DICHIARAZIONE CONGIUNTA
SULLA DOTTRINA
DELLA GIUSTIFICAZIONE
31 Ottobre 1999
Premessa
1.
La dottrina della giustificazione ha avuto un’importanza fondamentale per
2.
Per la tradizione luterana, la giustificazione ha conservato tale particolare
valore. Per questo motivo essa ha assunto fin dall’inizio un posto importante
anche nel dialogo ufficiale luterano-cattolico.
3.
Si rimanda, in primo luogo, ai rapporti Il
Vangelo e
4.
Nella discussione sulla giustificazione tutti i documenti di dialogo citati e
le prese di posizione ad essi relative mostrano in alto grado un orientamento
comune e un giudizio comune. È giunto quindi il momento di tracciare un
bilancio e di riassumere i risultati dei dialoghi sulla giustificazione per
informare con la necessaria precisione e concisione le nostre Chiese e
permettere loro di esprimersi in modo vincolante sull’argomento.
5.
La presente Dichiarazione congiunta ha precisamente tale scopo. Essa vuole
mostrare che, sulla base di questo dialogo, le Chiese luterane e
6.
La nostra dichiarazione non è una presentazione nuova e autonoma che si
aggiunge ai rapporti di dialogo e ai documenti precedenti, né intende
sostituirsi ad essi. Come dimostra l’appendice sulle fonti, la presente
Dichiarazione si riferisce ai testi che l’hanno preceduta e agli argomenti ivi
presentati.
7.
Proprio come gli stessi dialoghi, anche questa Dichiarazione congiunta si basa
sulla convinzione che il superamento delle condanne e delle questioni
controverse non equivale a prendere alla leggera separazioni e condanne, né
equivale a sconfessare il passato di ciascuna delle nostre Chiese. Essa è
tuttavia convinta che affiorino nella storia delle nostre Chiese modi nuovi di
valutare e si producano sviluppi, i quali non soltanto possono permettere, ma
esigono che si verifichino e vengano esaminate, sotto una nuova angolatura, le
questioni che dividono e le condanne.
1.
Messaggio biblico della giustificazione
8.
Il modo che ci è comune di porci all’ascolto della Parola di Dio nella Sacra
Scrittura ci ha condotto a tali valutazioni nuove. Ascoltiamo insieme il
Vangelo, il quale ci dice che «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo
Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita
eterna» (Gv 3, 16). Nella Sacra
Scrittura questa buona novella viene rappresentata in diversi modi. Nell’Antico
Testamento ascoltiamo la parola di Dio che ci parla del peccato umano (Sal 51, 1-5 ; Dn 9, 5s ; Qo 8,
9s ; Esd 9, 6s), della
disobbedienza umana (Gen 3,
1-19; Ne 9, 16s. 26), della
giustizia (Is 46, 13 ; 51, 5-8
; 56, 1 ; [cfr. 53, 11] ; Ger
9, 24) e del giudizio di Dio (Qo
12, 14 ; Sal 9, 5s ; 76, 7-9).
9.
Nel Nuovo Testamento, in Matteo (5, 10 ; 6, 33 ; 21, 32), Giovanni (16, 8-11),
nella Lettera agli Ebrei (5, 1-3 ; 10, 37s) e nella Lettera di Giacomo (2,
14-26) i temi della «giustizia» e della «giustificazione» non sono trattati
nello stesso modo. Anche nelle Lettere paoline il dono della salvezza è evocato
in diversi modi : fra altro, come «liberazione in vista della libertà» (Gal 5, 1-13 ; cfr. Rm 6, 7), «riconciliazione con Dio» (2 Cor 5, 18-21 ; cfr. Rm 5, 11), «pace con Dio» (Rm 5, 1), «nuova creazione» (2 Cor 5, 17), come «vita per Dio in
Cristo Gesù» (Rm 6, 11.23) o
«santificazione in Cristo Gesù» (cfr. 1
Cor 1, 2 ; 1, 30 ; 2 Cor
1, 1). Tra queste descrizioni ha un posto di spicco quella della
«giustificazione» del peccatore nella fede per mezzo della grazia di Dio (Rm 3, 23-25), che è stata più
specialmente messa in evidenza all’epoca della Riforma.
10.
Paolo descrive il Vangelo come forza di Dio per la salvezza dell’uomo in preda
al potere del peccato : come messaggio che proclama la «giustizia di Dio che si
rivela mediante la fede e in vista della fede» (Rm 1, 17s) e dà la «giustificazione» (Rm 3, 21-31). Egli annuncia Cristo come «nostra giustizia» (cfr.
1 Cor 1, 30), applicando al
Signore risorto ciò che Geremia annunciava al riguardo di Dio stesso (Ger 23, 6). Nella morte e
risurrezione di Cristo si radicano tutte le dimensioni della sua opera
salvifica, poiché egli è il «nostro Signore, il quale è stato messo a morte per
i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione» (Rm 4, 25). Tutti gli esseri umani
hanno bisogno della giustizia di Dio, poiché «tutti hanno peccato e sono privi
della gloria di Dio» (Rm 3, 23
; cfr. Rm 1, 18 - 3, 20 ; 11,
32 ; Gal 3, 22). Nella Lettera ai Galati (3, 6) e nella Lettera ai Romani (4, 3-9), Paolo
comprende la fede di Abramo (Gen
15, 6) come fede in quel Dio che giustifica il peccatore (Rm 4, 5). Egli fa appello alla
testimonianza dell’Antico Testamento per affermare con forza il suo Vangelo
proclamando che la giustizia è conferita a tutti coloro che, come Abramo,
confidano nella promessa di Dio. «Il giusto vivrà per la sua fede» (Ab 2, 4 ; cfr. Gal 3, 11 ; Rm 1, 17). Nelle Lettere paoline, la giustizia di Dio è anche
forza di Dio per ciascun credente (Rm
1, 16s). In Cristo, egli fa sì che essa diventi nostra giustizia (2 Cor 5, 21). La giustificazione ci è
conferita mediante Cristo Gesù, che «Dio ha prestabilito a servire come
strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue» (Rm 3, 25 ; cfr. 3, 21-28). «Per
questa grazia infatti siete salvi mediante la fede ; e ciò non viene da voi, ma
è dono di Dio ; né viene dalle opere» (Ef
2, 8s).
11.
La giustificazione è perdono dei peccati (Rm 3, 23-25 ; At
13, 39 ; Lc 18, 14),
liberazione dal potere di dominio esercitato dal peccato e dalla morte (Rm 5, 12-21) e liberazione dalla
maledizione della Legge (Gal 3,
10-14). Essa è già da ora accoglienza nella comunione con Dio, e lo sarà
pienamente nel regno di Dio che viene (Rm
5, 1s). La giustificazione unisce a Cristo, alla sua morte e risurrezione (Rm 6, 5). Essa si realizza nel
ricevere lo Spirito Santo nel battesimo il quale è incorporazione nell’unico
corpo (Rm 8, 1s.9s ; 1 Cor 12, 12s). Tutto questo viene
unicamente da Dio, a causa di Cristo, per opera della grazia mediante la fede
nel «Vangelo del Figlio di Dio» (Rm 1,
1-3).
12.
I giustificati vivono della fede che sgorga dalla parola di Cristo (Rm 10, 17) e agisce nell’amore (Gal 5, 6), il quale è frutto dello
Spirito (Gal 5, 22s). Poiché i
credenti continuano tuttavia a subire le tentazioni di potenze e di
concupiscenze esteriori e interiori (Rm
8, 35-39 ; Gal 5, 16-21) e
cadono nel peccato (1 Gv 1,
8.10), essi debbono sempre di più porsi all’ascolto delle promesse di Dio,
confessare i loro peccati (1 Gv
1, 9), partecipare al corpo e al sangue di Cristo ed essere esortati a vivere
in modo conforme alla volontà di Dio e in modo giusto. Per questo motivo,
l’apostolo dice ai giustificati : «Attendete alla vostra salvezza con timore e
tremore. È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo i suoi
benevoli disegni» (Fil 2, 12s).
Ma la buona novella permane : «Non c’è più nessuna condanna per quelli che sono
in Cristo Gesù» (Rm 8, 1) e nei
quali Cristo vive (Gal 2, 20).
Mediante l’opera di giustizia di Cristo vi sarà per tutti gli uomini «la
giustificazione che dà vita» (Rm
5, 18).
2.
La giustificazione come problema ecumenico
13.
Le interpretazioni e applicazioni contraddittorie del messaggio biblico della
giustificazione sono state nel XVI secolo una causa primaria della divisione
della Chiesa d’Occidente, la quale ha anche avuto effetti sulle condanne
dottrinali. Una comune comprensione della giustificazione è quindi fondamentale
e indispensabile per il superamento della divisione delle Chiese. Facendo sue
le intuizioni dei recenti studi biblici e attingendo alle moderne ricerche della
storia della teologia e della storia dei dogmi, il dialogo ecumenico,
realizzato dal Concilio Vaticano II in poi, ha condotto ad una significativa
convergenza a riguardo della dottrina della giustificazione. Essa permette di
formulare in questa Dichiarazione congiunta un consenso su verità fondamentali
della dottrina della giustificazione secondo il quale le condanne dottrinali
del XVI secolo ad essa relative oggi non riguardano più la controparte.
3.
La comune comprensione della giustificazione
14.
Le Chiese luterane e
15.
Insieme crediamo che la giustificazione è opera di Dio uno e trino. Il Padre ha
inviato il Figlio nel mondo per la salvezza dei peccatori. L’incarnazione, la
morte e la resurrezione di Cristo sono il fondamento e il presupposto della
giustificazione. Pertanto, la giustificazione significa che Cristo stesso è
nostra giustizia, alla quale partecipiamo, secondo la volontà del Padre, per
mezzo dello Spirito Santo. Insieme confessiamo che non in base ai nostri
meriti, ma soltanto per mezzo della grazia, e nella fede nell’opera salvifica
di Cristo, noi siamo accettati da Dio e riceviamo lo Spirito Santo, il quale
rinnova i nostri cuori, ci abilita e ci chiama a compiere le buone opere.
16.
Tutti gli uomini sono chiamati da Dio alla salvezza in Cristo. Soltanto per
mezzo di lui noi siamo giustificati dal momento che riceviamo questa salvezza
nella fede. La fede stessa è anch’essa dono di Dio per mezzo dello Spirito
Santo che agisce, per il tramite della Parola e dei Sacramenti, nella comunità
dei credenti, guidandoli verso quel rinnovamento della vita che Dio porta a
compimento nella vita eterna.
17.
Condividiamo anche la convinzione che il messaggio della giustificazione ci
orienta in modo particolare verso il centro stesso della testimonianza che il
Nuovo Testamento dà dell’azione salvifica di Dio in Cristo : essa ci dice che
noi, in quanto peccatori, dobbiamo la nostra vita nuova soltanto alla
misericordia di Dio che perdona e che fa nuove tutte le cose, misericordia che
noi possiamo ricevere soltanto come dono nella fede, ma che non possiamo
meritare mai e in nessun modo.
18.
Pertanto, la dottrina della giustificazione che assume e sviluppa tale
messaggio, non è soltanto una singola parte dell’insegnamento di fede
cristiano. Essa si pone in una relazione essenziale con tutte le verità della
fede che vanno considerate interiormente connesse tra loro. Essa è un criterio
irrinunciabile che orienta continuamente a Cristo tutta la dottrina e la prassi
della Chiesa. Quando i luterani sottolineano il significato del tutto singolare
di questo criterio, essi non negano la connessione e il significato di tutte le
verità di fede. Quando i cattolici si sentono vincolati da molteplici criteri,
non per questo negano la particolare funzione del messaggio della
giustificazione. Luterani e cattolici tendono insieme alla meta di confessare
in ogni cosa Cristo, il solo nel quale riporre ogni fiducia, poiché egli è
l’unico mediatore (1 Tm 2, 5s)
attraverso il quale Dio nello Spirito Santo fa dono di sé e effonde i suoi doni
che tutto rinnovano (cfr. Fonti del cap. 3).
4.
La spiegazione della comune comprensione della giustificazione
4.1 Incapacità e peccato dell’uomo di fronte alla
giustificazione
19.
Insieme confessiamo che, l’uomo dipende interamente per la sua salvezza dalla
grazia salvifica di Dio. La libertà che egli possiede nei confronti degli
uomini e delle cose del mondo non è una libertà dalla quale possa derivare la
sua salvezza. Ciò significa che, in quanto peccatore, egli è soggetto al
giudizio di Dio, e dunque incapace da solo di rivolgersi a Dio per la sua
salvezza, o di meritarsi davanti a Dio la sua giustificazione, o di raggiungere
la salvezza con le sue proprie forze. La giustificazione avviene soltanto per
opera della grazia. Dal fatto che cattolici e luterani confessano insieme tutto
questo, deriva quanto segue.
20.
Quando i cattolici affermano che l’uomo, predisponendosi alla giustificazione e
alla sua accettazione, «coopera» con il suo assenso all’azione giustificante di
Dio, essi considerano tale personale assenso non come un’azione derivante dalle
forze proprie dell’uomo, ma come un effetto della grazia.
21.
Secondo la concezione luterana, l’uomo è incapace di cooperare alla propria
salvezza, poiché, in quanto peccatore, egli si oppone attivamente a Dio e alla
sua azione salvifica. I luterani non negano che l’uomo possa rifiutare l’azione
della grazia. Quando essi sottolineano che l’uomo può solo ricevere la
giustificazione mere passive,
negano con ciò ogni possibilità di un contributo proprio dell’uomo alla sua
giustificazione, senza negare tuttavia la sua personale e piena partecipazione
nella fede, che è operata dalla stessa parola di Dio (cfr. Fonti del cap. 4.1).
4.2 Giustificazione come perdono dei peccati e
azione che rende giusti
22.
Insieme confessiamo che Dio perdona per grazia il peccato dell’uomo e che, nel
contempo, egli lo libera, durante la sua vita, dal potere assoggettante del
peccato, donandogli la vita nuova in Cristo. Quando l’uomo partecipa a Cristo
nella fede, Dio non gli imputa il suo peccato e fa agire in lui un amore attivo
mediante lo Spirito Santo. Entrambi questi aspetti dell’azione salvifica di Dio
non dovrebbero essere scissi. Essi sono connessi nel senso che l’uomo, nella
fede, viene unito a Cristo, il quale è, nella sua Persona, la nostra giustizia
(1 Cor 1, 30), proprio come
perdono dei peccati e presenza salvifica di Dio. Dal fatto che cattolici e
luterani confessano insieme tutto questo, deriva quanto segue.
23.
Quando i luterani sottolineano che la giustizia di Cristo è la nostra
giustizia, vogliono affermare soprattutto che, con la dichiarazione di perdono,
è donata al peccatore la giustizia davanti a Dio in Cristo e che la sua vita è
rinnovata soltanto in unione con lui. Quando essi affermano che la grazia di
Dio è amore che perdona («favore di Dio» ), non negano il rinnovamento della
vita del cristiano, ma vogliono piuttosto affermare che la giustificazione è
svincolata dalla cooperazione umana e non dipende neppure dagli effetti di
rinnovamento della vita che la grazia ha nell’uomo.
24.
Quando i cattolici sottolineano che il credente riceve in dono il rinnovamento
del suo essere interiore ricevendo la grazia, essi vogliono affermare che la
grazia di Dio che reca il perdono è sempre legata al dono di una vita nuova, la
quale si esprime nello Spirito Santo, in un amore attivo ; con ciò essi non
negano tuttavia che il dono divino della grazia nella giustificazione resta
indipendente dalla cooperazione umana (cfr. Fonti del cap. 4.2)
4.3 Giustificazione mediante la fede e per grazia
25.
Insieme confessiamo che il peccatore viene giustificato mediante la fede
nell’azione salvifica di Dio in Cristo : questa salvezza gli viene donata dallo
Spirito Santo nel battesimo che è il fondamento di tutta la sua vita cristiana.
L’uomo, nella fede giustificante che racchiude in sé la speranza in Dio e
l’amore per lui, confida nella sua promessa misericordiosa. Questa fede è
attiva nell’amore e per questo motivo il cristiano non può e non deve restare
inoperoso. Tuttavia la giustificazione non si fonda né si guadagna con tutto
ciò che precede e segue nell’uomo il libero dono della fede.
26.
Secondo il modo di comprendere luterano, Dio giustifica il peccatore solo nella
fede (sola fide). Nella fede,
l’uomo confida totalmente nel suo Creatore e Salvatore ed è così in comunione
con lui. Dio stesso fa scaturire la fede suscitando tale fiducia con la sua
parola creatrice. Poiché questo agire di Dio è una nuova creazione, essa
riguarda tutte le dimensioni della persona e conduce a una vita nella speranza
e nell’amore. Pertanto, l’insegnamento della «giustificazione soltanto per
mezzo della fede» distingue, senza tuttavia separarli, il rinnovamento della
condotta di vita, necessariamente conseguenza della giustificazione, e senza la
quale non vi sarebbe la fede, dalla giustificazione stessa. Con ciò si evidenzia
anzi il fondamento di tale rinnovamento. Il rinnovamento della vita deriva
dall’amore di Dio donato all’uomo nella giustificazione. Giustificazione e
rinnovamento della vita sono intimamente uniti in Cristo che è presente nella
fede.
27.
Anche secondo il modo di comprendere cattolico la fede è fondamentale per la
giustificazione ; infatti, senza di essa non può esservi giustificazione.
L’uomo, in quanto colui che ascolta la parola e crede, viene giustificato
mediante il battesimo. La giustificazione del peccatore è perdono dei peccati e
realizzazione della giustizia attraverso la grazia giustificante che fa di noi
dei figli di Dio. Nella giustificazione i giustificati ricevono da Cristo la
fede, la speranza e l’amore e sono così accolti nella comunione con lui. Questa
nuova relazione personale con Dio si fonda interamente sulla sua misericordia e
permane dipendente dall’azione salvifica e creatrice di Dio misericordioso, il
quale rimane fedele a se stesso e nel quale l’uomo può quindi riporre la propria
fiducia. Pertanto l’uomo non potrà mai appropriarsi della grazia giustificante
né appellarsi ad essa davanti a Dio. Quando, secondo il modo di comprendere
cattolico, si sottolinea il rinnovamento della vita mediante la grazia
giustificante, tale rinnovamento nella fede, nella speranza e nell’amore non
può mai fare a meno della grazia gratuita di Dio ed esclude ogni contributo
alla giustificazione di cui l’uomo potrebbe vantarsi davanti a Dio (Rm 3, 27 ; cfr. Fonti del cap. 4.3).
4.4 L’essere peccatore del giustificato
28.
Insieme confessiamo che nel battesimo lo Spirito Santo unisce l’uomo a Cristo,
lo giustifica e effettivamente lo rinnova. E tuttavia il giustificato, durante
tutta la sua vita, non può mai fare a meno della grazia incondizionatamente
giustificante di Dio. Inoltre l’uomo non è svincolato dal dominio che esercita
su di lui il peccato e che lo stringe nelle sue spire (cfr. Rm 6, 12-14), né egli può esimersi
dal combattimento di tutta una vita contro l’opposizione a Dio che proviene
dalla concupiscenza egoistica del vecchio Adamo (cfr. Gal 5, 16 ; Rm 7,
7.10). Anche il giustificato deve chiedere ogni giorno perdono a Dio, così come
si fa nel Padre nostro (Mt 6,
12 ; 1 Gv 1, 9) ; egli è
continuamente chiamato alla conversione e alla penitenza e continuamente gli
viene concesso il perdono.
29.
Ciò è quanto i luterani vogliono intendere affermando che il cristiano è «al
tempo stesso giusto e peccatore». Egli è del tutto giusto, poiché Dio,
attraverso
30.
I cattolici considerano che la grazia di Gesù Cristo conferita nel battesimo,
toglie tutto ciò che è «veramente» peccato, tutto ciò che «merita la condanna»
(Rm 8, 1), ma che resta
nell’uomo un’inclinazione (concupiscenza) che viene dal peccato e spinge al
peccato. Poiché i cattolici sono convinti che il peccato umano comporti sempre
un elemento personale, essi considerano che l’assenza di tale elemento non
permette più di chiamare peccato nel senso proprio del termine l’inclinazione
ad opporsi a Dio. Con ciò essi non negano che tale inclinazione non corrisponda
al disegno originario di Dio sull’uomo, né che essa, ponendosi oggettivamente
in opposizione a Dio e in contrasto con lui, costituisca una lotta che dura
tutta la vita ; riconoscenti per la salvezza ricevuta per mezzo di Cristo,
vogliono piuttosto affermare che l’inclinazione ad opporsi a Dio non merita la
pena di morte eterna e non separa il giustificato da Dio. Tuttavia, quando il
giustificato si separa volontariamente da Dio, non gli è sufficiente ritornare
all’osservanza dei comandamenti, ma occorre che egli riceva nel sacramento
della riconciliazione il perdono e la pace mediante la parola di perdono che
gli è data in virtù dell’opera di riconciliazione di Dio in Cristo (cfr. Fonti
del cap. 4.4).
4.5
31.
Insieme confessiamo che l’uomo viene giustificato nella fede nel Vangelo,
«indipendentemente dalle opere della Legge» (Rm 3, 28). Cristo ha portato a compimento
32.
I luterani fanno notare che la distinzione tra Legge e Vangelo nonché la loro
retta interrelazione sono essenziali per comprendere la giustificazione.
33.
Poiché
4.6 La certezza della salvezza
34.
Insieme confessiamo che i credenti possono fare affidamento sulla misericordia
e sulle promesse di Dio. Anche nella loro debolezza e nelle molteplici minacce
che mettono in pericolo la loro fede, essi possono contare, in forza della
morte e della resurrezione di Cristo, sulla promessa efficace della grazia di
Dio nella Parola e nel sacramento ed essere così certi di questa grazia.
35.
I riformatori hanno accentuato in modo particolare il fatto che, nella prova,
il credente non deve rivolgere lo sguardo a se stesso, ma a Cristo e fare
affidamento in modo totale soltanto su di lui. Riponendo così la sua fiducia
nella promessa di Dio, egli è certo della sua salvezza, mentre non ne è mai
certo se guarda a se stesso.
36.
I cattolici possono condividere l’orientamento dei riformatori che consiste nel
fondare la fede sulla realtà oggettiva della promessa di Cristo, a prescindere
dalla personale esperienza e nel confidare unicamente nella promessa di Cristo
(cfr. Mt 16, 19 ; 18, 18). Con
il Concilio Vaticano II, i cattolici affermano che credere significa
abbandonarsi interamente a Dio, che ci libera dalle tenebre del peccato e della
morte e ci desta alla vita eterna. In questo senso l’uomo non può credere in
Dio e contemporaneamente ritenere che la sua promessa non è affidabile. Nessuno
può dubitare della misericordia di Dio e del merito di Cristo, allorché
ciascuno può temere per la sua salvezza se considera le sue debolezze e le sue
mancanze. Il credente, proprio conoscendo i suoi fallimenti, può essere certo che
Dio vuole la sua salvezza (cfr. fonti del cap. 4.6).
4.7 Le buone opere del giustificato
37.
Insieme confessiamo che le buone opere — una vita cristiana nella fede nella
speranza e nell’amore — sono la conseguenza della giustificazione e ne
rappresentano i frutti. Quando il giustificato vive in Cristo e agisce nella
grazia che ha ricevuto, egli dà, secondo un modo di esprimersi biblico, dei
buoni frutti. Tale conseguenza della giustificazione è per il cristiano anche
un dovere da assolvere, in quanto egli lotta contro il peccato durante tutta la
sua vita ; per questo motivo Gesù e gli scritti apostolici esortano i cristiani
a compiere opere d’amore.
38.
Secondo la concezione cattolica, le buone opere, compiute per mezzo della
grazia e dell’azione dello Spirito Santo, contribuiscono ad una crescita nella
grazia, di modo che la giustizia ricevuta da Dio è preservata e la comunione
con Cristo approfondita. Quando i cattolici affermano il «carattere meritorio»
delle buone opere, essi intendono con ciò che, secondo la testimonianza
biblica, a queste opere è promesso un salario in cielo. La loro intenzione è di
sottolineare la responsabilità dell’uomo nei confronti delle sue azioni, senza
contestare con ciò il carattere di dono delle buone opere, e tanto meno negare
che la giustificazione stessa resta un dono immeritato della grazia.
39.
Anche nei luterani si riscontra il concetto di una preservazione della grazia e
di una crescita nella grazia e nella fede. Anzi, essi sottolineano che la
giustizia in quanto accettazione per mezzo di Dio e partecipazione alla
giustizia di Cristo, è sempre perfetta. Al tempo stesso affermano che i suoi
effetti possono crescere nella vita cristiana. Considerando le buone opere del
cristiano come «frutti» e «segni» della giustificazione e non «meriti» che gli
sono propri, essi comprendono, allo stesso modo, conformemente al Nuovo
Testamento, la vita eterna come «salario» immeritato nel senso del compimento
della promessa di Dio ai credenti (cfr. Fonti del cap. 4.7).
5.
L’importanza e la portata del consenso raggiunto
40.
La comprensione della dottrina della giustificazione esposta in questa
Dichiarazione mostra l’esistenza di un consenso tra luterani e cattolici su
verità fondamentali di tale dottrina della giustificazione. Alla luce di detto
consenso sono accettabili le differenze che sussistono per quanto riguarda il
linguaggio, gli sviluppi teologici e le accentuazioni particolari che ha
assunto la comprensione della giustificazione, così come esse sono state
descritte sopra nei numeri 18-39. Per questo motivo l’elaborazione luterana e
l’elaborazione cattolica della fede nella giustificazione sono, nelle loro
differenze, aperte l’una all’altra e tali da non invalidare di nuovo il
consenso raggiunto su verità fondamentali.
41.
Con ciò, le condanne dottrinali del XVI secolo, nella misura in cui esse si
riferiscono all’insegnamento della giustificazione, appaiono sotto una nuova
luce : l’insegnamento delle Chiese luterane presentato in questa Dichiarazione
non cade sotto le condanne del Concilio di Trento. Le condanne delle
Confessioni luterane non colpiscono l’insegnamento della Chiesa cattolica
romana così come esso è presentato in questa Dichiarazione.
42.
Con questo non si vuole tuttavia togliere nulla alla serietà delle condanne
dottrinali legate alla dottrina della giustificazione. Alcune di esse non erano
semplicemente senza fondamento. Per noi, esse mantengono «il significato di
salutari avvertimenti» di cui dobbiamo tenere conto nella dottrina e nella
prassi.
43.
Il nostro consenso su verità fondamentali della dottrina della giustificazione
deve avere degli effetti e trovare un riscontro nella vita e nell’insegnamento
delle Chiese. Al riguardo permangono ancora questioni, di importanza diversa,
che esigono ulteriori chiarificazioni. Esse riguardano, tra l’altro, la
relazione esistente tra Parola di Dio e insegnamento della Chiesa,
l’ecclesiologia, l’autorità nella Chiesa e la sua unità, il ministero e i
sacramenti, ed infine la relazione tra giustificazione e etica sociale. Siamo
convinti che la comprensione comune da noi raggiunta offra la base solida per
detta chiarificazione. Le Chiese luterane e
44.
Ringraziamo il Signore per questo passo decisivo verso il superamento della
divisione ecclesiale. Preghiamo lo Spirito Santo affinché egli continui a
guidarci verso quell’unità visibile che è la volontà di Cristo.
Fonti per
sulla giustificazione
Nelle
sezioni III e IV della Dichiarazione congiunta si riprendono formulazioni di
diversi dialoghi luterani-cattolici. In dettaglio, si tratta dei seguenti
documenti :
-
Commissione Mista Internazionale cattolica-luterana, Dichiarazione comune Tutti
sotto uno stesso Cristo sulla Confessio Augustana; EO 1/1405ss;
- Denzinger-Schönmetzer, Enchiridion
Symbolorum..., edizioni 32-36;
-
Denzinger-Hünermann, Enchiridion Symbolorum..., dalla 37.ma edizione, bilingue;
-
H. Denzinger, Enchiridion Symbolorum, definitionum et declarationum de rebus
fidei et morum, ed. bilingue a cura di P. Hünermann, EDB, Bologna 1995;
-
Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, Gutachten zur
Studie «Lehrverurteilungen - kirchentrennend? (Parere sullo studio
Lehrverurteilungen - kirchentrennend ?), Vaticano 1992 (testo non pubblicato);
-
Commissione cattolica-luterana negli Stati Uniti, Giustificazione per fede,
1983; EO 2/2759ss;
- K. Lehmann, W. Pannenberg (a cura di),
Lehrverurteilungen - kirchentrennend? I. Rechtfertigung, Sakramente und Amt im
Zeitalter der Reformation und heute, Freiburg 1986;
-
«Presa di posizione» della Commissione congiunta tra
Su
3. La comprensione comune della giustificazione, nn. 17 et 18: cf. soprattutto
Lehrverurteilungen, 75 e Stellungnahme, 95.
-
«Un tipo di giustificazione incentrata sulla fede e concepita in senso
giuridico è di importanza determinante in Paolo e, in un certo senso, per
-
«I cattolici, così come i luterani, possono riconoscere la necessità di
verificare le pratiche, le strutture e le teologie della chiesa nella misura in
cui esse favoriscono o ostacolano "la proclamazione delle promesse libere
e misericordiose di Dio in Cristo Gesù, che possono essere accolte in modo
giusto solo mediante la fede (cf. sopra, n. 28)"» (Giustificazione per
fede, n. 153; EO 2/2913).
Sull’«affermazione
fondamentale» (Giustificazione per fede, n. 157; cfr. n. 4 (EO 2/2917), si
dice:
-
«Questa affermazione, come la dottrina della Riforma sulla giustificazione per
sola fede costituisce il criterio per giudicare tutte le pratiche, le strutture
e le tradizioni della chiesa proprio perché esso è in analogia a "Cristo
solo" (solus Christus). Soltanto in lui, in ultima analisi, si deve
riporre ogni fiducia quale unico mediatore per mezzo del quale Dio, nello
Spirito Santo, effonde i suoi doni di salvezza. I partecipanti a questo dialogo
affermano che tutti gli insegnamenti, le pratiche e i riti cristiani dovrebbero
realizzarsi in modo da promuovere "l’obbedienza della fede" (Rm 1,
15) nell’azione salvifica di Dio, in Cristo Gesù solo e per mezzo dello Spirito
Santo, per la salvezza dei fedeli e a lode e onore del Padre celeste»
(Giustificazione per fede, n. 160; EO 2/2920).
-
«Perciò la giustificazione, e soprattutto il suo fondamento biblico, conserva
per sempre nella chiesa una funzione specifica: quella di mantenere viva nella
coscienza dei cristiani la consapevolezza che noi peccatori viviamo unicamente
grazie all’amore misericordioso di Dio, che noi possiamo soltanto accettare che
egli effonda su di noi, ma che in alcun modo possiamo "meritare",
seppure in una qualche forma limitata, né possiamo vincolare a condizioni
previe o a postcondizioni che dipendessero da noi. La "giustificazione"
diventa così il termine critico di paragone per valutare in ogni momento se una
concreta interpretazione della nostra relazione a Dio possa o meno essere
considerata "cristiana". Essa diventa al tempo stesso per la chiesa
il termine critico di paragone per valutare costantemente se il suo annuncio e
la sua prassi corrispondono a ciò che le è stato donato dal suo Signore»
(Lehrverurteilungen, 75).
-
«L’accordo sul fatto che la giustificazione è importante non solo come
insegnamento particolare nell’insieme degli insegnamenti delle nostre Chiese in
materia di fede, ma anche come termine critico di paragone per la loro dottrina
e la loro prassi, costituisce, dal punto di vista luterano, un progresso
fondamentale nel dialogo ecumenico tra le nostre chiese, tanto fondamentale da
non essere mai abbastanza sottolineato» (Stellungnahme, 95, cf. 157).
-
Per i luterani e i cattolici la giustificazione occupa certamente un diverso
posto nella "hierarchia veritatum"; tuttavia gli uni e gli altri
concordano del ritenere che la giustificazione trovi la sua specifica funzione
nel fatto di essere un termine critico di paragone "in base al quale poter
valutare in ogni momento se una concreta interpretazione della nostra relazione
a Dio possa o meno essere considerata ‘cristiana’. Essa diventa al tempo stesso
per
Su
4.1. Incapacità e peccato dell’uomo di fronte alla giustificazione, nn. 19-21;
cf. soprattutto Lehrverurteilungen, 48ss, 53; Stellungnahme, 77-81; 53s.
-
«Coloro che sono dominati dal peccato non possono far niente per meritare la
giustificazione, che è dono gratuito della grazia di Dio. Perfino i prodromi
della giustificazione, per esempio il pentimento, la preghiera per ottenere la
grazia e il desiderio del perdono, devono essere un’opera di Dio in noi»
(Giustificazione per fede, n. 156, 3; EO 2/2916).
-
«Per entrambi non si tratta di negare un vero coinvolgimento dell’uomo...
Tuttavia una risposta non è un’"opera". La risposta della fede è essa
stessa operata dalla Parola della promessa che non può essere ottenuta con la
forza e che giunge all’uomo dal di fuori. Vi può essere
"cooperazione" soltanto nel senso che il cuore sta presso la fede quando
-
«I canoni 4, 5, 6 e 9 del concilio di Trento esprimono ancora una significativa
differenza circa la giustificazione soltanto se la dottrina luterana basa la
relazione tra Dio e la sua creatura nella giustificazione sottolineando tanto
fortemente il "monergismo" divino o la sola azione di Cristo da
escludere nella giustificazione la funzione essenziale della libera
accettazione della grazia di Dio da parte dell’uomo, libera accettazione che è
essa stessa un dono di Dio» (Gutachten, 25).
«Dal
punto di vista luterano, la rigorosa sottolineatura della passività dell’uomo
nella sua giustificazione non ha mai inteso negare il suo pieno coinvolgimento
personale nella fede, ma soltanto escludere ogni cooperazione nell’evento
stesso della giustificazione. Quest’ultima è solo opera di Cristo, solo opera
della grazia» (Stellungnahme, 84, 3-8).
Su
4.2. Giustificazione come perdono dei peccati e azione che rende giusti, nn.
22-24; cf. Giustificazione per fede, nn. 98-101; EO 2/2858-2861;
Lehrverurteilungen, 53ss; Stellungnahme, 74ss; cf. anche le citazioni a 4.3.
-
«Mediante la giustificazione siamo a un tempo dichiarati e resi giusti. La
giustificazione, quindi, non è una finzione giuridica. Dio, nel giustificare,
opera ciò che promette; egli perdona il peccato e ci rende veramente giusti»
(Giustificazione per fede, n. 156, 5; EO 2/2916).
-
«(...) la teologia riformata non trascura ciò che la dottrina cattolica
sottolinea, cioè il carattere che crea e rinnova dell’amore di Dio. Né essa
afferma (...) l’impotenza di Dio di fronte a un peccato che, nella
giustificazione, è "semplicemente" perdonato, senza tuttavia
sottrarre a questo peccato il potere che esso ha di separare il peccatore da Dio»
(Lehrverurteilungen, 55, 25-29).
-
«(...) questa [la dottrina luterana] non ha mai compreso "il computo della
giustizia di Cristo" come privo di conseguenze nella vita del credente,
poiché la parola di Cristo opera ciò che dice. Di conseguenza, la dottrina
luterana non comprende la grazia come un favore accordato da Dio, bensì e
assolutamente come forza efficace (...) Infatti, "dove c’è perdono dei
peccati c’è anche vita e salvezza"» (Stellungnahme, 86, 15-23).
-
«(...) la teologia cattolica non trascura ciò che la teologia evangelica
sottolinea, cioè il carattere della grazia personale e legato alla parola; né
ritiene la grazia come un qualcosa che l’uomo ha concretamente a sua
disposizione, seppure come possesso che gli è donato» (Lehrverurteilungen, 55,
21-24).
Su
4.3. Giustificazione mediante la fede e per grazia, nn. 25-27; cf. soprattutto
Giustificazione per fede, nn. 105ss; EO 2/2865ss; Lehrverurteilungen, 56-59;
Stellungnahme, 87-90.
-
«Se si traduce da una lingua all’altra, il discorso dei riformatori sulla
giustificazione per fede corrisponde al discorso dei cattolici sulla
giustificazione per grazia mentre, ciò che la dottrina riformata esprime con il
termine "fede" corrisponde in sostanza a ciò che la dottrina
cattolica compendia, sulla scia di 1 Cor 13, 13, nella triade "fede,
speranza e carità"» (Lehrverurteilungen, 59, 5-15).
-
«Sottolineiamo che la fede nel senso del primo comandamento è anche amore per
Dio e speranza in lui che si esprime nell’amore per il prossimo»
(Stellungnahme, 89, 8-11).
-
«I cattolici (...) analogamente ai luterani, insegnano che niente di ciò che
precede il dono gratuito della fede merita la giustificazione e che tutti i
doni di salvezza di Dio provengono soltanto da Cristo» (Giustificazione per
fede, n. 105; EO 2/2865).
-
«I riformatori comprendono (...) la fede come perdono e comunione con Cristo
operati dalla stessa parola di promessa. Questo è il fondamento del nuovo
essere, attraverso il quale la carne del peccato è morta e l’uomo nuovo ha la
vita in Cristo (sola fide per Christum). Ma anche se una tale fede rinnova
necessariamente l’uomo, il cristiano non basa la sua fiducia sulla sua nuova
vita, ma unicamente sulla promessa della grazia di Dio. L’accettazione nella
fede di tale promessa da parte dell’uomo è sufficiente, se la "fede"
viene intesa come "fiducia nella promessa" (fides promissionis)»
(Lehrverurteilungen, 56, 18-26).
-
Cf. concilio di Trento, sess. 6, c. 7: «(...) Ne consegue che nella stessa
giustificazione l’uomo, insieme alla remissione dei peccati, riceve per mezzo
di Gesù Cristo, sul quale egli è innestato, tutti questi doni infusi: fede,
speranza e carità» (Denz 1530).
-
«Secondo la concezione evangelica, la fede che aderisce incondizionatamente
alla promessa di Dio nella Parola e nel sacramento è sufficiente per essere
giustificati davanti a Dio, cosicché il rinnovamento dell’uomo, senza il quale
non può esservi fede, non apporta, da parte sua, alcun contributo alla
giustificazione» (Lehrverurteilungen, 59, 19-23).
-
«Come luterani restiamo fedeli alla distinzione fra giustificazione e
santificazione, fra fede e opere. Distinguere non vuole dire tuttavia separare»
(Stellungnahme, 89, 6-8).
-
«La dottrina cattolica concorda con la posizione riformata secondo cui il
rinnovamento dell’uomo non apporta alcun "contributo" alla
giustificazione, né tantomeno un contributo di cui egli potrebbe valersi
davanti a Dio (...) Tuttavia la dottrina cattolica si sente in obbligo di
sottolineare il rinnovamento dell’uomo per mezzo della grazia giustificante in
modo da confessare così la potenza rigeneratrice di Dio, intendendo
indubbiamente che tale rinnovamento nella fede, nella speranza e nella carità
non è altro che la risposta alla grazia insondabile di Dio.
-
«La dottrina cattolica non è più in contrasto con noi nella misura in cui essa
sottolinea: - che "la grazia deve essere compresa in senso personale e
legata alla parola"; - che il rinnovamento altro non è se non la risposta
suscitata dalla parola stessa di Dio; e - che "il rinnovamento dell’uomo non
dà nessun contributo alla giustificazione, anzi che esso non è un contributo al
quale l’uomo potrebbe fare appello davanti a Dio"» (Stellungnahme, 89,
12-21).
Su
4.4. L’essere peccatore del giustificato, nn. 28-31; cf. soprattutto
Giustificazione per fede, nn. 102ss; EO 2/2862; Lehrverurteilungen, 50-53;
Stellungnahme, 81ss.
-
«Per quanto giuste e sante, esse [le persone giustificate] cadono di tanto in
tanto nei peccati della vita quotidiana. In più, l’azione dello Spirito non
esime i credenti dalla lotta di tutta una vita contro le tendenze peccaminose.
La concupiscenza e gli altri effetti del peccato originale e personale, secondo
la dottrina cattolica, continuano a sussistere nella persona giustificata, la
quale deve quindi pregare Dio ogni giorno per chiedere perdono»
(Giustificazione per fede, n. 102; EO 2/2862).
-
«La dottrina tridentina e quella riformata concordano nell’affermare che il
peccato originale come anche la concupiscenza che rimane, sono in opposizione a
Dio (...), e oggetto della lotta di tutta una vita contro il peccato (...);
esse concordano nell’affermare che, dopo il battesimo, nel giustificato la
concupiscenza non separa più l’uomo da Dio, cioè, in linguaggio tridentino, non
è più "peccato in senso vero e proprio" e, in linguaggio luterano, è
"peccatum regnatum" (peccato dominato)» (Lehrverurteilungen, 52,
14-24).
-
«Si tratta ora di chiedersi in che modo si possa parlare di peccato nei
giustificati, senza limitare la realtà della salvezza. Mentre la parte luterana
esprime questa tensione con l’espressione "peccato dominato"
(peccatum regnatum), che presuppone la dottrina del cristiano come "giusto
e peccatore al tempo stesso" (simul iustus et peccator), la parte
cattolica ha pensato di poter salvaguardare la realtà della salvezza
limitandosi a negare il carattere peccaminoso della concupiscenza. Un
significativo avvicinamento delle posizioni a proposito di questa questione è
raggiunto nel documento Lehrverurteilungen dove la concupiscenza che resta nel
giustificato è descritta come "opposizione a Dio" ed è pertanto
qualificata come peccato» (Stellungnahme, 82, 29-39).
Su
4.5. Legge e Vangelo, nn. 32-34:
-
Secondo l’insegnamento paolino qui si tratta della legge giudaica quale via
alla salvezza. Essa è stata portata a compimento e superata in Cristo. E’ così
che va intesa questa affermazione e la conseguenza che ne deriva.
-
Sui canoni 19s del concilio di Trento Stellungnahme (89, 28-36) afferma quanto
segue: «Ovviamente, i dieci comandamenti valgono per il cristiano, come si dice
in molti passi degli scritti confessionali (...) L’affermazione del can. 20,
secondo cui l’uomo è tenuto all’osservanza dei comandamenti di Dio, non ci
tocca; ci tocca invece l’affermazione dello stesso can. 20, secondo cui la fede
possiede un potere santificante solo a condizione che si osservino i
comandamenti. Ciò che il canone afferma riguardo ai comandamenti della chiesa
non fa problema se questi comandamenti si limitano a esprimere e inculcare i
comandamenti di Dio; in caso contrario, la cosa farebbe problema».
Su
4.6. Certezza della salvezza, nn. 35-37; cf. soprattutto Lehrverurteilungen,
59-63; Stellungnahme, 90ss.
-
«La domanda è come può e deve vivere l’uomo davanti a Dio, nonostante le sue
debolezze e con le sue debolezze» (Lehrverurteilungen, 60, 5s).
-
«Fondamento e punto di partenza (dei riformatori)... sono: l’affidabilità e la
sufficienza della promessa di Dio e del potere della morte e risurrezione di
Cristo; la debolezza umana e la minaccia che essa costituisce per la fede e per
la salvezza (Lehrverurteilungen, 67, 17-20).
-
Anche il concilio di Trento sottolinea che è necessario credere «che i peccati
non sono rimessi, né lo sono mai stati, se non gratuitamente [cioè senza
proprio merito] dalla divina misericordia a causa del Cristo» (Denz 1533) e che
non si deve dubitare «della misericordia di Dio, dei meriti del Cristo, del
valore e dell’efficacia dei sacramenti» (Denz 1534); il dubbio e l’incertezza
sono ammissibili solo riguardo a se stessi.
-
«Lutero e i suoi sostenitori fanno un passo ulteriore. Esortano non solo a
sopportare l’insicurezza, ma a distogliere lo sguardo da essa e ad assumere
seriamente, in modo concreto e personale, la validità oggettiva
dell’assoluzione che viene "dal di fuori" nel sacramento della confessione
(...) Poiché Gesù ha detto: "Ciò che tu scioglierai sulla terra, sarà
sciolto anche nei cieli" (Mt
16, 19), il credente darebbe del bugiardo a Cristo se non si fidasse
incrollabilmente del perdono di Dio conferito nell’assoluzione (...) Lutero
come anche i suoi avversari sanno che questa fiducia può essere incerta dal
punto di vista soggettivo, che la certezza (Gewißheit) del perdono non è
sicurezza (Sicherheit, securitas) del perdono, ma questo non può diventare per
così dire un altro problema: il credente deve distogliere lo sguardo da questo
e rivolgerlo solo alla parola di perdono del Cristo» (Lehrverurteilungen, 60,
18-34).
-
«Oggi i cattolici possono accettare la preoccupazione dei riformatori di basare
la fede sulla realtà oggettiva della promessa di Cristo: "Ciò che tu
scioglierai sulla terra..." e rinviare i credenti alla parola che assicura
il perdono dei peccati... [Non si deve condannare] l’originaria richiesta di
Lutero di prescindere dall’esperienza personale e di confidare esclusivamente
in Cristo e nella sua parola di perdono» (Gutachten, 27).
-
Una condanna reciproca circa il modo di comprendere la certezza della salvezza
«può ancor meno essere giustificabile oggi - specie se la riflessione prende
come base un concetto di fede biblicamente rinnovato. Infatti, può certamente
accadere che un uomo perda o abbandoni la fede, rinunci all’abbandono di sé a
Dio e alla sua promessa. Ma egli non può, in questo senso, credere e al tempo
stesso ritenere che la promessa di Dio è inaffidabile. In questo senso vale
ancora l’espressione di Lutero secondo cui la fede è certezza di salvezza»
(Lehrverurteilungen, 62, 23-29).
-
Sulla concezione della fede del concilio Vaticano II cf. Dei Verbum, n. 5 (EV
1/877): «A Dio che rivela è dovuta l’"obbedienza della fede" (...)
con la quale l’uomo si abbandona tutto a Dio liberamente, prestando "il
pieno ossequio dell’intelletto e della volontà a Dio che rivela"».
-
«La distinzione luterana fra la certezza (certitudo) della fede, che guarda
unicamente a Cristo, e la sicurezza terrena (securitas), che si basa sull’uomo,
non è stata ripresa con sufficiente chiarezza in Lehrverurteilungen (...) La
fede non [riflette] mai su se stessa, ma [si basa] interamente su Dio, la cui
grazia le viene attribuita attraverso
Su
4.7. Le opere buone del giustificato, nn. 38-40; cf. soprattutto
Lehrverurteilungen, 71ss; Stellungnahme, 90s.
-
«Il concilio [di Trento] esclude ogni merito della grazia, quindi della
giustificazione (can. 2; Denz 1552) e basa il merito della vita eterna sul dono
della grazia stessa mediante l’incorporazione a Cristo (can. 32; Denz 1582): in
quanto dono, le opere buone sono "meriti". Laddove i riformatori stigmatizzano
l’"empia fiducia" nelle proprie opere, il concilio esclude
espressamente qualsiasi idea di pretesa e di falsa sicurezza (c. 16; Denz
1548s). E’ evidente che il concilio vuole ricollegarsi ad Agostino, il quale
introduce il concetto di merito per asserire la responsabilità dell’uomo
nonostante il carattere di dono delle buone opere» (Lehrverurteilungen, 73,
9-18).
-
Se si comprende in modo più personale il linguaggio della "causalità"
del can. 24, come si fa nel cap. 16 del decreto sulla giustificazione, dove
l’idea portante è quella della comunione con Cristo, allora è possibile
descrivere la dottrina cattolica del merito nei termini adoperati nella prima
frase del secondo paragrafo di 4.7: contributo ad una crescita nella grazia,
preservazione della giustizia ricevuta da Dio e approfondimento della comunione
con Cristo.
-
«Molte contrapposizioni potrebbero essere eliminate semplicemente considerando
e analizzando il termine equivoco "merito" in relazione con il vero
significato del termine biblico "ricompensa"» (Lehrverurteilungen,
74, 7-9).
-
«Gli scritti confessionali luterani sottolineano che il giustificato ha la
responsabilità di non sprecare la grazia ricevuta, ma di vivere in essa (...)
Così gli scritti confessionali possono parlare di preservazione della grazia e
di crescita in essa (...) Se nel can. 24 la giustizia viene intesa nel senso
che essa si esprime nell’uomo e per mezzo dell’uomo, allora la cosa non ci
riguarda. Se invece nel can. 24 la "giustizia" è riferita
all’accettazione del cristiano davanti a Dio, allora la cosa ci riguarda;
infatti, questa giustizia è sempre perfetta; di fronte ad essa le opere del
cristiano sono solo "frutti" e "segni"» (Stellungnahme, 94,
2-14).
-
«Riguardo al can. 26, rinviamo all’Apologia, la quale presenta la vita eterna
come ricompensa: (...) "Riconosciamo che la vita eterna è una ricompensa
poiché essa è cosa dovuta, non per i nostri meriti, ma a motivo della
promessa"» (Stellungnahme, 94, 20-24; cf. Confessioni di fede delle Chiese
cristiane, n. 270).
Articoli di Smalcalda, II, 1
(n.
«Rector et iudex super omnia genera
doctrinarum» (Weimarer Ausgabe [WA], edizione tedesca completa delle
Opere di Lutero, H. Bohlaus, 1883, 39, I, 205).
Ricordiamo
che per molte Chiese luterane i riferimenti dottrinali vincolanti sono
esclusivamente costituiti dalla Confessione
di Augusta e dal Piccolo
catechismo di Lutero. Questi scritti confessionali non contengono alcuna
condanna dottrinale nei confronti della Chiesa cattolica per quanto rigarda la
dottrina della giustificazione.
Commissione
mista internazionale cattolica-luterana, Il
Vangelo e
Commissione
mista internazionale cattolica-luterana, Chiesa
e giustificazione. La comprensione della Chiesa alla luce della dottrina della
giustificazione, 1993, EO
3/1223ss.
Commissione
cattolica-luterana negli Stati Uniti,Giustificazione
per fede, 1983, EO
2/2759ss.
K. Lehmann, W. Pannenberg(a cura di), Lehrverurteilungen - kirchentrennend ?, Vol.
1: Rechtfertigung, Sakramente und Amt im Zeitalter der Reformation und heute,
Freiburg-Göttingen 1986.
Presa
di posizione comune della Conferenza di ArnoldshaindellaChiesa evangelica
luterana unita di Germaniae del Comitato nazionale tedesco della Federazione
luterana mondiale, Stellungnahme zum
Dokument «Lehrverurteilungen - kirchentrennend ?", in Oekumenische Rundschau 44 (1995),
99-102, che pubblica anche i documenti alla base di tale decisione. Cfr.
a questo riguardo Lehrverurteilungen
im Gespräch. Die ersten offiziellen Stellungsnahmen aus den evangelischen
Kirchen in Deutschland, Göttingen 1993.
Nella
presente Dichiarazione il termine «Chiesa» è adoperato nel senso secondo il
quale esso è compreso da ciascuna delle due Chiese coinvolte nel dialogo, senza
alcuna pretesa di risolvere le questioni ecclesiologiche che a detto termine
sono collegate.
Cfr.
Rapporto di Malta, nn. 26-30 e
il dialogo negli Stati Uniti, Giustificazione
per fede, nn. 122-147. Le testimonianze neo-testamentarie che non sono
riferibili a Paolo sono state analizzate nell’ambito del dialogo negli Stati
Uniti da J. Reumann, Righteousness in
New Testament, con risposte di J. Fitzmeyer e J. D. Quinn, Philadelphia,
New York 1982, pp. 124-180. I risultati di quello studio sono stati riassunti
nei nn. 139-142 del Rapporto di dialogo Giustificazione
per fede.
Cfr.
Tutti sotto uno stesso Cristo,
n. 14.
WA8, 106.
Cfr.
H. Denzinger, Enchiridion Symbolorum,
definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, ed. bilingue a
cura di P. Hünermann [Denz], EDB, Bologna 1995, n. 1528.
Cfr.
Denz 1530.
Cfr.
Apologia della Confessione di Augusta,
in Confessioni di fede delle Chiese
cristiane, 141.
Cfr. Denz 1515.
Cfr.Denz 1515.
Cfr.
Denz 1545.
Cfr.
Conc. Vaticano II, Cost. dogm. Dei
verbum sulla divina rivelazione, n. 5.
Cfr. ibid., n. 4.
Lehrverurteilungen - kirchentrennend ?, 32.
1 2