Unità di vita
Il
problema dell’Occidente è un problema contemplazione.
Assunta la rèsponsabi1ità di cambiare il mondo, abbiamo1asciato la
contemplazione nei conventi, rimasti per secoli a salvaguardare l’amore; ma la
responsabilità nell’azione se non è sorretta da una maggiore contemplazione
diventa necessariamente magica, idolatrica. E così
che i popo1i cristiani fanno mostra della massima idolatria pur essendo i
popoli "salvati", eredi del Messia (24). L’idolo crea unità di vita: unifica pensiero e azione, coordina
gerarchicamente i valori e 1e motivazioni. Ma ha un suo
ambito ristretto (l’idolo
è sempre una realtà relativa limitata, che si carica di.assoluto);
in tanti casi chiude nella meschinità più bieca; in altri da slanci universali
(spesso astratti, ma a volte capaci di stimolare a
un’apparente magnanimità e a tanti sacrifici encomiabili). L’amore vero invece
si caratterizza per una unità di vita ci che armonizza
contemplazione e azione, universalità e concretezza, intenerita e socialità,
umiltà e magnanimità, storicità ed eternità, festa e lavoro...
Mons. Escrivá poteva dire: "Vi assicuro, figli miei, che quando un cristiano compir
con amore le attività quotidiane meno trascendenti, in esse
trabocca la trascendenza di Dio. Per questo vi ripeto, con ostinata insistenza,
che la vocazione cristiana consiste nel trasformare in endecasillabi 1a prosa
quotidiana. Il cielo e la terra, figli miei, sembra che si uniscano laggiù, nella linea
dell’orizzonte. E invece no, è nei vostri cuori che
si fondono davvero, quando vivete santamente la vita ordinaria (25). La
vocazione all’amore in mezzo al mondo, alla santità
nel lavoro, che sta trovando la sua piena cittadinanza nella Chiesa, rende
possibile 1’unità di vita. L’amore in mezzo al mondo fa
diventare il mondo il luogo dell'avventura cristiana.Là
dove si annida la concupiscenza non si conosce
monotonia. Una donna, se si sente amata dal marito e se i figli crescono bene,
può vivere tutta una vita piena di sollecitudine per le cose sempre uguali
della sua casa. Ciò che spinge gli uomini a grandi avventure
è in definitiva il consenso radicale. Ma se il consenso si polarizza su cose
apparentemente monotone, le carica di assoluto e le
rende appaganti. Ma son tutte avventure che finiscono, o nella
tragedia o nella meschinità.
L’avventura su rema è quella di
Cristo, che porta l'amore eterno nei meandri poveri e relativi di tutte le
esperienze umane valide. Se c’è conversione radicale c’è
avventura vera. Maria ha vissuto la più grande avventura in una vita che oggi diremmo da casalinga.
Ogni posto diventa il più bello se lì ci si incontra
con Cristo. L’avventura cristiana dà cuore e significato nuovo a ogni esperienza valida dell’uomo. Tutto è diventato più
amabile da quando il Verbo si è incarnato. Se già Noè, e noi tutti con lui, potè vedere l'arcobaleno
come segno festivo, gratuito, dell’amore fedele di Dio alla vita; se già Abramo
potè guardare con nuova gioia le stelle del cielo
dopo aver sentito la voce di Dio che gli diceva: "Guarda in cielo e conta
le stelle, se riesci a contarle... Tale sarà la tua discendenza" (Gn 15, 5), si può allora pensare a come sono diventate
amabili tutte le realtà che Cristo, Maria e Giuseppe
hanno vissuto: la casa, il lavoro, l’amicizia, i fiori, le stagioni,... fino al dolore che tanti hanno potuto vivere con un
sorriso, perché l’hanno unito a quello di Gesù. D’ora
in poi l’umano,ogni realtà creata ritrova la sua
dignità e si può coniugare con l’amore soprannaturale. Le creature
possono e devono diventare sacramentali dell’amore. Anche la legge e i doveri che tanti sfuggono
con presunta libertà, e altri subiscono per non perdere il consenso degli
uomini, diventano avventure per il cristiano convertito. C’è
infatti chi si ritiene scioccamente libero senza legge, come il figliol
prodigo; c’è chi segue la legge senza libertà, come il fratello del figliol prodigo; e chi per amore è liberissimo di osservare
la legge, come il padre di quei due fratelli.
L’unità di vita deve armonizzare
la fede e le opere, l’aspetto mistico con quello ascetico, e ottiene ciò con la
conversine radicale a Cristo, dove la mistica (la
"parte" di Maria è la "migliore")
mantiene il primato rispetto all'ascetica all’ascetica (la "parte" di
Marta). L’ascetica non riesce a mostrare la salvezza. Può essere idolatrica. L’ascetica infatti
facilmente rimane "sotto la 1egge". Occorre cercare umilmente e
sempre la conversione mistica. Non bastano le opere. Quando Gesù
dice che dai frutti si riconoscerà la bontà
dell’albero (cfr Mt 7,
15-20), non parla semplicemente di. opere esterne. In Mt 7,22 (nel contesto dei
"frutti" che mostrano il bene) Gesù parla
di coloro che alla fine diranno: ”Signore, Signore, non abbiamo noi profetato
nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo
nome?” lo però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti", gente cioè che
di opere, anche mirabili, ne ha fatte. C’è un’unica "visibilità" della
santità cristiana: la carità fraterna, nelle opere ma più ancora nell’affetto, nella
comprensione, nella compassione, finché gli atri si accorgono che noi amiamo
proprio loro. "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli" (Gv 13, 35). Senza opere non c'è fede (cfr
Gc 2, 14-26), ma occorre
assaporare i frutti buoni, non basta vederli dall’esterno: possono essere
acerbi, amari, velenosi, pur essendo bellissimi. Si deve assaporare e l’amore,
la benevolenza, il perdono. Mostrare le opere non basta; occorre che diamo
gloria al Padre celeste mostrando l’amore divino che 1e ispira. Le opere ripetiamo, possono essere, e in genere sono, idolatriche e non ottengono la risposta dei
cuori, la risposta che ottengono i santi .
La carità che gli altri notano
viene sempre dalla mistica, dalla comunione con la carità di Cristo E'
difficile capire che cosa si pensa quando si parla di
mistica. In realtà l’idolo è sempre "mistico". Tutti abbiamo una nostra falsa mistica. La mistica, semplificando
al massimo, può dirsi di chi sa di mettersi nel cuore dell'altro,
di chi sa partire dall’altro. L’idolatria dipende sempre da ciò che gli altri
pensano di me, in qualche modo si è sempre attenti agli altri. L’amore, che è
sempre un legame tra persone, è vero quando parte
realmente dall’altra persona, sapendosi in arte identificare con l'altra
persona. La vera mistica si dà quando si parte da Dio,
per quel poco che ci è dato "vedere", ma non è vera mistica se non sa
partire anche da ogni persona umana. Diventano immediate due conclusioni
importanti: la prima è che se non c'è ascetica non c'è mistica. Non si può
amare senza generosità, senza gli opportuni sacrifici, è tanto meno
maltrattando, ignorando, trascurando, ecc. La seconda, e più importante
conclusione, è che ci può essere molta ascetica anche in assenza della mistica.
Se non c'è ascetica occorre curare la mistica(perché
se c'è la mistica c'è sempre, necessariamente, l'ascetica); ma anche se c'è ascetica occorre curare la
mistica. Perché potrebbe essere un’ascetica idolatrica. E' molto facile inglobare Maria in Marta, la libertà nella legge, l’amore nella
verità, la santità nella morale, ma questo è idolatria.
Detto in altro modo, due errori gravi si possono
commettere: il primo è quello di credere che c’è mistica se c’è ascetica;
il secondo è di credere che ci possa
essere mistica senza ascetica (26).
L’unità di vita è proprio unità sempre più armonica, fino a non saper più distinguere,
tra mistica e ascetica, ma è facile ingannarsi. I santi non si pongono questo
problema, perché dove c'è mistica (vero cuore della santità) c’è sempre anche
ascetica; ma troppo facilmente si riduce la sequela dei santi a un primato dell'ascetica. Tuttavia, in negativo,
l’ascetica è un'ottima "spia" per vedere la mancanza di mistica,
anche se dice poco in positivo.
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24. Scriveva Sadhu Sundar Singh, un maestro indù che più tardi
si convertì al cristianesimo: "Ero seduto, un giorno, presso l’Himalaya, sulle sponde di un torrente. Trassi dall’acqua
una bella pietra, dura, rotonda, e la ruppi. il suo
interno era perfettamente asciutto. Era immersa da secoli nell'acqua, ma
l'acqua non l’aveva penetrata.Lo
stesso succede con gli uomini dell'Europa. E' da secoli che li circonda il cristianesimo, sono immersi nel cristianesimo,
ma questo non li ha penetrati e non si trova dentro di loro. La carenza non è nel cristianesimo, ma nel cuore dei cristiani;
si può essere leggermente più ottimisti, e del resto anche quel saggio si
convertì, ma è pur vero che per quasi tutti coloro che si ritengono cristiani
quelle parole rispecchiano l’esatta realtà. Il condizionamento del peccato
inganna profondamente, anche là dove una superficiale rettitudine accompagna
tante di queste persone nel compiere opere valide, com’è l’onesto lavoro per
sostenere una famiglia o un generoso volontariato.
25.Colloqui, Edizioni
Ares, Milano 1987, p.181.
26. Quest’ultima affermazione è da tener
presente soprattutto dai giovani; l’ascetica è sempre necessaria e da giovani
in modo particolare. L’amore renderà il "giogo" soave e leggero, ma
questo non deve offrire un pretesto ai giovani per seguire estri e spontaneità
del tutto egoistiche, anche se a volte ammantate di grande
generosità. Una opportuna disciplina è sempre
necessaria.
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