Grazia
Dal
latino gratia, che corrisponde al greco charis. In teologia
designa sia il favore assolutamente gratuito col quale Dio in Cristo chiama
l’uomo alla comunione con se, sia i meravigliosi effetti che
tale benevola autocomunicazione personale di Dio crea nell’uomo
che liberamente l’accolga. Nel corso dei secoli il termine grazia si è
arricchito di una vasta gamma di significati e ha dato luogo a tante
distinzioni, talora importanti, altre volte sottili. Anzitutto e soprattutto
grazia indica, come s’è detto, la condizione di amicizia
tra Dio e l’uomo, condizione di comunione prodotta da Dio stesso, mediante
gratuita autodonazione, e operata storicamente dall’azione di Cristo e dello Spirito Santo. Questa
condizione che trasforma l’anima del credente rendendola tempio della Trinità
e figlia adottiva di Dio ~ detta grazia santificante o abituale. A questa si
affianca la grazia attuale che è un influsso spirituale speciale e transeunte
di Dio nell’anima ogniqualvolta questa compie un atto salutare; essa è un dono
gratuito infuso nella creatura razionale in ordine alla
vita eterna.
Nell’A. T. il concetto di
grazia si trova presente in vane espressioni ebraiche, soprattutto in hesed, che nei
Settanta è tradotto con eleos o charis. Hesed significa in generale un
atteggiamento di lealtà servizievole, di benevolenza, di fedeltà, di favore e
viene regolarmente usato per qualificare il rapporto di Jahvè
col suo popolo: nell’alleanza di Jahvè con Israele,
l’attributo più specifico che viene riconosciuto a Dio è appunto hesed.
Nel N. T. la charis di Dio significa quasi
sempre la benevolenza che si manifesta nella sua opera di salvezza
attraverso Cristo. Maria,
La dottrina della grazia ricevette il suo primo grande
approfondimento per opera di Agostino,
durante l’aspra polemica contro i donatisti e i pelagiani. Il Dottore di Ippona sottolinea l’assoluta gratuità della grazia: nella
natura non esiste nessuna predisposizione, nessuna preparazione, nessuna
esigenza e quindi nessun merito nei confronti della grazia Egli definisce la
grazia come adiutorium bene agendi adiunctum naturae (un aiuto a
operare il bene aggiunto alla natura), un aiuto
interiore, che generalmente egli identifica con la caritas.
La grande Scolastica (dei secoli XII e XIII) che comincia
a fare ampio uso del linguaggio della metafisica aristotelica si chiede quale sia il concetto ontologico più idoneo per
designare e definire la grazia: è una substantia,
un accidens, una forma, una qualitas,
un habitus, un actus ecc.? E in che rapporto si
trova con lo Spirito Santo? Si può identificare la grazia con lo Spirito Santo
o è essenzialmente distinta da lui? E per quali motivi
e per quali attività la grazia è necessaria? Senza la grazia c’è ancora qualche
cosa di buono che l’uomo può fare?
Pier Lombardo nei
suoi famosi Libri Sententiarum
(I, d. 17) si oppone ad assimilare la grazia allo
Spirito Santo e dice che la grazia è una realtà creata
e accidentale nell’uomo. Alessandro di Hales nella
sua Summa presenta la grazia come forma animae.
Il Dottore Angelico sviluppa il suo studio della grazia nel
trattato De homine
(che corrisponde alla Secunda Pars della Summa Theologiae),
perciò lo colloca insieme alla giustificazione; mentre della predestinazione
si occupa nel De Deo (cioè nella Prima Pars). La trattazione si articola in sei
questioni (I-II, qq. 109-114), di cui le ultime due
sono riservate alla giustificazione. A noi qui interessano solo le prime
quattro, che analizzano con grande finezza: la
necessità della grazia (q. 109); la sua essenza (q. 110); la divisione della
grazia (q. 111) e la causa della grazia (q. 112).
1. NECESSITA' DELLA GRAZIA
Quanto alla necessità della grazia, S. Tommaso distingue tutta una serie di attività e operazioni umane che possono avere bisogno
della grazia e stabilisce per quali di esse c’è bisogno di un aiuto speciale di
Dio. Non occorre la grazia per conoscere certe verità scientifiche, filosofiche,
metafisiche, etiche (q.
La grazia è ancora indispensabile per risorgere dal peccato, perché col peccato l’uomo soffre un triplice danno, la macchia, la
corruzione dei beni di natura e il reato della pena. "Ora è evidente per
tutte e tre queste cose che soltanto Dio può
ripararle. Infatti la bellezza della grazia. deriva da una illuminazione di Dio; e quindi codesta
bellezza non può ritornare in un’anima, senza una nuova illuminazione da parte
di Dio: ecco perché si richiede quel dono abituale che è la luce della grazia. Anche l’ordine della natura, che implica la sottomissione
della volontà umana a quella di Dio, non può essere riparato se Dio non trae a
sé la volontà dell’uomo. Così pure nessuno all’infuori di Dio può condonare il
reato della pena eterna, essendo egli l’offeso e il giudice
degli uomini. Perciò, affinché l’uomo risorga dal
peccato si richiede l’aiuto della grazia, sia in quanto dono abituale, sia in
quanto mozione interiore di Dio" (a. 7). Infine,
c’è bisogno della grazia anche per perseverare nel bene, fino alla fine della
vita. "Per avere questa perseveranza l’uomo in grazia ha bisogno non già
di una nuova grazia abituale, ma dell’aiuto di Dio che lo guidi e lo protegga contro gli assalti delle tentazioni. Perciò chi è
già santificato dalla grazia ha bisogno di chiedere a
Dio codesto dono della perseveranza, cioè deve chiedere di essere custodito dal
male sino alla fine della vita. Infatti la grazia
viene concessa a molti, ai quali non è concesso di perseverare fino alla
grazia"(a10).
2. NATURA DELLA GRAZIA
Nella q. 110 S. Tommaso
affronta il problema della essenza della grazia. Essa si distingue sia dalla predestinazione sia dalla
giustificazione. Mentre la predestinazione è il piano
eterno programmato da Dio per la salvezza dell’uomo, la grazia è l’esecuzione
di tale piano, più precisamente "è un dono soprannaturale posto da Dio
nell’uomo" (a. 1). Mentre la giustificazione
appartiene all’ordine del movimento (motus) ed è il passaggio dal peccato
alla grazia, la grazia stessa è un dono permanente, abituale. La prova è la seguente:
"Alle creature di ordine naturale Dio non
provvede soltanto movendole agli atti naturali, ma donando loro le forme e le
facoltà che sono i principi di tali atti, affinché da se stesse tendano ad
essi. Ed è così che i moti impressi da Dio diventano connaturali e facili alle creature, secondo le parole della Sapienza:“Tutto dispone
con soavità”. Perciò a maggior ragione egli infonde forme o qualità soprannaturali in coloro che muove al conseguimento di un
bene soprannaturale, mediante le quali li muove a raggiungere i beni eterni
con soavità e con prontezza. Ecco quindi che il dono della grazia è una
qua1ità" (a. 2). Proprio perché la grazia
perfeziona direttamente l’anima e non una qualche facoltà, S. Tommaso esclude
che si possa identificare la grazia con la virtù in generale o con qualche
particolare virtù (per es. la fede oppure la carità).
Pertanto "da luce della grazia, che è una partecipazione della natura
divina, è distinta dalie virtù infuse che da essa
derivano" (a. 3). La grazia "risiede
nell’essenza dell’anima. Infatti l’uomo, come
partecipa la conoscenza divina con la virtù della fede mediante la facoltà
dell’intelletto, e l’amore divino con la virtù della carità, mediante la
facoltà volitiva; così partecipa la natura divina, secondo una certa
somiglianza, con una nuova generazione o creazione, mediante la natura dell’anima" (a. 4).
Gli effetti della
grazia sono molteplici: anzitutto la giustificazione,
che è il suo primo effetto; quindi la partecipazione alla vita divina,
partecipazione che si esplica attraverso le virtù teologali della fede, della
speranza e della carità.
3. CAUSA DELLA GRAZIA
Autore della grazia
non può essere altri che Dio, ciò significa che l’uomo (la volontà umana, il
libero arbitrio) non possiede alcun potere di prepararsi a
essa. Perciò "qualsiasi possa essere la
preparazione da parte dell’uomo, essa va attribuita
all’aiuto di Dio che muove l’anima al bene. Ecco perché lo
stesso moto virtuoso del libero arbitrio, col quale uno si prepara a ricevere
il dono della grazia, è un atto del libero arbitrio" (q.
Della grazia, S.
Tommaso propone e illustra varie divisioni, di cui le principali sono: grazia gratum faciens (è la
grazia santificante che rende l’uomo gradito a Dio) e gratis data (è la grazia
mediante la quale un uomo aiuta l’altro a tornare a
Dio); grazia operante e cooperante;
grazia preveniente e susseguente. E' stato osservato che tra le divisioni
elencate da S. Tommaso manca quella tra grazia abituale e attuale; di fatto manca soltanto l’espressione (grazia attuale), ma il concetto S. Tommaso l‘ha ben presente
(cfr. q.
Quanto al possesso della grazia, S. Tommaso nega che sia possibile
verificarlo con assoluta certezza (mancando argomenti apodittici per poterlo
fare). Ammette invece che si può avere solidi indizi, per esempio, "perché
uno trova in Dio la sua gioia, disprezza le cose del mondo e non ha coscienza
di nessun peccato mortale" (q.
Come si vede, nel
suo studio della grazia, S. Tommaso ci offre una splendida fotografia "da
fermo" (e non in movimento) della elevazione
dell’uomo allo stato soprannaturale, mettendo bene a fuoco anche i minimi
dettagli. L’unica lacuna che si osserva nella trattazione
della grazia (come in quelle della predestinazione e della giustificazione) è
il "vuoto cristologico". In tutto il
discorso si fa sempre e soltanto riferimento a Dio e non c’è il
minimo cenno a Gesù Cristo. Si tratta di un
vuoto metodologico di cui S. Tommaso è ben consapevole e che sarà
abbondantemente colmato nella Tertia Pars, che è
interamente dedicata a Cristo, causa meritoria della grazia, e ai sacramenti, cause strumentali.
Lo stesso S.
Tommaso commentando le Lettere di S. Paolo dichiara che il loro tema costante è
la grazia di Cristo e tutte insieme contengono la
dottrina completa della grazia di Cristo. "Haec est doctrina tota de gratia Christi….".
Questa costituisce
tutta la dottrina sulla grazia di Cristo. Primo, come essa
si riscontra nel capo, cioè in Cristo e se ne ha l‘esposizione nella lettera
agli Ebrei. Secondo, come si trova nelle principali membra del corpo mistico:
e questo si spiega nelle epistole pastorali (I e II di Tim.
e Tito). Terzo,
la grazia del corpo mistico che è
Ad ogni modo, sia che la sorgente della grazia sia collocata in Dio oppure in Gesù Cristo, il suo obiettivo ultimo è sempre il medesimo:
la deificazione dell’uomo, ossia la sua piena realizzazione secondo le
aspirazioni più profonde del cuore umano (il desiderium naturale). A questo riguardo ecco un testo davvero
molto eloquente di S. Tommaso: "Gratia datur
homini a Deo per quam homo perveniat ad suam
ultimam et perfectam consummationem, idest ad beatitudinem ad quam habet naturale desiderium" (la grazia viene
data da Dio all'uomo affinché con essa l’uomo possa raggiungere la sua
realizzazione ultima e perfetta, ossia la beatitudine per la quale possiede un
desiderio naturale" (In II Cor, c. 13, lect. 2, n. 534).
(vedi:
SALVEZZA, GIUSTIFICAZIONE, PREDESTINAZIONE, SOPRANNATURALE, CRLSTO, CHIESA)
_____________________________________________________
Battista Mondin.
Dizionario
enciclopedico del pensiero di S. Tommaso D'Aquino,
Edizioni
Studio Domenicano, Bologna.