GIAN
TURCI,
IL
LEADER DEI FUMATORI
PERSEGUITATO
DAI SALUTISTI
Una mattina di cinque anni fa, l’ufficiale sanitario
canadese incaricato di tenere due ore settimanali di lezione nella scuola di
Vancouver frequentata da Derek e Lora Turci, figli dell’imprenditore italiano Gian Turci, si avvicinò con aria sospetta ai due alunni e
cominciò ad annusare i loro abiti. «I vostri genitori fumano, dite la verità!»,
inarcò il sopracciglio. Derek e Lora si sentirono
perduti. Perciò fecero quello che fanno di solito i bambini in simili
frangenti: negarono disperatamente.
La settimana dopo, la scena si ripeté: «Su, confessate!». Derek e Lora scoppiarono a piangere: «Sì, è vero, papà
fuma». L’ufficiale sniffatore sibilò: «State lontani
da vostro padre! Lui può uccidervi, così come sta uccidendo se stesso. È vostro preciso dovere salvarlo. Bisogna che smetta subito
di fumare».
A quel tempo Gian Turci si
concedeva una ventina di Du Maurier
al giorno, sigarette canadesi mild, cioè né forti né
leggere, le stesse che oggi recano impresse sul pacchetto la fotografia di due
bambini e l’implorazione «Don’t poison
us», non avvelenarci. Sua moglie meno ancora: una
decina. «Ma l’ingranaggio infernale s’era messo in moto a nostra insaputa», mi
racconta il papà di Derek e Lora, rifugiato politico
- non saprei in che altro modo definire il suo status - in un piccolo
appartamento che non puzza affatto di fumo, a Genova, la città dov’è nato 52
anni fa. «Dopo due settimane l’ufficiale sanitario venne nella mia azienda.
Pensavo che volesse parlarmi di qualche grana relativa agli scarichi fognari.
Invece mi aggredì: "Ho interrogato i suoi figli. Lei fuma. Li sta
uccidendo!". Ah sì, e in base a quali prove può affermarlo?, mi venne
spontaneo replicare. "In base all’evidenza scientifica", rispose.
"Comunque la sua opinione è irrilevante. Se non smette di fumare, le
togliamo la patria potestà". Lo presi per il bavero e lo buttai fuori.
"Non finisce qui", furono le sue ultime parole».
Per paura di perdere i figli, la moglie rinunciò
immediatamente alle sigarette. «Io no: mi sembrava una prevaricazione
intollerabile. Qualche tempo dopo arrivò una notifica di avviamento delle
pratiche giudiziarie per la revoca della patria potestà. Mi volevano togliere Derek e Lora, capisce? Mi cercai un avvocato. Spesi un
sacco di quattrini per oppormi. Niente da fare: rischiavo l’arresto per
"assalto a minore". Dovetti cedere l’azienda al mio socio e scappare
in Italia, per fortuna un Paese ancora libero, che non sbatte in galera i
fumatori, anche se non so per quanto tempo ancora... I miei figli hanno voluto
seguirmi. La madre invece è rimasta là. M’è toccato reinventarmi
una vita da emigrante alla rovescia, cercarmi lavoro come traduttore e
interprete simultaneo. Ho ancora la doppia cittadinanza, ma in Canada non potrò
mai più rimettere piede: sulla mia testa c’è un carico pendente».
Non occorre molta
fantasia per capire come mai adesso Gian Turci sia
presidente di Forces Italia, dopo essere stato
fondatore di Forces Canada. Forces
è un acronimo che sta per «fight ordinances
and restrictions to control
and eliminate smoking», lotta alle ordinanze e alle restrizioni per controllare
ed eliminare il fumo. La consorteria mondiale dei fumatori. La sezione italiana
include nel comitato d’onore il
dissidente sovietico Vladimir Bukovsky, il ministro
Antonio Martino, l’economista Sergio Ricossa. «Non mi
chieda se fumano, non saprei risponderle. Il nostro è soprattutto un movimento
liberista che vede il proibizionismo come la punta di un iceberg di immense
dimensioni».
Proviamo ad
andare alla base dell’iceberg.
«Alla base c’è una pericolosa mentalità che delega allo
Stato le decisioni sullo stile di vita personale e sull’educazione dei figli.
Lo psichiatra statunitense Thomas Szasz,
anch’egli nel nostro comitato d’onore, lo chiama Stato terapeutico».
E come funziona questo Stato terapeutico?
«Il ministero dominante è quello della Salute, percepito
come incorruttibile, infallibile, non politico, interessato solo al benessere
dei cittadini. I quali devono, loro malgrado, rinunciare oggi a piaceri,
libertà, tradizioni, valori, abitudini per il bene collettivo di domani».
Girolamo Sirchia nei panni del
Grande Dittatore non ce lo vedo.
«Nello Stato di New York è appena entrata in vigore una
legge contro l’obesità che prelude al dimagrimento di massa per legge. Sirchia è sintonizzato sulla stessa lunghezza d’onda. In
taluni Stati americani è apparsa sulle bottiglie di vino la dicitura
"Nuoce gravemente alla salute", prima obbligatoria soltanto per le
sigarette».
Ci costringeranno a bere Coca-cola.
«Anzi! Si sostiene che la celebre bevanda dà assuefazione,
non a caso colui che la inventò nel secolo scorso, John
Pemberton, era un farmacista, no? Gli ufficiali
sanitari lavano il cervello ai bambini fin dalle scuole elementari. Alcol, caffè, merendine, il cibo in generale, sono parificati alle
droghe. Il salutismo è la nuova religione del terzo millennio».
Alla voce salutismo leggo sul dizionario: «Atteggiamento
di attenzione scrupolosa alla conservazione della salute». Che c’è di male?
«Ha trasceso questa definizione. È diventato una dottrina morale. Oggi non si discrimina più
per colore della pelle, sesso o religione, bensì per stile di vita. Già si
accendono i primi roghi».
Per bruciare chi?
«Nella Provincia canadese della Nuova Scozia hanno messo
al bando i profumi: disturbano l’olfatto della maggioranza. Una sindrome
inedita. Sensibilità chimica multipla, la chiamano. Negli uffici del Chronicle Herald di
Halifax sono stati vietati persino deodoranti, dopobarba e colluttori
orali. A Ottawa i mezzi pubblici sono interdetti a chi usa l’acqua di colonia.
Un liceo di Toronto è stato dichiarato fragrance
free, libero da profumi. Ora nel mirino ci sono
l’aglio, il fumo dei barbecue e anche le gomme da masticare, perché la gente le
sputa per terra e rimangono appiccicate ai marciapiedi».
A che età ha cominciato a fumare?
«A 18 anni. Sono andato in tabaccheria e ho chiesto una
Nazionale senza filtro. Allora si vendevano sciolte. Tornato a casa, me la sono
fumata. Così, per il gusto di provare. Un po’ come per gli spinelli. Chi può
dire di non essersi mai fatto almeno uno spinello in vita sua?».
Io, per esempio.
«Be’, io no, ho voluto provare
anche quello. Ma ho smesso subito: fa sentire ubriachi. Insopportabile, per un
astemio completo come me che beve solo acqua».
Adesso quanti pacchetti di sigarette fa fuori?
«Mai stato un grande fumatore. Chi eccede non gode. Mi
bastano una o due sigarette dopo i pasti. E mi accendo la pipa in media cinque
volte al giorno. Altri vizi non ne ho. Sono moderato per natura, tranne che
nelle idee. Potrei vivere in un convento. Mangio poco: peso 67 chili».
Il suo stato di salute?
«Va bene».
Dalla raucedine e dai colpi di tosse non si direbbe.
«Ho un problema alle corde vocali: un polipetto.
La malattia dei cantanti e degli oratori. Tra pochi giorni mi farò operare col
laser. L’intervento in sé non mi spaventa. Ciò che mi terrorizza è non poter
parlare per dieci giorni».
Colpa del fumo?
«È quello che ho subito chiesto anch’io
al medico dell’ospedale San Martino, dov’ero andato due mesi fa per un
fastidioso abbassamento di voce: dottore, se è un cancro me lo dica. "Ma
no, cosa va a pensare?", m’ha risposto. "Questi polipi sono di origine
virale. Vengono anche ai non fumatori"».
Scusi se mi sono permesso.
«Ci sono abituato. Oggigiorno il fumo è la causa di tutto.
Che non sia un toccasana lo capisco anch’io, essendo uno dei pochi abilitati a
parlarne con cognizione di causa».
Perché?
«Innanzitutto sono un esperto di gas. La Technocarb, l’azienda che ho creato a Vancouver, brevetta e
costruisce sistemi per convertire ai gas alternativi i motori a benzina:
metano, propano, butano, Gpl. Nel mio piccolo credo
d’aver contribuito a eliminare qualche milione di tonnellate fra polveri
sottili e agenti inquinanti. Ne esistono quattromila, dal benzene al biossido
di zolfo. E poi mi considero un sensore vivente».
Sensore vivente?
«Nell’84 mi sono avvelenato col monossido di carbonio. Ho
fatto la cosa più stupida di questo mondo: un sabato mattina mi sono messo a
misurare per conto mio i gas di scarico di un motore. C’era una perdita.
L’ultima cosa che mi ricordo è il bancone di lavoro. M’hanno salvato in
extremis. Sei ore in coma. Il monossido di carbonio forma dei legami molecolari
permanenti negli alveoli polmonari. In pratica, se davanti a me c’è il tubo di
scappamento di un diesel, mi sento morire, devo ricorrere all’aerosol. Cosa che
non mi capita quando frequento un ambiente saturo di fumo delle sigarette».
Questo che cosa dimostrerebbe?
«Che il fumo passivo è una truffa, un’invenzione. Non
esiste alcuna prova scientifica che esso sia di danno al non fumatore. Il
salutismo si basa sulla parascienza, meglio conosciuta in America come junk science, scienza rottame: asserzioni non provate o
impossibili da dimostrare, statistiche tendenziose presentate come se fossero
dati scientifici inequivocabili».
Il British Medical
Journal, che non è una rivista parascientifica, pubblicava già vent’anni fa uno studio epidemiologico del professor Takeshi Hirayama, che confrontava
due gruppi di donne sposate giapponesi, omogenei per stato di salute,
istruzione, età, condizione economica, esposizione allo smog. L’indagine
dimostrò un aumento del 26% dei tumori polmonari nel gruppo di donne che
avevano mariti fumatori.
«Non prova nulla. L’epidemiologia considera
statisticamente significativo soltanto un incremento di rischio dal 200% in su.
La patogenesi del cancro è ignota. In altre parole, quando tutto provoca il
cancro, nulla provoca il cancro, e viceversa. Il tumore è una malattia multifattoriale: sono non meno di 40 le cause conosciute o
ipotizzate che contribuiscono a farlo insorgere. Ora uno studio epidemiologico multifattoriale diventa tanto meno accurato quante più sono
le cause che provocano il male. Un’indagine sul cancro non è come un’indagine
sulla poliomielite, malattia monofattoriale, nella
quale si possono misurare con accuratezza incrementi dello 0,0002 per cento. E
che dire dell’asma? Le concause di questa malattia sono addirittura tremila.
Eppure continuiamo a sentir dire che il fumo passivo provoca l’asma».
Non vorrà negare che l’incidenza dei tumori al polmone sia
elevatissima fra i fumatori?
«È una mezza verità. Il 90% dei cancri
polmonari vengono a fumatori, questo è un fatto. Ma non si precisa che l’età
media delle persone colpite è di 72 anni. Cioè l’età nella quale il cancro in
genere falcia oltre un terzo della popolazione».
Facciamo gli scongiuri, ma se lei dovesse un giorno
sviluppare un tumore ai polmoni, accetterebbe di curarsi a sue spese anziché a
carico del Servizio sanitario nazionale?
«Questo presuppone che io, avendo fumato, debba espiare.
No, non lo accetterei. Ma se lo Stato mi restituisse tutti i soldi che mi ha
preso per la sanità pubblica o sotto forma di tasse sulla sigarette,
accetterei».
Può sostenere di non aver mai visto nessuno ammalarsi per
il fumo?
«Mia madre è morta di cancro al polmone. Era una fumatrice
moderata. L’ha uccisa il fumo? La considero una possibilità, non una certezza.
Forse avrebbe rischiato di più se avesse bevuto quattro caffè
al giorno, considerato che un espresso ha la stessa tossicità di dieci
sigarette. Tecnicamente un rischio relativo è solo un’associazione statistica:
un’apparente relazione tra l’esposizione al rischio e la malattia. Si possono
fare le associazioni più strampalate. Vuol sapere quali aumenti del rischio
relativo sono stati documentati dalla scienza rottame? Calvizie in uomini sotto
i 55 anni e infarti: + 40%; uso di colluttorio e
cancro alla bocca: + 50%; assunzione di yogurt e cancro alle ovaie: + 100%;
consumo di 12 hot dog al mese e leucemia: + 850%; uso del reggiseno tutto il
giorno e cancro al seno: + 12.000%. Ha senso tutto ciò?».
Il fumo è un vizio?
«Una scelta. Purtroppo i fumatori non si rendono conto che
contro di loro è stata dichiarata una guerra mondiale. In che cosa consiste una
guerra? Nell’infliggere al nemico il maggior danno possibile al fine di
piegarne la volontà. Questo non è più un dibattito. Qui ti ammazzano prima che
parli».
Esagerato.
«In Florida un quindicenne ha ucciso a pugni e calci un
bambino di 13 anni. Lo ha affrontato dicendogli: "Hai dato al mio fratello
più piccolo una sigaretta", e lo ha massacrato. Prima l’ha cercato per
quattro giorni. Un delitto premeditato, non giustificato dall’ira. S’è sentito
autorizzato ad ammazzare per una cicca. E questa come me la chiama? Io la
chiamo guerra. Quindi non mi resta che combattere. Lo faccio anche per lei».
Non si disturbi: mai fumato in vita mia.
«Però, se permette, mi pare che abbia un discreto girovita. Si tenga pronto: il suo turno sta arrivando. Dove
ho vissuto fino a quattro anni fa, sono state introdotte soprattasse per i cibi
ipercalorici, i datori di lavoro vengono incentivati a scegliere dipendenti
magri, si progetta di rendere obbligatorie le assicurazioni sanitarie per i
cittadini grassi. Nelle scuole del Colorado una direttiva invita a non
scoraggiare gli alunni che prendono in giro i loro compagni di classe ciccioni.
Siamo alla persecuzione nazista. Non a caso i primi manifesti di propaganda
antifumo furono concepiti dal Terzo Reich. Quando la
civiltà non esprime più valori morali, quando il messaggio politico diventa
confuso, quando si decide di licenziare Dio, il nuovo dio diventa il Corpo».
È innegabile che l’obesità abbia costi sociali enormi:
negli Usa 300mila morti l’anno e 100 miliardi di dollari.
«Ma nessuno ricorda che il governo federale cambiò con un
trucco lo standard che definisce il sovrappeso.
Alterando le direttive prodotte dal National heart, lung and blood institute, nel giugno ’98
circa il 55% della popolazione americana diventò obesa da un giorno all’altro,
contro l’11-13% precedente. L’argomento fu liquidato con un flash dell’agenzia Associated press, datato 3 giugno: "Il governo riduce
la soglia dell’obesità". Da allora, la nuova soglia è stata adottata anche
dall’Oms, Organizzazione mondiale della sanità.
Conseguenza: "epidemia" mondiale. Ora si afferma che un sesto della
popolazione del pianeta è obesa, mentre con la vecchia soglia, usata per quasi
80 anni, tale percentuale sarebbe stata di circa un ventesimo. Si contano oltre
300 milioni di "obesi" persino in Cina, dove la popolazione fatica a
mettere insieme il pranzo con la cena».
Resta il fatto che i magri godono di più salute.
«Ma chi ha stabilito che il nuovo secolo debba essere no
smoking, no eating, no drinking?
Senza fumo, senza cibo e senza vino diventa no living,
non vita. Preferisco vivere 50 anni da malato come scelgo io, piuttosto che 100
da sano come mi impone lo Stato».
Quanti siete rimasti in Italia a fumare?
«Secondo le statistiche ufficiali 30 su 100. Con l’occhio
dell’ignorante, io dico uno su due. Non possiamo sopportare che lo Stato, dopo
aver prelevato ogni anno dalle nostre tasche 30mila miliardi di lire sotto
forma di tasse sul tabacco, pretenda di farci scendere nelle catacombe o di
andare a fumare solo per strada, come le puttane».
Dove vorrebbe essere libero di fumare?
«Ovunque».
Anche negli ospedali?
«Solo nelle sale d’aspetto. Ricordo ancora con gratitudine
l’infermiera che mi offrì le sue sigarette mentre attendevo con ansia la
nascita della mia primogenita».
Anche sugli aerei?
«Sì. Secondo uno studio del Dipartimento dei trasporti
Usa, condotto nell’89, il passeggero della fila più vicina ai posti riservati
ai fumatori dovrebbe volare per cinque anni e mezzo senza sosta per respirare
il fumo di una sola sigaretta».
Non ho ben capito perché sugli aerei abbiano introdotto il
divieto di fumo per motivi di sicurezza. Per anni e anni hanno consentito ai
passeggeri di fumare. Erano tutti voli a rischio?
«La sicurezza non c’entra. È che il divieto di fumo fa risparmiare alle compagnie
circa mille dollari per ogni tratta transoceanica. Su un aereo dove si fuma
bisogna cambiare il 90% dell’aria e ricircolarne il
10%. L’esatto contrario se non si fuma. Quindi, c’è un notevole risparmio di
energia, e cioè di carburante, perché le pompe funzionano a ritmo ridotto.
Sparisce la puzza di fumo, in compenso l’aria è più inquinata da virus, batteri,
spore, legionella. Infatti l’Oms
registra un’esplosione di Tbc attiva fra chi vola».
Vorrebbe fumare anche in chiesa?
«Dove per tradizione non s’è mai fumato, io non voglio
fumare. Il luogo più sacro è quello in cui ci sono persone che non vogliono
fumare. Però anche casa mia o il mio ufficio sono sacri: lo Stato non si
azzardi a mettervi piede».
Che cosa trova di
bello nel fumare?
«Mi piace il sapore. Ma fumo soprattutto perché è
proibito. Perciò cerco di farlo dove c’è un cartello di divieto: negli aeroporti,
nelle stazioni, sui treni, al ristorante. Cerco disperamente
di buscare una multa per non pagarla. Voglio andare in galera».
Forces è finanziata dalle
multinazionali del tabacco, confessi.
«Magari! Non ci sarebbe nulla di immorale. Invece mi tocca
lavorare gratis».
Autorevoli istituti
scientifici legano il fumo passivo alla mortalità o morbilità per tumore dei
seni nasali, accidenti cardiovascolari, polmonite pneumococciche,
patologie neonatali, infezioni respiratorie, asma.
«L’hanno legato a 103 malattie, per l’esattezza. Incluso
il lesbismo, che non so se sia da considerarsi una malattia».
Facciamola corta:
il fumo passivo sarà anche innocuo, come sostiene lei. Però dà fastidio, irrita
naso, gola, occhi. L’aria è di tutti: posso pretendere che non la ammorbi sì o
no?
«Ni. In democrazia dovrebbe
prevalere il diritto della maggioranza. Ma con la buona educazione si risolve
tutto».
Secondo lei allora
perché i fumatori ricorrono a cerotti, graffette nelle orecchie, sedute di
psicoterapia, sigarette finte pur di smettere? E come mai gli ex
fumatori descrivono con accenti epici la fine della loro dipendenza dalla
sigaretta?
«Perché si credono, o si credevano, drogati. Meglio,
gliel’hanno fatto credere».
Chi?
«La lobby medico-farmaceutica».
Abbia pazienza: la
lobby medico-farmaceutica avrà più interesse a farci ammalare per poi curarci,
suppongo.
«Mica vero. Nel mondo ci sono un miliardo e 300 milioni di
fumatori che si stanno convincendo d’essere tossicomani. Ergo, hanno bisogno di
droghe sostitutive, chiamate prodotti di cessazione, quasi tutti a base di
nicotina. La quale crea dipendenza se a produrla è la Philip
Morris, però disintossica se a venderla è la Johnson & Johnson. Si stanno
contendendo il mercato mondiale della nicotina. Solo negli Usa è un business da
oltre 600 miliardi di lire l’anno».
Un bel giro
d’affari.
«E continua a crescere, anche perché cerottoni
transdermici, inalatori e gomme da masticare alla
nicotina risultano all’85% inefficaci. In Italia finirà come oltreoceano, dove
sono prescritti dagli ufficiali medici scolastici a partire dai 12 anni, come
misura preventiva. In pratica i fumatori alterneranno sigarette e prodotti di
cessazione. Sempre di nicotina si tratterà. Ci sono passeggeri che salgono in
aereo con due cerottoni sulle gambe per paura di una
crisi d’astinenza. Ma la sigaretta al massimo può dare dipendenza psicologica,
non fisica. Io non ho bisogno di pillole. Mi vede? Sono già tre ore e 10 minuti
che non fumo».
Stefano Lorenzetto
(Il Giornale, domenica 13 ottobre 2002)