Articolo 2:
Il combattimento della preghiera
Introduzione
[2725] La preghiera è un dono della
grazia e da parte nostra una decisa risposta. Presuppone sempre uno sforzo. I grandi
oranti dell’Antica Alleanza prima di Cristo, come pure la Madre di Dio e i
santi con lui ce lo insegnano: la preghiera è una lotta. Contro chi? Contro noi
stessi e contro le astuzie del Tentatore che fa di tutto per distogliere l’uomo
dalla preghiera, dall’unione con il suo Dio. Si prega come si vive, perché si
vive come si prega. Se non si vuole abitualmente agire secondo lo Spirito di
Cristo, non si può nemmeno abitualmente pregare nel suo Nome. Il «combattimento
spirituale» della vita nuova del cristiano è inseparabile dal combattimento della
preghiera.
II. L’umile vigilanza del cuore
Di fronte alle
difficoltà della preghiera
[2729] La difficoltà abituale della
nostra preghiera è la distrazione. Può essere relativa alle parole e al
loro senso, nella preghiera vocale; può invece riguardare, più profondamente,
colui che preghiamo, nella preghiera vocale (liturgica o personale), nella
meditazione e nella preghiera contemplativa. Andare a caccia delle distrazioni
equivarrebbe a cadere nel loro tranello, mentre basta tornare al nostro cuore:
una distrazione ci rivela ciò a cui siamo attaccati, e questa umile presa di
coscienza davanti al Signore deve risvegliare il nostro amore preferenziale per
lui, offrendogli risolutamente il nostro cuore, perché lo purifichi. Qui si
situa il combattimento: nella scelta del Padrone da servire .
[2730] Positivamente, la lotta
contro il nostro io possessivo e dominatore è la vigilanza, la sobrietà
del cuore. Quando Gesù insiste sulla vigilanza, essa è sempre relativa a lui,
alla sua venuta nell’ultimo giorno ed ogni giorno: «oggi». Lo Sposo viene a
mezzanotte; la luce che non deve spegnersi è quella della fede: «Di Te ha detto
il mio cuore: cercate il suo Volto» (Sal
27,8).
[2731] Un’altra difficoltà,
specialmente per coloro che vogliono sinceramente pregare, è l’aridità.
Fa parte dell’orazione nella quale il cuore è insensibile, senza gusto per i
pensieri, i ricordi e i sentimenti anche spirituali. È il momento della fede
pura, che rimane con Gesù nell’agonia e nella tomba. «Il chicco di grano... se
muore, produce molto frutto» (Gv 12,24).
Se l’aridità è dovuta alla mancanza di radice, perché la Parola è caduta sulla
pietra, il combattimento rientra nel campo della conversione .
Di fronte alle
tentazioni nella preghiera
[2732] La tentazione più frequente,
la più nascosta, è la nostra mancanza di fede. Si manifesta non tanto in
una incredulità dichiarata, quanto piuttosto in una preferenza di fatto. Quando
ci mettiamo a pregare, mille lavori o preoccupazioni, ritenuti urgenti, si
presentano come prioritari; ancora una volta è il momento della verità del
cuore e del suo amore preferenziale. Talvolta ci rivolgiamo al Signore come
all’ultimo rifugio: ma ci crediamo veramente? Talvolta prendiamo il Signore
come alleato, ma il cuore è ancora nella presunzione. In tutti i casi, la
nostra mancanza di fede palesa che non siamo ancora nella disposizione del
cuore umile: «Senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5).
[2733] Un’altra
tentazione, alla quale la presunzione apre la porta, è l’accidia. Con
questo termine i Padri della vita spirituale intendono una forma di depressione
dovuta al rilassamento dell’ascesi, ad un venir meno della vigilanza, alla
mancata custodia del cuore. «Lo spirito è pronto, ma la carne è debole» (Mt 26,41). Quanto più si cade
dall’alto, tanto più ci si fa male. Lo scoraggiamento, doloroso, è l’opposto della
presunzione. L’umile non si stupisce della propria miseria; essa lo conduce ad
una maggior fiducia, a rimaner saldo nella costanza.