PRINCIPIO
In generale significa inizio, punto di
partenza, origine, fondamento. È uno dei termini più frequenti del linguaggio
filosofico, dato che la filosofia, per definizione, si occupa dei princìpi primi in ogni ordine di cose, e pertanto dei princìpi primi dell'essere, del conoscere, dell'agire, del
fare, del valutare ecc, S. Tommaso definisce il princìpio
in generale come «ciò da cui procede qualche cosa (id
a quo aliquid procedit):
«Il termine princìpio (princìpium)
non significa altro che ciò da cui procede qualche cosa: infatti
ciò da cui procede qualcosa in qualunque modo, lo diciamo princìpio
e viceversa» (I, q.
Princìpio è sinonimo dì causa, anche se non tutti
hanno cura di evitare dì confonderli. Infatti «il termine princìpio
è più generico di causa, come causa è più generico di elemento. Per es., il primo punto o la prima parte di una cosa si dice suo princìpio ma non sua causa» (I, q.
Tra le varie divisioni dei princìpi menzionate da S.
Tommaso la più importante è quella che li distingue in princìpi
primi dell'essere, dell'agire e del conoscere, che corrispondono ai princìpi primi della metafisica. della
morale e della logica: «Dicitur princìpium illud qod est primum aut in esse rei, sicut prima pars rei dicitur princìpium, aut in
fieri rei, sicut primum
movens dicitur princìpium, aut in rei cogntione»
(V Met., lect. 1).
I princìpi
primi della conoscenza (princìpi logici)
possono essere comuni o propri. Questi sono princìpi
di una determinata scienza (ad es. i princìpi della
fisica): quelli riguardano tutte le scienze (ad es., il princìpio di non
contraddizione). I princìpi primi della metafisica (princìpi ontologici) possono esser estrinseci al princìpiato,
come la causa efficiente e finale, o intrinseci
e allora si tratta dei costitutivi essenziali di una cosa (materia e
forma, essenza e atto dell'essere ecc.) (cfr. I Anal., lect.
5). I princìpi primi della morale sono quelli che
stanno alla base della legge naturale.
Contro tutte le forme di relativismo e soggettivismo
etico S. Tommaso sostiene con insistenza che esistono princìpi
primi non soltanto per la ragione speculativa ma anche per la ragion pratica:
«Come la ragione speculativa argomenta a partire da
alcuni princìpi evidenti in se stessi (per se notis); altrettanto è necessario che la ragion pratica
(ratio practica) argomenti sulla base di princìpi evidenti in se stessi come per es. "non fare
il male", "obbedire ai precetti di Dio" ecc.» (II.Sent.
d. 24, q.
Un punto non del tutto chiaro nel
pensiero di S. Tommaso è come egli concepisca la
conoscenza dei princìpi primi. Egli esclude che siano
conosciuti mediante un processo astrattivo, dato che
non si tratta di sostanze. Tanto meno possono essere frutto del ragionamento:
perché stanno all'inizio c alla base di qualsiasi ragionamento (speculativo e
pratico). Le espressioni che egli usa per spiegare la conoscenza dei princìpi primi sembrano suggerire
una specie di teoria innatistica. Infatti
S. Tommaso dichiara che «i princìpi primi sono
conosciuti naturalmente» (sunt naturaliter cognita) (II Sent.,
d. 39. q.
Però quello di S. Tommaso non è un innatismo
come quello di S. Agostino, ossia di tipo «illuminazionistico»;
bensì di stampo aristotelico, che prevede anche per la conoscenza dei princìpi primi il concorso dei sensi: «Per l'intelligenza
dei princìpi è necessario che la conoscenza sia
determinata (stimolata) dal senso» (III Sent., d. 23, q.
In conclusione secondo S. Tommaso i princìpi primi non sono frutto né
dell'esperienza né della illuminazione né dell'intuizione: essi sono presenti
in germe nell'intelletto (scientiarum semina)
ancor prima di qualsiasi esperienza, ma la mente ne prende coscienza soltanto
nell'impatto con l'esperienza sensitiva.
(Vedi: CONOSCENZA, INTUIZIONE, ASTRAZIONE,
INTELLETTO)
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Battista
Mondin.
Dizionario
enciclopedico del pensiero di S. Tommaso D'Aquino,
Edizioni
Studio Domenicano, Bologna.
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