Bibbia a fumetti - Castigat ridendo mores - da Astrologia a Vita Sociale il dizionario dei problemi dell'uomo moderno

 

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Libertà radicale

 

Libertà radicale

 

 

Sotto la spinta del cristianesimo l’umanità ha percorso un cammino di libertà, pur nella confusione. Oggi la libertà non ammette più alcuna remora nel suo annoso equivoco che la contrappone alla necessità(9). Dopo quanto visto sull’idolatria, ciò non ci meraviglia più. Il vincolo centrale, significativo, il problema dell’amore, è preponderante sulla libertà stessa. Senza lo studio sull’idolatria è giocoforza ingannarsi sulla libertà;  e difatti tra i campi opposti il dialogo è come tra ciechi e sordomuti. Più si cerca ossessivamente la libertà radicale, più si è schiavi di un bisogno d’amore reso sempre più precario, perché il secolarismo rode i legami d'amore e la sicurezza della felicità, del futuro, e pertanto vanifica proprio la speranza.

 

Sono le inquietudini del cuore idolatrico a spingere illusoria­mente verso un benessere affidato alla libertà, a sentirci liberi soltanto in un potere, anche economico, ma non solo, che ci permetta di scegliere senza dovere nulla  a nessuno. Si tratta però di un processo verso un vuoto esistenziale, che presto cerca disperatamente nuovi legami: amici consenzienti, gente con cui stare, qualcuno che ci capisca o un capo qualunque, anche dispotico, pur che conti su di noi. E' la presunta libertà che l’adolescente inalbera contro i genitori e le autorità per cadere in conformismi ferrei, in leggi di gruppo asfissianti, perdendo spesso ogni spazio di personalità, di scelta secondo principi e non solo secondo gregarismo. Ma anche dall’altra parte si può sbagliare se si vede la soluzione di tanti mali nella diminuzione dell’ambito della libertà, secondo principi, leggi e proibizioni che dovrebbero permettere una convivenza dignitosa, e invece sempre più scatenano ribellioni e trasgressioni.

 

Sant’Agostino distingue tra una libertas minor e una libertas maior; altri parlano di libertà di.arbitrio e libertà di specificazione: libertà "da" e libertà "di" o "per". La cultura aristotelica che abbiamo citato nella precedente nota non ha mai saputo raggiun­gere la vera definizione di libertà, ciò che significa per un uomo essere e sentirsi libero. Più che nella scelta l'uomo si sente libero quando sta bene. Se un edonista potesse essere contento per sempre, sulla terra e nell’aldilà, la sua libertà di scegliere il piacere sarebbe vera. Ma la gioia dell’edonista dura poco. Ciò che rimane per sempre sulla terra e oltre la morte è l'amore. In definitiva la libertà vera è la possibilità che ci è data di scegliere Dio, che Sant'Agostino mirabilmente riassume nel libertas est caritatis (PL 44, 286). San Tommaso,d’Aquino si esprimeva in termini simili: "Quanto aliquis plus habet de caritate, plus habet de libertate" (ILI sen, d.29, q. 1, a8, qla 3, sed contra 945). La vera libertà si raggiunge quando si diventa liberi anche di morire, e ciò non ha nulla a che vedere con la scelta(10).

 

Il vero problema della libertà è l'amore. Più che una capacità delle facoltà umane, la libertà è un vissuto relazionale. La facoltà spirituale è attrezzata per scegliere, ma solo se sceglie il legame con Dio e con gli uomini ha come suo frutto la libertà autentica, la libertà liberante. Più che una virtù statica dell’individuo essa è storia di vinco1i socia1i. Come l'atto di essere unisce il determinato con l’indeterminato (mentre le essenze sono statiche e sempre determinate), così l'amore massima espressione dell'essere, unisce sempre, negli enti spirituali, la libertà con il legame. Si diventa 1iberi di amare, così come è vero che si ama perché liberi.

 

La libertà, dopo Cristo, è radicale, perché promana dalla sua infinita capacità di amare. Per noi rimarranno sempre schiavitù nascoste, ma se non si indica la via di affermazione di una libertà radicale non si avrà la luce educativa capace di maturare in meglio i conflitti che saranno sempre presenti tra gli uomini. La libertà radicale si attua nella scelta di un amore radicale autentico. Im­mersi come siamo nell' idolatria, ciò è possibile solo nello Spirito Santo: la legge scritta nel cuore. Occorre la signoria di Cristo operata in noi dallo Spirito per dirci veramente liberi, non dipendenti da volontà altrui, liberi da quel bisogno capovolto di amore che cerca un vincolo centrale con "l'altro per me", per dipendere in tutte le scelte, anche quelle apparentemente libere, da tali volontà più o meno occulte. Lo Spirito Santo ci guida esaltando la nostra libertà: "Dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà" (2 Cor 3, 17).  La verità delle cose verso cui orienta il nostro sguardo, "il desiderio" profondo del nostro cuore, ci rende liberi; lo Spirito ci salva convertendo "il desiderio". "Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conve­niente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio" (Rm 8,26-27). E' amore liberato; amore autentico che può calamitare, convertire, riempire, il povero cuore umano.

 

L’insegnamento della Bibbia è chiaro: Israele nasce proprio nella libertà; popolo liberato. La libertà è congenita a Israele. Ma questa libertà non è fine a sé stessa, è in vista di una alleanza che lega Israele a Dio; la salvezza, la liberazione vera, consiste nel poter servire Dio. E' il grande insegnamento biblico. Israele non trova la sua libertà quando sfugge al Faraone, bensì con il patto dell'Alleanza che lo pone a servizio delle nazioni. Questa co­scienza di servizio spesso verrà meno a Israele, riducendolo in schiavitù degli idoli.


 

              Il contrario del legarsi con Dio non è la libertà fine a sé stessa, che non esiste, bensì il servire gli idoli. Se si sottrae al servizio di Dio, Israele si asserve ai falsi dèi, perde la libertà. In questa luce, La Legge, il Decalogo, è posto a salvaguardia dell’a1leanza e cioè della libertà.. Nel Nuovo Testamento la relazione libertà-alleanza e la stessa, ma a un livello più alto e soprattutto operativo. La nuova legge, l’azione dello Spirito Santo nel nostri cuori, è legge di un Patto, legame di Alleanza. L'obbedienza alla legge diventa libertà. La Redenzione è liberazione dal peccato, per una nuova ed eterne alleanza, per un servizio radicalmente liberatorio: "Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà, purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri"(Gal 5, 13), si può essere liberi solo nel servizio fondato sull'amore. Più ancora che Israele, per il cristiano la libertà è congenita. "La libertà dell’uomo deriva dall’intervento liberatore di Dio mediante Gesù Cristo. Essa si ha nell’adesione a Gesù, il quale comunica la “legge” dello Spirito che dà vita e che libera dalla legge del peccato e della morte. [...] La libertà non è in sé stessi, ma in un Altro, nell’appartenenza e quasi identificazione con Cristo. [...] La persona non appartiene più a sé stessa (cfr 1 Cor 6, 19; 9, 19; 1 Pt 2, 16), ma a un altro, a colui che l'ha liberata (cfr 2 Cor 5, 15); e in ciò consiste, paradossalmente, la sua libertà. Da questa comunione sommamente liberante con il suo Signore, il credente non può essere separato (cfr Rm 8, 38)"(13). Pensiamo che solo capendo il condizionamento radicale dell’amore e il suo capovolgimento idolatrico si possa capire a fondo l’urgenza di essere liberati dal peccato e la vera configurazione della libertà nell’alleanza o servizio di amore. Chi comanda non la legge ma l'amore. Al tempi di Gesù la legge antica non era vissuta a servizio di un amore messianico aperto a tutte le nazioni; era idolo che chiudeva sotto le leggi e sotto i capi, a loro volta schiavi di una sottile idolatria. Il Dio della misericordia era ancora sottomesso al "Dio della tribù", al "Dio d'Israele". Gesù si muove liberamente nei dettami della legge. Non è mai arbitrario rispetto alla Torah, eppure lascia spesso stupefatti coloro che lo vedono agire mosso dall’amore per le persone: "Chi di questi tre si è comportato come prossimo?" (Lc 10, 36): la legge è posta a servizio dei rapporti di amore. In Cristo e nel suo amore liberante si compie la Torah fino all’ultimo jota.

 

La libertà radicale autentica è possibile solo per chi è nella verità non solo con la mente ma con il cuore, per chi si è convertito radicalmente a Dio, per i docibiles Dei, che istintivamente voglio­no, con forza di assoluto, ciò che è dell'amato. E l' "ama e fa quello che vuoi" di sant’Agostino. Ogni idolo crea delle "voglie", a volte sane e a volte perverse, ma sempre tali da spingere spontaneamen­te a fare cose anche costose. Oltre alla verità dell’amore, sulla terra, per arrivare alla "voglia" di servire Dio, occorrono anche le virtù, che rendono facile il compimento della volontà di Dio. Se la verità fa liberi, le virtù contribuiscono all’esercizio effettivo della liberta come spontaneità autenticamente umana(14).

 

La libertà si misura sulla qualità dei legami; se ilo legame è i alto rende liberi, se è in basso rende schiavi. In modo poetico lo diceva Raimond Lull: "Dimmi, o folle, che cos’è l’amore. Risposi dicendo che amore è quella cosa che rende liberi gli schiavi e schiavi i 1iberi.E non si è ancora capito se l’amore sia più vicino alla libertà o alla schiavitù". La qualità dei legami è questione di verità: per questo Gesù poteva dire che la verità ci farà liberi. Giovanni Paolo II ripete ai giovani che la grande sfida del nuovo millennio si giocherà sulla capacità di coniugare la libertà con la  verità, ed è certo che solo l'amore vero può vincere questa sfida(15).

 

                                                                                                                   Ugo Borghello

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     9. Da Aristotele ai nostri giorni l’idea spontanea e culturale di libertà. imperante nella nostra civiltà, è quella di poter scegliere senza contrapposizione di necessità. La necessità di mangiare crea il bisogno i un lavoro manuale, reputato da Aristotele non degno degli uomini liberi. Solo coloro che hanno schiavi che lavorano per loro possono permettersi le arti liberali, l'esercizio della libertà speculativa, vera libertà dell'uomo. Il medioevo cristiano non è riuscito a superare speculativamente questa posizione, contrapponendo i servi ai signori e i lavori servili alle arti liberali. E cosi le necessità del lavoro e della maternità, e anche della legge morale-naturale, sono sempre state viste dalle ideologie illuministiche come un limite alla libertà. Cfr V. TRANQUILLI, Il concetto di lavoro da Aristotele a Calvino, Edizioni Ricciardi, Napoli 1979.

 

    10 Cfr V. FRANKL., Logoterapia e analisi esistenziale, Morcelliana, Brescia 1977. L’A., dopo aver studiato quei valori di produzione (lavoro)e di esperienza (amore, arte, ecc.) che ci danno momenti di libertà, fa vedere, sulla base della sua esperienza nei Lager, che ci sono valori più profondi promananti da una fede e da un amore, che rendono liberi anche quando non si può scegliere o sperimentare nulla di valido. La riflessione su questa esperienza lo ha portato a1la  teoria del valore fondante del significato della vita e a una benemerita pratica psicoterapeutica. Diventa più facile capire una affermazione come questa: "La domanda cruciale verte su che cosa sia “vita buona” per l’uomo e su questo deve esercitarsi il discernimento critico del popolo di Dio. Se la “vita buona” viene da Dio, allora la libertà si realizzerà nella forma dell’obbedienza, cioè nella figura della libertà amante voluta e costituita da Dio attraverso i suoi doni e la legge",  A. Bonora, La libertà di scelta, in AA.VV., La libertà,"Parola spirito e vita", quaderni di lettura biblica, Edizioni Dehoniane, Bologna 1991, p. 56.

 

  11. Cfr J.DES ROCHETTES, Torah e libertà, in AA.VV., La libertà, cit., p.73

 

   12.  Cfr L. MANICARDI, L ‘esperienza dell’Esodo: Liberati per servire, in AA.VV., La libertà, cit.; nello stesso volume vid. D. GARRONE, Alleanza e libertà.

 

    13 . A. VALENTINI, Libertà nel Nuovo Testamento, in AA.VV., Libertà, cit., pp. 95-96.

 

   14. "Dio non vuole degli schiavi, ma dei figli, e quindi rispetta la nostra libertà".J.ESCRIVA', E' Gesù che passa, n. 129. Commenta C. Fabro: "Uomo nuovo per i tempi nuovi, Josemaria Escrivá ha afferrato per intuito, ma anche per luce soprannaturale, questo concetto originario della libertà cristiana; immerso nell' annuncio evangelico della "libertà" come "liberazione" dalla schiavitù del  peccato, egli dà fiducia al credente in Cristo e, dopo secoli di spiritualità cristiane che poggiavano sulla priorità dell’obbedienza,  egli capovolge la situazione e fa dell’obbedienza un atteggiamento di libertà come un frutto dal suo fiore e più profondamente dalla sua radice. Le sue dichiarazioni si intensifi­cano e si chiarificano col procedere degli anni e della sua speciale riflessione ecclesiale [...]: "Sono un rande amico della libertà  proprio per questo amo tanto la virtù cristiana dell'obbedienza. Dobbiamo sentirci figli di Dio e vivere il desiderio appassionato di compiere la volontà del Padre. Fare le cose secondo il volere di Dio perché è così che ci va di farle; ecco il motivo più soprannaturale della nostra condotta". (C. FABRO, Un maestro di libertà cristiana, in "L’Osser­vatore Romano", 26 giugno 77). "Liberamente, senza costrizione alcuna, scelgo, perché ne ho voglia, Dio.  E mi impegno a servire, a trasformare la mia esistenza in dedicazione al prossimo per amore di Gesù, mio Signore. Questa libertà mi spinge a proclamare che nessuno, su questa terra, potrà separarmi dalla carità di Cristo (Amici di Dio, n. 35). Ciò che ha lasciato stupito l’esperto Fabro è quel "perché così ci va di farle" che indica la pura "voglia", come quella dei ragazzi capricciosi. "Aver voglia di servire Dio con tutto il proprio essere. "In piena consonanza col Vaticano II, continua Fabro, anzi (si potrebbe quasi dire) superandolo per ardimento, egli propone, come primo bene da rispettare e stimolare nell’impegno storico del cristiano, proprio la libertà personale:"solo quando si difende la libertà individuale degli altri, pur esigendo la corrispondente responsabilità personale, è possibile difendere onestamente e cristianamente la propria libertà". (Amici di Dio, n. 184). Questo atteggiamento “nuovo” nella spiritualità cristiana della priorità fondante della libertà nasce in Monsignor Escrivá, non da prurito di originalità o da smania di adattarsi allo “spirito del tempo” o di “conformarsi a questo secolo” (cfr Rm 12, 2), ma da umile e profonda aspirazione a vivere il vangelo per l'uomo d' oggi [...] e si rammarica che molti temano in questo un pericolo per la fede”.

 

Una bella sintesi dell’incontro di libertà e amore nella vita e nell’insegna­mento del beato Josemaria Escrivá, l’ha data il suo successore, mons. A. Del Portillo: "Il cammino verso la santità che mons. Escrivà de Balaguer ci propone, è intessuto di un profondo rispetto per la libertà. Al Fondatore dell’Opus Dei piacevano molto  le parole di Sant' Agostino con le quali il vescovo di Ippona afferma che "Dio giudicò che i suoi servi sarebbero stati migliori se lo servivano liberamente” (De vera religione, 14, 27) [...]. Vengono fomentate, pertanto, per i1 nostro rapporto con il Signore due passioni: l’amore e la libertà. Le loro forze si uniscono quando la libertà sceglie l’Amore di Dio". Presentazione di Amici di Dio, cit., p. 14.

 

  15. E' anche il tema di fondo dell ‘Enciclica Veritatis splendor, cui rimandiamo.

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da Liberare l'Amore, La comune idolatria, l'angoscia in agguato, la salvezza cristiana,

Ed. ARES - Milano 1997, pagg. 257-262

 

 

 

 

 

 

 

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