"La persona umana: che cosa è, chi è,
quale valore ha"
È una riflessione
un po’ particolare quella che questa sera intendo
condurre con voi. Con essa vorrei aiutarvi ad
accendere dentro di voi una luce, un atto di intelligenza mediante cui
vedere e capire il valore unico di ogni persona umana. Sottolineo; di ogni persona umana. Indipendentemente dalla sua età, dal sesso, dalle sue capacità;
insomma, indipendentemente da tutto.
Se dentro di voi
avviene questo atto di intelligenza; se voi vedete
questo valore unico, avete fatto in un certo senso la scoperta più grande
della vostra vita.
Vi prego di
seguirmi con grande attenzione perché è un cammino
che parte dal … facile, meglio da ciò che è più immediato per giungere a
vedere le cose con molta profondità. E qualcuno ad un certo momento
potrebbe pensare: "troppo faticoso questo
cammino; mi basta la strada fatta; qui mi fermo!" A questi io direi:
"come mi dispiace! Che "paesaggio" ti perdi, che gioia ti precludi!".
1.Iniziamo il nostro cammino da tre esperienze che io vi
descriverò e che vi chiedo in un qualche modo di rivivere dentro di voi.
Prima
esperienza. Domattina all’inizio dei
turni di servizio dell’ATC di Bologna un autista
non si presenta al lavoro perché influenzato. Che
cosa fa il capoturno? Lo sostituisce con un altro, perché comunque il servizio deve essere assicurato. Fermate
bene la vostra attenzione su questa parola: sostituzione. Perché è possibile? Perché la persona
è considerata dall’azienda in quanto svolge un lavoro, in funzione di una
prestazione. L’importante non è che sia
Pietro a svolgerla e non Paolo: l’uno può sostituire l’altro.
Un ragazzo ama
una ragazza e ne è ricambiato. Decidono di andare
assieme a fare una vacanza. Si danno appuntamento
e la ragazza non si presenta. Il ragazzo aspetta e poi visto che non
arriva, che cosa fa? La sostituisce con un’altra? La sostituzione qui non
accade: non può accadere. Nel rapporto di amore, la persona è considerata, è vista-voluta in
se stessa e per se stessa, non in vista di qualcosa d’altro,
nella sua unicità irripetibile.
Fermate bene la
vostra attenzione su questa parole: "in se
stessa – per se stessa". Si oppongono alla parola: sostituzione.
Denotano due modi contrari di vedere la persona.
C’è anche
un’altra parola: "unicità irripetibile",
ma su questa ci fermeremo più avanti.
Seconda
esperienza. Due sposi diventano
genitori: hanno desiderato tanto avere un/a bambino/a. Anche
la fabbrica di prodotti per neonati desidera che nascano bambini. Per la
stessa ragione? Non direi. La fabbrica desidera che nascano bambini a causa
dell’utilità che essi apportano all’azienda: desiderano i bambini
perché sono utili. I genitori desiderano che nasca il figlio perché
la paternità-maternità è una cosa stupenda. Il dirigente dell’azienda dice:
"come è utile che nascano i
bambini!"; il genitore dice: "come è bello che tu sia
nato!".
Vedete che ci
sono due modi profondamente diversi di volere una persona e di affermarne
il valore. Esiste un modo utilitaristico che afferma il valore strumentale
della persona: "tu vali perché servi, sei
utile a …"; esiste un modo disinteressato che afferma il valore
assoluto della persona: "tu vali non perché servi a qualcosa,
non servi a niente: sei un fine, non un mezzo: hai un valore
assoluto".
Terza
esperienza. Se uno
vi chiedesse: "1000 è un numero grande o piccolo?", vi sarebbe
difficile, anzi impossibile rispondere a questa domanda. Non si può
misurare la grandezza di un numero se non in rapporto ad altri numeri. In
rapporto ad 1 è grande: è ben diverso avere 1 euro e averne 1000; in
rapporto a 1.000.000 è piccolo: 1000 euro in confronto a 1.000.000 non sono gran che!
Anni orsono ho conosciuto una signora che desiderava da anni
avere un bambino. Rimase finalmente incinta. Ma al
terzo mese di gravidanza perse il bambino. Andai a trovarla in clinica e la
trovai che piangeva. Un medico curante, colle
migliori intenzioni, le aveva detto per consolarla: "di che cosa si preoccupa, guardi che lei di bambini ne
potrà avere fin che ne vuole". Mi disse: "è
lui che io non avrò mai più!".
Fate molta
attenzione: se una realtà è parte di una serie; se è quindi numerabile, la
quantità è di decisiva importanza. Se uno possiede
1000 euro e li gioca perdendone 10, non è gran cosa; se ne perde 900, la
cosa è ben diversa. Se una madre ha quattro figli e ne perde uno, vale il
discorso: "cos’è poi uno, te ne restano
ancora tre"?
Quando il buon
pastore conta le sue cento pecore e si accorge che ne manca una, non dice:
"una su cento non è un gran che; me ne
restano novantanove". Egli va a cercare quell’una finché non la trova.
Siamo
giunti ad una conclusione mirabile: le persone non fanno numero, non sono
numerabili; esse non fanno parte di una serie; ciascuna è unica e quindi
non ripetibile. È una realtà irripetibilmente unica. Il suo valore non
aumenta o diminuisce "in rapporto a…": essa
vale in se stessa e per se stessa.
Fermiamoci ora
per un momento per raccogliere assieme i risultati finora raggiunti.
Attraverso alcune esperienze desunte dalla nostra vita quotidiana, siamo
divenuti consapevoli che ogni persona vale in se stessa e per se stessa
[e non solo per la funzione che può svolgere]: che ogni persona è un
fine che ha valore assoluto [e non solo un mezzo che vale per l’utilità
che può offrire]; che ogni persona è irripetibilmente
unica [e che non può essere sostituita]. Provate a pensare, a
verificare – per vostro conto, sarebbe lungo farlo assieme ora – se in
tutta la realtà in cui vivete esistono altre
"cose" di cui si possa dire ciò che abbiamo visto si dice della
persona. Sono sicuro che la vostra verifica avrebbe esito negativo: niente
è come la persona. Allora capite quanto scrisse il grande Tommaso d’Aquino: "la persona è ciò
che esiste di più perfetto nella realtà". Non si può essere più che
persona.
Sorge dunque una
domanda: ma "come è fatta" la persona
per essere dotata di un tale valore? Rispondiamo ora a questa domanda.
2. Che cosa è la persona? Ora il cammino
diventa un po’ più difficile. Vi prego di prestare molta attenzione.
Partiamo ancora
una volta dalla nostra esperienza. Voi sapete quanto siano
lunghi i processi sia penali sia civili. Un cittadino viene
condannato per un reato commesso anche diversi anni prima. Lasciamo ora in
disparte tutte le considerazioni che potremmo fare
sulla lentezza della giustizia. Ci interessa un
altro fatto.
Nessuno ha mai
contestato la legittimità di una pena irrogata dopo anni dal reato compiuto
col seguente ragionamento: "tutto cambia e si
trasforma anche a livello biologico, e quindi questo cittadino che ora
avete di fronte non è più il cittadino di dieci anni fa".
Non pensate a un discorso di tipo morale. Noi abbiamo la certezza
che possono cambiare le nostre condizioni di ogni
genere, le nostre disposizioni morali, ma c’è "qualcosa" che
permane indistruttibile. È questo "qualcosa" che mi fa dire:
"quarant’anni orsono io che vi sto parlando ora, sono diventato
sacerdote". È questo "qualcosa" che denoto
quando dico "io". Io che sto parlando a voi, sono lo
stesso io di trenta, quarant’anni fa. Tutto
cambia, ma in ciascuno di noi c’è l’esperienza che gli fa dire: "ma io rimango sempre lo stesso io". La nostra vita
non si riduce ad essere la somma di tante esperienze che si aggiungono le
une alle altre. Noi in ciascuna di esse abbiamo la
certezza del proprio io che vive ciascuna di queste esperienze. La
nostra biografia è una vera e propria storia perché è vissuta nella
consapevole certezza del proprio "io" che permane. Anzi c’è
l’esperienza, vissuta soprattutto da chi non è più giovane, che proprio nel
permanere di questa identità, in questo essere me
stesso, io non invecchio mai. Io non sono invecchiato.
Alla domanda
"che cosa è la persona" possiamo ora dare la prima parte della
nostra risposta: è una realtà che permane in se stessa; che non inerisce a qualcosa d’altro, come il colore ad una
parete, ma è in se stessa. È un soggetto, non un predicato che si
dice di qualcosa d’altro.
Ma cosa vuol dire veramente: la persona è qualcosa che
è in se stessa? E siamo al momento centrale della nostra risposta,
momento che presenta una certa difficoltà ed esige quindi una grande attenzione da parte vostra.
Voi sapete che
l’acqua è la composizione chimica di due elementi. Ogni quantità di acqua esiste finche esiste questa composizione. Se
mediante l’elettrolisi scomponessi l’idrogeno
dall’ossigeno, l’acqua cessa di esserci. Non è così di quella realtà che
indico quando dico "io": esso non è la composizione di più parti.
Non esiste nella composizione delle parti che lo com-pongono: esiste per
se stesso, e non per le parti che lo compongono. Una realtà non com-posta, ma semplice è una realtà spirituale.
Abbiamo così la
seconda parte della nostra risposta: la persona è una realtà che permane in
se stessa e per se stessa perché è di natura spirituale. Più
semplicemente: la persona è un soggetto che sussiste in una natura
spirituale.
Ma a questo punto voi potreste chiedermi: e il mio
corpo non entra per niente nella costituzione della mia persona? È questa
una domanda assai importante. Vorrei però rispondere
brevemente e il più semplicemente possibile.
Partiamo ancora
dalla nostra esperienza. Ciascuno di noi compie azioni che sono sicuramente del suo corpo: ciascuno di noi mangia,
per esempio. Ma ciascuno di noi compie azioni che
sono sicuramente spirituali: ciascuno di noi compie scelte libere, per
esempio.
Orbene nessuno di
noi ha la consapevolezza che chi compie le azioni del primo tipo sia un
"io" diverso dall’"io" che compie le azioni del secondo
tipo. Chi mangia il pane eucaristico è lo stesso io che desidera
unirsi a Cristo.
Concludiamo: la persona è anche il suo corpo; e non
semplicemente ha un corpo.
Ora possiamo dare
una risposta completa alla nostra domanda. Che
cosa è la persona? la persona è un soggetto che sussiste in
una natura spirituale e materiale. La persona è questa unità
di corpo e spirito, nel senso di originariamente concreto, realmente
irripetibile.
Bisognerebbe ora
analizzare tutte le dimensioni di questa realtà che è la persona. Non
abbiamo la possibilità di farlo ora. Mi limito ad una riflessione di importanza capitale.
Richiamate bene
alla memoria le prime due esperienze del numero precedente: la persona non
è riducibile alle sue funzioni; la persona non esiste solo nella misura
della sua utilità. Che cosa significa questa irriducibilità?
Che l’essere persona precede ed è più che il suo operare.
L’essere precede l’operare. Pertanto uno è persona anche
quando non è in grado di operare come persona, perché gravemente lesionato
psichicamente o fisicamente oppure perché … è andato a dormire oppure
perché il suo sviluppo non lo ha ancora messo in grado di agire come
persona.
Tuttavia, e
notatelo bene, mentre si dà una gradazione nell’operare non si dà gradazione nell’essere. Uno non può essere più
persona di un’altra, mentre uno può agire come persona più di
un’altra: pensate alla distinzione fra minorenni e maggiorenni. Di
conseguenza, i diritti della persona che sono inviscerati
nell’essere non ammettono gradi: uno non ha
un diritto alla vita più di un altro; la stessa persona quando è bambino
non ha diritto alla vita meno di un altro. Gli altri
diritti che riguardano invece l’agire delle persone ammettono gradi.
Uno può avere il diritto di disporre della sua
proprietà più o meno a seconda dell’età, per esempio.
Teniamo dunque
bene in mente ciò che dicevamo: la
persona umana è un soggetto che sussiste in una natura spirituale e
materiale.
E siamo così arrivati all’ultima domanda: chi è
persona umana?
3. Chi è
persona umana? La risposta a questa domanda ora non dovrebbe essere
difficile: ogni individuo appartenente alla natura umana. Ogni volta che tu
ti trovi di fronte ad un soggetto in possesso della natura umana, tu sei di
fronte ad una persona. E cioè ad una realtà che
vale in se stessa e per se stessa; che possiede un valore di fine e non di
mezzo, un valore assoluto; che è irripetibilmente
unica. Insomma: non esiste individuo umano che non sia persona.
La cosa risulta chiara, spero. Tuttavia oggi questa coincidenza
– individuo = persona – è stata negata in base a
ragioni insostenibili, e questa negazione ha generato molta confusione.
Allora procediamo con ordine, prima facendo alcune
considerazioni generali e poi entrando in una problematica speciale: quella
che ci ha immediatamente riuniti questa sera.
Ammettere che non
ogni individuo umano è persona equivale a dire che
la persona ha qualcosa, possiede delle proprietà che l’individuo non
possiede. Pertanto: individuo + queste proprietà = persona; individuo – queste proprietà ≠ persona.
Ci troviamo di
fronte ad un dilemma. O questa proprietà sono
potenzialmente presenti nell’individuo umano oppure non sono presenti
potenzialmente. Se è vera la prima ipotesi, allora
l’individuo ha una natura tale da essere "in nuce"
portatore di quelle proprietà che a determinate condizioni compariranno.
Orbene essere persona non comporta il possesso attuale di quelle
proprietà, ma semplicemente possedere una natura con la capacità di essere soggetto di quelle proprietà.
Se al contrario
si afferma che quelle proprietà non sono potenzialmente presenti
nell’individuo, si deve dire che essere-persona
esige il possesso attuale di quelle proprietà medesime. Logicamente
allora si deve anche dire che se questo possesso
attuale cessa, non si è più persona. Ma credo che
ben pochi sarebbero disposti ad accettare una simile conclusione: non sarei
più persona in anestesia totale? Non è più persona chi a causa di un danno
irreversibile del cervello perde l’uso delle facoltà superiori?
Le operazioni
intellettuali o psichiche sono qualcosa che ad un certo grado di sviluppo
dell’individuo umano fluiscono dalla sua natura
razionale, ma non rappresentano qualcosa di determinante nel senso che la
loro assenza [le operazioni, si noti bene!] significhi l’assenza
della natura umana. Questa può essere già posseduta e non ancora in grado
di agire, per i più svariati motivi fra cui – è il caso dell’embrione – la carenza di un’adeguata suddivisione funzionale.
Il passaggio da un potenzialità alla realizzazione della medesima non
muta la natura di un essere, ma al contrario la realizza. Esistono solo
persone reali che sono sempre in grado di perfezionarsi attraverso
l’esercizio delle loro facoltà.
E siamo arrivati
al tema se l’embrione sia persona, se ogni embrione
sia persona umana.
L’individualità
umana dell’embrione, che cioè l’embrione sia un
individuo della specie umana sostanzialmente è un fatto scientificamente
ammesso. L’individualità dell’embrione è chiaramente manifestata dalla sua
attività immanente, autonoma, autoprogrammata,
teleologica. Fin dal momento del suo concepimento, lo zigote comincia a
comportarsi come un essere vivente, indipendente, in possesso di un
patrimonio genetico proprio ed appartenente alla specie umana, e che si
sviluppa in modo omogeneo e continuo. L’embrione è un reale
individuo umano, non un potenziale individuo
umano.
Poiché, come abbiamo visto, non è pensabile un individuo
umano che non sia persona, l’embrione umano è persona fin dal momento del
suo concepimento. Con tutte le conseguenze che già conosciamo
circa il valore che ha ogni persona umana.
Termino
richiamando la vostra attenzione su un punto, presente spesso nella
discussione attuale.
Di dice "l’individualità umana dell’embrione è un dato
della biologia", mentre "la personalità dell’embrione è un dato
filosofico". E questo è vero. Tuttavia non devo dimenticare neppure un istante che sto
parlando sempre dello stesso identico e concreto uomo e che parlare di un
"uomo dal punto di vista biologico" o "… filosofico" è
un parlare per astrazioni concettuali. Non devo quindi cadere
nell’equivoco di pensare che questi sono "punti di vista"
diversi, perché denotano realtà diverse. Se
dico che l’affermazione secondo la quale
l’embrione è persona, è un’affermazione filosofica; se in quanto
affermazione filosofica è propria di una particolare scuola di pensiero, e
pertanto non può essere argomento su cui fondare il rispetto assoluto
dovuto all’embrione. Se dico che solo
l’affermazione "l’embrione è un individuo" è un’affermazione universalmente
condivisibile, ma che l’individualità come tale non esige rispetto assoluto
e pertanto può anche essere ucciso, alla fine io non uccido un "punto
di vista", quello biologico, ma purtroppo uccido un uomo.
Ho concluso. Mi avete chiesto: quale valore attribuire
alla vita umana? La risposta è semplice: poiché non esiste vita umana
che non sia la vita di una persona; poiché ogni persona vale in sé e per
sé, la vita umana di ogni persona ha un valore
assoluto ed incondizionato. Anche la vita di un
embrione. "Non vi è libertà ogni qualvolta le leggi permettono che in
alcuni eventi l’uomo cessi di essere persona e
diventi cosa" [C. Beccaria].
Carlo Caffarra,
Arcivescovo di Bologna
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