santa Caterina nel Sinai, con circa 300 manoscritti, a Roma (367 manoscritti), Parigi (373) Atene (419), Londra (271), San Pietroburgo (233), Gerusalemme (146), Oxford (158), Cambridge (66), Mosca (96), Patmos (81), Firenze (79), Grottaferrata (69) e in molte altre località con un numero minore di manoscritti. Non vedo proprio come Brown possa parlare di “falsificazioni”. Se mai nessuno ha ragionevolmente dubitato sull’autenticità della trasmissione dei codici dei classici, quali Orazio o Cesare o Virgilio…molti dei quali hanno solo qualche decina di manoscritti, alcuni solo due o tre … a ben maggior ragione nessuno dovrebbe storicamente dubitare sull’autenticità della trasmissione dei manoscritti del Nuovo Testamento. Tanto più che i manoscritti, ritrovati in Biblioteche di tutta Europa, nord Africa, Asia, pur essendo varie migliaia, non presentano varianti di grande rilevanza testuale. In altre parole il testo mantiene sempre la sua integrità sostanziale e il suo messaggio inequivocabile.
La ricerca filologica di critica
testuale ci rafforza dunque nella convinzione che ci troviamo di fronte al testo di gran lunga più
documentato, quanto a numero e antichità dei manoscritti, nella storia. Il testo attuale che leggiamo
nelle nostre edizioni dei Vangeli è stato tradotto dall’originale greco,
secondo il cosiddetto “testo standard”, ed. Nestle Aland, 1984. Questo testo è stato definito sotto
la responsabilità di un gruppo di filologi delle più importanti scuole
filologiche del mondo: K Aland (Münster), M Black (St Andrews), C. M. Martini (Roma), B. M.
Metzger (Princeton), A. Wikgren (Chicago).
Si tratta infatti di un’edizione che
ha confrontato e soppesato non solo i più di cinquemila codici a disposizione, ma anche tutto il
materiale delle versioni
antiche (latine,
siriache, copte, armene, georgiane, gotiche, slave, etiopiche…) e delle
citazioni dei Padri della Chiesa. Leggiamo
la presentazione del cardinal C. M. Martini al lavoro di K. e B. Aland, sintesi
di tutta la loro vita di ricerca filologica: “Il viaggio…approda…nel cuore
della parola biblica riscoperta nella sua purezza. E’ una vera e propria
avventura scientifica condotta col sussidio di un’immensa e puntuale
documentazione. E la scoperta fondamentale è sempre quella sorprendente di un
testo che, nonostante il fluire dei secoli e le molteplici trascrizioni, si è
conservato fedelmente, permettendo così agli studiosi e ai traduttori di farlo
risuonare, intatto nelle nostre comunità e per i singoli lettori, credenti e
no”.
In conclusione dobbiamo riconoscere che le frasi affrettate di Brown sono degne solo di un thriller scritto per guadagnare soldi, e come tali vanno recepite. Sono il parto di una fantasia finalizzata al profitto ed al successo, che non ha niente a che vedere con la competenza e la documentazione storica degli studiosi che abbiamo appena visto e che giunge a conclusioni chiaramente antitetiche. Sappiamo poi che non appena un autore critica il cristianesimo, la chiesa, la storicità dei vangeli, viene subito osannato ed incensato dalla critica laicista imperante… le recensioni benevole si moltiplicano…le case editrici, con i loro canali pubblicitari ci convincono che si tratti di una lettura emozionante… ed il successo economico è assicurato!
[1] Per chi volesse approfondire, il testo più completo
per la documentazione storica
è Kurt Aland e
Barbara Aland, Il Testo del Nuovo Testamento, tr, it. S. Timpanaro,
Marietti, Genova 1987.
2 Si può vedere al riguardo il testo di Vittorio
Messori, Dicono che è risorto, Sei ,
Torino 2000.
Oppure il testo di Gerald O’ Collins, Gesù Risorto, Queriniana, Brescia 20002,
pp. 116-124.